martedì 31 dicembre 2013

Crani Allungati in Francia

Un gruppo di archeologi francesi ha compiuto una scoperta davvero sorprendente nel corso di uno scavo in Alsazia, Francia, rinvenendo un cranio notevolmente allungato risalente a circa 1500 anni fa.

La singolare scoperta, avvenuta nel parco industriale di Pays de Sainte Odile, ha spinto i ricercatori ad estendere lo scavo ai 7,5 ettari di terreno rimanenti. Le ricerche hanno portato alla luce un numero enorme di manufatti e resti umani e animali del neolitico, dell’età gallica e del periodo merovingio, coprendo un arco di tempo pari a 6 mila anni.

Tra i ritrovamenti spicca una tomba dell’età del bronzo, con all’interno resti di bambini e di cani. Poi alcune ornamenti in vetro del periodo gallico, monete e ceramiche. Ma i reperti merovingi risultano tra i più affascinanti. I Merovingi è stata la dinastia che ha governato la regione dei Franchi per circa 300 anni, dal 5° all’8° secolo d.C.

teschio-allungato

In una necropoli contenente 18 sepolture, gli archeologi hanno trovato la sepoltura di una donna con un ricco assortimento di oggetti di corredo, come spille d’oro, due Chatelains (catenine attaccate alla cintura per attaccarvi utensili di uso quotidiano), uno specchio d’argento, alcune perle di ambra, un pettine di cervo e una serie di pinzette.

Il tumulo mostra chiaramente che si trattava di una persona molto importante, una donna dal rango decisamente elevato. La conferma è data dalla forma allungata del suo cranio, risultato intenzionale di una deformazione finalizzata a sottolineare lo status sociale della donna e la sua appartenenza all’èlite di coloro che governano.


La pratica cominciava in età neonatale, quando le ossa del cranio sono ancora morbide e la struttura non è ancora fissata. Il metodo più semplice era quello di sottoporre il cranio ad una pressione costante, con delle bende ad esempio, oppure di massaggiare la testa del bambino tutti i giorni, fino ad ottenere la caratteristica forma oblunga. Un secondo metodo prevedeva l’applicazione di un dispositivo meccanico al cranio del neonato che, nel tempo, produceva la forma allungata desiderata.

La domanda più interessante è: perchè una madre sottoponeva suo figlio ad una procedura così dolorosa e trasfigurante? Come abbiamo spiegato in un articolo del 25 ottobre, un certo numero di teorici alternativi hanno proposto che la pratica è stata ideata per imitare una progenie di individui nate con i teschi allungati e che erano tenuti in grande considerazione.

Brien Foerster è uno degli autori che si è occupato maggiormente dell’argomento, presentando prove convincenti secondo le quali l’allungamento di alcuni teschi, almeno quelli più antichi, sia stato ottenuto attraverso l’utilizzo di ingegneria genetica e non attraverso la deformazione meccanica. Le ricerche di Foester sono eseguite nell’ambito della Teoria degli Antichi Astronauti.

Come spiega l’articolo comparso su io9.com, sepolture simili sono state scoperte nel nord della Gallia, in Germania e in Europa orientale, anche queste accompagnate da abbondanti corredi funerari. Esse appaiono quindi come le tombe di alti dignitari e delle loro famiglie. La necropoli di Obernai è uno dei pochi grandi tumuli scoperti in Francia. Sul sito dell’Inrap (Istituto Nazionale di Ricerca Archeologica Preventiva) è possibile vedere la galleria fotografica della scoperta.

lunedì 30 dicembre 2013

L'Origine Ariana degli Ebrei

Quale fu la terra di origine della famiglia/tribù di Abramo? Quale il loro retaggio genetico e le conseguenti caratteristiche fenotipiche (biondismo/occhi azzurri/rutilismo) dell'originario popolo che darà origine al popolo ebraico?

Una teoria vede gli ebrei strettamente legati alla cultura indo-europea... ariana che, geneticamente si collega all'aplogruppo R, guarda caso quello associato alla cultura kurgan.

L'aplogruppo R1 è rappresentato principalmente da due linee evolutive del cromosoma Y: La R1a (SRY1532) che potrebbe essersi originata nelle steppe euroasiatiche a nord del Mar Caspio e del Mar Nero. È associato alla cultura kurgan, più volte citati nei nostri commenti facendo riferimento agli studi antropologici di Marija Gimbutas, kurgan noti per la domesticazione del cavallo (circa 5000 anni fa).

Questa linea è attualmente presente in Asia centrale e occidentale, India, e nelle popolazioni slave dell'Europa orientale. La linea R1b (M343) è la più comune nelle popolazioni europee. Nell'Irlanda occidentale raggiunge una frequenza prossima al 100%.

File:Haplogroup R (Y-DNA).PNG

L'aplogruppo R1b, nella sua mutazione M343, compare in Europa già 30000 anni fa con l'Uomo di Cro-Magnon, appartenente alla specie Homo sapiens e diretto progenitore degli attuali europei, ma si attesta verosimilmente solo dopo l'ultima era glaciale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R1a_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_genetiche_sul_popolamento_dell%27Europa

Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Soprattutto se consideriamo il possibile collegamento tra Cro-Magnon=Giganti=Discendenti di Atlantide di cui abbiamo parlato nella puntata n.4 del nostro podcast!

http://www.atlanticast.com/2013/Puntata0004.htm



Nella sua Storia degli Ebrei, l’erudito e teologo ebreo Flavio Giuseppe (37 – 100 d.C.) scrive che il filosofo greco Aristotele aveva detto: “… Questi ebrei sono derivati dai filosofi indiani; sono chiamati dagli indiani Calani” (Libro I, 22). 

Clearco di Soli ha scritto: “gli Ebrei discendono dai filosofi dell’India. In India i filosofi sono chiamati Calaniani e in Siria sono detti Ebrei. Il nome della loro capitale è molto difficile da pronunciare. Si chiama Gerusalemme”. 

“Megastene fu mandato in India da Seleuco Nicator circa trecento anni prima di Cristo. I suoi racconti stanno trovando ogni giorno nuove conferme da nuove ricerche. Egli dice che gli Ebrei “erano una tribù o setta indiana, chiamata Kalani…” (Godfrey Higgins, Anacalypsis, vol. I, p. 400). Martin Haug, Ph.D., ha scritto in The Sacred Language, Writings, and Religions of the Parsis, “si dice che i Magi chiamassero la loro religione Kesh–î–Ibrahim. Essi attribuivano i loro libri religiosi ad Abramo, che si diceva li avesse portati dal cielo” (p. 16). 

Ci sono certe notevoli somiglianze, che sono più di pure coincidenze, fra il dio indù Brahma e la sua consorte Saraisvati e l’Abramo e la Sara ebrei. 

Nel suo libro Moisés y los Extraterrestres, l’autore messicano Tomás Doreste ricorda che Voltaire era dell’opinione che Abramo fosse il discendente di qualcuno dei numerosi sacerdoti Brahmani che avevano lasciato l’India per diffondere i loro insegnamenti nel mondo intero; a sostegno della sua tesi ricorda la somiglianza dei nomi ed il fatto che la città di Ur, terra dei patriarchi, era vicino al confine della Persia, lungo la strada verso l’India, in cui quel Brahmano era nato. 

Anche se in tutta l’India c’è soltanto un tempio dedicato a Brahma, questo culto è la terza setta più grande degli Indù. Il nome di Brahma era altamente rispettato in India e la sua influenza si espandeva, attraverso la Persia, sino alle terre bagnate dai fiumi Eufrate e Tigri. I Persiani adottarono Brahma e ne fecero una propria divinità. Successivamente avrebbero detto che il dio era arrivato dalla Bactria, una regione montagnosa situata a metà strada sul percorso verso l’India. (pp. 46–47). La Bactria o Battriana (una regione dell’antico Afghanistan) era la sede di una primitiva nazione ebrea denominata Juhuda o Jaguda, ed anche Ur–Jaguda. Ur significava “il luogo” o “la città”. Di conseguenza, la Bibbia era corretta nel dichiarare che Abraham era venuto “da Ur dei Caldei”. “Caldeo”, più correttamente Kaul–Deva (santo Kaul), non era il nome di un’appartenenza etnica specifica, ma il titolo di un’antica casta sacerdotale indù di Bramani, che viveva nella zona ora compresa tra l’Afghanistan, il Pakistan e lo stato indiano del Kashmir. 

“La tribù di Ioud o del Brahmino Abramo fu espulsa o lasciò il Maturea del regno di Oude in India e, stabilendosi a Goshen, o la casa del Sole o Heliopolis nell’Egitto, diede a quella località il nome del posto che aveva lasciato in India, Maturea”. (Anacalypsis, vol. I, p. 405). 

“Egli era della religione o della setta della Persia e di Melchizedek”. (Ibidem, Vol. I, p. 364). 

“I Persiani inoltre pretendono che Ibrahim, cioè Abraham, fosse il loro fondatore, così come gli Ebrei. Così vediamo che secondo tutta la storia antica i Persiani, gli Ebrei e gli Arabi sono discendenti di Abramo. (p. 85)… dicono che Terah, il padre di Abramo, fosse venuto in origine da un paese dell’Est chiamato Ur, dei Caldei o dei Culdei, per abitare in una regione denominata Mesopotamia. Qualche tempo dopo che abitava là, Abraham, o Abramo, o Brahma e sua moglie Sara o Sarai, o Sara–iswati, lasciarono la famiglia del loro padre ed entrarono in Canaan. L’identificazione d’Abramo e di Sara con Brahma e Saraiswati in primo luogo è stata precisata dai missionari Gesuiti”. (Vol. I, p. 387). 

Nella mitologia indù, Sarai–Svati è sorella di Brahma. La Bibbia presenta due versioni della storia d’Abramo. Nella prima versione, Abramo ammise di al Faraone aver mentito quando gli aveva presentato Sara come sua sorella. Nella seconda versione, disse anche al re di Gerar che Sara era realmente sua sorella. Tuttavia, quando il re lo rimproverò per aver mentito, Abramo rivelò che Sara era in realtà sia sua moglie sia sua sorellastra! “… ma effettivamente è mia sorella; è stata generata da mio padre, ma non è figlia di mia madre; ed è diventata mia moglie”. (Genesi, 20,12). 

Le anomalie non terminano qui. In India, un affluente del fiume Saraisvati è Ghaggar. Un altro affluente dello stesso fiume si chiama Hakra. Secondo le tradizioni ebree, Hagar era la serva di Sara; i musulmani dicono che era una principessa egiziana. Si notino le somiglianze di Ghaggar, Hakra e Hagar. 

La Bibbia afferma anche che Ishmael, il figlio di Hagar, ed i suoi discendenti vissero in India. 

“… Ishmael trasse il suo ultimo respiro e morì e si riunì alle sue parentele… Abitarono a Havilah (India), a Shur, che è vicino all’Egitto, e lungo tutta la strada che porta ad Asshur”. (Genesi, 25,17–18). 

È un fatto interessante che i nomi d’Isacco e d’Ismaele derivino dal Sanscrito: (Ebreo) Ishaak = Ishakhu (Sanscrito) = “amico di Shiva”. (Ebreo) Ishmael = Ish–Mahal (Sanscrito) = “grande Shiva”. Una terza mini–versione della storia d’Abramo lo trasforma in un altro “Noé”. Sappiamo che un’inondazione guidò Abramo dall’India. “… Così disse il signore Dio d’Israele, i vostri padri abitavano anticamente dall’altro lato dell’inondazione, Even Terah, il padre d’Abramo e il padre di Nachor; ed hanno servito altri dei. Ed ho preso il vostro padre Abramo dall’altro lato dell’inondazione e l’ho condotto per tutta la terra di Canaan”. (Giosuè, 24,2– 3.) 

Genesi 25 accenna ad alcuni discendenti della sua concubina Ketura (nota: I musulmani sostengono che Ketura è un altro nome di Hagar): Jokshan; Sheba; Dedan; Epher. Alcuni discendenti di Noé erano Joktan, Sheba, Dedan e Ophir. Queste varianti mi hanno indotto a sospettare che gli autori della Bibbia stessero provando ad unire vari rami di giudaismo. 

Verso il 1900 a.C., il culto di Brahm fu portato nel Medio e nel Prossimo Oriente da vari gruppi indiani, dopo una terribile pioggia e un terremoto che imperversarono sull’India del Nord, cambiando persino i corsi dei fiumi Saraisvati e Indo. Il geografo classico Strabone dice quanto l’abbandono dell’India nord–occidentale fosse stato quasi totale. “Aristobolo dice che, quando egli fu inviato in India per una certa missione, vide un paese di più di mille città, insieme ai villaggi, che erano stati abbandonati perché l’Indo aveva abbandonato il proprio letto naturale”. (Strabone, Geografia, XV, I.19). 

“L’essiccamento del Sarasvati intorno al 1900 a.C., che condusse ad uno spostamento importante della popolazione concentrata intorno al Sindhu e alle valli del Sarasvati, potrebbe essere l’evento che causò un’emigrazione verso ovest dall’India. Subito dopo quel tempo l’elemento Indico comincia a comparire dappertutto in Asia occidentale, in Egitto e in Grecia”. (Subhash Kak, Indic Ideas in the Graeco–Roman World, in IndiaStar online literary magazine, p.14) 

Lo storico indiano Kuttikhat Purushothama Chon ritiene che Abramo fosse stato cacciato dell’India e dichiara che gli Ariani, incapaci di sconfiggere gli Asura (la casta mercantile che comandava un tempo nella valle dell’Indo, o Harappani), s’impegnarono per molti anni a combattere segretamente contro gli Asura, sino a distruggere il loro enorme sistema di laghi d’irrigazione, causando l’inondazione distruttiva, che Abramo e la sua famiglia se ne andarono e marciarono verso l’Asia Occidentale. (v. Remedy the Frauds in Hinduism). 

Di conseguenza, oltre ad essere cacciati dall’India del Nord dalle inondazioni, gli Ariani costrinsero anche i commercianti indiani, gli artigiani e le classi istruite a fuggire in Asia Occidentale. 

Edward Pococke scrive in India in Greece: “… in nessun caso simile sono accaduti eventi carichi di conseguenze di tale importanza, come negli eventi successivi alla grande guerra religiosa che, per un lungo periodo d’anni, infuriò in lungo e in largo per l’India. Quel confronto si concluse con l’espulsione d’ampi gruppi di popolazione; molti dei quali esperti nelle arti e civilizzati e molti di più guerrieri di professione. Stretti a nord dalle montagne himalayane, e bloccati verso sud a Ceylon, la loro ultima fortezza, invasero la valle dell’Indo ad ovest, e questi loro spostamenti generarono i germi delle arti e delle scienze europee. La vigorosa marea umana passò la barriera del Punjab e si diresse verso l’Europa ed il resto dell’Asia, per compiere la propria missione nell’evoluzione morale del mondo. L’ampiezza del movimento migratorio era così grande, il cambiamento dei nomi così completo e le informazioni – che abbiamo da parte dei Greci – riferite in modo talmente fuorviante, che nulla di meno di una negligenza totale dei principi teoretici e la risoluzione della ricerca indipendente, hanno dato la minima probabilità di chiarimento di tale mistero”. (p. 28) 

Se tutti quei popoli immigrati e dominanti erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione? 

L’esodo dei rifugiati dall’antica India non avvenne in una sola ondata, ma lungo un periodo di mille anni, o più migliaia d’anni. Se tutti quei profughi erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione? Essi sono citati piuttosto come Kassiti, Hittiti, Siriani, Assiri, Hurriti, Aramei, Hyksos, Mitanni, Amaleciti, Etiopi (Atha–Yop), Fenici, Caldei, e con molti altri nomi. Tuttavia saremmo in errore se pensassimo che si tratti di gruppi etnici indigeni dell’Asia Occidentale. I nostri libri di storia li chiamano anche “Indo–Europei” e suscitano l’interrogativo da dove essi realmente provenissero. 

“I popoli dell’India giunsero a indicare la propria identità sociale in termini come Varna e Jati (funzioni sociali o di casta), non in termini di razze e tribù”. (Foundations of Indian Culture; p. 8) 

Ecco un esempio di come gli indiani antichi identificavano la gente: I capi erano denominati Khassi (Kassiti), Kushi (Kushiti), Cosacki (casta militare russa), Cesari (casta romana di comando), Hattiya (Hittiti), Cuthiti (una forma dialettica di Hittiti), Hurriti (un’altra forma dialettica di Hittiti), Cathay (capi cinesi), Kasheetl/Kashikeh fra gli Aztechi, Kashikhel/Kisheh dai Maya e Keshuah/Kush dagli Incas. Gli Assyrians (in inglese), Asirios (nello Spagnolo), Asuras o Ashuras (India), Ashuriya, Asuriya (Sumeri e Babilonia), Asir (Arabia), Ahura (Persia), Suré nel Messico centrale, ecc., erano coloro che adoravano Surya (il Sole). Naturalmente, nelle zone dove questa religione è prevalsa, sono stati conosciuti come “Assiri”, qualunque fossero i nomi reali dei loro rispettivi regni d’origine. Un altro problema che gli eruditi occidentali hanno nell’identificazione degli Indo–Europei con gli Indiani è che l’India non era allora e non è mai stata una nazione. Ancora di più, non era “l’India”. Era Bharata, e anche il termine Bharata non indica una nazione, ma una collezione di nazioni, proprio come l’Europa è una collezione di nazioni, ed è attualmente tenuta insieme dalla minaccia reale o percepita dell’espansionismo musulmano. Gli eruditi indiani mi hanno detto che quando e se mai questo espansionismo sparisse, “l’unione di Bharata” si scheggerà ancora in molte più piccole nazioni. “Gli storici arabi discutono sul fatto che quel Brahma ed Abraham, il loro antenato, sia la stessa persona. I persiani hanno denominato generalmente Abraham Ibrahim Zeradust. Ciro considerava la religione degli ebrei la sua stessa. Gli Indù devono discendere venire da Abraham, o gli Israelites da Brahma…” (Anacalypsis, vol. I, p. 396). 

Il nostro Abramo corrisponde realmente con la divinità indù Ram? 

Ram e Abramo furono forse la stessa persona o lo stesso clan. Per esempio, la sillaba “Ab” o “Ap” significa “padre” in Kashmiri. Il termine ebreo primitivo potrebbe aver indicato Ram come “Ab–Ram” o “il padre Ram”. Si può anche pensare che la parola “Brahm” si sia evoluta da “Ab–Ram” e non vice–versa. La parola Kashmiri per “misericordia divina”, Raham, sembra derivata da Ram. Ab–Raham = “padre di misericordia divina”. Rakham = “misericordia divina”, in ebraico. Ram è inoltre il termine ebraico per il capo o l’alto reggente. Lo storico indiano A. D. Pusalker, il cui saggio “Traditional History From the Earliest Times” è apparso in The Vedic Age, ha detto che Ram visse verso il 1950 a.C., all’incirca all’epoca in cui Abramo, gli Indo–Ebrei e gli Ariani fecero la più grande espansione dall’India al Medio Oriente, dopo la grande inondazione. 

“Uno dei santuari nella Kaaba inoltre era dedicato al dio creatore degli Indù, Brahma, ma il profeta illetterato dell’Islam pensava che fosse dedicato ad Abramo. La parola “Abraham” è nient’altro che una cattiva pronuncia della parola Brahma. Ciò può essere dimostrato chiaramente se si studiano i significati della radice di entrambe le parole. Abraham sarebbe uno dei profeti semitici più anziani. Si suppone che il suo nome derivi dai due termine semitici ‘Ab’ che indica il Padre e ‘Raam/Raham’ che significa “dell’elevato”. Nel libro della Genesi, Abraham significa semplicemente ‘Moltitudine’. La parola Abraham è derivata dalla parola Sanscrita Brahma. La radice di Brahma è Brah, che significa ‘crescere in numero o moltiplicarsi’. In più il Signore Brahma, il dio del creatore dell’Induismo, sarebbe il padre di tutti gli uomini e il più elevato di tutti gli dei, dato che da lui tutti gli esseri sono stati generati. Così veniamo ancora al significato di ‘padre elevato’. Questa è una chiara indicazione che Abraham non è altro che il padre celestiale Brama”. (Vedic Past of Pre–Islamic Arabia, Part VI, p.2). 

Diversi significati possono essere estratti dalla parola “Abram”, ciascuno dei quali indica direttamente la sua posizione elevata. Ab = “padre”; Hir o H’r = “testa; parte superiore; Elevato”; Am = “la gente”. Di conseguenza, Abhiram o Abh’ram può significare “il padre dell’elevato”. Eccone un altro: Ab – î – ram = “padre del misericordioso”. Ab significa anche “il serpente”, e potrebbe indicare che Ab–Ram (serpente elevato) era un re Naga. Tutti i significati che possono essere estratti dalla parola composta “Abraham” rivelano il destino divino dei suoi seguaci. Hiram di Tiro, stretto amico di Salomone, era “gente elevata” o Ahi–Ram (serpente elevato). 

In India antica, il culto Ariano era chiamato “Brahm–Aryan”. Gli Ariani adoravano molti dèi. Abraham si allontanò dal politeismo. Così facendo, potrebbe essere diventato “A–Brahm” (non più un Brahman). Gli Ariani chiamarono gli Asura “Ah–Brahm”. Di conseguenza, possiamo supporre logicamente che i padri della civiltà dell’Indo fossero probabilmente precursori degli ebrei. 

Gerusalemme era una città degli Hittiti (casta indiana di tipo ereditario) ai tempi della morte d’Abramo. In Genesi, 23:4, Abramo chiese agli Hittiti di Gerusalemme di vendergli un terreno per la sepoltura. Gli Hittiti risposero: “… tu sei un principe fra noi: scegli tra i nostri sepolcri dove vuoi seppellire i tuoi morti; nessuno di noi te lo negherà”. (p. 6). Se Abramo era riverito come principe dagli Hittiti, doveva essere anche un membro stimato della casta ereditaria e guerriera dell’India. La Bibbia non ha mai affermato che Abramo non fosse un Hittita. Dice solo: “sono uno straniero e un ospite temporaneo tra voi”. (Genesi, 23: 4.) Come gli Hittiti hanno detto, essi riconoscevano addirittura Abramo come loro superiore. Come gli Hittiti non avevano un’origine etnica unica, così non l’avevano gli Amoriti o gli Amarru. Marruta era il nome indiano di casta degli uomini comuni. La parola “Amorita” (Marut) era il primo nome della casta dei Vaishya indiani: artigiani, coltivatori, vaccari, commercianti, ecc. 

G.D. Pande scrive in Ancient Geography of Ayodhya: “I Marut rappresentavano il Visah. I Marut sono descritti come componenti delle truppe o delle masse. Rudra, il padre dei Maru, è il signore del bestiame”. (p. 177.) Malita J. Shendge li definisce così: “… i Marut sono la gente comune”. (The Civilized Demons, p. 314). Non dovremmo essere sorpresi nello scoprire che i Khatti (Hittiti) e i Marut (Amoriti) fossero i padri (protettori) e le madri (aiutanti o assistenti) di Gerusalemme. 

In India, gli Hittiti erano anche conosciuti come Cedi o Chedi (pronunciato Hatti o Khetti). Gli storici indiani li classificano come una delle più vecchie casti degli Yadava. “I Cedi hanno formato una delle tribù più antiche fra gli Ksatriya (la classe aristocratica composta di Hittiti e Kassiti) nei più antichi periodi Vedici. Fin dal periodo del Rgveda i re dei Cedi avevano acquistato grande rinomanza… erano uno dei poteri principali in India del Nord nella grande epica”. (Yadavas Through the Ages, p. 90). I Ram o Rama inoltre appartenevano al clan di Yadava. Se i nostri Abraham, Brahm e Ram sono quello e la stessa persona, Abramo andò a Gerusalemme per stare con la sua propria gente! 

Le congregazioni dei Ram si segregarono nelle loro proprie comunità, denominate Ayodhya, che in Sanscrito significa “l’Inconquistabile”. La parola Sanscrita per “il combattente” è Yuddha o Yudh. Abramo ed il suo gruppo appartenevano alla congregazione di Ayodhya (Yehudiya, Judea) che rimase distante dai non–credenti e dagli Amaleciti (Ariani?). 

Melchizadek… il saggio di Salem 

Se ciò che ho detto finora non è abbastanza convincente, forse la parola “Melchizedek” lo sarà. Melchizedek era un re di Gerusalemme che possedeva poteri mistici e magici segreti. Era inoltre insegnante d’Abramo. 

Melik–Sadaksina era un gran principe indiano, un mago e un gigante spiritoso – il figlio d’un re dei Kassiti. In Kashmiri e in Sanscrito, Sadak = “una persona con poteri magici e soprannaturali”. Un certo Zadok (Sadak?) era anche un sacerdote con doti soprannaturali, che unse Salomone. Perché il Kassita (di casta reale) Melik–Sadaksina, un personaggio mitico indiano, compare improvvisamente a Gerusalemme come l’amico e la guida d’Abramo? Secondo Akshoy Kumar Mazumdar, nella storia indù, Brahm era il leader spirituale degli Ariani. Come Ariano (non di Yah), credeva naturalmente negli idoli. La Bibbia dice che persino li fabbricava. Nel vedere come l’aumentare del culto degli idoli e il dubbio religioso stavano contribuendo ad un’ulteriore rovina della sua gente, Brahm ripudiò l’Arianesimo e riabbracciò la filosofia indiana antica (di Yah) (culto dell’Universo Materiale) anche se quello pure stava affondando nelle malvagità umane. Si convinse che l’umanità si sarebbe potuta conservare soltanto occupandosi di cose reali, non immaginarie. 

Scossi dalla barbarie e dall’egoismo cieco della gente, gli uomini saggi e la gente istruita fra i proto–Ebrei s’isolarono dalle masse. 

Il Dott. Mazumdar ha scritto: “La caduta morale era veloce. I colti e i saggi vivevano staccati dalle masse. Si sposavano raramente e principalmente si dedicavano alle pratiche religiose. Le masse, senza luce e capo adeguati, presto divennero viziose oltre ogni limite. La violenza, l’adulterio, il furto, ecc., diventarono comuni. 

La natura umana diventava selvaggia. Brahma (Abramo) decise di riformare e rigenerare la gente. Incitò i colti e i saggi a sposarsi e mescolarsi con la gente. La maggior parte rifiutò di sposarsi, ma 30 acconsentirono”. Brahm sposò la sua sorellastra Saraisvati. Quei saggi furono conosciuti come i prajapatis (progenitori). 

“L’Afghanistan del Nord era denominato Uttara Kuru ed era un grande centro d’apprendimento. Una donna andò là studiare e ricevette il titolo di Vak, cioè Saraisvati (signora Sara). Si crede che Brahm, il suo insegnante (e fratellastro), fosse rimasto tanto impressionato dalla sua bellezza, formazione e intelletto potente, che la sposò”. (The Hindu History; p. 48, passim) 

Dalla santa comunità nell’Afghanistan del sud, simili comunità si sparsero dappertutto: in tutta l’India, Nepal, Tailandia, Cina, Egitto, Siria, Italia, Filippine, Turchia, Persia, Grecia, Laos, Irak, – persino nelle Americhe! La prova linguistica della presenza di Brahm in varie parti del mondo è più di evidente: Persiano: Braghman (santo); Latino: Bragmani (santo); Russo: Rachmany (santo); Rachmanya ucraino (sacerdote; Santo); Ebreo: Ram (capo supremo); Norvegese: From (Divinamente). 

Una parola sacra fra gli Indù era ed è la sillaba mistica OM. È associata in eterno con la terra, il cielo ed il paradiso, l’universo triplice. È inoltre un nome di Brahm. Anche gli Aztechi adoravano e recitavano la sillaba OM come il principale doppio di tutta la creazione: OMeticuhlti (principio maschile) e OMelcihuatl (principio femminile). La casta sacerdotale dei Maya era chiamata Balam (pronunciato B’lahm). Se nella lingua Maya ci fosse stato il suono “R”, esso sarebbe stato Brahm. Gli Incas peruviani adoravano il sole come Inti Raymi (Hindu Ram). 

Nomi che innegabilmente derivano letteralmente da Rama si trovano nelle lingue dei Nativi americani, particolarmente le lingue di quelle tribù che si estendono dal sud–ovest degli Stati Uniti al Messico e sino nel Sudamerica, oltre il Perù. Gli indiani Tarahumara di Chihuahua sono un esempio ideale. Il loro nome reale è Ra–Ram–Uri. Come in Sumeria ed in India del Nord, Ra–Ram–Uri “Uri” = “la gente”. Poiché la R spagnola ha un suono particolare, questo “Uri” potrebbe anche essere Udi o Yuddhi, il nome Sanscrito per “Guerriero; Conquistatore”. Molte tribù messicane ricordano che una razza straniera di Yuri invase una volta la loro parte del mondo. Il dio del sole dei Ra–Ram–Uri è Ono–Rúame. In Kashmiri, Ana = “figlio favorito”; La dea della luna dei Ra–Ram–Uri, consorte di Ono–Rúame, è Eve–Ruame. In Kashmir Hava = “Eva, o il principio femminile”. Un governatore dei Ra–Ram–Uri si chiamava Si–Riame. In Sanscrito/Kashmiri, Su–Rama = “Grande Rama”. Secondo le antiche leggende messicane, gli Yori appartenevano ad una tribù denominata Surem (Su–Ram?). Prima della conquista, il Messico centrale ed il sud–ovest degli Stati Uniti, sino al Colorado orientale, erano conosciuti come Suré. Suré = “Sole” in Kashmiri. Il medico curatore o guida spirituale dei Tarahumara è un Owi–Ruame. In Sanscrito, Oph = “speranza”. Il loro diavolo è denominato Repa–Bet–Eame. Kashmiri: Riphas (Comparsa) + Buth (Spirito maligno) + Yama (Angelo della morte). Molte altre sorprendenti corrispondenze con il Kashmiri e il Sanscrito compaiono nella lingua dei Ra–Ram–Uri. Il loro rapporto con l’antica Fenicia, la Sumeria e l’India del Nord è ovvio. 

I Fenici... navigatori globali 

La maggior parte di noi pensa che i Fenici fossero un popolo di navigatori e commercianti, che abitava in quello che oggi chiamiamo Libano. Tuttavia, i Pancika o Pani, come gli Indù li chiamavano, o Puni, come li chiamavano i Romani (un altro nome derivato da Rama), erano, come gli zingari, sparsi su tutto il globo. 

Gli spagnoli chiamarono la terra dei Ra–Ram–Uri Chihuahua, pronunciata come Shivava dagli stessi nativi. In Sanscrito, Shivava = “tempio di Shiva”. Secondo gli eruditi religiosi indù, Ram ed il dio Shiva erano una volta la stessa divinità. Il nome di Yah e di Shiva (lo stesso di cui leggiamo nella Bibbia) è inoltre prevalente nelle pratiche religiose dei Nativi americani e può essere trovato iscritto in petroglifi dappertutto nel sud–ovest americano. (Cfr. il mio libro India Once Ruled the Americas! ) 

Ayodhya era inoltre un altro nome per Dar es Salaam in Tanzania (Africa) e per Gerusalemme (Giudea). È vero che gli abitanti di Gerusalemme erano conosciuti come Yehudiya o Giudei (guerrieri di Yah), un fatto che rende le origini indiane degli ebrei incontrovertibili. 

Non c’era parte del mondo antico, compresa la Cina, che non fosse influenzata dai punti di vista religiosi di Ram. Per esempio, i cristiani e gli ebrei hanno subito un lavaggio del cervello per credere che Mohammed copiasse i suoi insegnamenti dalle fonti ebree. La verità è che, nel tempo di Mohammed, la teologia di Ram o d’Abramo era la pietra di fondamento di tutte le sette religiose. Tutto ciò che Mohammed ha fatto fu di eliminarne il culto degli idoli. 

“… Il Tempio della Mecca è stato fondato da una colonia di Bramini provenienti dall’India. Era un posto sacro prima dell’epoca di Mohamed, e fu loro consentito di fare pellegrinaggi ad esso per parecchi secoli dopo il suo tempo. La sua gran celebrità come luogo sacro molto prima del periodo del profeta non può essere contestata”. (Anacalypsis, vol. I, p. 421) 

“… I bramini dicono, dall’autorità dei loro antichi libri, che la città della Mecca è stata fondata da una colonia proveniente dall’India. I suoi abitanti a partire dall’era più antica hanno avuto una tradizione che è stata sviluppata da Ishmael, il figlio di Agar. Questa città, nella lingua dell’Indo, sarebbe denominata Ishmaelistan”. (Ibidem, p. 424) 

Prima del tempo di Mohammed, l’Induismo della gente araba era denominato Tsaba. Tsaba o Saba è una parola Sanscrita, significante “L’Assemblea degli Dei”. Tsaba si diceva anche Isha–ayalam (tempio di Shiva). Il termine Musulmano o Moshe–ayalam (tempio di Shiva) è solo un altro nome di Sabaismo. La parola ora è limitata al mondo dell’Islam. Mohammed stesso, essendo un membro della famiglia di Quraish, era inizialmente un Tsabaista. I Tsabaisti non consideravano Abramo come un dio reale, ma piuttosto un’incarnazione o un insegnante divino chiamato Avather Brahmo (Giudice del mondo sottoterra). 

Ai tempi di Gesù, le lingue, il simbolismo religioso e le tradizioni degli arabi e degli ebrei erano quasi identici. Se potessimo prendere una macchina del tempo verso il passato, la maggior parte di noi non vedrebbe alcuna differenza reale fra gli arabi e gli ebrei. La storia ci dice che gli arabi del tempo di Cristo adoravano gli idoli. Così facevano le classi più basse e gli ebrei rurali. Per questo motivo, la controversia del Medio Oriente fra gli ebrei ed i musulmani e l’avversione fra i musulmani e gli Indù in India è ridicola. I musulmani stanno combattendo gli ebrei e gli Indù, o vice–versa, sulla base di niente. Tutti e tre i gruppi sono scaturiti dalla stessa fonte. L’equivalente Kashmiri–Sanscrito di Hebron (Khev’run in ebraico) grida le origini indiane dei più antichi abitanti di Gerusalemme: Khab’ru (tomba). (V. il dizionario del Grierson, p. 382). Anche nell’ebraico, Kever = “tomba”.

Il libro del linguista ed orientalista indiano Maliti J. Shendge The Languages of Harappans salda insieme, una volta per tutte, l’Asia Occidentale e la civiltà della valle dell’Indo. Non solo dimostra che Harappa era accadica e sumerica, dimostra anche che il primo “Abramo” non era altri che Adamo, prima che Eva fosse generata da una delle sue costole. 

“… Si può dire che la regione dal Tigri–Eufrate all’Indo ed al suo oriente fosse abitata dagli Accadi che parlavano una lingua semitica, i quali successivamente chiamarono se stessi Asshuraiu. Il loro nome indiano come conosciuto dai Rgveda è Asura, che non è stato dimenticato da molto tempo. Non è molto sorprendente che questa regione fosse abitata in da clan differenti della stessa razza. Tuttavia sarebbe errato pensare che fosse un gruppo razziale omogeneo. La nostra conoscenza linguistica prova che si trattava d’una popolazione mista di Accadi e Sumeri. Altri gruppi etnici potevano essere presenti, le cui tracce potranno essere identificate grazie i lavori futuri. 

Questa composizione mista della popolazione non è in contraddizione con lo stato attuale delle conoscenze, perché la presenza di questi elementi etnici nella valle dell’Indo conferma ed estende un modello demografico identico, che esisteva probabilmente a partire dai tempi più antichi della preistoria e della civiltà. 

Se questi Accadi fossero gli stessi del clan omonimo dell’Asia Occidentale, ci dovrebbe essere una preponderanza uguale di questa coppia primigenia nella mitologia vedica. Tuttavia, oltre un cenno enigmatico, non c’è riferimento a loro. Ciò stava confondendo. Sembrava improbabile che questo clan fosse privo dei genitori primordiali, benché il loro dio fosse Asura. C’è la predominanza di Brahma in Rgveda come il padre primordiale, ma appare inadeguato che vi sia un principio maschile da solo. Uno sguardo da vicino a Brahma ha rivelato che la sua ascendenza derivava da due parole Abu + Rahmu che è l’accoppiamento primordiale in mitologia Semitica. La controparte Accade di Rahmu è Lahmu che successivamente è diventata la dea Laksmi, nata nel mare e corteggiata sia dai dei sia dai demoni. Lahmu è un drago in Accadico ma in Ugaratico Rahmu è la parte femminile di Abu. 

Brahma (abu + rahmu = abrahma = brahma): tutti i cambiamenti qui postulati corrispondono alle connessioni di cui sopra, o la femmina di Abu, il Dio supremo dei Semiti, ha subito molte trasformazioni ed ha molte controparti nel pantheon indiano, fra le quali Laksmi è uno di quelli importanti, adorata come la dea di tutta la creazione materiale. Così il clan di Asura della valle dell’Indo adorava Abu–Rahmu come la coppia primigenia”. (pp. 269 – 270) 

La ricerca della signora Shendge rafforza la mia convinzione che i resti d’Abramo e di Sara a Hebron possano essere quelli di Brahm e della Saraisvati reali. Il nostro Abramo era evidentemente un sacerdote, forse persino il fondatore del culto di Abu–Rahmu (Adamo ed Eva), che portò la sua religione monoteistica nell’Asia Occidentale. Benché lui e Sara fossero divinizzati in varie forme nella loro India natale, sono rimasti come esseri umani nel giudaismo. 

domenica 29 dicembre 2013

L’incidente di Kholat Sjakhl

Nella notte del 2 Febbraio 1959, 9 escursionisti russi morirono misteriosamente in una località di montagna nota come;, Kholat Siakhl, (nella lingua Mansi, una popolazione semi nomade di ceppo ugro finnico che abita la zona da millenni, “Montagna dei Morti”), in circostanze tuttora misteriose e che hanno generato una grande quantità di ipotesi.

Tenda squarciata

Da allora, la località è stata ribattezzata Passo Djatlov , dal nome del capo escursionista, Igor Djatlov. Tutto ebbe inizio quando un gruppo di studenti dell’Istituto Politecnico degli Urali si riunì per partecipare a un’escursione attraverso gli Urali settentrionali a Sverdlovsk oggi Iekaterinburg guidati da un esperto conoscitore della zona, studente pure lui, Igor Djatlov. Del gruppo, oltre a lui, facevano parte Sinaida Kolmogorova, Liudmila Dubinina Aleksandr Kolevatov Rustem Slobodin Iuri Krivoniscenko, Iuri Doroscenko Aleksandr Solotarev , Nikolaj Tibo-Brignol Iuri Iudin. 

Protagonisti2 - Copia  Protagonisti3

Gli escursionisti volevano raggiungere l’Otorten una montagna dieci chilometri a nord del Kholat Siakhl, seguendo un percorso non facile, ma tuttavia alla portata dei componenti la spedizione, tutti piuttosto esperti.Il 25 Gennaio, i dieci ragazzi arrivarono in treno a Ivdel nel nord della oblast di Sverdlovsk, , dove noleggiarono un grosso furgone per portarsi a Vijai , ultimo centro abitato sul percorso. Quindi, nella giornata del 27, iniziarono a muoversi sugli sci verso l’Otorten. Il giorno seguente, Iuri Iudin fu costretto a rientrare per motivi di salute. Da quel momento, tutto quello che si sa del gruppo è stato ricostruito da diari e da un rullino fotografico rinvenuto nel sito del loro ultimo accampamento.Il 31 Gennaio il gruppo arrivò sull’altopiano e costruì un magazzino dove lasciò una scorta di cibo e di equipaggiamento per il ritorno. Il giorno dopo, 1 Febbraio, i ragazzi si avviarono verso il Passo, con l’intenzione, stando a quanto trovato scritto nei diari, di superarlo e di accamparsi per la notte dall’altra parte, ma, a causa del sopraggiungere di una fitta nevicata che ridusse di molto la visuale, persero l’orientamento e deviarono a ovest, verso la cima del Kholat Siakhl. Accortisi dell’errore, decisero di fermarsi ai piedi della montagna.Alla partenza, Diatlov aveva promesso di inviare un telegramma al loro club sportivo non appena il gruppo fosse tornato a Vijaj, non oltre il 12 Febbraio, ma quando tale data fu superata e il telegramma non ricevuto, nessuno si preoccupò dato che in questo tipo di escursioni rispettare una tabella di marcia non era sempre facile.

Solo il 20 Febbraio, e solo su richiesta dei familiari degli escursionisti, la direzione del Politecnico inviò un primo gruppo di volontari, studenti e insegnanti, a cercare i ragazzi scomparsi. Successivamente, vista l’infruttuosità delle ricerche, vennero coinvolti anche la polizia e l’esercito, con l’impiego di aerei ed elicotteri.

Mappa Luogo

Il 26 Febbraio venne finalmente ritrovato il campo, abbandonato, sul Kholat Siakhl. La tenda era strappata e una serie di impronte si allontanava da essa scendendo dal passo verso i boschi vicini, per sparire dopo 500 metri, coperte dalla neve. 

Da un elicottero venne rilevato qualcosa sotto un pino, e i ricercatori vi diressero per trovare i resti di un fuoco e i primi due cadaveri, quelli di Krivoscenko e di Doroscenko, senza scarpe e in mutande e maglia di lana. Facendo a ritroso il percorso dal pino all’accampamento, vennero ritrovati altri tre corpi, prima Diatlov a 300 metri dal pino, poi la Kolmogorova a 480, e infine, Slobodin a 630 metri, tutti e tre morti in pose che suggerivano stessero facendo ritorno al campo.Gli altri quattro non furono ritrovati fino al 4 Maggio, sotto diversi metri di neve, in una piccola vallata ancora più addentro nel bosco.L’autopsia non trovò ferite che potessero aver causato la morte, salvo una piccola frattura cranica non fatale sulla Kolmogorova; la conclusione fu che la morte era sopravvenuta per ipotermia. Quando però, in Maggio, furono esaminati gli altri corpi, lo scenario cambiò completamente: Tibò-Brignol aveva il cranio completamente sfondato, Zolotarev e la Dubunina il petto e le costole fratturate. 

La forza necessaria per provocare quel tipo di lesioni doveva essere stata spaventosa, uno degli esperti forensi la paragonò a quella sviluppata da un incidente automobilistico. Inoltre, i corpi non presentavano ferite esterne, come se fossero stati uccisi da un livello di pressione molto alto, e alla Dubunina era stata asportata la lingua.

Gli escursionisti erano stati costretti a lasciare il campo nella notte, in modo precipitoso: nonostante la temperatura intorno ai trenta gradi sottozero, erano tutti solo parzialmente vestiti, alcuni scalzi, altri avevano i maglioni infilati a rovescio, e tutti gli indumenti apparivano stracciati, tanto che, in un primo momento si ipotizzò che gli escursionisti fossero stati assaliti nella notte dai Mansi per avere invaso il loro territorio, ma l’ipotesi cadde ben presto visto l’assenza di impronte oltre quelle degli escursionisti. 


L’inchiesta giunse a queste conclusioni:

1. Sei membri del gruppo erano morti di ipotermia, altri tre per le ferite.

2. Non c’erano segni che suggerissero la presenza di estranei, né sul Kholat Siakhl e nemmeno nelle immediate vicinanze.

3. La tenda era stata strappata dall’interno.

Tenda squarciata3

4. I ragazzi erano tutti deceduti fra le sei e le otto ore dopo il loro ultimo pasto.

5. Le tracce visibili non lasciavano dubbi sul fatto che tutti e 9 avessero lasciato il campo a piedi di propria iniziativa.

6. Le ferite e le fratture non potevano essere state provocate da un altro essere umano a causa dell’elevata forza applicata.

7. Furono rilevati alti livelli di radioattività sui vestiti.

Il verdetto finale fu che erano morti per cause sconosciute, la documentazione venne secretata dal KGB, e solo dopo la caduta dell’URSS declassificata, anche se risultò incompleta in molte parti. Alcuni fatti vennero comunque accertati dalla documentazione resa disponibile:

1. Dopo i funerali i parenti affermarono che la pelle dei morti avesse una strana tonalità arancione.

2. Un ex ufficiale dell’esercito, impegnato nelle ricerche, sostenne che il suo dosimetro mostrava un livello di radioattività molto elevato sul Kholat Siakhl. L’identificazione della fonte risulta mancante dal dossier declassificato, così come non risulta chiaro per quale motivo il personale impegnato nelle ricerche avesse dei dosimetri.

3. Un altro gruppo di escursionisti, circa 50 chilometri a sud del luogo dell’incidente, riportò di avere visto delle strane sfere arancioni nel cielo notturno in direzione nord, e quindi verso il Kholat, il giorno stesso dell’incidente; il fenomeno venne osservato anche a Ivdel e nelle aree circostanti, e si ripeté per tutto il mese di Febbraio e di Marzo, come risulta dalle testimonianze rese da ufficiali dell’Armata Rossa e del servizio meteorologico della zona.

4. Dalle ricostruzioni sembra che le vittime fossero state accecate: il legno acceso sotto il pino era stato realizzato in maniera convulsa, utilizzando per di più grossi tronchi umidi, quando tutt’intorno era pieno di ottima legna da ardere.

5. Nella zona furono rinvenute delle strutture metalliche e una targhetta di identificazione del tipo usato nelle attrezzature militari, il che fa supporre che l’area fosse utilizzata in segreto.

Rappresentazione eventi

Nel 1967, lo scrittore Iuri Iarovoj che aveva partecipato alle ricerche come fotografo ufficiale, scrisse un racconto ispirato alla vicenda, ma fu costretto dalla censura sovietica ad omettere tutta una serie di fatti, che finirono con lo stravolgere completamente la narrazione. Iarovoj morì nel 1980, e un misterioso incendio distrusse tutti i suoi archivi, comprese le foto e il manoscritto originale del romanzo.

Nel 1990, ormai prossima la caduta dell’URSS, si cominciò a riparlare della storia, soprattutto sui giornali locali di Sverdlovsk. Il giornalista Anatoli Guscin fu autorizzato a fare ricerche negli archivi della polizia, ma scoprì che diverse pagine erano state sottratte, compreso un misterioso “incartamento” di cui si fa menzione essere stato inviato a Mosca. 

Il fatto scatenò i cultori degli UFO, del paranormale, i dietrologi di ogni genere, i cacciatori di misteri. Guscin riassunse le sue ricerche nel libro “Il prezzo del segreto di Stato è nove vite”, che suscitò diverse critiche per via della sua teoria su una misteriosa arma segreta che sarebbe stata sperimentata in quei luoghi e avrebbe causato la morte dei nove ragazzi, ma la pubblicazione del libro suscitò comunque l’interesse dell’opinine pubblica e sciolse qualche lingua rimasta attorcigliata per oltre trent’anni: Lev Ivanov l’ufficiale di polizia che diresse l’inchiesta, in un articolo apparso nel Novembre 1990, ammise che non era stata trovata una spiegazione razionale per la morte dei ragazzi, né per l’incidente in sé, così come che gli era stato ordinato dal KGB di archiviare in fretta l’inchiesta e tacere le voci sulle misteriose “sfere arancioni”. 

Ivanov conclude l’articolo sostenendo la sua persona le convinzione si sia trattato di UFO.Nel 2000, una TV locale produsse il film documentario (“Passo Djatlov”), seguito da una romanzo, scritto dalla giornalista di Iekaterinburg (Anna Matvejeva) dallo stesso titolo, basato in gran parte sui diari delle vittime e su interviste coi membri della squadra di soccorso dell’epoca. Iuri Kuntzevitch amico di Djatlov, ha creato, col supporto del Politecnico degli Urali, una fondazione a lui dedicata con lo scopo di convincere le autorità russe a riaprire il caso.

E Iuri Iudin, l’unico sopravissuto della scampagnata, ha dichiarato: “Se avessi la possibilità di rivolgere a Dio una sola domanda, sarebbe ‘Cosa realmente è successo ai miei amici quella notte’?

sabato 28 dicembre 2013

La Cometa di Tunguska

È ancora viva nella memoria di tutti quanto è accaduto lo scorso febbraio sopra i cieli della Russia, quando un oggetto di una ventina di metri esplose causando un migliaio di feriti per i vetri che andarono in frantumi 

Un fenomeno che ci ha ricordato quanto avvenuto in Siberia nel 1908, nella regione di Tunguska. In quel caso fu una cometa ad esplodere, le cui conseguenze furono tali da distruggere circa 2000 km quadrati di foresta. La violenza di quell’esplosione infatti, è da paragonare a 1000 bombe atomiche.

Il fenomeno ha sempre suscitato un qual che di mistero perché non è mai stato ritrovato alcun frammento dell’oggetto esploso in atmosfera. Mai, fino ad oggi. Alcuni piccoli frammenti dell’oggetto infatti, sarebbero venuti alla luce di prossimità del fiume Khusma.


In realtà tali frammenti sarebbero stati raccolti ben 25 anni fa, ma solo ora sono stati analizzati e studiati nei dettagli. Nel 1998 infatti, Andrei Zlobin dell’Accademia Russa delle Scienze, partecipò ad una ricerca che aveva come fine quello di cercare meteoriti di quell’evento e ne trovò alcuni nei vicini letti dei fiumi. La spedizione ritornò con un centinaio di campioni di potenziali meteoriti, ma gli studi avvenuti subito dopo hanno seguito un’altra strada, lasciando i campioni, come spesso succede, in un armadio. Solo recentemente sono stati ripresi ed è iniziata un’analisi su alcuni di essi. E qui la sorpresa.

Stando ad una prima analisi di quei campioni, l’oggetto che impattò con l’atmosfera doveva avere una densità di circa 0,6 grammi per centimetro cubo, che è più o meno come il nucleo della cometa Halley.

Queste prove iniziali quindi, farebbero pensare che a Tunguska esplose realmente una cometa. Al momento però le conclusioni non sono definitive, ma quel che suscita interesse è il fatto che in quei frammenti potrebbe esserci il segreto di uno degli eventi naturali più misteriosi del secolo scorso.

venerdì 27 dicembre 2013

Phobos - Satellite Naturale o Artificiale?

La prestigiosa Agenzia Spaziale Europea , ESA (European Space Agency) ha dichiarato che Phobos, la misteriosa luna di Marte, è artificiale. Almeno 1/3 di Phobos è cavo e non ha origini naturali, ovvero è di natura aliena.    


La ESA è la controparte europea della NASA. Forse che questa rivelazione potrà motivare la NASA a rendere pubblici i segreti che custodisce? Non contateci… perché se Phobos è artificiale, un civiltà aliena deve averla messa lì…

 Il primo a credere che Phobos fosse artificiale fu il famoso astrofisico russo  Dr. Iosif Samuilovich Shklovsky, quando calcolo’ il movimento orbitale del satellite di Marte, Phobos. Egli giunse alla inevitabile conclusione che la luna di Marte è cava e artificiale, in sostanza una astronave titanica   

L’astronomo russo, il Dr. Cherman Struve, spese mesi a calcolare  le orbite delle due lune marziali e lo fece con estrema accuratezza  agli inizi del 20° secolo. Studiando le note dell’astronomo, Shklovsky si rese conto, col passare dei decenni, che la velocità e posizione orbitale di  Phobos non corrispondevano piu’ alla posizione formulata matematicamente da  Struve.

Dopo un lungo studio delle forze gravitazionali, magnetiche e delle maree, Shklovsky giunse alla ferma conclusione che , “ non ci sono elementi che facciano supporre che cause naturali siano le origini delle due strane lune e loro comportamento bizzarro, particolarmente quello mostrato da  Phobos. Le lune quindi sono artificiali. Qualcosa o qualcuno le ha costruite".


Durante una intervista relative  alla misteriosa luna marziana, Shklovsky spiegò: "C’è solo un modo in cui si possono riconciliare i requisiti di coerenza e costanza di forma di Phobos e la sua densità media estremamente bassa: dobbiamo dedurre che Phobos sia cava, un corpo vuoto,  che assomiglia ad una lattina vuota."

La scienza mainstream (ufficiale) per decenni  ha ignorato il lavoro innovativo di  Shklovsky, fino a che la ESA ha cominciato a guardare piu’ da vicino questa strana piccola luna. Ed uno studio dell’ESA ha dichiarato Phobos non naturale.


L’abstract dello studio dell’ESA, che è apparso  nella rivista in peer-review, Geophysical Research Letters, rivela che Phobos non è cio’ che da generazioni credono molti astronomi e astrofisici, ovvero che sia un asteroide catturato.

"Noi riportiamo risultati indipendenti da due sottogruppi del team Mars Express Radio Science (MaRS) che in modo indipendente hanno analizzato i dati di rilevamento radio del Mars Express (MEX), allo scopo di determinare  in modo concreto , l’attrazione gravitazionale della luna Phobos sulla astronave MEX  e quindi la massa di Phobs.

Ci sono nuovi valori  per il parametro gravitazionale (GM=0.7127 ± 0.0021 x 10-³ km³/s²) e la densità di Phobos (1876 ± 20 kg/m³)  che forniscono significativi nuovi limiti sul range corrispondente  della porosità del corpo (30% ± 5%) e forniscono una base per una interpretazione maggiore della struttura interna. La nostra conclusione è che l’interno di  Phobos contiene probabilmente  grandi vuoti. Quando applichiamo questi risultati a varie ipotesi che riguardano l’origine di Phobos, questi risultati sono in contrasto con l’affermazione che Phobos sia un asteroide catturato."

Casey Kazan scrive in ESA:  Phobos, la luna di Marte  'Artificiale,'…che il sito ufficiale dell’ESA su Phobos conteneva espliciti dati scientifici, provenienti da piu’ prospettive, che hanno fortemente sostenuto l’idea che ciò è come apparirebbero degli echo di un radar, che ritornassero dall’interno di una  gigantesca astronave geometrica e cava . Infatti erano la fonte primaria della segnatura radar interna che si vede geometricamente in 3D.

La convergenza di tutti e tre questi esperimenti indipendenti del Mars Express – immagine e distribuzione della massa interna, (rilevamento) e immagine radar interno, ora concordano sul fatto che l’interno di Phobos è parzialmente cavo, con dei vuoti geometrici al suo interno. E questo significa che Phobos è artificiale”

In alter parole …Phobos non è un satellite naturale, non è un asteroide catturato ed è cavo. Questo è esattamente cio’ che il Dr. Shklovsky trovo’ allora, negli anni ‘60. Phobos è stato costruito artificialmente e collocate nell’orbita di Marte. Ma...da chi?

giovedì 26 dicembre 2013

Il Mistero delle Luci di Hessdalen

Si manifestano all'improvviso, brillando nella notte.

Questi oggetti splendenti a volte restano a lungo sospesi a mezz'aria, a volte schizzano via a gran velocità prima di sparire.

Sono le cosiddette “luci di Hessdalen”, così chiamate dal nome della valle norvegese dove appaiono, un luogo solitario situato 80 km a sud di Trondheim. Qui, a partire dal 1981, si replica con una frequenza impressionante uno spettacolo che lascia stupefatti coloro che hanno la fortuna di assistervi. Le “sfere di fuoco”, infatti, non recitano mai lo stesso copione. Talora fisse, talora pulsanti, si muovono in modo irregolare. Di un unico colore rosso, giallo o blu, oppure multicolori, possono essere tanto intense da illuminare l'intera vallata.

Hessdalen

Che cosa le genera? Cosa le fa risplendere?

Secondo l'astrofisico Massimo Teodorani, queste sfere di luce compaiono nella valle con una certa regolarità, ma sono molto più frequenti da gennaio a marzo e tra le 6 del pomeriggio e l'una di notte. Alcune svaniscono in fretta, altre restano visibili anche per un paio d'ore. In base a punti di riferimento come alberi o case, si è stimato che il loro diametro possa variare da 1 a 10 metri.

Si presentano come strutture dal contorno evanescente, formate, come si è appreso da recenti osservazioni, da tante piccole componenti che vibrano attorno a un baricentro comune, dal quale a volte vengono prodotte sfere di dimensioni inferiori.

Da un punto di vista fisico, i ricercatori hanno potuto dimostrare che il fenomeno luminoso si comporta come un plasma, particolare stato della materia, con una temperatura di circa 6000 gradi, che rimane costante anche quando le sfere aumentano di volume.

Secondo Teodorani, ciò ha portato a ritenere che il plasma sia confinato all'interno di un fortissimo campo magnetico e che la sua struttura globulare sia dovuta a qualche tipo di “forza centrale” che simula la gravità dando alle sfere un aspetto simile a quello si soli in miniatura.

Nei giorni di maggiore attività, ci informa Teodorani, gli strumenti (spettrografi, magnetometri, radar, rilevatori per ultrasuoni, macchine fotografiche e videocamere automatiche ad alta definizione) hanno rilevato numerose tracce radar, ma solo poche di queste avevano come “controparti” ottiche le sfere di luce, e, quando le avevano, rivelavano spesso un andamento intermittente mentre la luce rimaneva fissa. Anche le perturbazioni magnetiche connesse alle sfere, che si manifestavano sotto forma di pulsazioni, hanno talora rivelato un comportamento insolito, presentandosi poche ore prima o dopo l'osservazione delle luci: come se il fenomeno ottico originale fosse sostituito da una forma invisibile.

Un'ipotesi prevede che nella zona si sviluppino forze tettoniche capaci di comprimere il quarzo delle rocce producendo intensi campi elettrici, in grado a loro volta di innescare i vortici di plasma.

Un'altra, invece, ritiene responsabili le particelle emesse dal Sole, che penetrerebbero nell'atmosfera da “buchi” nella magnetosfera terrestre.

Entrambe, però, presenterebbero molti punti deboli, sia per la frequenza con cui si manifesta il fenomeno, sia perchè non è stata trovata una vera correlazione con le tempeste solari.

Il mistero rimane...

mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Sol Invictus a Tutti!!!


Molti di noi credono che la celebrazione del Natale sia una festa prettamente cristiana che simboleggia la nascita del Messia Gesù, ma in realtà nasconde qualcosa di più profondo e ancestrale. Nella sua origine, infatti, si cela un intreccio di storia antica: una perfetta mescolanza di culture, riti e religioni.

È l’imperatore Aureliano a proclamare il 25 dicembre 274 d.C. il primo Dies Natalis Solis Invicti, in onore della riunificazione dell’Impero Romano. La priorità fu la coesione culturale; la scelta, perciò, ricadde sull’adorazione del Sole, presente in in tutti i popoli dell’Impero.

Se, infatti, a Roma vi era Apollo, in Grecia si pregava Helio, in Egitto Horus, mentre i siriani e gli arabi festeggiavano già dal 600 a.C. il dio Dusares precisamente il venticinquesimo giorno di dicembre.

Ma l’idea del Natale, inteso come nascita, deriva dalle popolazioni celtiche e germaniche che attraverso il culto della Yule (ruota) simboleggiavano la morte e la rinascita del sole durante il solstizio d’inverno che cade di 21 dicembre, giorno più corto e buio dell’anno.

Dalle popolazioni nordiche abbiamo anche ereditato l’usanza di adornare l’albero, tradizione proveniente dal culto sassone di Irminsul, un enorme pilastro che connette il cielo con la terra, che veniva spesso rappresentato come una grande quercia. Un dio simile a Yggdrasill delle popolazioni vichinghe.

Si potrebbe andare avanti ancora per molto, trovando analogie con le culture dei popoli più disparati.

Quello che è importante capire è che molte tradizioni, reputate nostre in maniera esclusiva, fiera e morbosa, in realtà appartengono alla storia dell’uomo nella sua accezione più universale.

È impossibile non rimaner affascinati nello scoprire quante similitudini ci siano nella diversità.

Sotto questo aspetto il Cristianesimo inglobò e fagocitò diverse tradizioni e culti misterici che gli erano stati vicini nel I secolo, tra cui quello di Osiride ed Iside e quello di Mitra, il dio solare di origine indo-iranica che aveva avuto il suo massimo sviluppo nell’area mesopotamica e che era trasmigrato verso Roma grazie a migliaia di legionari romani che erano stati attratti e convertiti al suo culto durante le spedizioni romane nel vicino oriente. Secondo questo antico culto, il dio del sole, Mitra, veniva generato (da una fanciulla vergine, secondo alcune versioni) il 25 dicembre e moriva a primavera per poi risorgere. Questo culto, con forti connotazioni astrali e legato al ciclo naturale delle stagioni, aveva in se stesso un fondamento di verità scientifica, in quanto nel suo tema narrativo era descritto il destino del corso apparente del sole lungo la linea dell’eclittica, per cui la generazione invernale indicava il raggiungimento del punto più basso sull’orizzonte, cui corrispondeva il solstizio d’inverno, cioè il giorno in cui vi è la minore esposizione di luce solare (la notte più lunga del giorno), cui faceva seguito l’immediato allungamento delle giornate, dovuto all’inversione del corso apparente dell’astro.

Questo tema narrativo viene espresso con la nascita del dio sole che avviene tre giorni dopo il solstizio invernale, così come il sole nasce ad un nuovo cammino.

Allo stesso modo in primavera il dio del sole muore per poi risorgere, così come la vita si risveglia.

Questo culto, insieme a quello egiziano di Iside e Osiride, rappresenta il culto religioso e misterico universalmente più diffuso nell’epoca antica, in un’area compresa tra l’Europa, il vicino oriente e l’Africa centro-settentrionale.

Tutto questo non poteva passare inosservato ai Padri della Chiesa, i quali capirono che per poter attrarre a sé migliaia di fedeli avrebbero dovuto fare delle concessioni che non avrebbero assolutamente macchiato la figura di Gesù. Questo atteggiamento, che appare come una scelta strategica già degli Evangelisti in fase di stesura dei Vangeli (si veda l’articolo Gesù e il mito di Osiride), non è tale da far sì che la data di nascita di Gesù fosse inserita nel testo degli stessi, ma fu introdotta dalla tradizione perché in una fase precedente non ve ne era stata necessità.

Nel IV secolo fu scelta, convenzionalmente, la data del 25 dicembre, presa in comodato dal dio solare, perché era la data più consona e che sarebbe stata accettata universalmente da tutti i pagani convertiti.

Le Chiese orientali continuarono a festeggiare la nascita di Gesù ponendola al giorno dell’epifania, il 6 gennaio, dimostrando in tal modo di volersi distaccare dalla tradizione millenaria dei popoli pagani.

Resta evidente che il racconto di Luca, che parla dei pastori che fanno pascolare il gregge durante la notte di Natale e che vengono avvertiti dall’Angelo della nascita del Salvatore, è inverosimile per uno scenario invernale, in una zona come quella della Giudea in cui le temperature medie notturne scendono in dicembre al di sotto dello zero. Molto più verosimile appare uno scenario primaverile o estivo, su cui, tuttavia, gli studiosi non si sono concentrati più di tanto.

Una realtà apparentemente intangibile per i più di noi che sfiorano solo di tanto in tanto questo infinito mondo di ricerca della conoscenza. Un esempio? Apprendere, conversando con un amico competente in materia, come mai la Madonna sia così importante nella nostra cultura. Ciò è dovuto al fatto che il cristianesimo, sposando le culture pagane legate alla fertilità della terra e all’agricoltura, mette in risalto il culto della donna, simbolo di fecondità e vita. Cosa che non avviene invece nelle zone islamiche e ebraiche dove, a causa dell’aridità del suolo, si predilige la pastorizia. In questo modo la donna-madonna viene relegata in secondo piano.

Una spiegazione razionale ad un fenomeno apparentemente incomprensibile.

In una società come quella odierna, caratterizzata da diversità e pregiudizi, bisognerebbe prendere esempio dall’Imperatore Aureliano, che già aveva capito che per mantenere la pace e tenere uniti i popoli serviva innanzitutto l’affinità culturale. Festeggiamo questo Natale, allora, invocando l’uguaglianza delle persone nella maniera più ortodossa e estrema. Grazie al Natale del Sol Invictus.


Rimetti a noi i nostri debiti...

Strana, pericolosa Germania: è risorta dalla vergogna mondiale del nazismo ricorrendo alla “politica della memoria” che l’ha riabilitata, beneficiando di un colossale taglio del debito accordatole nel ’53 (per motivi geopolitici, certo) da ben 65 paesi, tra cui l’Italia. Ma ora pare vittima di un’amnesia capitale, pretendendo che il debito altrui venga saldato, costi quel che costi, foss’anche la morte per fame dei poveri greci o la devastazione economica di un grande paese come il nostro. 


Per Barbara Spinelli, rischia di tornare in scena il peggio della storia europea: proprio i tedeschi stanno infliggendo al resto d’Europa la stessa “punizione” che furono i primi a subire, per mano della Francia, che dopo la Prima Guerra Mondiale demolì la Repubblica di Weimar spianando la strada alle camicie brune. Stessa ricetta degli “austeritari” di allora: deflazione spietata, super-export, crollo dei consumi interni, crescente irresponsabilità bellicosa verso i vicini. 

Sbaglia, scrive l’editorialista di “Repubblica”, chi pensa che l’Europa di oggi sia immune dal ritorno della guerra: la grande crisi è già di per sé una forma di guerra, con la sua intollerabile ingiustizia sociale, mentre l’Unione Europea continua ad «affidarsi a una pax americana che sta creando caos più che ordine, in una mondializzazione dove nessuno, da solo, si salverà». Primo nemico, il cieco egoismo di una classe dirigente ipnotizzata dal neoliberismo, il dogma bugiardo che criminalizza l’istituto democratico del debito pubblico, cioè l’investimento a deficit per i cittadini, senza il quale (Fiscal Compact, pareggio di bilancio) crolla anche il settore privato, soffocato dalle tasse. 

Nella sua analisi sulla grave minaccia rappresentata ancora una volta dalla Germania, Barbara Spinelli non fa cenno alla tragedia della confisca della sovranità finanziaria operata dal regime dell’euro, ma preferisce citare Keynes, nemico storico dei deflazionisti: ignorato dopo il primo conflitto mondiale, il grande economista inglese fu invece ascoltato nel secondo dopoguerra, in cui prevalse la politica espansiva della finanza pubblica, cioè l’opposto del rigore preteso da Bruxelles e dalla Bce. Barbara Spinelli rimpiange la “saggezza” del Piano Marshall, riconoscendo che non c’è possibile salvezza senza il ritorno a una politica solidale, non usuraia, fondata sulla cooperazione e non sulla competizione esasperata. Il modello tedesco? Pericoloso, e anche fragile. 

Lo spiega l’economista Ulrich Schäfer: il super-export di Berlino ha causato gravi bolle finanziarie nel Sud Europa, «in ragione di ingenti flussi di capitali non compensati da adeguate importazioni». E’ un boom a doppio taglio, che persino in Germania «s’accompagna a bassi consumi, al precariato che cresce, a gracili importazioni». Piano Marshall? Alcuni critici, come Guido Viale e Luciano Gallino, preferiscono parlare di “riconversione ecologica dell’economia”: investimenti pubblici, certo, ma non per replicare i disastri dello sviluppismo fordista, oggi peraltro resi impossibili dalla crisi terminale del capitalismo globalizzato. Non un solo leader, in Europa, ha il coraggio di bandire la più stupida e pericolosa delle parole, “crescita”. In attesa dell’auspicata rivoluzione culturale, sarà più probabile assistere a rivolte rabbiose contro la livida tirannide dell’euro, sconcertante non-moneta privatizzata a cui gli Stati, direttamente, non hanno accesso.

http://belliniguerrucci.blogspot.it/2013/12/truce-germania-smemorata-noi-le.html

martedì 24 dicembre 2013

Intervista al Dr. Leo Sprinkle sulle Abductions - A cura di P.Harris


Lei è un celebre ricercatore ufologico. I suoi punti di forza sono molteplici, come psicoterapeuta e come psicologo, presso l’Università del Wyoming e tante persone si rivolgono a lei. Ci parli della sua esperienza nel campo delle "abductions".

Il mio primo avvistamento si verificò nell’autunno 1947, presso l’Università del Colorado, a Boulder. Mi stavo recando ad una riunione con un mio collega, Joe Whitener. Discutevamo di semantica in generale e su come gli scienziati indagano sulla realtà. Immersi in una dimensione filosoficamente entusiasmante, rivolgemmo lo sguardo in su scorgendo in cielo, a ovest, un oggetto metallico di forma apparentemente ellittica. Non riuscivamo a capire cosa fosse perché eravamo certi non fosse un aeroplano, né un elicottero o un pallone sonda. Accelerò. Continuammo a osservare, ma un disco volante non poteva essere. Solo i pazzi vedevano "dischi volanti" e noi eravamo studenti molto seri. Ripensandoci, ricordava la forma di un’unghia. Non ne parlai con nessuno e mi sentii alquanto depresso. Per me era sconvolgente, considerate la mia formazione scientifica e religiosa. Non riuscii ad ottenere la borsa di studio per un trimestre. Poi, dopo aver svolto il servizio militare in Germania, ritornai a Boulder. 

Un giorno mia moglie Marylin ed io stavamo ammirando una catena montuosa di Boulder, chiamata "Flatirons" - Ferri da stiro - e vedemmo un’intensa luce rossa e arancio. Era meravigliosa e pensammo si trattasse di una stella. Uscimmo dalla macchina per guardarla; andava avanti e indietro e non emetteva alcun suono. La luce era tra noi e ai piedi della montagna, ma appena il cielo si oscurò, scomparve nella notte. Il giorno dopo mi aspettavo di leggere qualcosa sul giornale o sentire una notizia alla radio. Niente! Imparai così due preziose lezioni dopo il secondo avvistamento: la prima era che dovevo investigare e la seconda che sarebbe stata un’attività solitaria, perché la gente aveva paura ed esitava a parlare di questi eventi. Iniziai così a leggere i libri e le riviste disponibili nel 1956: gli scritti di Frank Edwards e Donald Keyhoe e le pubblicazioni del National Investigations Committe on Aerial Phenomenon (NICAP). 

Nel 1961 conseguii il dottorato presso l’Università del Missouri. Scrissi a Richard Hall, allora segretario del NICAP e lavorammo ad una ricerca estesa a 250 persone, interessate al fenomeno ufologico, sulla loro cultura scolastica, la condizione socio-economica e così via, giungendo alla conclusione che esse rientravano nello standard medio di apertura o chiusura mentale. Era un sondaggio psicologico: alcuni avevano un punteggio alto, altri basso. Cercai di condurre un’altra indagine sui professori di psicologia, ma non funzionò perché i miei colleghi pensavano che era un’assurdità. 

Quindi decisi di fare senza e ci riprovai nel 1963 e nel 1964 quando ritornai all’Università del Wyoming, a Laramie. Continuai la ricerca, cercando di fare dei collegamenti, completando dei sondaggi personali, sulle esperienze ESP e UFO vissute da 100 persone. Ritenevo, già da allora, che il paranormale fosse in relazione al fenomeno ufologico. Certi miei colleghi non lo capiscono, pensano che non sia scientifico guardare agli aspetti spirituali o paranormali, ma secondo me sono egualmente importanti, proprio come indicò pubblicamente J. Allen Hynek, professore di astronomia presso la Northwestern University, nel 1979, in Brasile: che i ricercatori UFO hanno un paradosso, proprio come i fisici hanno un paradosso sulla "luce". La luce è sia una particella che un’onda. A detta di Hynek, lo stesso accade nelle ricerche ufologiche: i dischi volanti sono fisici e psichici. Appresi presto la lezione.

Può fare un paio di esempi concreti per chi non comprenda ancora il Fenomeno Psichico. Per esempio, la manifestazione di materia incorporea o non solida, oppure le capacità ESP (esperienza extrasensoriale).

La telepatia è un aspetto: la comunicazione da mente a mente. Solitamente, la chiaroveggenza è definita come dalla mente alla materia, come "Remote Viewing" - vedere qualcosa anche senza disporre dei sensi visivi per vedere.

Per chi non conosca la "Remote Viewing", la visione a distanza può avvenire quando si è perfettamente svegli, ma è diversa dal sogno o dalla chiaroveggenza, giusto? È vedere con gli occhi della mente…

C’è chi vede con l’occhio della mente e chi sente di fare un viaggio astrale o una proiezione astrale dove percepisce di viaggiare mentalmente per poi riportare delle informazioni al corpo. Altri avvertono di essere ancora nel corpo e nella mente, vedendo mappe o documenti o un’astronave, o qualsiasi altra cosa. La Precognizione è un termine utilizzato nell’ESP: vale a dire la consapevolezza di un evento che si potrebbe verificare nel futuro… o la Retrocognizione, in cui la persona possiede informazione di un evento passato. La telecinesi o la psicocinesi sono termini usati per la "mente oltre la materia", dove una persona è presumibilmente capace di usare l’energia dal corpo e dalla mente per influenzare un oggetto fisico, come un certo tipo di campo energetico o una pallina da ping-pong. 

Altri riescono a spostare una scatola di fiammiferi su un tavolo. Naturalmente ci sono i debunkers, separatamente dagli scettici, che sostengono che non è così. Molti sono scettici perché devono vedere per credere. La maggior parte delle persone dimostrerebbe capacità psichiche, se adeguatamente istruita. Infatti, secondo un sondaggio condotto da padre Andrew Greeley, sociologo dell’Università di Chicago, che ora vive in Arizona, 2/3 degli adulti americani intervistati hanno avuto un’esperienza psichica, visite di defunti, o telepatica, o di chiaroveggenza, o precognitiva. Una vasta gamma di eventi che ci induce a dire che il "paranormale è normale". Vale a dire che il Misticismo solitamente definito in termini di Fenomeno Psichico è più normale che insolito.

Tornando agli UFO, stando alla sua ricerca nei casi di abduction, la maggioranza dei rapiti ottiene un accresciuto senso di consapevolezza psichica, o questa viene sviluppata maggiormente rispetto ad altre persone?

È difficile sapere cosa viene prima. I miei studi sono iniziati nel 1964, i dati si riferiscono ad un sondaggio su 600 soggetti, ho parlato e corrisposto con migliaia di persone. Se ne evince che non descrivono solo luci o oggetti nel cielo, o atterrati, ma alcune di loro si sentono di essere state trasportate fisicamente fuori dalla loro abitazione e portate a bordo di un’astronave; alcune avvertono di uscire fuori dal corpo. 

Quindi c’è una gamma di esperienze, di interpretazioni, di reazioni. La gente può essere adirata, timorosa, terrorizzata, piena di soggezione. Certi soggetti non sembrano troppo influenzati da tali esperienze, ma la maggioranza le subisce con terrore ed angoscia. Molti mi riferiscono di sentirsi a tratti pieni di una sensazione di attesa, timore e qualcosa di insolito avviene.

Esiste la concreta possibilità che anche i militari siano responsabili dei rapimenti, probabilmente circa l’80%. È scioccante pensare che, mediante la psicotronica, l’olografia e così via, sia possibile alterare la mente dei cittadini.

Considerando l’intervento degli elicotteri neri militari, credo che ciò stia avvenendo ed anche che gli ET eseguano un "doppio compito": manifestandoci da un lato il loro modus operandi, dall’altro il nostro. Ad esempio, le esperienze di rapimento descritte in associazione ad abusi infantili: così è più facile per gli psicologi, nella media, dire "bene, non sei stato veramente rapito dagli ET, stavi solo ricordando esperienze di abuso infantile". In realtà, si minimizza, scavando in episodi di abuso infantile come fatto sociale, perché siamo inclini a considerarli più di quanto non facciamo con gli incontri alieni. Quindi, intendo dire che ogni istituzione, l’Educazione, l’Esercito, la Politica, l’Economia e la Religione passa attraverso questo "avvolgente" o "implodente" collasso o crollo interiore.

Quale tipo di messaggi si ricevono? Quante persone rispondono agli incontri alieni?

Per molti il termine "abduction" significa essere prelevati da casa, o in macchina, e portati su un disco volante. Alcuni ritengono sia un’esperienza terrorizzante, non solo incontrare degli ET, ma anche altri esseri umani. Abbiamo una molteplicità di descrizioni di varie persone e vari eventi: dal fenomeno fisico al fenomeno biologico, dalla sfera emotiva a quella delle onde cerebrali, dalla sfera psicologica simile ad una fantasia, un sogno ad occhi aperti o un sogno effettivo o un sogno lucido e certuni hanno un’esperienza sensitiva, fuori dal corpo, mentre sono stesi a letto e la coscienza o l’anima vola nel disco volante e poi ritorna. A mio avviso, è fisica, biologica, psico-sociale e spirituale. Un tutt’uno. 

E gli ET forniscono un doppio scenario: uno per l’individuo e uno per la società. Tanto che alcuni hanno un’esperienza individuale per loro terrificante, dolorosa, patologica. Per altri l’esperienza è egualmente terrificante, ma psichica, o spirituale o religiosa. È un test, un’iniziazione. L’individuo viene estrapolato dalla sua cerchia di amici, l’esperienza accade, poi va affrontata. "Lo dico alla mia famiglia? Ai miei amici? Lo accetteranno?". Se accadesse ad un militare, persona addestrata, con una formazione concreta, la affronterebbe contando su se stesso. Mentre il testimone UFO deve imparare a essere autosufficiente, a non rivolgersi, per ottenere conforto, a Dio, a una famiglia, alla religione, all’Esercito, al Governo, ai medici… i miei consiglieri, i miei amici, i miei vicini. A nessuno!

Sono lasciati completamente soli.

Sì, completamente soli. Poi quando si sentono di poterlo gestire, cominciano a parlare dell’esperienza con gli altri e scoprono di avere forza, si riuniscono in gruppi ed iniziano a condividere le informazioni. Sino a capire che si tratta di un fenomeno "comune". L’informazione non proviene dall’alto, ma dal basso verso l’alto. Così, si ha sia un’iniziazione sia uno stimolo sociale. Gradualmente, la società inizia ad essere consapevole che è in atto, un contatto con gli alieni.

Cosa intende per gradualmente? Un frangente di tempo di secoli? Oppure pochi anni?

Per rispondere, devo tornare alla mia personale esperienza di rapimento. Per me a dirigere tutto sono gli ET e quindi non dobbiamo preoccuparci. Il contatto non sarà un annuncio formale al mondo ma, per come vedo che vanno le cose, "l’informazione arriverà come una conclusione scontata".

Ha vissuto esperienze personali da cui ha tratto le informazioni?

Mi sono sottoposto ad ipnosi a cinquanta anni, nel 1980, quando trovai finalmente il coraggio, grazie all’aiuto di un altro psicologo, di sapere di più sulla mia infanzia. Mi riportò ad un’esperienza da me vissuta a dieci anni nel 1940 a Rocky Ford, in Colorado. Mi sentii come a bordo di un’astronave. Un uomo alto, accanto a me, poggiò la mano destra sulla mia spalla e stavamo osservando il cielo scuro e le stelle luminose e mi diceva, o mi informava (non so dire se era o meno un messaggio verbale) "Leo, impara a leggere e a scrivere bene perché quando sarai grande potrai aiutare gli altri a scoprire il loro scopo nella vita". 

Da bambino ero inconsapevole sul significato, ma so che perdevo sangue dal naso. Mi svegliavo con gli incubi di presunte persone nella stanza e la percezione di essere andato altrove. Diventato più grande, laureatomi in psicologia, mi dissi: "oh, è solo la paura di mio padre", era solo un incubo sul mio rapporto con lui, perché era severo ed esigente e la mia, una madre dolce e compassionevole. Avevo l’incubo di qualcosa, forse un granchio, che saliva dalle scale voltandosi verso di me e poi arrivava mia madre con una scopa e lo scacciava via. Mi diedi psicologicamente una spiegazione: identificavo la figura del granchio con quella di mio padre, nato a Luglio… nel segno del Cancro. Nel 1980 fui cosciente che la mia memoria di quanto era accaduto a 10 anni si riferiva ad una reale reazione fisica. Ero finalmente in grado di accettarlo alla lettera. Come accade a tante persone che hanno avuto delle esperienze da bambini, eppure è solo quando crescono che riescono ad ammetterlo.

L’essere che le mise la mano sulla spalla era un umanoide?

Un umanoide con una sorta di tuta spaziale.

Di che colore?

Apparentemente grigia. Da bambino, non sapevo come definirla. Leggevo solo i fumetti di "Buck Rogers". Non avevo altri riferimenti, come i film. Eppure la gente diceva "Oh, era solo un ricordo di un film. Certo, doveva essere un film". Era quella la loro spiegazione…

Aveva capelli biondi?

Non saprei. Sollevando lo sguardo, potevo vedere il viso, ma dei capelli non so, perché la testa era in parte coperta dalla tuta spaziale.

Un’esperienza fisica autentica, quindi sapevi che era vera.

È quello che sentivo. Percepivo sempre qualcosa di meraviglioso o una sensazione di verità. Provavo un lieve formicolio alla spalla che mi diceva che stavo vivendo un evento fisico. Non posso convincere gli altri che è veramente accaduto, ma io ne sono davvero convinto. Da quella esperienza imparai due cose… che alcuni sentono di essere stati rapiti.

Sequestrati?

Portati via. Mi sentii come riportato a qualcosa… verso qualcosa. Rapito. A dieci anni vissi l’esperienza a Rocky Ford: ero seduto in un riparo in legno per le galline e avevo lo sguardo rivolto verso il cielo a sud ovest. Dissi ai miei che avevo avuto la stessa sensazione mentre osservavo il cielo con loro, con tutta la famiglia, Bob, Jean… i miei fratelli e sorelle, ma poi la razionalità ebbe il sopravvento. "Dimentica quell’assurdità". Eppure era la forte sensazione di essere in connessione con un’altra famiglia nel cielo. E tante persone sentono di essere qui nel pianeta per un compito, temporaneo. 

È dura, fa paura, ma è importante. E quindi noi continuiamo a scoprire nuove cose. Per questo molte persone affrontano il problema con la paura e con i dubbi, perché non solo stanno entrando in contatto con gli alieni, che è già uno shock, ma anche con il vero scopo della loro stessa anima e un tale peso è difficile da sopportare.È tremendo essere consapevoli che siamo qui per un fine superiore, quello di aiutare noi stessi, aiutare l’umanità a passare attraverso questo stadio di cambiamento della Terra. L’Umanità ci sta nel mezzo. Il risultato, se sarà positivo, potrà condurre a far parte di una confederazione di civiltà di altre culture.

Una sorta di Federazione Interplanetaria. È una ipotesi alla quale è giunto in seguito ai suoi studi o per intuizione?

Tutt’e due. Se ci penso su mi sembra giusto e se indago anche, perché ho parlato con migliaia di persone e stanno giungendo a conclusioni simili. Indagini sia intuitive che sensoriali perché i nostri sensi investigano esternamente; ma si può usare l’intuito per indagare internamente.

Può delineare la data in cui accadrà? Se si rivelerà sbagliata non glielo rinfacceremo…

Non ci sarà alcun annuncio formale, sarà una conclusione scontata. Niente annuncio ufficiale.

Tuttavia, per quanto riguarda i cambiamenti sulla Terra, lei ipotizza che potremmo diventare una civiltà intergalattica e unirci ai nostri Fratelli Intergalattici, oppure percorrere l’altra strada… Oppure, saltare noi stessi in aria

Oppure andare al passo con le modificazioni terrestri e non riuscire a sopravvivere. Di quale periodo stiamo parlando?

Profezie parlano degli anni 2013 e 2014. Profezie dei Maya e le piramidi. Altre riguardano il 2001. Alcuni parlano del 2004, 2005. Della vasta gamma di interpretazioni, la mia unica certezza è che i responsabili sono gli alieni. Non dobbiamo solo fare il nostro lavoro. Quando ero in servizio, guardavo il tabellone dei comunicati. Ok, dicono che alle 16.00 succederà questo e quello. Cioè alle 16.00 in punto, minuto prima minuto dopo. 

Dovevamo comunque essere pronti a "marciare tutta la notte" o a qualsiasi cosa fosse, ed avere la prima ingranata. Potrebbe accadere così, disporre di un paio d’ore prima della visita dell’ispettore generale, prima che la "cosa" abbia inizio. A mio avviso, possiamo investigare gli UFO e gli ET quanto più possibile fisicamente e biologicamente. È la cosiddetta indagine scientifica. Possiamo indagare noi stessi psicologicamente e fisicamente. Ed imparare di più sulle nostre vite passate e quali sono i messaggi insiti in noi stessi. Possiamo meditare. Noi condividiamo le informazioni con tante persone e le informiamo, inclusi gli ET, che siamo pronti. Quando saremo pronti, non come individui ma come società, allora secondo me riceveremo dei segnali e dei simboli che ci indicheranno il prossimo passo.

A cura di Paola Harris

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