mercoledì 31 ottobre 2012

L'Area 51 cinese


Direttamente dalla mappa "Ufo, Dumbs e altro ancora" (vedi "Le Mappe di Atlanticus") 


Huangyangtan o Huangya Pass (Pinyin: Huángyáguān; letteralmente: "Passo giallo" sito in 38° 15.952'N 105° 57.062'E) è situata nella Repubblica Popolare Cinese. 

Dal punto di vista amministrativo, Huangyangtan rientra nella regione di Ningxia Hui. L’aeroporto internazionale il più vicino (PEK) Beijing Capital Airport è distante circa 936 km dalla città di Huangyangtan.

Nel bel mezzo del deserto. Nessuno sa ancora di preciso cosa stia succedendo in questa zona: accanto a quello che sembra la sede di un cantiere (con tanto di trailers, alloggi e una sorta di "area industriale") sorge un rettangolo ben delimitato, all'interno del quale sembrerebbe prendere vita una sorta di "riproduzione" di un qualche paesaggio terrestre, molto ben caratterizzato - addirittura con cime innevate (o sale?), corsi d'acqua e laghetti. 

Notare la morfologia del terreno, sostanzialmente differente da quella delle zone circostanti in cui è immerso. Sembra che sia una base UFO cinese analoga all'Area 51 statunitense.

huangyangtan_wide.jpg

martedì 30 ottobre 2012

Come Ishkur, figlio di Enlil, diventò il dio unico degli Ebrei


In un confronto televisivo tra il prof. Alessandro De Angelis, noto antropologo e studioso antico testamentario, ed un famoso sacerdote e docente universitario, prof. alla Pontificia Università Gregoriana, alla Pontificia Università Lateranense, all’Antonianun di Roma ecc., nonché preside di un importante studio teologico, sono state portate le prove di come gli Ebrei costruirono Dio (chiamato Yahweh nell’Antico Testamento) tramite un sincretismo degli antichi dei sumeri, avvalendosi di ricerche epigrafiche, archeologiche e filologiche. 

La conferenza ha assunto un particolare interesse quando l’emerito prof. e sacerdote, una volta presa la parola, ha confermato e convalidato le sopra dette ricerche facendo cadere in 15 minuti il dio delle tre maggiori religioni monoteistiche mondiali. Riportiamo in sintesi le ricerche esposte dal prof. De Angelis cui seguirà la ratifica del sacerdote.

Nei testi sumeri di circa 6000 anni fa si parla del dio EN.LIL, che aveva l’epiteto di ILU.KUR.GAL, ovvero “Signore della grande montagna”; egli aveva tre figli, uno dei quali si chiamava ISH.KUR o “Signore della montagna”, difatti il glifo KUR in sumero significa “montagna” mentre ISH è un gioco di parole che deriva dall’unire l’accadico ISHA (signore) con la desinenza cananea ISH (montagna), glifo che viene tradotto in accadico con SHADDU, e che si evolverà in ebraico in El Shaddai, dove El vuol dire “Signore”, mentre Shaddai significa “montagna”. 

Questo è l’epiteto con cui Dio si presenterà per la prima nell’Antico Testamento, quando in Genesi 17: 1,2 disse ad Abramo: «Io sono El Shaddai, cammina alla mia presenza e sii perfetto».

Ishkur prenderà il nome di Hadad in accadico, mentre per i cananei diventerà Baal Hadad. Gli Assiri cercarono di concretizzare il primo tentativo di monoteismo sul dio semitico Baal, tuttavia resosi conto che questo dio non era idoneo ad assurgere a tale funzione a causa della sua tradizione secolare, nonché dell’importanza che la sua figura ricopriva nel Pantheon cananeo, capirono che sarebbe stato arduo far traslitterare su di esso le caratteristiche di altre maggiori divinità. 

Il Toro, animale sacro a Ishkur/Hadad - Porta di Ishtar, Babilonia

La soluzione per un passaggio dal politeismo al monoteismo fu trovata quindi facendo prendere in sposa al dio Baal la sua sorellastra Asherah, ed il figlio nato dalla loro unione fu chiamato Yaw El, dove possiamo subito notare l’assonanza con il dio biblico Yahweh. Fu così fatto traslitterare, questa volta con successo, il tentativo di monoteismo dal dio fenicio Baal a Yahweh, tanto che ritroviamo in entrambi lo stesso epiteto di Cavaliere delle nubi. Difatti il dio fenicio Baal lo ritroviamo in un testo proveniente da Ugarit e risalente al XIV secolo a.C., dove si legge:

Per sette anni possa Ba‘al essere assente,
per otto anni il Cavaliere delle Nubi!
CTA 19: IV: 204-205; KTU 1.19: IV: 42-43

Come è possibile notare dalle tavolette ugaritiche, Baal è identificato con l’epiteto di Cavaliere delle nubi, lo stesso che, di fatto, ritroviamo in Salmi 68: 5 attribuito al dio biblico Yahweh:

Cantate, o dèi! Inneggiate, o suoi cieli!
Spianate la strada al Cavaliere delle Nubi!
In Yahweh gioite
ed esultate dinanzi a lui!
Salmi [LXVIII: 5]

Questo epiteto, di derivazione semitica, è la prova che Yahweh sia nato dalla traslitterazione del dio fenicio Baal, derivazione a sua volta di quell’ISH.KUR sumerico. Non solo: per completare il processo di sincretismo Asherah, madre di Yahweh, fu data in sposa a suo figlio, come evidenziato, oltre che da numerosi ritrovamenti archeologici, anche da una iscrizione paleo ebraica risalente all’VIII secolo a.C. e recentemente rinvenuta nei pressi di Kuntillet ‘Ajrud, dove si legge:

Ti benedico tramite Yahweh di Samaria e la sua Asherah
Iscrizione Paleoebraica

Gli invasori Hyksos-Ebrei, adoratori del dio Baal, come raccontato da Manetone conquistarono l’Egitto nel 1750, scegliendo Seth per affinità elettive con il loro dio. Dopo le due cacciate del primo e secondo Esodo, gli Ebrei promuoveranno il nuovo dio Yahweh eliminando i riferimenti a sua madre, ed in seguito moglie, Asherah, come testimoniato da numerosi riferimenti biblici (cfr. I Samuele 7: 4 e 12: 10; II Re 10: 19; II Re 11: 18). L’esatta interpretazione dell’epiteto biblico “El Shaddai”, che designerebbe Yahweh come un dio delle montagne, è peraltro confermata anche da numerosi riferimenti biblici:

I Re 20: 23 – «Ma i servi del re di Aram dissero a lui: “Il loro dio è un dio delle montagne»

Salmo 67: 14-17 – «Dio ha scelto a sua dimora il monte di Basan, il monte delle alte cime; il Signore lo abiterà per sempre»

http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7719.12

lunedì 29 ottobre 2012

Il Generale Yahweh


Quando si assiste alle conferenze di Mauro Biglino, come ho fatto io sabato sera a Udine, si sentono volare le mosche. Il pubblico assapora il piacere della conoscenza ed è come essere seduti davanti a un caminetto con un bicchiere di buon brandy in mano. L’autore de “Il Dio alieno della Bibbia” è un bravo divulgatore sia per iscritto che a voce. Non tutti sono in grado di unire le due prestazioni.

Mi chiedo, ora che sto per finire il suo secondo libro, che in realtà è stato scritto prima del Dio alieno della Bibbia, come mai il Vaticano, che è così influente e impiccione nella vita pubblica italiana, non glieli abbia ancora fatti sequestrare. E come mai, dopo duemila anni di mistificazioni e di contrasti religiosi, a noi oggi è dato di venire a sapere come sono andate in realtà le cose circa le origini della nostra specie.

Che sia anche questo un segno della fine dei tempi? Una bella beffa, degna del comandante Yahwèh: sapere la verità e, invece di essere liberati, finire arrostiti nel diluvio di fuoco prossimo venturo. In fondo, anche la morte può essere vista come una liberazione.

Da come sono stati assemblati i libri della Bibbia si capisce che di divino c’è ben poco. Anzi,  un’operazione di taglia e cuci così consistente e prosaica mostra tutta la sua natura umana e accresce la sensazione di essere stati presi in giro per così tanto tempo. Per secoli.

Se poi andiamo ad analizzare cosa realmente dicono i testi anticotestamentari, ne viene fuori un quadro totalmente diverso da quello che ci è stato insegnato a catechismo e che ancora, finché nessuno si pone domande, la Chiesa cerca di propinare ai suoi fedeli.

Nel primo caso, sulla natura prettamente umana e capricciosa della scelta di alcuni testi e della ripulsa di altri, Biglino ha spiegato che nel Vecchio Testamento dei cattolici ci sono 47 libri, in quello ebraico 39, in quello protestante altrettanti, perché i protestanti hanno voluto staccarsi dai cattolici anche in questo caso.

Quello che per noi è il profeta Daniele, per gli ebrei era un quaquaraquà qualunque.


Nell’Antico Testamento copto ce ne sono due in più dei nostri, i Giubilei e il Libro di Enoch, che la Chiesa cattolica non riconosce come ispirati da Dio. Gli ortodossi seguono la Bibbia dei Settanta, che andava bene anche ai cattolici fino al quarto secolo dopo Cristo, fino a quando qualche papa decise diversamente.

Se non avessi l’handicap della timidezza, avrei chiesto all’oratore se corrisponde al vero che durante alcuni concili dei Padri della Chiesa, per decidere quali libri erano ispirati e quali no, i vegliardi ivi convenuti mettevano i rotoli su un tavolo, alla rinfusa e, come in una specie di autodafé, lasciavano che fosse Dio a decidere.

I rotoli, infatti, hanno il vizio di rotolare e quelli che rotolavano giù dal tavolo, forse perché messi male, venivano considerati apocrifi, mentre quelli che restavano su erano accettati come ispirati.

Biglino dice che gli undici libri a cui si fa riferimento nel Vecchio Testamento e di cui non c’è traccia, siano stati eliminati nel corso dei vari concili perché contenevano affermazioni sgradite alla Chiesa, ma può essere che siano semplicemente caduti dal tavolo, sempre che sia vera ‘sta storia, oppure che siano successe entrambe le cose.


La manipolazione infatti ha seguito una logica di potere e per secoli la Bibbia è stata un libro proibito per il popolo, fino a quando Lutero ha fatto una piccola ma inutile rivoluzione. Celebrare la messa in latino, come si faceva fino a pochi anni fa, rientra nella strategia di tenere la gente nell’ignoranza sulla vita umana, su Dio e anche sulle nostre responsabilità verso il prossimo, che sono la cosa più importante.

Benché nella Chiesa ci siano esempi di sacerdoti sul cui operato non vi è nulla da eccepire, nel complesso il rimaneggiamento dei testi biblici è stato funzionale al mantenimento del potere da parte del clero. Infatti, la Storia ci mostra che gli ecclesiastici sono sempre stati molto affiatati con i militari e la nobiltà, assumendo le stesse abitudini, le stesse prepotenze e gli stessi privilegi.

Il messaggio di Cristo è stato ampiamente disatteso e su questo non occorre soffermarci oltre.

Unendo la visione di Sitchin a quella di Biglino e mettendoci su una spruzzatina di Icke, se ne potrebbe dedurre che re, principi, imperatori, nobili, condottieri e alto clero siano stati e siano tuttora discendenti di quegli ibridi alieni-umani che hanno ampiamente dimostrato la loro malvagia natura. L’unica differenza è che nell’antichità erano d’alta statura, mentre oggi le loro sembianze sono simili alle nostre.

Biglino parla chiaro. A lui non interessa fare un discorso di fede, che deve essere libera e personale. A lui non interessa neanche parlare del Nuovo Testamento, che con il Vecchio c’entra come i cavoli a merenda. Tanto che anche gli gnostici se n’erano accorti e avanzavano l’ipotesi che quello del Vecchio e quello del Nuovo fossero addirittura due Dei diversi.


Anche se leggere la Bibbia era vietato, evidentemente gli gnostici avevano capito con secoli d’anticipo che le storie narrate nell’Antico Testamento non raffiguravano precisamente un Dio d’amore.

E il dottor Biglino spiega bene perché!

Perché non era un Dio, ma un fottuto alieno assetato di sangue. Capace di sterminare 40.000 suoi seguaci perché avevano manifestato interesse verso gli altri Elohìm, signori e padroni dei territori circostanti.

Non solo, ma vi è il comando di uccidere i propri familiari, moglie, figli, amici e genitori, se solo uno di essi suggeriva di cambiare Elohìm e di sceglierne un altro. Una degenerazione del genere si era vista solo durante la Rivoluzione Culturale cinese o presso i fanatici comunisti cambogiani all’epoca di Pol Pot.

Il nome che la Bibbia attribuisce a questo bellimbusto sanguinario è Yahwèh, ma siccome gli antichi ebrei erano in un certo senso discendenti dei sumeri, non è sbagliato chiamare quel prepotente generale alieno con il suo nome sumero: Enlil.

Biglino non cita Sitchin, ma le due visioni combaciano. Cambiano solo i nomi. Come ho già spiegato, Enlil, benché riluttante, alla fine si dichiarò d’accordo a manipolare l’Homo erectus (o abilis), facendo fare materialmente l’operazione a suo fratello Enki, più versato nelle scienze mediche, perché si convinse che avere un esercito di servitori gli avrebbe portato vantaggi e gratificazioni.

Conoscendo il feroce pragmatismo del fratello maggiore, nonché principe ereditario, Enki cercò di venire in aiuto al terrestre appena manipolato, sotto forma di serpente tentatore.

Non fu capito, forse peggiorò la situazione e suo fratello Enlil probabilmente lo fece fuori per punizione come a volte avviene presso certi eredi al trono che, per non correre rischi, fanno fuori i cadetti. Con le buone o con le cattive.

Il dottor Biglino non parla di Anunnaki, ma di Elohìm, ma i personaggi comunque sono riconoscibili.

Vi sono dei passi nel libro della Genesi in cui si parla di Elohìm al plurale – e questo si sapeva – ma ve ne sono altri in cui si dice che muoiono anche loro. Un esempio del primo caso è laddove, dopo l’attraversamento della penisola del Sinai, Giosuè riunisce i capi delle tribù e li esorta a seguire l’Elohìm dei loro padri, chiamato Yahwèh, come lui avrebbe fatto, e ad abbandonare definitivamente gli altri.

In quell’occasione parla di ben quattro Elohìm differenti, tra cui quello degli Amorrei.

Nel secondo caso, Biglino ha citato un versetto della Bibbia che dice espressamente che gli Elohìm muoiono, versetto rigorosamente tenuto nascosto dai propugnatori del monoteismo e di cui, come tutti, non sospettavo l’esistenza.

E inoltre, sono gli stessi esegeti ebrei della Torah, autori del Talmud, a spiegare che Yahwèh intendeva dire: “Non adorerai altri Elohìm finché io esisto”.

Dunque, abbiamo un Dio dotato della consapevolezza che prima o poi morirà anche lui. Se Biglino fosse vissuto durante l’Inquisizione, le fascine per bruciarlo le avrebbero preparate in men che non si dica. E forse durante quell’orribile periodo storico sono esistiti parecchi Mauro Biglino, con o senza tonaca, messi sistematicamente al rogo con le loro sovversive conoscenze. Se ciò non avviene anche oggi è perché la Chiesa ha perso il potere temporale.

Restano però pur sempre i servizi segreti, vaticani e non. Osho Rajneesh, scomoda guida religiosa, è stato fatto fuori con il tallio e Arafat con il polonio, ma non vorrei fare, qui ora, l’uccello del malaugurio.

Anche Valter Colognori, che insieme a Barbara Trevisan ha organizzato l’evento, ha fatto una piccola gaffe quando ha annunciato l’oratore dicendo: “Godetevelo finché potete, perché il prossimo anno….”. E qui un signore seduto fra il pubblico ha sussurrato: “….potrebbe essere morto”.

“No, no – ha subito aggiunto Valter – perché potrebbe essere invitato negli Stati Uniti a tenere un giro di conferenze”. Oltre al fatto che i suoi impegni, tra cui l’uscita del prossimo libro “Non c’è creazione nella Bibbia”, gli lasciano poco tempo per le conferenze.

Intanto, è stato per me un vero godimento sapere, fra le altre cose, che i Dieci Comandamenti in realtà erano un ordine di servizio per gli uomini che Mosè stava guidando nel deserto. Qui si capisce perché ci hanno messo quarant’anni ad attraversarlo: avevano bisogno di addestrarsi nell’uso delle armi, prima di attaccare le terre promesse abitate da gente agguerrita e d’alta statura.

Come preambolo, Yahwèh era solito rimarcare la pretesa che il suo popolo non avesse altri signorotti all’infuori di lui. Questo lo faceva sempre.

Poi passa ad affermare che i suoi soldati accampati non devono rubare, non devono uccidere i propri commilitoni,  non devono desiderare la moglie del camerata della tenda a fianco e non devono commettere atti impuri.

Yahwèh non voleva casini e pretendeva un esercito ben disciplinato, che non si azzuffasse per il furto d’oggetti del bottino di guerra o a causa dei bollenti spiriti dei soldati celibi. Il bromuro non era ancora entrato in uso.


Quanto agli atti impuri, Yahwèh dice chiaramente che siccome di tanto in tanto avrebbe passato in rassegna le truppe, non voleva mettere i piedi sulle cacche dei soldati e per questo dice che nell’equipaggiamento di ogni combattente non deve mancare un piolo di legno, con cui scavare una buchetta lontano dall’accampamento per seppellire i propri escrementi. Strano che non gli desse fastidio la biancheria messa a stendere!

Se passavo io con la mia cagnetta scagazzona chissà cosa mi diceva. A quest’ora avevamo un comandamento che diceva così: “Non andrai a passeggio con il cane senza la paletta e il sacchettino per le feci”.

Che Yahwèh se ne andasse in giro per l’accampamento e si premurasse di trovare pulito il terreno è un altro esempio del fatto che il Dio del Vecchio Testamento era dotato di corporeità e simile a noi umani. L’averlo reso eterno, invisibile e onnipotente è stata una scelta obbligata per coloro che ci videro un business, nonché lo strumento per detenere il potere sulle folle.  I padri della Chiesa saranno stati anche vegliardi,  ma non erano per niente rimbambiti!

La schizzinosità dell’Elohìm della Bibbia circa il terreno privo di sporcizia, fa il paio con la sua richiesta che i sacerdoti fossero esenti da malformazioni. E ne fa un elenco preciso. Non potevano entrare a far parte dei Leviti i gobbi, i ciechi, gli scabbiosi, i deformi di mano o piede e i nani. I lebbrosi, infine, dovevano essere tenuti lontanissimi dall’accampamento e questa era una misura profilattica valida anche per la popolazione civile. Un contagio di lebbra avrebbe reso inservibile le truppe che il “Dio degli eserciti” stava arruolando sotto il comando di Mosè prima, e di Giosuè poi.

Alla fine della conferenza ho trovato il coraggio di fare una domanda. Riferendomi a Sitchin, ho detto che lo sbarco degli Anunnaki/Elohìm sul pianeta Terra potrebbe essersi verificato 300.000 anni fa. Come si spiega che Enlil/Yahwèh, che diede inizio alla storia umana in quel lontano passato, fosse lo stesso individuo che circa 13.000 anni fa lasciò accadere il diluvio, sapendo che la forza di attrazione di Nibiru lo avrebbe scatenato? Si sa quanto vive un Elohìm?

Biglino mi ha risposto che questa è una grossa lacuna. Sappiamo solo che i testi a noi pervenuti parlano di “lunga durata”. Forse tra quelli andati perduti la risposta c’era. E dunque, un’informazione di così vitale importanza per noi moderni dovrà rimanere sconosciuta.


Se Nibiru è in avvicinamento e se gli Dei stanno per tornare, come già diceva Von Daniken trent’anni fa e anche Carlo Sgorlon nel 1977, chi scenderà dalla scaletta dell’astronave?

Qualche figlio o nipote dei nostri creatori? E avranno disposizioni favorevoli o negative per noi? Sarà un evento piacevole o l’ennesimo equivoco come quello accaduto agli Incas e agli Aztechi che aspettavano rispettivamente Viracocha e Quetzalcoatl e si sono visti arrivare gli spagnoli?

Può darsi anche che non ci sia nessun pianeta Nibiru, che non si farà vivo nessun Anunnaki, perché sono tutti  morti, e ogni cosa continuerà come sempre. La fine della nostra specie arriverà per cause naturali o per mano nostra, senza alcun intervento di quegli alieni che, tra rapimenti e prese in giro varie, ci hanno sempre trattato come esperimenti incompleti e ottusi servitori.

Come forse in effetti siamo!

domenica 28 ottobre 2012

Vi presento i "Rettiliani"

David Icke parla di 13 famiglie le quali detengono il potere assoluto sul pianeta e sulla razza umana e dietro le quali ci sarebbe la sovranità rettiliana... probabile, molto probabile. 

Teoria, quella di Icke, a cui il Progetto Atlanticus ha inoltre dedicato alcuni capitoli del proprio libro "Genesi di un Enigma", partendo dai presupposti indicati da Icke e approfondendo la faccenda in ambito socio-politico-economico, forte degli studi economici dell'autore e dell'ideatore del Progetto Atlanticus.

Teoria quella del Progetto Atlanticus che, secondo le logiche stesse del progetto, collega i Rettiliani di Icke con gli Anunnaki di Sitchin, con i mondi perduti di Atlantide e il cospirazionismo internazionale che oggi solleva il velo di Maya mostrandosi per ciò che è.

David Icke

E pertanto io oggi qui non vi parlerò di rettiloidi, mutaforma assetati di sangue.

Per un approfondimento potete consultare la scheda 

http://www.progettoatlanticus.net/p/rettiliani-e-nwo.html 

o la discussione 

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12270

Io qui oggi vi voglio parlare di una manciata di multinazionali che detengono il controllo effettivo della ricchezza mondiale. Fatto dimostrato da una ricerca avanzata dalla Università di Zurigo.

Se poi, dietro a queste multinazionali ci siano le 13 famiglie citate da Icke... beh, questo rimane nel campo delle ipotesi, ma non lo escluderei a priori.


La teoria del complotto universale mi richiama alla mente una frase di Karl Popper: “Ammettere la possibilità del complotto significa riconoscere la plasmabilità della Storia da parte della Ragione”.

Ad ogni modo è davvero pertinente uno studio condotto recentemente dall’Eth, il Politecnico federale di Zurigo, ossia una delle migliori università del mondo, cui sono legati una ventina di premi Nobel. Lo studio ha per argomento proprio la rete delle multinazionali (i soggetti più importanti dell’economia odierna) che hanno influenza sulla competizione nel mercato globale e sulla stabilità finanziaria. Ed è il primo studio che ha esaminato sia l’architettura delle proprietà internazionali di tale rete, sia il controllo potenziale di ciascuna multinazionale: ossia l’effettiva influenza degli azionisti nella strategia economica. Giacché finora erano state esaminate solo alcune reti di proprietà, ma trascurando la struttura di controllo a livello globale, o alcuni gruppi economici nazionali. Ed erano state neglette le relazioni di controllo reciproco, dirette e indirette, che sussistono fra le maggiori multinazionali.

Dunque esaminando 37 milioni di entità economiche in 194 paesi, fra persone e aziende, si è arrivati a considerare per importanza 43.060 multinazionali o Tnc (Transnational Corporations), analizzandone le partecipazioni dirette e indirette, ossia tutto il network.

Si è dunque visto che esiste un nucleo di solo 1300 imprese che controlla circa la metà di tutte le multinazionali, e la cui proprietà resta perlopiù nel nucleo stesso, attraverso complicati meccanismi di partecipazione reciproca. Cioè esiste un piccolo gruppo di multinazionali, strettamente connesse, che detengono la maggioranza delle azioni l’una dell’altra: 737 dei maggiori azionisti detengono l’80% del controllo di tutte le più importanti multinazionali. In altri termini, circa 4/10 del controllo di tutte le multinazionali del mondo è in mano (attraverso una rete intricatissima di relazioni e proprietà) a sole 147 multinazionali che hanno il pieno controllo di loro stesse: la maggior parte sono intermediari finanziari. Inoltre le imprese con maggior numero di partecipazioni sono connesse fra di loro, il cosiddetto rich-club phenomenon: i ricchi diventano sempre più ricchi.

Ciò ha diverse e inquietanti implicazioni: da un lato la competizione nel mercato globale è significativamente ridotta dal complesso sistema di partecipazioni reciproche di non molte imprese. Se queste sono legate in maniera diretta o indiretta da partecipazioni azionarie è difficile che si facciano guerra fra loro. Questo non riesce a essere impedito dagli organismi antitrust, in quanto non dispongono degli strumenti analitici e quantitativi per individuare i network globali. Dall’altro lato, al contrario di quanto è stato affermato per anni da non pochi economisti, l’alta concentrazione di interconnessioni fra le istituzioni finanziarie comporta un alto rischio di sistema: il fallimento di un’impresa si può propagare, con effetto domino, in tutto il sistema. Esattamente come è accaduto nell’ultimo crollo finanziario. Sicché ogni crollo finanziario può diventare un’epidemia.

Nei fatti, ci stiamo abituando ad una autentica battaglia navale in cui singole corazzate con bandiere nazionali ed equipaggi indifferenziati – dagli operai, ai pensionati, agli industriali, ai banchieri – muovono a contendere lo spazio a quelle “nemiche” che incrociano sui propri mari, apparentemente senza regia e con navigazione a vista. Con la politica che ha perso la bussola, che esibisce capitani senza spessore e sempre più lontani dagli equipaggi. Che va cedendo i ponti di comando a tecnici di lungo corso, esperti – sembrerebbe – dei mari, le cui tempeste non hanno saputo domare quando dovevano far funzionare i fari e mandare a tempo avvisi ai naviganti. E’ il caso della Grecia e dell’Italia ed è quanto sta alle spalle della coppia Merkel-Sarkozy, a cui basta una nota di S&P per perdere completamente l’orientamento.

Di là da questi richiami suggestivi, siamo di fronte al crollo più rovinoso delle democrazie storiche e al crescente dominio della finanza e del capitale industriale, oggi impegnato nella speculazione, a dispetto della sovranità popolare costituzionalmente ribadita ma materialmente bloccata. In verità è in atto il più profondo mutamento nel sistema di potere a livello globale. In uno studio del settembre scorso, un gruppo di matematici del Politecnico federale di Zurigo rivela empiricamente la rete capitalista che domina il mondo. Partendo da una base di dati di 37 milioni di imprese e investitori, vengono identificate 43.060 grandi imprese transnazionali che praticamente controllano l’universo sottostante dei 37 milioni. Raffinando ancora di più i dati, il modello finale ha rivelato un nucleo centrale di 1.318 grandi imprese con 20 connessioni con altre imprese e con un potere economico che, sebbene concentri solo il 20% dei redditi globali di vendita, detiene la maggioranza delle azioni delle principali imprese del mondo, le cosiddette blue chips, detentrici del 40% della ricchezza mondiale.

L’analisi si è spinta oltre, focalizzandosi per la prima volta non sui singoli fatturati, ma sul valore aggregato delle partecipazioni azionarie intrecciate di singoli capifila. Si è così penetrati anche nelle zone dei cosiddetti “trust”, ammessi dal diritto anglosassone, che consentono di nascondere capitali anonimi. Ci si riduce così alla fine a 147 imprese intimamente interconnesse, di cui la maggioranza sono banche (enumeriamo qualche caso a tutti noto tra le prime 50 banche oltreoceano: JP Morgan Chase & Co, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Bank of America; e le banche europee: Ubs , Deutsche Bank, Credit Suisse, Unicredito Italiano, Bnp Paribas), assicurazioni (Allianz Lloyds), multinazionali dell’acqua e del petrolio (Société Générale des Eaux, China Petrochemical Group), fino a poche finanziarie industriali dei trasporti, del nucleare e dell’elettronica (Mitsubishi Ufk Financial Group Inc, Dodge & Cox).

Dice niente questa mappa di “piovre” che detengono un potere sproporzionalmente elevato sull’economia globale? Che indirizzano lo spostamento di enormi riserve pubbliche statali alle banche e agli armamenti? Che sostengono la decadenza dello stato sociale pubblico a favore dei sistemi assicurativi, la privatizzazione dell’acqua e il rilancio del binomio auto-petrolio contro le rinnovabili e la mobilità sostenibile? Come il mondo ha visto durante la crisi del 2008, queste reti sono molto instabili: basta che un nodo abbia un problema serio che questo si propaga automaticamente a tutta la rete, trascinando con sé l’economia mondiale. Si tratta comunque di reti ad alta conservazione e con relazioni e punti di comando affidati a tecnici e manager che costituiscono un olimpo internazionale e che agiscono fuori dall’interesse generale e non sono sottoposti ad alcun controllo democratico.


Questa la top 50 dei soggetti economici più influenti al mondo e le sigle delle nazioni d’appartenenza. “Sebbene Stati Uniti e Gran Bretagna dichiarino la necessità di libero mercato” commenta la dr.ssa Stefania Vitali, uno degli autori dello studio “si finisce per avere un network con imprese, perlopiù inglesi e americane, strettamente connesse fra di loro”.

1 Barclays Plc – Gb
2 Capital Group Companies Inc – Us
3 Fmr Corp – Us
4 Axa – Fr
5 State Street Corporation – Us
6 JPMorgan Chase & Co. – Us
7 Legal & General Group Plc – Gb
8 Vanguard Group, Inc., The – Us
9 Ubs Ag – Ch
10 Merrill Lynch & Co., Inc. – Us
11 Wellington Management Co. L.L.P. – Us
12 Deutsche Bank Ag – De
13 Franklin Resources, Inc. – Us
14 Credit Suisse Group – Ch
15 Walton Enterprises Llc – Us
16 Bank of New York Mellon Corp. – Us
17 Natixis – Fr
18 Goldman Sachs Group, Inc., The – Us
19 T. Rowe Price Group, Inc. – Us
20 Legg Mason, Inc. – Us
21 Morgan Stanley – Us
22 Mitsubishi Ufj Financial Group, Inc. – Jp
23 Northern Trust Corporation – Us
24 Société Générale – Fr
25 Bank of America Corporation – Us
26 Lloyds Tsb Group Plc – Gb
27 Invesco Plc – Gb
28 Allianz Se – De
29 Tiaa – Us
30 Old Mutual Public Limited Company – Gb
31 Aviva Plc – Gb
32 Schroders Plc – Gb
33 Dodge & Cox – Us
34 Lehman Brothers Holdings, Inc. – Us
35 Sun Life Financial, Inc. – Ca
36 Standard Life Plc – Gb
37 Cnce – Fr
38 Nomura Holdings, Inc. – Jp
39 The Depository Trust Company – Us
40 Massachusetts Mutual Life Insur. – Us
41 Ing Groep N.V. – Nl
42 Brandes Investment Partners, L.P. – Us
43 Unicredito Italiano Spa – It
44 Deposit Insurance Corporation of Japan – Jp
45 Vereniging Aegon – Nl
46 Bnp Paribas – Fr
47 Affiliated Managers Group, Inc. – Us
48 Resona Holdings, Inc. – Jp
49 Capital Group Internationa, Inc. – Us
50 China Petrochemical Group Co. – C

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/16/i-padroni-del-mondo-7-miliardi-vs-147-imprese/184144/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/04/le-multinazionali-che-dominano-il-mondo/168245/

sabato 27 ottobre 2012

Un Buon "Nuovo Ordine Mondiale"


Su diversi canali youtube si denuncia la possibilità che Gianroberto Casaleggio, socio-fondatore (nonché presidente) della Casaleggio Associati S.r.l., una società informatica che, oltre ad occuparsi di consulenze di strategie di rete è curatrice del famoso blog di Beppe Grillo, possa appartenere al Player C.


Questo comporterebbe l'automatica associazione al Player C anche per quanto concerne Beppe Grillo e il "Movimento 5 Stelle", ormai diventato protagonista della politica italiana (e forse non solo italiana considerando le recenti attenzioni ad esso riservato da testate internazionali).

grillo casaleggio01g e1338366139280 Gianroberto Casaleggio, io, cofondatore del MoVimento 5 Stelle
Beppe Grillo a dx, Gianroberto Casaleggio a sx
Bene, cercherò di dimostrare il contrario, sfatando, da buon "complottista", questa ipotesi "complottista"...

Iniziando da alcuni semplici dati di fatto:

- non esiste una sola cosa, tra le proposte avanzate dal movimento, che sia a favore dell'Agenda dei mondialisti 

- Casaleggio, o uomini a lui vicini, non hanno mai partecipato che io sappia ai meeting del Bilderberg Group o della Commissione Trilaterale o di qualsiasi altra sigla mondialista/atlantista

- il contributo di Grillo e del M5S in Italia è stato sotto alcuni aspetti determinante per aumentare il tasso di consapevolezza dei cittadini verso alcune pratiche (p.es. signoraggio) usate tipicamente nell'agenda del NWO 

- stessa importanza nell'introdurre concetti importanti come "democrazia diretta e partecipativa" o "libero accesso all'informazione"

Proviamo ora a guardare questi due video, dove diverse persone ravvisano le stesse strategie e politiche utilizzate dai mondialisti per la realizzazione della distopia orwelliana di matrice massonica secondo l'agenda degli Illuminati di Baviera. 




Nonostante la conclusione del secondo video voglia cercare di dimostrare la realizzazione del NWO attraverso gli step ivi descritti io rimango convinto dell'esatto contrario. 

E, se il simbolismo ha un significato, è emblematico nel secondo video l'occhio nella piramide che diventa individuo (quindi soggetto pensante, consapevole) al minuto 4.57 - ovvero l'esatto contrario del piano del NWO che ci vuole tutti schiavi non pensanti (e non consapevoli). 

Perché vedete, amici miei, alla fine io sono convinto che il "mondialismo" sia comunque la naturale evoluzione a cui dovrebbe tendere il genere umano, così come probabilmente prevedeva il nostro buon vecchio Enki.

Ma esistono due modi di intendere il concetto di "mondialismo"... quello a noi già ben noto, del Player C, fatto di complotti, cospirazioni, guerre, violenze, crisi economiche, signoraggio che conducono al dominio totale e programmato su miliardi di esseri umani tenuti nell'ignoranza e nell'inconsapevolezza della loro condizione.

Oppure quello cantato da John Lennon nella canzone "Imagine"


un mondo senza confini, senza guerre, senza religioni, senza divisioni (e quindi discriminazioni).

Anch'esso, se vogliamo, un "Nuovo Ordine Mondiale"... ma un "Nuovo Ordine Mondiale" UMANO, e non "Rettiliano"... un "NWO" Enkilita... se vogliamo.

Certamente ispirato a concetti di democrazia diretta, economia del dono, libero e pieno accesso all'informazione, aumento globale della consapevolezza umana. Obiettivi di certo riconducibili al desiderio del Player B.

In una parola: armonia. Quell'armonia che permette la realizzazione di uno stato di "Anarchia consapevole"

Di nuovo l'esatto contrario del NWO di matrice "Rettiliana", del Player C.

Non posso garantire che Casaleggio rappresenti in Italia un esponente del Player B, ma di certo ci sono diversi indizi che mi fanno deporre per questa ipotesi...

A voi la parola.

Chi odia gli scienziati?

115 scienziati stranamente morti di recente e all’improvviso… 

Sospetti di complotto dietro la "eliminazione" programmata di importanti scienziati. Probabilmente le loro ricerche davano fastidio a qualcuno?

Ma se si tratta di complotto allora perché questa criminale decisione sarebbe stata presa proprio ora? Hanno paura di qualcosa?

venerdì 26 ottobre 2012

Testimonianze di un tempo perduto


Sinora la scienza moderna ci ha insegnato erroneamente che le piramidi sono attribuibili esclusivamente a scenari locali come l'Egitto e il Messico e che queste strutture sono soprattutto tombe di faraoni o re. Inoltre, dopo più di duecento anni, non sono state ancora date risposte esaurienti sull'età e sui metodi di costruzione, in particolare per le grandi piramidi di Giza.

Quello che è emerso invece con la scoperta delle prime piramidi europee, le piramidi bosniache, nonché da ricerche effettuate in questo campo negli ultimi sei anni, è che le piramidi sono un fenomeno globale. Oltre alle piramidi bosniache, oggi conosciamo l'esistenza di centinaia di piramidi in Cina ma anche in Indonesia e Thailandia e ci sono migliaia di piramidi in quasi tutti paesi del Sud America (Messico, Guatemala, Perù). Infine, esistono costruzioni piramidali anche in Italia, simili a quelle delle Isole Canarie e delle Isole Mauritius.

La scoperta delle piramidi bosniache di Visoko, oltre a ricordarci le origini della cultura europea nate sulle sponde del Mar Nero, basate sul matriarcato, sul culto della Dea Madre e la pace, richiede una notevole revisione dei libri di storia che finora abbiamo conosciuto.

Società gilaniche, eredità dell’età dell’oro, nate sulle sponde del Mar Nero poiché laggiù, prima della grande inondazione del bacino del Mar Nero sorgeva il fulcro di un grande impero, (forse una colonia di Atlantide) e soppiantate infine dalla cultura indo-europea, di matrice patriarcale orientata al dominio e all’assoggettamento… sembra assurdo pensarlo, ma il NWO inizia proprio in quel lontano tempo perduto.

http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8050.7

giovedì 25 ottobre 2012

La sconfitta della Rinascita Enkilita


All’interno del nostro blog abbiamo affrontato l’effetto delle migrazioni dei popoli indoeuropei nell’Europa gilanica secondo le teorie di Marija Gimbutas a partire da 7000 fino a 4000 anni fa con particolare attenzione alla cultura Kurgan e l’impatto di questo evento sui piani di “Rinascita” previsti dagli Enkiliti; Enkiliti; che rappresentano il Player B della nostra ‘scacchiera’ sulla quale si gioca da migliaia di anni una complicata partita.

Di fatto l’arrivo dei Kurgan sostituisce a una società fondata sul dono, sulla spiritualità e sulla cooperazione tra individui pari appartenenti alla comunità, una società invece fondata sul possesso, sull’autorità e sul dominio da parte del forte sul debole.

Oserei dire che con le migrazioni indoeuropee di 7000 anni fa il modello sociale Enkilita viene pertanto soppiantato dal modello sociale “Rettiliano”, riconducibile invece al Player C.


Le migrazioni dei Kurgan

Come dimostra la cartina geografica, popolazioni indoeuropee, patriarcali e guerriere, provenienti dall'area caucasica e siberica, si introdussero in Europa, estinguendo o assoggettando con le armi e la violenza le società gilaniche (vedi link http://italianimbecilli.blogspot.com/2011/02/societa-gilaniche-le-floride-comunita.html) cancellando di fatto l'eredità lasciata loro dagli insegnamenti enkiliti, durante il processo di Rinascita.
E' proprio l'arrivo degli indo-europei a 'rovinare' i piani di Enki e della Rinascita in quanto, sostituendo i loro paradigmi sociali a quelli tipici della Rinascita danno il via alla storia umana, alle sue violenze, alla prevaricazione del forte contro il debole, all'introduzione della proprietà privata e a tutte le conseguenze che ciò porterà nel corso dei millenni a venire.

Culture mai entrate in contatto con gli indo-europei (e penso ai nativi americani) sono rimaste invece più legate ai vecchi paradigmi della Rinascita enkilita e ai modelli delle arcadiche società gilaniche.

Ma l’azione degli antagonisti, avversari, alla visione Enkilita della gestione della razza umana non si ferma qui. 

Una più forte invasione avviene a partire da 4000 anni fa, proprio al termine delle migrazioni del ceppo culturale Kurgan. Trattasi delle migrazioni di quelli che verranno conosciuti nella storia come i “Popoli del Mare”. Migrazioni che partiranno dalla culla del Player A; il popolo eletto degli Enliliti: i Sumeri, o meglio gli Ebrei loro diretti eredi, così come possiamo dedurre dalle ricerche di Arno Poebel prima e dell’importante sumerologo Kramer, i quali riscontrano significative correlazioni tra Sumeri e Ebrei.

Dalla Bibbia sappiamo a un certo punto che “…Abramo uscì dalla città di UR dei Caldei…” per raggiungere la terra promessa, la terra di Canaan, su indicazione diretta di Dio/Yahweh/Enlil. Possiamo collocare temporalmente nel XVIII sec. a.C. la partenza della tribù di Abramo verso Canaan, ovvero 3800 anni fa, esattamante alla fine dell’azione Kurgan nel continente europeo.

Ma da ciò che narra la Bibbia possiamo osservare come il tragitto di Abramo compia una sosta nella città di Harran. Ed è in realtà proprio ad Harran che Abramo riceve da Dio la “missione” di scendere verso la terra promessa.  

Il percorso di Abramo

Al lettore interesserà sapere che il luogo in cui Yahweh scelse Abramo per questa audace missione è lo stesso luogo dove Marduk fece la sua comparsa dopo un'assenza di mille anni e fu più tardi il luogo in cui una serie di eventi incredibili cominciarono a susseguirsi. Questi furono avvenimenti di portata profetica, che influenzarono sia le questioni umane sia quelle divine. 

Gli eventi chiave, raccolte per i posteri da testimoni oculari, cominciarono e finirono con l'adempimento delle profezie bibliche riguardanti l'Egitto, l'Assiria e Babilonia; e includevano la partenza di un dio dal suo tempio e dalla sua città, la sua ascesa ai cieli, e il suo ritorno dai cieli mezzo secolo più tardi.

E, per una ragione forse più metafisica che geografica o geopolitica, molti degli eventi cruciali degli ultimi millenni del conto cominciato quando gli déi, riuniti in consiglio, decisero di assegnare all'Umanità la civiltà, ebbero luogo ad Harran o nei suoi pressi. I dettagli di una tavoletta che facevano parte di una corrispondenza reale di Assurbanipal, il figlio successore di Assaraddon, si evince l'intenzione che Asarrandon meditava di attaccare l'Egitto, dirigendosi a nord invece che a ovest alla ricerca del tempio in legno di cedro di Harran. Lì vide il dio Sin appoggiato a un bastone, con in testa due corone. Il dio Nasku gli stava difronte. Il padre di sua maestà il mio re entrò nel tempio.

Il dio gli pose una corona sulla testa, e disse: "Viaggerai verso le nazioni, e ne sarai il conquistatore!" Egli partì e conquistò l'Egitto. Scopriamo inoltre che nella lista degli Dèi sumeri, Nasku era un membro dell'entourage di Sin.

Ma torniamo ad Abramo e alla sua tribù: dopo l’investitura da parte di Yahweh, Abramo e il suo popolo eletto, scende verso l’attuale palestina e la occupa. Se, come ipotizzato nelle teorie del Progetto Atlanticus, Yahweh fu davvero un Enlilita significa che l’occupazione della terra di canaan da parte degli ebrei di Abramo fu una ponderata decisione politico-strategica del principe ereditario Anunnako forse volta a boicottare i piani del fratello Enki, oppure a definire il proprio potere nella regione.

Il lettore potrebbe chiedersi a questo punto: “Ma non stavamo parlando di Europa? Cosa centra tutto questo con le migrazioni degli indo-europei e dei Kurgan?”. Centra, perché la Bibbia dimentica di dire che ad Harran la tribù di Abramo (che ancora non è nazione di Israele, in quanto sarà Giacobbe a ricevere questo incarico da Dio), si divide in tre sottotribù.

Una prima tribù, volge a sud, verso la palestina, e la Bibbia seguirà le vicende di questa, poiché da essa nascerà la nazione di Israele, prediletta dal Signore (ovvero Enlil)

Una seconda tribù si dirigerà a nord, risalendo il Danubio e occupando perciò la parte nord dell’Europa fino all’Irlanda dove verranno ricordati come i Tuatha de Dana. 

Una terza prenderà la via del mare dando origine a tutta una serie di popoli che saranno noti per le loro abilità guerriere tanto da venire utilizzati come soldati mercenari e guardie del corpo del faraone (Shardana) in Egitto.

Il percorso delle tribù di Dan

In sintesi possiamo osservare il percorso degli Enliliti rappresentati dal popolo di Abramo che si divide ad Harram e che, muovendosi per le terre d’Europa, si integra e si mischia con le precedenti genti indo-europee giunte da est definite nelle ricerche della Gimbutas come Kurgan. A volte l’integrazione è pacifica, a volte violenta. Kurgan prima, tribù dei Dana poi, il risultato finale va comunque nuovamente a discapito dei piani di Rinascita Enkilita, con quella commistione di ruoli dei Player A (Enliliti) e Player C (“Rettiliani” – volutamente tra virgolette) che caratterizzerà la storia d’Europa fino ai giorni nostri.

Una teoria questa, maggiormente sviscerata nell'articolo "La sconfitta della Rinascita Enkilita", consultabile qui:



mercoledì 24 ottobre 2012

Sangue, DNA, Abductions, Alieni



Il sangue è la rappresentazione arcaica della propria origine, nel sangue è contenuto il DNA e attraverso le sue caratteristiche, si tramandano di generazione in generazione tutte le informazioni contenute nella specie. 

Da queste basi essenziali è facile sfatare falsi miti con una diversa chiave di lettura e districare il gomitolo di una matassa che, per secoli, era diventata troppo intricata per essere chiaramente compresa. Appurato che le entità che un tempo venivano definite demoniache o maligne, non sono altro (nella maggioranza dei casi) manifestazioni di entità aliene (alieno nel senso del termine più ampio), dimensionali ed extra-dimensionali, ecco che le figure vampiresche, sparse nelle culture di tutto il mondo, acquistano una diversa spiegazione. 

Il demone o il vampiro che pretende un tributo di sangue per la propria sopravvivenza, è in realtà l’alieno che si ciba della fonte energetica dell’uomo ed ottiene, attraverso il sangue umano, la possessione di una parte animico-spirituale fondamentale per la propria sopravvivenza. Ecco che i succhia-sangue o i succhia-anima, in base alle nostre attuali ricerche, acquistano diversi nomi e sembianze e, quanto riportato dal mito o dalla tradizione popolare, ripulito da secoli di dicerie e paure ancestrali, divengono realtà oggettive e spiegabili in modo logico e concreto. 

L’entità stregonesca che in Africa è spesso vista come un globo di luce, che si “ciba” di animali, uomini o bambini, è in realtà l’alieno senza corpo fatto di luce che necessita di energia animale e umana per vivere. La figura per eccellenza del principe del male o delle tenebre (l’angelo caduto), il demone oscuro che vive negli inferi più bui o tetri che si ciba del sangue e dell’anima umana, è in realtà un entità extra-dimensionale, il quale, proveniente da un Universo parallelo al nostro, opera nella disperata ricerca di aprirsi un varco attraverso gli uomini parassitati per ritornare nel nostro mondo, dopo che ne era stato cacciato in tempi immemorabili. Spesso, nei casi più estremi di questo parassitaggio, è possibile riscontrare quella che anticamente veniva definita la “possessione demoniaca”. 
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I parassiti, soprattutto quelli che vivono dentro il Corpo ospitante, riescono a prendere il sopravvento sulla personalità con effetti devastanti, modificano addirittura la percezione della realtà, e in questi momenti di simbiosi, avvengono cambiamenti a livello fisico, alterazione del colore degli occhi, dei tratti somatici, dell’umore e della personalità, sino ai casi più estremi di fusione di personalità. Risulta chiaro che se l’entità aliena o il parassita, necessita di energia e deve in ogni modo appagare questa sua insaziabile “fame”, può portare la persona a compiere gesti estranei al suo comportamento e che in molti casi clinici, sono considerati come folli. 

Suicidi, omicidi efferati, stati alterati di coscienza o attimi di follia, anche tra i più agghiaccianti, sono il tributo da pagare da coloro che sono portatori di queste “entità malvagie”. Esistono, inoltre, anche altre realtà molto più “fisiche”, entità che non soltanto usano metodi di parassitaggio avanzati (ad esempio la possessione, l’impianto di memorie, o esterno attraverso microchip e vari collegamenti eterici), ma che arrivano persino a cibarsi letteralmente dei nostri corpi. Il nostro pianeta non è soltanto un immenso esperimento alieno, ma anche una prigione, dove all’uomo non è consentito di uscire e dove spesso, anche l’alieno, ne è vittima insieme all’uomo stesso. 

L’alieno o l’antico demone, vive da sempre in mezzo a noi, da quando l’umanità ha avuto coscienza di Sè, della propria identità storica e sotto le più diverse spoglie, si è sempre presentato come uno di noi. Sino a qualche anno fa, non erano rari avvistamenti di esseri umani insoliti, molto alti, dalla carnagione o dai capelli chiari, spesso calvi, sia dall’aspetto giovanile che anziano, quasi cadaverici, con gli occhi di un colore particolare o dalle pupille verticali. Magari nei secoli scorsi, un “essere umano” di questo tipo avrebbe scatenato paure e sarebbe stato identificato come un uomo posseduto dal demonio o un vampiro, ma adesso sappiamo che tali caratteristiche sono comuni ad alcune razze aliene di Umanoidi. I demoni che un tempo erano visti affascinanti, dalla bellezza fuori dal comune e magari dallo sguardo glaciale o al contrario di vecchi raggrinziti, sono tutti da ricondurre a questa moderna chiave di lettura aliena. 

Ma ci sono aspetti ancora più agghiaccianti della presenza alieno-demoniaca sul nostro pianeta, soprattutto legati alle innumerevoli scomparse di persone e animali, e raramente, seguiti da ritrovamenti di cadaveri mutilati in modalità non spiegabili da un punto di vista scientifico. In tutto il mondo si sono sempre susseguiti casi di mutilazioni animali (capre, pecore, mucche, cavalli, etc.), con asportazioni chirurgiche di parti del corpo, fori in punti cardini per la completa aspirazione di liquidi interni (sangue, urina, feci, acqua). Sappiamo che alcune razze aliene (in particolare i Grigi), effettuano rapimenti di animali per prelevare principi nutritivi presenti al loro interno, per condurre dei veri e propri bagni rigeneranti. I Grigi sono dei cloni, robot-biologici che, sprovvisti di un apparato digerente e impossibilitati a cibarsi normalmente, devono acquisire il loro sostentamento attraverso la pelle. 

Comune negli addotti è il ricordo al tatto di questi esseri dalla pelle flaccida, spesso accompagnati da un odore di marcio nauseabondo, quindi, non tutti i demoni sono affascinanti e dotati di una bellezza ultraterrena, ma molti di loro, la maggior parte, hanno un aspetto mostruoso, di animali sconosciuti o noti nel mondo animale. 

Corvi, strane aquile, leoni, cani, soprattutto serpenti o affini, popolano l’immaginario collettivo dei popoli della Terra. I serpenti, che hanno la loro tana nelle viscere della Terra, spesso escono alla luce del sole per riscaldarsi, essendo a sangue freddo, ma anche per cercare cibo, ed è per questo motivo che la figura del diavolo-serpente, abitante negli inferi, compare in superficie per andare a caccia di prede animali e umane: in realtà si tratta nuovamente dell’alieno che ha il disperato bisogno di sopravvivere e di chiedere a noi un prezzo molto alto, la nostra Energia. 

Il serpente (Sauroide, spesso denominato anche Rettiliano) che vive nel sottosuolo terrestre proviene da Agarthi, dal regno leggendario che si trova nelle viscere del pianeta, ovvero da quella rete di basi e tunnel, disseminate sotto la crosta terrestre, popolate da queste entità aliene che da sempre hanno abitato il nostro pianeta. La cosa sconcertante, è che quando decidono di uscire in superficie, le possibilità che possano verificarsi episodi singolari, diventa altamente probabile. 

Viviamo in un mondo dove l’aumento della popolazione e la vasta rete informatica, ci permette di venire a conoscenza in tempo reale di quanto sta accadendo in ogni parte del globo. Questa conquista è solamente recente, perché sino a non pochi decenni fa, l’uomo non aveva un così vasto controllo sul proprio pianeta. 

Intere zone erano disabitate, c’era una maggiore vegetazione boschiva e la popolazione era molto inferiore all’attuale, quindi, in un mondo così vasto, era comune che entità di ogni tipo, potessero muoversi liberamente e inosservate. Semplicemente, la superficie terrestre è stata utilizzata sin dall’antichità come vera e propria prigione per molte di queste razze aliene, praticamente, abbandonavano in superficie i loro simili che si erano macchiati di un qualche crimine o tradimento, lasciandoli incolumi al loro destino. Insieme a loro, era molto comune anche l’abbandono di ibridi umano-alieni, esperimenti genetici che per la maggior parte dei casi, non erano ben riusciti, ed è logico pensare che l’insieme di tutte queste entità, abbandonate sulle terre abitate dall’uomo, abbiano prodotto un così alto numero di leggende su presenze demoniache o vampiresche, che per interi secoli hanno terrorizzato gli uomini. 

Finché la popolazione umana non ha raggiunto cifre così alte come le attuali e una padronanza delle informazioni, tali abbandoni venivano eseguiti con maggiore frequenza, perché a parte casi isolati, i testimoni sarebbero stati ridotti e per i tempi e la cultura del tempo intrisa di religione, nessuno avrebbe associato tali presenze ad una realtà aliena, allora sconosciuta. 

In questi ultimi anni, al contrario, i casi si sono drasticamente ridotti, seppure ancora oggi può accadere che animali o uomini scompaiono senza lasciare traccia o raramente vengono ritrovati cadaveri, fortunatamente il fenomeno andrà esaurendosi, perché questi alieni, prigionieri, sono la testimonianza di una antica usanza. 

Esistono ancora oggi zone della Terra adibite a basi o “campi di concentramento”, per lo più lontani dai centri abitati, su terreni ricchi di boschi o foreste e tra montagne disabitate, dove per secoli sono stati abbandonati prigionieri alieni e ibridi umano-alieni e che, senza nessun sostentamento, si sono dovuti arrangiare per sopravvivere, arrivando ad attaccare anche l’uomo. 

Se partiamo da un concetto basilare che il nostro pianeta è una prigione, nella quale la razza umana, creata dagli alieni, è stata messa qui per loro “uso e consumo”, è del tutto normale pensare che siamo considerati alla stregua di un qualsiasi “animale da allevamento” e come tale siamo trattati, tanto che molte di queste razze aliene non si fanno alcuno scrupolo ad utilizzarci per i loro scopi, in tutte le modalità da loro concepite.

Fonte
Federico Bellini; Fenomeno Abductions (2012)
Federico Bellini; Alienologia (2011/12)

martedì 23 ottobre 2012

Vita su Marte

Su Marte c’era l’acqua. Secondo la NASA, stando alle tracce individuate dalla sonda Curiosity un tempo l’enorme cratere, sito dell’atterraggio della sonda, era pieno d'acqua: sono infatti ben visibili le tracce lasciate da antichi torrenti.

Diventa sempre più reale l’ipotesi di Marte come di un pianeta che in un lontano passato ospitò la vita, vita unicellulare, ma forse anche forme di vita complesse e forse perchè no? Intelligenti. Marte potrebbe allora essere stato la nostra prima “casa” così come la prima “colonia” al di fuori della Terra durante l’età dell’oro o durante la permanenza dei primi Anunnaki, riprendendo teorie sitchiniane.

Ma soprattutto noi del Progetto Atlanticus ci chiediamo se oggi sia realmente privo di vita così come ci hanno abituato a conoscere.

Su Marte un tempo scorreva l'acqua, e questa volta non è qualche pazzo di noi "teorico della cospirazione" ma sono i tanto amati scienziati ad ammetterlo. Infatti il rover Curiosity ha mostrato delle chiare tracce di antichi corsi d'acqua che hanno molto stupito gli scienziati della NASA.

Il rover si trova su Mount Sharp, che sorge al centro del cratere Gale, dove la sonda è atterrata.Secondo la NASA, stando alle tracce individuate dalla sonda, un tempo questo enorme cratere era pieno d'acqua: sono infatti ben visibili le tracce lasciate da antichi torrenti. Inoltre c'è la presenza di un macigno diverso dalle pietre circostanti che si presume sia stato trascinato dall'acqua. Marte, quindi, un tempo probabilmente era molto simile alla nostra Terra, e forse ospitava forme di vita (e forse le ospita ancora...). Logicamente gli scienziati non possono sbilanciarsi e parlano della solita vita di microorganismi. "

















Le rocce da esaminare potrebbero anche avere tracce degli elementi che normalmente associamo ad un ambiente dove può esserci vita», ha commentato il capo degli scienziati, John Grotzinger, del California Institute of Technology. A giudicare dalle dimensioni della ghiaia, gli scienziati stimano che l'acqua probabilmente correva a una velocità costante di 3 Km/h e pari a circa all'altezza della caviglia o dell'anca.

Passo successivo di curiosity è quello di tirare fuori la sua vasta gamma di strumenti sofisticati per analizzare chimicamente questa zona su Marte, alla ricerca di "prove" di carbonio organico che potrebbero rivelare la presenza di vita antica sul pianeta.

Fonte: http://eclissidelmondo.blogspot.it/2012/09/su-marte-cera-laqua-confermarlo-e-la.html

lunedì 22 ottobre 2012

Il forte di Samaipata, Bolivia


A 120 chilometri ad ovest di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, sulla strada che conduce a Cochabamba, si trova uno dei siti archeologici più importanti d’America: il “Fuerte” (la Roccaforte) di Samaipata. Un luogo frequentato dai “contattati” di tutta la regione. Un luogo misterioso per la gente del posto che guarda il tutto con rispetto, quando alcuni restano durante la notte per dormirci, sopra le rovine, dichiarando di aver avuto esperienze sorprendenti: essi affermano di essersi incontrati con esseri extraterrestri, altri invece sostengono di aver incontrato gli “angeli di luce“. Ma tutti sono d’accordo nel descrivere la forza che emana questo luogo e il mistero che circonda le sue pietre.


In un picco di montagna a 1.950 metri di altezza si erge una formazione rocciosa di arenaria di 200 metri di larghezza e 60 metri di lunghezza. E’ orientata da est a ovest, e fu utilizzata in epoca precolombiana per costruire un monumento di dimensioni maestose. Tutti gli archeologi sono concordi nell’affermare che a Samaipata si stabilirono, in epoche diverse, differenti tipi di culture; vari ricercatori sono inclini a pensare che il monumento sia stato lavorato dagli Incas e che lo utilizzarono come punto di difesa dalle migrazioni dei Guarani.

Le tribù amazzoniche furono i suoi primi abitanti, intagliando nella roccia immagini di animali della giungla che erano venerati come simboli di potere e di vita. Tuttavia, nel sito si avverte anche la presenza della cultura dei Tiawanacota, i puma e i serpenti appaiono scolpiti nelle sue rocce.

Il “Fuerte” fu un luogo cerimoniale, dal momento che le mura e la forma della costruzione hanno le caratteristiche dei templi. Samaipata in lingua Quechua significa “altura del riposo“, può essere una derivazione di Samaipata “altura del matrimonio“, i posti accoppiati, triangolari o rettangolari che si trovano in tutto il monumento, riflettono l’unione dell’uomo e la moglie in riti e cerimonie.


Questa grande area rocciosa di arenaria fu scolpita, nella sua totalità, ricoprendo circa 12.000 metri quadrati e la parte visibile di 40 ettari; si crede che furono siti abitati. All’interno del complesso si osservano vari settori. La parte occidentale fu un recinto religioso e cerimoniale, presenta varie sculture, sono visibili due puma di oltre due metri di larghezza e un giaguaro, scolpiti nella pietra arenaria, delimitato da dei canali; incontriamo anche perforazioni tubolari lucide, di circa 20 centimetri di diametro, che penetrano verticalmente nella roccia. Salendo da un lato, è possibile incontrare il dorso di un serpente scolpito. I canali formano 262 rombi che sfociano in due collettori di 4 metri, che simboleggiano la connessione dell’acqua con la “Pachamama“, la Madre Terra.

Alla cima del monumento si nota un cerchio con nove tagli quadrangolari e nove triangoli alternati; all’interno di un piccolo cerchio ci sono nove postazioni rettangolari. Qui possiamo osservare l’ingegno dei costruttori, integrando le tecniche idrauliche all’interno di una città tempio. 

Nella zona nord si evidenziano cinque nicchie di circa due metri di altezza e uno di larghezza che sembrano altari di idoli assenti. Nella zona sud, scolpita dalla base verso la cima, sembrano i gradoni di uno stadio per la grande quantità di sedili scolpiti. Come se gli abitanti di Samaipata si sedevano per osservare quello che potevano riuscire a giungere dall’orizzonte, per assistere a giochi o celebrazioni.

Gli storici come Enrique Finot, Ricardo Mugia, e altri trascrissero un testo del reverendo padre Felipe de Alcaya come informazioni di alto livello al signor marchese di Montes Claros, viceré di questi regni di cui il capitano Martín Sánchez di Alcaya fu scopritore e conquistatore di Santa Cruz de la Sierra: “fu risolta ogni cosa alla suo successivo ritrovamento e in particolare in terra ricca, che Manco Inca, secondo capitano di questo nome, tiene in possesso ora grandissima felicità per la sua gran prosperità, chiamata Paytiti, la quale è in possesso di qualunque genere di metallo fino al più lucido che è l’oro, pietra rimossa di tutti i colori, di grande valore; e del Cerro Rico che il capitano Condori dissodò nella Cordillera de los Chiriguanos, chiamato Caypuru e dell’oro che prelevò suo fratello Guacané, nuovo re degli Llanos de Grigotá, la cui forza sta oggi in piedi, in testimonianza di ciò che fu detto dalla sua grande fondazione, chiamata Samaipata, che è la seguente:

“Prima che da queste parti giungessero gli spagnoli di Spagna e del Paraguay, l’inca per il suo buon governo, come sembra in tutto questo regno, stava conquistando nuove province ogni anno, cercando di essere l’unico signore. Per cui diede il suo incarico a un suo discendente, chiamato Guacané, dandoli il titolo di re, il quale se lo conquistò e lasciò un fratello chiamato Condori, nella città di Cuzco, e diede anche un numero sufficiente di persone per la conquista, inviandole alle Llanos de Grigota. Alla fine decise di non perdere tempo e, prendendo altro vestiario, entrò per le valli di Pojo, Comarapa, los Sauces, Valle de Pulquina, Valle Grande e prese il posto di Samaipata dove assunse un reale mandato sull’altipiano di questo sito…“.


Il reverendo padre Adrian Melgar, che fu parroco di Mairana, pubblicò un opuscolo sopra Samaipata: “alla distanza di più di due miglia, a sud est della attuale città della Purificazione (Samaipata), si trova il monumento incaico che chiamano ‘El Fuerte’“. Cita che la cima della montagna che porta il suo nome, la vera Samaipata, la cui etimologia secondo alcuni è: Dio Eterno (PATTA SAMMA) e secondo altri (DESCANSA ARRIBA).

L’archeologo Leo Pucher, che nell’anno 1945 fu direttore del Museo Archeologico di San Francisco Xavier di Chuquisaca, nei suoi libri parla delle caratteristiche della famosa “Chinkana“, luogo che fino ad oggi resta un mistero.

Dirigendosi verso sud est, passando sopra alcune piattaforme di costruzione megalitica, si scende a un piccolo burrone e, da lì, su una piccola collina per scendere su qualche scalinata abbastanza inclinata, si raggiunge un luogo denominato la “Chinkana“.

Quando abbiamo descritto la parte geologica della montagna di Samaipata, si ricorderà che si tratta di una roccia di arenaria rosso grigia, dove fu perforato un pozzo distante circa 500 metri dalla collina scolpita, il cui diametro superficiale è di 1,30-1,50 metri e la sua profondità nell’anno 1937 era di 12,50 metri, misurata dallo scrittore.

Il barone Von Nordnskiold, che nell’anno 1911 visitò queste rovine, chiarì che la “Chinkana” si trovava sul fondo, potendo misurare 15 metri esatti di profondità, mentre la gente del posto era invece convinta di 30 metri. Il barone scoprì che la “Chinkana” fu costruita in forma di spirale, dove la spirale era simile a quella di una lumaca, sino al fondo. E’ molto probabile che la forma sia la riproduzione di un serpente come simbolo che sale dal Pachamama, del seno della Madre Terra, come credono altri.


Gli abitanti del luogo, sopra “Chinkana“, narrano le seguenti leggende: alcuni sostengono che si tratta di una rana che vomita fuoco dalla bocca, altri vedono un furibondo “Yoporojobobo” (un grande serpente) che contiene al suo interno i segreti degli Incas salvati; altri credono che sia una miniera d’oro che nasconde tesori favolosi; alcuni che sia un pozzo d’acqua che porta nell’altro lato della collina, i più affermano che si tratti di un tunnel che tiene ramificazioni sotterranee che si connettono con Tiawanaco, l’ Isla del Sol, Coricancha (Cuzco), eccetera, essendo una delle tante gallerie che la civiltà “Tiawanacota” costruì e che possono essere trovati nella maggioranza delle rovine di Bolivia e Perù; altri pensano che sia un pozzo che veniva utilizzato per la tortura.

Costantemente, gli archeologi cercano di chiarire la relazione che è esistita tra le Ande e le valli Yungas e comprendere le relazioni culturali che si verificarono tra la cultura di Tiawanaco, la cultura Mollo e quella Inca. Tutti sono d’accordo sul fatto che Samaipata sia uno dei pochi templi che fu tutto scolpito sopra la roccia.

Le strutture degli struzzi e dei giaguari ci aprono la porta per sentire l’influenza di culture amazzoniche, dall’altro lato si è dimostrata la presenza e ricostruzione di una parte come tempio incaico. 

Quello che ha richiamato la nostra attenzione è che tutto il tempio fu costruito conformando l’immagine di un essere umano per essere visto dal cielo, potendo osservare due occhi nell’angolo ovest del tempio, dove si trovano le incisioni dei puma. Possiamo anche distinguere in tutto il tempio tre parti, la testa, il tronco dove si trova un cerchio, chiamato “coro dei sacerdoti“, che è come un plesso solare, simile all’essere umano. 

Nella parte est possiamo osservare una zona chiamata “fonte del serpente“, che dà la sensazione di essere un organo sessuale, e al centro una struttura simile a quella che sembra una colonna vertebrale. Per alcuni potrebbe essere una pista per astronavi, per le sue linee parallele simili a quelle incontrate a Nazca, e sembrano essere progettate per essere viste dal cielo.

I puma rappresentano il fuoco sacro o energia sessuale che deve ascendere alla testa. I puma che escono dagli occhi ci parlano di chiaroveggenza. I nativi dell’Amazzonia sanno che i puma possono vedere nell’oscurità, perché possiedono la visione latente delle energie dei corpi vitali.

Nel tempio possiamo osservare i serpenti simbolo della “Kundalini” che l’iniziato deve elevare, attraverso la sua colonna vertebrale purificando i suoi sentimenti, emozioni, liberandosi delle forme primordiali dell’Io o degli squilibri psicologici per trasformarsi in un iniziato o uomo sole.


Tutti questi simboli corrispondono con la cultura “Tiawanacota” e, poi, con la cultura Inca, dove si parla di giganti e esseri che viaggiano nell’aria, gli angeli andini conosciuti con il nome di “Taapakas” o esseri belli e splendenti al servizio di Wirakocha. Samaipata, assieme al lago Titicaca, le piste di Nazca, eccetera, fu creata come un tempio santuario e, contemporaneamente, come un segnalatore planetario per essere visto dal cielo. Con tutti questi dati ci domandiamo: fu destinato anche per esseri di altri mondi che eventualmente visitano il nostro pianeta? Fu Wirakocha il suo creatore e costruttore come per Tiawanaco e il lago Titicaca? 

Sono forse i resti di una sconosciuta civiltà di giganti chiamati nelle Ande “Taynas” e “Chullpas“?

Tuttavia, il mistero circonda i resti di Samaipata dove appaiono nuovamente Chinkanas, gallerie che dicono che possono essere connesse con altre rovine delle Ande.

E’ sorprendente che il pozzo, Chinkana, è tagliato in una forma che ricorda un serpente. Gli antichi iniziati di tutte le culture veneravano il fuoco igneo, serpentino, come una forza che irradia dal centro della Terra.
Tutti gli abitanti della regione considerano Samaipata come un santuario, molti sensitivi affermano che toccando il suolo sentono come se esistesse un qualcosa all’interno delle viscere della Terra. La paura e la superstizione irradiano in molte persone che affermano che durante la notte hanno visto materializzarsi, fisicamente, degli esseri di altri mondi.

Samaipata ci racconta di una cultura antichissima che si perde nella notte dei tempi, una civiltà che costantemente guardava le stelle.

Fonte: http://www.ufoforum.it/topic.asp?rand=7055475&whichpage=1&TOPIC_ID=13760&#247839

domenica 21 ottobre 2012

La medicina in Egitto


L'uso delle erbe in medicina potrebbe essere parte di quell'antico sapere fornito dagli dei al tempo della Rinascita? Per lo meno inizialmente, poi nei secoli certamente gli stessi egizi avranno raffinato le pratiche mediche e sviluppato nuovi studi, ma l'incipit, così come fu per l'agricoltura, potrebbe essere giunto dagli antichi dei...

Le conoscenze mediche degli antichi egizi

Degli antichi egizi si parla approfonditamente delle piramidi costruite in onore ai faraoni, della sfinge e di altri misteri legati agli allineamenti con le stelle.



Alle volte però, ci si rende conto che si parla molto di più di ciò che non si è ancora scoperto, piuttosto che di quello che realmente si conosce, probabilmente a causa del fascino che questo comporta, dove la nostra mente può viaggiare verso scenari infiniti. Ma tra le cose ben documentate e più antiche, c’è la medicina egizia; dall’invasione persiana del 525 a.C, sino al 33 a.C, la pratica medica egizia è rimasta coerente nei suoi metodi altamente avanzati per il tempo. Erodoto arrivò a chiamare gli egizi il popolo dei sanissimi, grazie all’importante sistema sanitario che possedevano, ed alla esistenza di un medico per ogni infermità.

Omero scrisse nella sua Odissea: “In Egitto, gli uomini sono più abili in medicina di qualunque genere umano e più abili in questo campo di qualsiasi altra arte”, sostenendo che la terra fertile produceva tantissimi farmaci, e dove ogni persona era un medico.


Il Papiro di Erbers

La comunità scientifica è concorde sul fatto che un ruolo fondamentale nella medicina egizia è stata occupata dalle erbe. Le prove vengono dai luoghi di sepoltura, dalle tombe e dai templi sotterranei in cui gli archeologi hanno trovato ampi insiemi di documenti medici e pergamene, tra cui il Papiro di Erbers, di Edwin Smith, di Hearst, e il London Medical Papyrus, che conteneva la prima documentata consapevolezza dei tumori. Il primo è senza dubbio il più famoso, un rotolo di 110 pagine che aperto occupa circa 20 metri di lunghezza.

Contiene circa 700 rimedi tra cui pratica empirica e osservazione, e un trattato sul cuore che lo riconosce come centro per l’apporto di sangue. Gli egizi consumavano aglio crudo e cipolle per la resistenza, e per curare l’asma bronchiale ed altri problemi polmonari. In uno dei capitoli sono stati trattati anche i disturbi mentali, tra cui la depressione e la demenza. Non mancavano malattie intestinali, parassiti, problemi agli occhi e alla pelle, e persino ascessi e tumori. Molte delle loro erbe erano immerse nel vino e usate come medicina orale.

Si trattava di erbe naturali, non contaminate da pesticidi, erbicidi, insetticidi, o acqua fluorurata. Gli egiziani hanno documentato l’uso di mirra, incenso, finocchio, cassia, timo, ginepro, e anche aloe. Spicchi d’aglio freschi sono stati sbucciati e schiacciati in una miscela di aceto e acqua, utilizzata come un risciacquo per il mal di gola e mal di denti.

Conoscevano inoltre le proprietà curative del miele. Non a caso il primo riconoscimento ufficiale dell’importanza del miele risale alla prima dinastia egizia, utilizzato anche come antibiotico naturale. Il terreno principale per l’apicoltura era ubicato nel Basso Egitto, dove c’era l’irrigazione estensiva al fine di nutrire migliaia di piante da fiore.

L’ape è stata scelta come simbolo per il paese e gli dei sono stati associati con essa. Gli stessi templi erano in realtà case per le api, al fine di soddisfare il desiderio degli dei. La stessa Canaan è stata chiamata la “Terra di latte e miele” nella tradizione ebraica.


Papiro di Smith

Le malattie non erano rare in Egitto. Ci sono state molte afflizioni della pelle e parassiti dalle acque del fiume Nilo, così come casi di cefalea, lebbra, obesità, poliomelite, carie, vaiolo. La tubercolosi era comune, a volte trasmessa da bovini. La polmonite colpiva le persone che respiravano troppa sabbia durante le tempeste.

Ma i medici egiziani hanno approfittato appieno delle risorse naturali presenti nell’area per il trattamento di disturbi comuni. Molti dei loro metodi sono ancora oggi molto validi e sono considerati parte del mondo della medicina omeopatica. Oggi i ricercatori sono stati in grado di tradurre i rotoli e apprezzare ciò che gli egizi conoscevano in merito all’anatomia, all’igiene e alle guarigioni. Grazie a loro si è aperta la strada che ha condotto alla medicina moderna.

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