venerdì 31 gennaio 2014

O Partigiano... Portami via...

Ieri è accaduto un fatto gravissimo in parlamento, piuttosto sconvolgente.

Oltre alla "tagliola della Boldrini"  (che ricordiamo arrivare da ambienti di sinistra) nei confronti dei 5stelle e di Fratelli d'Italia per la protesta sulla svendita totale di Bankitalia ai privati, quello che sconvolge è questo.


Come udite dai banchi della sinistra sale un coro, cantano "Bella ciao!" Vi stupite che dai banchi della sinistra arrivi un coro del genere dopo l'ennesimo regalo alle banche? Se sì, avete la memoria corta, andiamo per gradi.

Ricordiamo intanto che il primo governo tecnico in Italia fu quello di Giuliano Amato nel 1992, da prima socialista poi aderente del PD. La coalizione che rappresentava era composta da partiti di sinistra o vicini alla sinistra, il suo governo oltre che la manovra finanziaria più pesante dal dopoguerra diede il via anche al prelievo forzoso sui conti correnti .

Ricordiamo Carlo Azeglio Ciampi che non solo fu direttore della Banca d'Italia ma anche presidente della Repubblica, anche lui vicino ai partiti di sinistra. Il suo governo permise all'Italia di entrare come paese fondatore dell'unione europea, dopo il trattato di Maastricht del 1992. Anche la sua coalizione era composta da partiti di sinistra o vicini alla sinistra.

Lamberto Dini invece, che fu a capo del primo governo interamente tecnico in Italia, dal Gennaio 1995 al Maggio 1996. In questo lasso di tempo si decise l'entrata in vigore della moneta unica e si decretò l'inizio della Banca Centrale Europea (BCE per gli amici). Anche Dini era vicino ai partiti di sinistra, come la Margherita.

Potevamo aspettarci che oggi, con la sinistra al governo non si compisse l'ennesimo atto di sudditanza nei confronti delle banche? No. Ma c'è di più.

Il reale problema è che i partiti di sinistra sono sempre stati in mano a quell'elite finanziaria che ha indirizzato la loro politica, lo spiega molto bene anche Alain Soral nell'intervista che abbiamo proposto in esclusiva (clicca qui per guardare). Soral spiega molto bene che la sinistra è sempre stata attenta al capitale e al capitalismo, di certo non a chi la moneta la presta e di conseguenza ne è il proprietario.

Alcuni baluardi però continuano a far fede alle parole di Marx (massone e personaggio molto influente nella distruzione della società e dell'uomo, clicca qui per approfondire) che di seguito citiamo:
“Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato”. (Karl Marx, Il capitale)
Poteva essere questo un punto saldo della sinistra, invece no, Marx nel suo grande volume non ha molto insistito sulla moneta e il più grande luminare della storia moderna, il professor Giacinto Auriti, rispose a Marx e alle sue divagazioni come segue.

Nei corpi sociali le idee sbagliate sono come le malattie del corpo umano: e le malattie croniche del mondo del lavoro sono due: il plusvalore e la flessibilità. Quando Marx affermava che il datore di lavoro sfruttava parassitariamente il lavoratore perché si appropriava del margine di profitto, cioè del plusvalore, poneva la premessa ideologica su cui nasceva il sindacato come strumento di rivoluzione con lo scopo di rivendicare, sotto forma di aumento di salari, il plusvalore.

Poiché il lavoro-libero si distingue dal lavoro-schiavo perché basato sulla libera contrattazione dei compensi, l'esasperata applicazione della teoria del plusvalore, distrugge il contratto del lavoro poiché distrugge l'interesse a contrarre del datore di lavoro. Questa malattia culturale costituisce l'anticamera o della disoccupazione o del lavoro senza contratto (che è il ritorno alla schiavitù o quantomeno al lavoro nero). Con l'avvento della globalizzazione e la concorrenza internazionale dei mercati del lavoro, questa malattia si è talmente aggravata da esplodere in conflittualità non solo tra datori di lavoro e sindacato, ma anche nei confronti delle autorità di governo.

La prognosi è diventata decisamente infausta con la seconda malattia della flessibilità, la cui terapia è impossibile poiché è stata sbagliata la diagnosi. Con la flessibilità, la riduzione del potere d'acquisto dei salari non è imputabile al datore di lavoro o al governo, ma ai vertici delle banche centrali perché solo queste hanno il potere di determinare arbitrariamente spinte deflazionistiche o di sottovalutazione monetaria costringendo gli imprenditori o a cessare le attività produttive, o ad accettare la flessibilità adeguando costi e prezzi alle oscillazioni di valori monetari che guidano la stessa globalizzazione dei mercati.

Quindi le rivendicazioni sindacali con le relative contestazioni (compresa la c. d. intangibilità dell'art. 18) non vanno sollevate come conflittualità sindacali nei confronti dei datori di lavoro, ma nei confronti della Banca centrale, in modo compatto da governo, datori di lavoro e lavoratori. La flessibilità attiene infatti al potere d'acquisto della moneta. Il valore indotto non ha nulla a che fare col plusvalore.

La soluzione radicale di questi problemi (e non solo di questi) sta nell'attuazione del principio della proprietà popolare della moneta. Solo restituendo la moneta ai legittimi proprietari sarà possibile razionalizzare il sistema. Non a caso San Tommaso afferma che l'etica è un aspetto della razionalità. (Giacinto Auriti, Il paese dell'utopia)

Come spiega bene il professore, Marx aveva anche inquadrato il problema ma non ha mai dato la soluzione, quella della proprietà popolare della moneta.

Visto che abbiamo parlato anche di lavoro e di sindacati non possiamo dimenticare che i partiti di sinistra, in concomitanza appunto con i sindacati, negli ultimi anni hanno distrutto completamente il mondo del lavoro in Italia, aumentato il precariato, allungato l'età pensionabile e la litania che continuano ancora oggi a proferire è: la colpa è di Berlusconi o dei governi precedenti, peccato che i governi precedenti, specialmente quelli tecnici li hanno avuti in mano loro e poi vogliamo dimenticarci di Prodi e D'alema? I firmatari dei trattati europei che ci hanno distrutto? No, non possiamo dimenticarlo.

Io nel mio piccolo ho provato a dare o dire qualcosa di diverso all'interno del sindacato ma l'unica cosa che ho ottenuto è stato l'abbandono a me stesso ed ai miei principi, perchè se io vado contro le banche e contro gli strozzini, il sindacato non può per il semplice motivo che con le banche ci lavora, che i soldi dei tesseramenti arrivano attraverso i conti correnti. Ho provato in più di un'occasione a portare il tema della proprietà popolare della moneta ai vertici del sindacato ma Landini, da buon compagno, ha fatto orecchie da mercante.

In tutto il tempo che ho passato in ambienti di sinistra ho capito semplicemente che non ci sono argomenti, ci sono solo dictat, c'è solo uno scopo da raggiungere che non è il benestare del popolo o dei lavoratori.

L'unico scopo è fare dei favori agli oligarchi finanziari mondiali, che stranamente arrivano da ambienti di sinistra. Probabilmente chi è di sinistra ed è arrivato a questo punto dell'articolo penserà: "eh, ma questo qui è fascista!". No, mi spiace per voi non sono fascista e nemmeno comunista sono solo un uomo che ad un certo punto, vedendo che tutto ciò per cui lottava e sputava sangue portava solo risultati negativi, ha cominciato a studiare la storia politica e monetaria dell'Europa e di questo assurdo paese.

Uno dei migliori testi per comprendere come la sinistra abbia dato il via alla conquista dell'Europa attraverso associazioni segrete come la Trilateral Commision, il Bilderberg Group, il RIIA, la Pilgrim Society, il CEPE, l'istituto Atlantico, l'IISS, la Pugwash, il CFR è decisamente "Il segreto del mondialismo" di Yann Moncomble che al capitolo 8 apre così:

Il comunismo è lo strumento con il quale abbatteremo i governi nazionali in vista di un Governo Mondiale, di una moneta mondiale, di una polizia mondiale. (Nicholas Murray Butler, 19 Novembre 1937)

A buon intenditor... 

Restiamo Umani 


giovedì 30 gennaio 2014

L'Ennesimo favore alle Banche... Mentre la Democrazia fallisce...


Atlanticus non nasce per fare politica, ma per divulgare quelle notizie, quelle ricerche, quegli studi di ogni specie che il mainstream nasconde o falsifica per n motivi... Riteniamo che questa sia una di quelle...

Attraverso un provvedimento "fascista" come quello della cosiddetta 'tagliola' o 'ghigliottina' la Boldrini ha permesso l'approvazione del decreto Bankitalia che avvantaggia le posizioni delle banche private e dei potentati economici. Quei potentati che stanno demolendo il tessuto socio-economico del paese in una maniera di cui non si ha memoria e con una rapidità sconcertante.

Non contenti di ciò il deputato D'Ambruoso aggredisce in stile "squadrista" la portavoce del M5S...

al di là delle simpatie e delle opinioni politiche di ciascuno di noi nessuno e dico NESSUNO deve poter rimanere indifferente a questo attacco allo Stato (noi) che proviene da quelle stesse istituzioni (loro) le quali dovrebbero rappresentarlo.

L'indifferenza, la rassegnazione e l'ignoranza di molti italiani è l'arma che utilizzano per demolirci.

Il mio invito, la mia preghiera è di non restare indifferenti dinanzi a questo attacco proveniente dall'interno indegno della storia repubblicana.


Ed ecco il risultato...


Si votava questo...

Dl Imu-Bankitalia, ecco perché il decreto del governo è un regalo alle banche

Grazie al provvedimento sponsorizzato da Saccomanni, rivalutazione contabile più moneta sonante in arrivo per Unicredit e Intesa, che si presenteranno così agli esami della Bce dotati di un comodo cuscinetto.

Il governo Letta ha ottenuto con l’estrema ratio della fiducia il via libera della Camera alla discussa rivalutazione del capitale di Bankitalia: 335 i sì, 144 i no, nonostante l’interruzione senza precedenti causata dal sit-in dei 5 Stelle che hanno cercato invano di impedire il voto. Ora manca l’ultimo via libera che dovrà arrivare entro martedì 28, visto che il decreto scade il 29. Nel primo passaggio, intanto, sono però valsi a poco emendamenti, petizioni e iniziative di protesta tutt’ora in corso. Del resto il regalo alle banche azioniste dell’istituto – Intesa e Unicredit in testa, che dal provvedimento incasseranno un guadagno compreso fra i 2,7 e i 4 miliardi – s’aveva da fare a tutti i costi e prima possibile. Lo dimostra tutto l’iter della normativa varata in fretta e furia dal consiglio dei ministri il 27 novembre scorso, proprio mentre le forze politiche erano intente a votare la decadenza del senatore Silvio Berlusconi.


Un provvedimento al quale era seguita un’assemblea straordinaria della banca centrale convocata alla velocità della luce e a porte chiuse l’antivigilia di Natale, per adeguare lo statuto di via Nazionale alla normativa non ancora vagliata dal Parlamento. Poco dopo Capodanno, poi, gli emendamenti di affinamento, come quello governativo annunciato dai relatori Andrea Fornaro e Andrea Oliviero, entrambi in quota Partito Democratico, per rendere l’operazione retroattiva e, quindi, permettere agli azionisti di Bankitalia di mettere in bilancio il guadagno sulla rivalutazione fin dal 2013 e non dal 2014, anno di entrata in vigore del decreto.

“La proposta di modifica, che sarà presentata nell’aula di palazzo Madama, si rende necessaria perché il provvedimento è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale del 31 dicembre e quindi, entrando in vigore il giorno successivo, si correva il rischio di poter applicare la misura solo a partire da quest’anno”, avevano spiegato i due senatori. Ammettendo quindi che le banche alle prese con un’enorme mole di crediti di difficile riscossione, la crisi del mattone e gli esami comunitari, non si potevano permettere un tale rischio. Poco prima della fiducia, poi, lo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, cioè secondo il governatore di Bankitalia il vero motore della riforma, aveva dichiarato che “una modifica al provvedimento ora genererebbe incertezze” pur sostenendo che il governo non stava facendo alcun regalo alle banche.

Che sia voluto o meno dall’esecutivo e, in particolare dall’ex direttore generale della Banca Centrale, è tuttavia un dato di fatto che il provvedimento – che ha irritato perfino la Bce di Mario Draghi - darà ottimi motivi per festeggiare agli azionisti dell’istituto. Prima di tutto, appunto, per la generosa rivalutazione del capitale che hanno in mano: con un colpo di penna, infatti, si passa da una valutazione complessiva di 156mila euro a quella nuova di 7,5 miliardi di euro, cioè il valore massimo della forchetta stabilita dal collegio di esperti nomitati per questo scopo dopo l’estate. L’operazione verrà concretizzata tramite una ricapitalizzazione di Bankitalia a carico delle riserve dell’istituto che sono composte prevalentemente d’oro, metallo prezioso le cui quotazioni sono ultimamente in netta discesa.

Ma non finisce qui. Il governo ha stabilito che nessun azionista potrà possedere più del 3% della Banca Centrale (5% il tetto inizialmente previsto). E così Intesa e Unicredit, che insieme hanno in mano più del 64% del capitale, oltre a rivalutare contabilmente le loro quote, che erano iscritte in bilancio a un valore inferiore di quattro-cinque volte, dovranno metterle sul mercato. E se nessuno si farà avanti per comprarle, non c’è problema. Il governo Letta ha infatti dato facoltà alla stessa Banca d’Italia di ricomprarle e tenerle temporaneamente in mano fino all’arrivo di nuovi e adeguati compratori. Dunque rivalutazione contabile più moneta sonante in arrivo per i due istituti, che si presenteranno così agli esami della Bce dotati di un comodo cuscinetto. Sconto, poi, sulle uscite che dovranno sostenere: le tasse sulla pluvalenza a carico degli azionisti sono state fissate al 12%, contro il tradizionale 20% e il 16% inizialmente previsto, che significa un gettito inferiore di circa 370 milioni.

Infine il tema dei dividendi. Con le nuove regole gli azionisti di Bankitalia, a parità di utili, incasseranno un dividendo potenziale pari a sei volte quanto ricevuto negli anni passati: 450 milioni di euro contro i circa 70 degli anni scorsi secondo calcoli del M5S che stima una perdita per lo Stato di quasi 400 milioni. In cambio però a tutte le banche italiane, non solo a quelle azioniste di via Nazionale, è stato imposto di farsi tassare per coprire parte del buco creato con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Sarà forse per questo che la rivalutazione di Bankitalia è stata inserita nel decreto d’urgenza sull’imposta immobiliare. Per ironia della sorte, approvato dalla Camera nello stesso giorno della scadenza della mini Imu.





Le Soluzioni Negate

Esistono numerose possibili soluzioni alla crisi economica che sta distruggendo il tessuto industriale e sociale della nostra amata Italia, soluzioni praticabili anche all’interno di questa enorme, immensa iattura chiamata Euro. Il motivo per cui nessuna e dico nessuna di queste, venga presa in considerazione dal Governo Letta, è un mistero, o meglio resta un mistero fintanto che qualcuno non lo riveli. E noi siamo qui per questo. Dunque, se ci fosse data  l’opportunità, la domanda che vorremmo ingenuamente porre al Presidente del Consiglio sarebbe la seguente: “Presidente Letta, esiste una soluzione praticabile, da realizzare anche domani, con la quale l’economia italiana e il popolo italiano possono tornare finalmente a crescere ed allontanare lo spettro delle povertà e delle miseria, che sempre più connazionali stanno sperimentando sulla loro pelle?” La risposta del Presidente del Consiglio, ligio al suo mandato di “curatore fallimentare” dello Stato italiano, probabilmente sarebbe:  “L’unica via è quella della riduzione degli sprechi, della lotta all’evasione fiscale, del pareggio di bilancio attraverso cui procurare i mezzi finanziari da investire per la crescita e l’occupazione”. Praticamente ci direbbe che continuare con l’austerity è necessario ed indispensabile, fino a quando non avremo di nuovo i conti in ordine: perché “ce lo chiede l’Europa!”. Dunque al solito menzogne, falsità di ogni genere basate su teorie economiche oramai sconfessate dalla storia, ma nonostante ciò continuano a ripetere sempre le stesse cose.

Ci uccidono di austerità solo per fare l’interesse della Germania. Se i nostri governi avessero a cuore l’interesse degli italiani seguirebbero l’esempio della Gran Bretagna

Ma perché lo continuano a mentire? Perché ci viene imposta l’Austerity in realtà?

Non per ridurre il debito e tenere sotto controllo i conti dello Stato come ci raccontano (visto che il debito sale molto più di prima, il fabbisogno finanziario cresce e le entrate si riducono!!), ma semplicemente per fare un favore a Germania, Olanda e Lussemburgo che sono creditori verso il nostro Paese di quasi 250-300 miliardi di euro attraverso il sistema TARGET2 .

L’austerity è funzionale a questo scopo; permettere  a coloro che ci han prestato questi soldi, di rientrarne in possesso, senza subire perdite.

Ma torniamo allora a cosa si potrebbe fare se il Governo italiano, invece di assecondare le richieste tedesche, ponesse al primo posto l’interesse nazionale, della sua economia e del suo popolo. Analizziamo  una delle tante soluzioni che già domani, il duo Letta-Saccomanni potrebbe realizzare e che invece ignora, perché antepone  all’interesse dell’Italia, quello verso la Germania e l’Europa.

Prendiamo spunto dai vari programmi di sostegno al sistema economico e bancario che sono stati posti in essere nel Regno Unito a partire dal 2008, al fine di evitare quello che il Governatore della Bank of England riteneva un grave pericolo per il suo Paese: “La creazione di moneta da parte della Banca di Inghilterra ha consentito di compensare quella che altrimenti sarebbe stata una riduzione estremamente pericolosa della moneta” (Sir Mervyn King, Governatore della Banca di Inghilterra, giugno 2012). Per inciso, fa quasi ridere (o piangere in realtà) che nello stesso periodo della dichiarazione del Governatore della Bank of England, quindi non l’ultimo arrivato sul tema della moneta, in Italia il partito pro-austerity, assoldando professori ed esperti finanziari di dubbia competenza il cui elenco ometto per ragioni di spazio, trovasse sempre più spazio sui media, nell’opinione pubblica e tra i vari movimenti politici (stendiamo un velo pietoso sull’intera vicenda). Tra i tanti programmi di sostegno per rimettere in sesto le banche e garantire una adeguata quantità di credito al sistema economico, il Governo inglese ha utilizzato nel 2008, lo Special Liquidity Scheme (SLS), in cui il Tesoro emetteva titoli di stato a breve, Gilt e Treasury (come i BOT) e poi il Governo li prestava alla Banca Centrale che a sua volta li scambiava con i crediti incagliati delle banche commerciali per una cifra di 260 miliardi di euro!! Non sono cifre di poco conto!! Dal punto di vista pratico si ha che una parte del Governo (il Tesoro) crea titoli per un altra parte del governo (la Bank of England), perché questa ha il potere legale di fare poi uno swap con le banche e togliere loro le castagne dal fuoco, ripulendo i loro bilanci dai titoli tossici, togliendo a queste la scusa che non possono prestare al settore privato a causa dell’alto livello dei crediti incagliati.

"The Treasury bills used were issued specifically for the Scheme. They were liabilities of the National Loan Fund, issued to the UK Debt Management Office (DMO) and held by the DMO as retained assets on the Debt Management Account. The Bank borrowed the Treasury bills from the DMO under an (uncollateralised) stock lending agreement. The Bank paid the DMO a fee based on each transaction to cover administrative and other costs."

In Italia, la Banca d’Italia non può comprare direttamente i titoli del Governo (BTP, BOT) perché vietato dai Trattati comunitari; potrebbe invece prenderli a prestito dal Tesoro e fare uno swap con le banche commerciali, ritirando i crediti incagliati e lasciando nei bilanci delle banche i titoli di Stato. Tutto questo senza violare alcun trattato, senza uscire dall’euro. Questa operazione, anche se non risolutiva, toglierebbe al settore bancario l’alibi del non poter prestare per via dei crediti in sofferenza ed incagliati. Ma non viene fatto, neppure prospettato perché in Italia si deve imporre l’austerity senza se senza ma, fatta di maggiori tasse e minor spesa pubblica a costo di distruggere l’industria nazionale, perché l’interesse prevalente è quello dell’Europa e della Germania creditrice. La prova di quanto esposto è nel seguente grafico in cui, a partire dal novembre 2011, quando si insediò Monti, la progressiva scomparsa della moneta e del credito dovuta alla crisi ed all’austerity, hanno prodotto l’effetto di riportare in attivo la bilancia commerciale grazie alla riduzione delle importazioni:


Riducendo le importazioni, si riducono i flussi di denaro che la Banca centrale tedesca presta a quella italiana sulla base del funzionamento del sistema TARGET 2, in modo tale che la Germania possa lentamente  recuperare la sua esposizione verso l’Italia, riducendola progressivamente nel tempo. Questa è la verità, la reale motivazione per cui ci viene detto di “fare sacrifici”: altro che “ridurre il debito,  spendere meno, perché siamo un Paese di corruttori, nullafacenti ed evasori…”!! Sono molti i possibili programmi da attuare per risollevare le sorti del Paese, vi sono infinite combinazioni praticabili, persino restando in questo pastrocchio denominato Euro. Ma finché resteranno al Governo questa manica di incompetenti lobbisti, tutto sarà vano. 

Purtroppo siamo nelle mani dei nostri carnefici.

mercoledì 29 gennaio 2014

Gangs of ... Bruxelles!

«Perché l'America è nata nelle strade», recitava il trailer del kolossal di Martin Scorsese, "The gangs of New York".
E l'Europa di Bruxelles dov'è nata, esattamente? In quali fogne? Nello scantinato di quale tenebroso alchimista? L'Europa vera, l'unica che conti, è da sempre interamente privatizzata. Porta il nome di European Roundtable of Industrialists.
E detta ogni giorno le sue condizioni, le future leggi che già l'indomani puniranno i sudditi. Lì emana, i suoi diktat, sicura di essere obbedita, all'istante, da servitori opachi e zelanti come José Manuel Barroso. Lui, il portoghese venuto dal nulla, che ai potenti di Bruxelles deve tutto.

E' l'uomo che dall'alto del suo palazzo guarda il suo Portogallo bruciare di rabbia e di fame, mentre, en passant, transita negli innocui salotti televisivi, incluso quello italiano di Fabio Fazio, a ricordare che anche l'Italia "deve e può" fare di più per amputare, senza anestesia, tutto quello che resta del suo stato sociale. Il vero benessere diffuso - infrastrutture, stipendi, servizi vitali - non si chiama più neppure welfare, ma direttamente "debito pubblico". Sottinteso: è una colpa vergognosa, un problema, un male da estirpare. Come del resto il diritto a una vita dignitosa, a uno straccio di futuro.

Dopo vent'anni, ci si accorge all'improvviso che l'attuale Unione Europea è nemica, è interprete di una forma di barbarie particolarmente subdola e disonesta perché non urla le sue livide minacce di guerra e non sventola svastiche. Eppure ha tutt'altro scopo che la promozione dell'umanità. E' un abile artificio autoritario, costruito con l'inganno.

E' la tomba dell'Europa democratica e popolare, assassinata e poi risorta dal nazifascismo. Non è il Parlamento di Strasburgo regolarmente eletto a governare il continente, ma uno sparuto clan di servitori, agli ordini della Ert e delle altre lobby onnipotenti, che infestano l'anonima capitale belga coi loro costosi uffici e i loro budget miliardari con un unico obiettivo: ordinare alla Commissione di ammantare di legalità le regole assolute del loro business oligarchico progettato per la grande crisi, in tempi di coperta corta. E' il business della globalizzazione totalitaria e recessiva, in base alla quale retrocedere al medioevo quelli che fino a ieri erano cittadini e lavoratori, consumatori ingenui e inguaribilmente ottimisti.

Per tutti loro, miseri e volgari untermenschen, la ricreazione è finita: devono abituarsi all'idea. Lo stato di eccezione - la Grecia insegna - deve diventare la nuova, raggelante normalità. L'orizzonte politico finale è chiaro: la definitiva rassegnazione collettiva. Ci saranno proteste iniziali, grida, dimostrazioni. Ma poi sulle prime fiammate di insofferenza calerà la coltre quotidiana della fatica, il sipario del conforto televisivo fatto di favole, la maschera rassicurante dell'ultimo pagliaccio travestito da politico. E ciascuno, lentamente, tornerà alla sua usuale solitudine, al deserto freddo da cui affrontare - senza più aiuti - l'atroce puntualità degli strozzini.

Ci saranno ancora grida, là fuori, ma per attutirne l'urto basterà chiudere le finestre, almeno per il momento. Chiudere le finestre e anche gli occhi, di fronte allo spettacolo quotidiano dei negozi che chiudono, delle aziende che licenziano, degli anziani che frugano tra gli scarti del mercato o mendicano smarriti la carità di una prenotazione per esami clinici nell'ospedale di quartiere martoriato dai tagli e trasformato in centro di primo soccorso per rifugiati di guerra. Così, sempre più velocemente, la mala pianta dell'odio concimata dalla paura ricomincerà a germogliare, rispolverando idiomi che credevamo sepolti per sempre nel cimitero della storia - noi incorreggibili italiani, voi maledetti tedeschi, i soliti presuntuosi francesi.

Dopo un sonno lunghissimo, molti studiosi e paludati accademici si risvegliano, e persino qualche politico comincia a rialzare la testa, a denunciare l'imbroglio, a segnalare il pericolo che incombe. Negli ultimi due anni - un manciata di mesi - le analisi si sono fatte acuminate, lo sguardo è stato messo a fuoco con crescente lucidità. Si spera nelle elezioni europee del maggio 2014, che forse saranno un primo vero avvertimento sulla necessità di un'inversione di rotta. Si inizia a delineare una meta - dal nome antico: democrazia - ma senza ancora disporre di una strategia per raggiungerla. Cioè strumenti di pressione, azioni politiche determinanti, rapporti di forza e strumenti da impugnare per costringere gli oligarchi a cedere il loro attuale potere assoluto.
L'unico leader occidentale disposto a scendere frontalmente sul terreno della rivendicazione diretta è Marine Le Pen, che minaccia l'uscita della Francia dall'Unione Europea e dalla sua prigione economica, la non-moneta privatizzata chiamata euro.

Ma Marine Le Pen si appella alla nostalgia del suo popolo per la celebrata grandeur nazionale, e - per rimarcare identità elettorale e visibilità - non cede di un millimetro sulla antica crociata contro gli stranieri, cioè i poveri del sud e dell'est. Ancora vaga, suggestiva ma del tutto ipotetica, la proposta di candidare (virtualmente) il greco Tsipras alla guida di Bruxelles, per costituire un cartello organizzato, in grado di esprimere finalmente la voce legittima di centinaia di milioni di europei presi al laccio dai signori della crisi.

C'è poi un'altra Europa, che per fortuna non ha mai smesso di esistere. E' l'Europa che sognavano anime isolate e profetiche come quella di Alex Langer, eretico pioniere dell'ambientalismo come frontiera democratica, basata sulla riconversione sostenibile dell'economia partendo dai territori, dalle filiere corte, quelle che possono contrastare i monopoli irresponsabili che oggi stanno facendo a pezzi il mondo, trascinandolo verso una guerra cieca e disperata. Erano sodali di Langer gli ambientalisti della piccola e periferica valle di Susa che lottarono con successo - insieme ai francesi - per bloccare i maxi-elettrodotti destinati a trasferire in Italia l'energia elettrica prodotta dalla vicinissima centrale nucleare di Creys-Malville, pericolosa perché prossima a Torino e continuamente funestata da incidenti.

Quei valsusini lottarono con successo, sempre insieme ai francesi, per scongiurare la costruzione di una nuova autostrada e un nuovo traforo che avrebbe devastato l'area alpina del Monginevro e la valle della Clarée, gioiello naturale transalpino al confine con l'Italia. Il comandante in capo, il sommo protettore politico di ogni grande opera infrastrutturale devastante e inutile, sul versante francese era un certo Michel Barnier, allora governatore locale. Le élite economico-finanziarie che ha servito con tanto zelo gli hanno garantito una super-carriera: oggi monsieur Barnier è il potentissimo "ministro delle finanze" della Commissione Europea.

Quell'Europa "nata nelle strade", per la precisione lungo quelle che collegano Torino a Lione, aveva capito in anticipo molte cose. La prima, fondamentale: la politica, qualsiasi politica, non può che camminare sulle gambe delle persone comuni, disposte a battersi con onestà per affermare un'idea irrinunciabile di giustizia. Italiani e francesi manifestano insieme sui sentieri di Chiomonte, nelle strade di Lione presidiate dalle forze antisommossa, e affrontano insieme la battaglia per salvare l'area naturale di Notre-Dames-des-Landes, in Guascogna, che la super-multinazionale Vinci vorrebbe asfaltare per far posto a un inutile, mostruoso aeroporto. Sono sempre loro, italiani e francesi, ad aver firmato nel 2010 la Carta di Hendaye, nel paese basco, per affermare che la comunità civile non può più tollerare l'abuso del business che devasta la Terra sulla base di ciniche menzogne, solo per arricchire una casta di super-predatori, protetti dalla copertura legale offerta dalla mafia di Bruxelles.

Questa Europa esiste, e a volte ha saputo far parlare di sé, nonostante la feroce interdizione dei media. Negare la verità, dice il generale Fabio Mini, è il primo vero atto di guerra contro tutti noi. Impegnarsi a farla circolare, la verità, oggi più che mai è una meta decisiva. Non solo per "fermare il mostro", ma per costruire umanità e veicolare le idee necessarie a un'economia democratica, orientata al benessere. Pace, democrazia, convivenza, sostenibilità: oggi, nel delirio autistico del mainstream neoliberista, sembrano gli slogan di un programma eversivo e folle, nell'Italia cannibalizzata dai predoni e appaltata ai loro pallidi maggiordomi. Non è difficile, basterebbe dire: per tutti, o per nessuno. Di queste idee dovrà essere armata, la nostra Europa, quando tornerà nelle strade a dire che nessuno sarà mai più lasciato solo.

Papa Francesco. Fine dei Tempi. Le ricerche di Alessandro e Alessio De Angelis






martedì 28 gennaio 2014

Non siamo di qui

I teorici degli Antichi Astronauti ci hanno proposto la possibilità estrema che una specie intelligente aliena abbia visitato il nostro pianeta migliaia di anni fa e che abbia in qualche modo modificato il nostro codice genetico, facendo compiere al genere homo un salto evolutivo che avrebbe richiesto milioni di anni.

Ora, un ecologista statunitense in un nuovo libro avanza un'ipotesi ancora più ardita: gli esseri umani non proverrebbero affatto dalla Terra, ma si sarebbero sviluppati su un altro pianeta e poi trasportati qui. Le prove? Alcune nostre caratteristiche fisiologiche che mal si adattano al pianeta Terra.

Alieni
Il dottor Ellis Silver è un ecologista attualmente impegnato nello sforzo di ripulire i detriti di plastica che affliggono l’Oceano Pacifico.

Nel suo ultimo libro “Humans are not from Earth: scientific evaluation of the evidence”, il ricercatore propone una teoria sulla provenienza della razza umana davvero al confine con la fantascienza, in quanto ritiene che gli esseri umani potrebbero non essere originari della Terra, ma essere stati ‘portati’ dall’esterno decine di migliaia di anni fa.

A sostegno della sua tesi, Silver offre alcuni argomenti basati sulla fisiologia umana che secondo lui fanno pensare che gli umani non si sarebbero evoluti insieme alle altre forme di vita del pianeta Terra. Come egli stesso afferma nel suo libro, il lavoro si basa sulle evidenze scientifiche circa le differenze fisiologiche tra gli esseri umani e gli altri animali.

Mentre il pianeta Terra sembra soddisfare a pieno le esigenze degli esseri viventi, gli esseri umani, in alcuni casi, sembrano essere dei disadattati, in quanto soffrono di alcuni ‘difetti’ che rivelano che essi non ‘sono di questo mondo’.

Come spiega l’articolo comparso su Yahoo News, presumibilmente, l’umanità è la specie più evoluta del pianeta, eppure è sorprendentemente inadatta e mal equipaggiata per l’ambiente terrestre: il sole provoca delle scottature sulla sua pelle, per esempio; inoltre, il fatto che soffra di mal di schiena sembra mostrare che l’uomo sia stato concepito in un ambiente a gravità più bassa; come spiegare, poi, le difficoltà che incontrano le femmine umane nel parto? E’ strano che le teste dei neonati siano così grandi, rendendo difficile il parto, fino a provocare la morte della madre e del bambino. Ed infine, perchè siamo afflitti da malattie croniche?

Secondo Silver, nessuna altra specie autoctona del pianeta Terra ha questo tipo di problemi. “La Terra è in grado di soddisfare le nostre esigenze in quanto specie, ma forse non in maniera così efficace come aveva pensato chi ci ha portato qui”, spiega l’ecologo.

“Le lucertole possono rimanere al sole tutto il tempo che vogliono. Se noi ci esponiamo al sole per un’intera giornata, il giorno dopo siamo coperti di scottature. Inoltre, veniamo abbagliati dalla luce del sole, fenomeno che la maggior parte degli animali non sperimenta”. Inoltre, sembra che gli esseri umani siano sempre affetti da un qualche tipo di malattia.

“Siamo tutti malati cronici”, spiega Silver. “Infatti, è pressoché impossibile trovare una persona che è al 100% della sua forma e in perfetta sanità fisica. Credo che molti dei nostri problemi derivino dal semplice fatto che i nostri orologi biologici interni si sono evoluti per una giornata di 25 ore come dimostrato dai ricercatori del sonno (ciclo cardiano di Marte... ndr), mentre il giorno terrestre della Terra dura solo 24 ore”.

In più c’è una quella curiosa sensazione prevalente avvertita da molte persone, le quali sentono di non appartenere a questo posto o che semplicemente “c’è qualcosa che non va”.

lunedì 27 gennaio 2014

L'Euro finirà!

Come ogni anno, comincia puntuale la girandola delle previsioni sulla crescita prossima ventura. Qualcuno, fulminato sulla via di Bruxelles, comincia a vedere la luce in fondo al tunnel e folgorato dall’abbagliante miraggio, inizia a diffondere in giro i numeri che ha visto durante i momenti dell’estasi. 

In particolare il governo Letta ha dato le sue stime del miracolo: 1% di aumento del PIL nel 2014, 2% nel 2015. Ha usato numeri semplici, facilmente memorizzabili. Una successione aritmetica di ragione 1. Poteva anche usare la ragione 2 per dare più coraggio e speranza al popolo vessato: 2% nel 2014, 4% nel 2015, 6% nel 2016. 

Oppure la successione di Fibonacci: 1,1, 2, 3, 5, 8, 13 e così via. Pensa che bello, saremmo cresciuti nella stessa maniera in cui si riproducono i conigli. Ovviamente i fulminati hanno gioco facile a sparare numeri a caso, contando sul fatto che gli italiani hanno la memoria corta e sono troppo impelagati con le contingenze del presente per ricordarsi le dichiarazioni di un anonimo presidente del consiglio di cui molto presto non sentiremo più parlare. Renzi incombe, lui è il nuovo che avanza. E ha la benedizione del solito granitico manipolo di gonzi del PD per continuare a distruggere l’Italia.

Eppure, tutti noi ormai stiamo vivendo sulla nostra pelle o a un palmo dal nostro naso, quali siano davvero le cifre che contano in una nazione: il numero di suicidi, la disoccupazione, i cassaintegrati, gli esodati, gli emigrati, la perdita del potere di acquisto, le aziende che chiudono, il calo della produzione industriale. Cosa volete che conti l’aumento di un misero punto percentuale di PIL in mezzo a un deserto sociale ed economico, come quello che abbiamo davanti gli occhi tutti i giorni. Il PIL può aumentare perché aumentano le rendite degli speculatori o diminuiscono le importazioni, oppure più semplicemente perché aumenta l’anemica inflazione, senza creare un solo posto di lavoro in più. Il PIL insomma può aumentare mentre il deserto intorno a noi continua inesorabilmente ad avanzare. 

Tuttavia, grazie alla mobilitazione dei forconi e alla loro lenta ma irreversibile presa di coscienza, abbiamo capito una cosa importante. Sebbene in modo ancora frammentario e approssimativo, la gente ha capito qual è la causa principale dei nostri problemi: l’euro. Dal micidiale sistema di aggancio rigido delle monete europee del 1979, passando per il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro del 1981 fino alla perdita definitiva della sovranità monetaria del 1999. Senza la leva valutaria del tasso di cambio e strangolato dai vincoli di bilancio, uno Stato può solo assistere impassibile al suo declino. La legge di Murphy non sbaglia mai: se una cosa può andare male prima o dopo lo farà. E l’euro che è uno dei progetti più strampalati e sbagliati della storia non poteva che finire così. Nel caos, nella rivolta sociale, nel disordine istituzionale.

E intanto, mentre cresce la protesta, abbiamo capito che tutti i mali endemici del nostro paese, la corruzione, la casta, l’evasione fiscale, la malavita, sono solo dei dannosi effetti collaterali che non hanno nulla a che vedere con la ripresa dell’economia. Una bazzecola in confronto ai fiumi di soldi che andranno via dall’Italia in seguito all’adesione ai trattati europei, dai fondi di salvataggio al Fiscal Compact, agli insostenibili interessi sul debito, alle perdite per mancanza di competitività, alle crescenti spese per pagare i sussidi di disoccupazione, alla scomparsa della capacità produttiva e delle competenze imprenditoriali e tecniche, alla svendita del patrimonio pubblico e privato italiano. 

Come dire che per prendere un camorrista basta rinforzare gli organi di polizia e di magistratura, ma per fare un operaio qualificato servono invece anni e anni di dedizione e formazione. E abbiamo capito che le misure di austerità servivano solo a renderci più poveri, a creare maggiore disoccupazione, ad abbassare le nostre pretese salariali, ad equilibrare i nostri conti con l’estero riducendo le importazioni, mentre numeri (questa volta consuntivi) alla mano, i tagli alla spesa e gli aumenti di tasse hanno peggiorato i nostri conti pubblici. La favoletta che lo Stato funziona come una famiglia e se risparmia crea i presupposti per la crescita, ormai viene creduta soltanto da chi non riesce a capire il funzionamento delle tabelline, delle moltiplicazioni, delle frazioni. Non conosce la differenza fra micro e macroeconomia. Non sa che l’economia è spesa e senza spesa non c’è economia.

E abbiamo capito che se le banche non prestano più o la gente e le imprese non si indebitano, la moneta scompare dal mercato e senza moneta non possiamo più finalizzare i nostri scambi o rimborsare i nostri debiti precedenti, con tutto ciò che ne consegue in termini di recessione senza fine e fallimenti a catena. E abbiamo capito che l’unico interesse dei tecnocrati di Bruxelles è il salvataggio delle banche e le loro interminabili riunioni notturne servono solo a decidere se a pagare debbano essere i governi, i contribuenti oppure gli obbligazionisti, gli azionisti e i correntisti delle banche con i prelievi forzosi. Cioè sempre noi cittadini, perché ormai è stato deciso nei piani alti che tutti devono pagare le perdite delle banche tranne coloro che hanno realmente creato i buchi di bilancio con la loro pessima gestione finanziaria. 

E abbiamo capito che la Germania non ha alcuna intenzione di fondare i favolosi Stati Uniti d’Europa, perché ciò comporterebbe un trasferimento perenne di ricchezza dal nord al sud del continente. 

E abbiamo capito anche che i tedeschi, in occasione proprio degli accordi sull’unione bancaria, hanno messo un limite temporale all’euro: 10 anni. Fino al 2024 infatti i panni sporchi delle banche verranno lavati innanzitutto all’interno dei singoli paesi di origine, non ci sarà alcuna mutualizzazione delle perdite, i tedeschi non pagheranno più per salvare gli altri, dopo invece si vedrà. E in quel dopo sono sottointesi tutta la diffidenza e lo scetticismo che ormai la Germania nutre sulla possibilità di sopravvivenza dell’euro. E abbiamo capito infine che la Storia non fa sconti a nessuno e se qualcuno, per quanto abile e potente esso sia, cerca di riportare indietro le lancette della Storia, interrompendo bruscamente il cammino di emancipazione dei popoli dalla schiavitù e dall’oppressione, prima o dopo paga dazio.

E’ vero che c’è stato un periodo ormai lontano nel passato in cui gli interessi dei singoli individui potevano spontaneamente e inconsapevolmente indirizzarsi verso l’interesse della collettività, Adam Smith non era un balordo, ma un profondo conoscitore delle dinamiche economiche e politiche della società in cui viveva. Ma Smith non poteva sapere che più di duecento anni dopo i suoi studi, i processi di concentrazione e fusione avrebbero creato alcuni singoli individui giuridici, alcune società, alcune multinazionali, alcuni colossi bancari capaci di eguagliare e in certi casi superare la capacità finanziaria di interi Stati, mettendo in aperto conflitto i propri interessi con quelli della collettività. Smith, consapevole dell’importanza giuridica e regolatrice degli Stati e sinceramente persuaso dei benefici della libera concorrenza, sarebbe impallidito al solo pensiero di una simile distorsione. 

Il buon Smith avrebbe tuonato inorridito che non può esistere una società privata capace di concorrere con la responsabilità legislativa e la funzione di garante dei diritti dello Stato, e se una mostruosità del genere è accaduta è solo perché lo Stato non è riuscito a far rispettare i vincoli della libera concorrenza, che in teoria (e solo in teoria purtroppo) non avrebbero potuto ammettere l’espansione di una società privata oltre un certo limite.

Smith era in primo luogo un giurista e un filosofo affascinato dai meccanismi di scambio e produzione, e non poteva prevedere le derive dell’infernale commistione fra sfera pubblica e sfera privata, che consente oggi a banchieri e politici di scambiarsi ruoli e poltrone incuranti dei danni economici e crimini sociali di cui si rendono continuamente protagonisti. Tuttavia se al tempo di Smith l’idea salvifica della massimizzazione dell’interesse privato poteva funzionare, data la ridotta dimensione del nascente settore privato capitalista e bancario, oggi il paradigma va completamente ribaltato: soltanto perseguendo l’interesse della collettività, attraverso un rafforzamento delle istituzioni pubbliche dello Stato, sarà possibile sperare di difendere i propri interessi individuali di privati cittadini dall’aggressione feroce di quella parte ingigantita e fuori controllo del settore privato stesso. 

E’ una guerra senza quartiere per la sopravvivenza: o vincono loro oppure noi. Non ci sono vie di mezzo. O i giganti tornano bambini, attraverso una lenta ma determinata attività di regolamentazione e riconquista dello spazio pubblico di manovra, oppure noi finiremo per essere sbranati dalle loro fauci. Questa volta la mano invisibile che dovrà indirizzare inconsapevolmente tutte le nostre scelte future sarà l’interesse collettivo, il quale in un mondo complesso come quello attuale è l’unico che può garantirci un duraturo e stabile benessere privato. 

Dopo Smith, sono arrivate per fortuna migliaia e migliaia di pagine sulla teoria dei giochi per spiegarci come i processi di coordinamento e cooperazione fra gli individui riescano a massimizzare meglio i singoli obiettivi rispetto alla sregolata condotta competitiva e aggressiva degli operatori. E purtroppo per noi, le grandi imprese ci hanno preceduto su questo cammino e conoscono talmente bene le suddette teorie da averle usate per costruire i cartelli, i trusts, le holdings, i monopoli, gli oligopoli, gli organismi internazionali che ci stanno massacrando.

Tuttavia siccome la Storia è più potente di qualsiasi gruppo di potere costituito e la Storia ha sempre posto un argine alla diffusione delle dittature, militari o finanziarie che siano, ecco che comincia a piccoli passi la controffensiva popolare e democratica. Iniziata con i movimenti no global, continuata attraverso i presidi dei ragazzi di Occupy Wall Street e indignados, e infine inoculata all’interno di alcuni partiti politici tradizionali, come il Front National in Francia o il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord in Italia. O in nuove e promettenti associazioni politiche come la nostra, ARS Associazione Riconquistare la Sovranità, che ha fatto della regolamentazione finanziaria e del ritorno alle linee guida costituzionali il maggiore punto di forza del suo programma. 

Qui in Europa la lotta al leviatano della finanza sta sempre più prendendo la forma di un convinto e ben documentato anti-europeismo, dato che quest’ultimo è stato la base istituzionale che ha consentito a banchieri e multinazionali di taglieggiare i popoli e i lavoratori europei. Il tentativo estremo di tutti i faccendieri e lobbisti d’Europa di scalzare la normale dialettica democratica e la prassi politica degli Stati nazionali, per mettere al centro delle trattative unicamente i loro affari e profitti. Tentativo tanto ardito quanto fallimentare. 

Non ci riusciranno. Hanno già perso. Il popolo ha iniziato a capire. Questi ultimi frenetici colpi di coda per continuare a depredare le nazioni sono la più palese rappresentazione della loro sconfitta. Ormai non costituisce più vergogna andare in giro con la bandiera del proprio paese sulle spalle, mentre quel pezzo di stoffa blu con dodici stelle gialle in cerchio viene sempre più associato nell’immaginario collettivo ai regimi totalitari, al nazismo, al fascismo, al medioevo. Il cambio di rotta è già avvenuto nella testa della gente. E chiunque abbia un minimo di conoscenza della Storia, sa che la creazione di un simbolo o un mito negativo contro cui combattere è il primo passo indispensabile per convincere la gente a combattere davvero nelle strade e nei palazzi che contano. Per rimettere al centro la sovranità popolare al posto di quella elitaria o dinastica.  

Oltre alla denuncia, è nostro dovere quindi riflettere sulla fase costruttiva e cominciare a ragionare su cosa succederà dopo la cacciata dei tiranni. Si dovrà in particolare capire come verranno gestiti lo smantellamento dei caracollanti palazzi di Bruxelles, Francoforte e Strasburgo e la transizione ai rinnovati istituti democratici nazionali. Se parlamentari, commissari, burocrati, lobbisti vari verranno rimpatriati e giudicati secondo le loro colpe, appare molto più complessa la risoluzione delle controversie che potrebbero sorgere in seguito alla messa in liquidazione della Banca Centrale Europea BCE, il vero fulcro di potere e ricchezza finanziaria dell’attuale classe dominante. 


La BCE infatti ha un capitale sociale di circa €10 miliardi, di cui €1,25 miliardi versati da Banca d’Italia (12,5% di quota azionaria), che in teoria andrebbero persi nel caso in cui l’euro scomparisse come moneta. Ma rimarrebbe ancora in piedi la questione legata alla ridenominazione degli attivi di bilancio che ad oggi superano i €200 miliardi. La parte di attività in euro dovrà sicuramente essere ridenominata nelle varie valute nazionali e poi utilizzata per coprire le passività in euro, rappresentate principalmente dai depositi di riserve detenuti dalle varie banche europee e straniere. Mentre ben altra destinazione dovranno avere le attività denominate in valuta estera e le riserve auree, visto che Banca d’Italia ha versato a suo tempo €5 miliardi complessivi di oro (15% del totale) e valuta estera (yen e dollari). Queste riserve dovranno rapidamente rientrare in patria e servire come ulteriore garanzia a sostegno del corso della nuova lira, qualora dovessero iniziare improbabili attacchi speculativi ribassisti nei confronti della nostra moneta nazionale. A chi interesserebbe infatti una lira troppo svalutata? Non certo a tedeschi, francesi e americani, che con la nostra ritrovata competitività commerciale dovranno fare i conti.

I €900 e passa miliardi di banconote circolanti di proprietà del portatore verranno convertite a vista in nuove monete nazionali dalle rispettive banche centrali, mentre gli attivi corrispondenti alla parte di banconote trattenuta dalla BCE (€73 miliardi circa) verrà nuovamente spartita fra le autorità monetarie dell’eurozona. Ma c’è un altro grande mistero che aleggia intorno alla faccenda della liquidazione della BCE, che riguarda i famigerati crediti/debiti del sistema di pagamento transfrontaliero TARGET2. Secondo i ripetuti chiarimenti forniti dagli stessi funzionari e governatori della BCE, questi saldi contabili sarebbero solo degli indicatori statistici e non avrebbero alcun valore effettivo, ma c’è da giurarci che i tedeschi, i quali hanno maturato negli anni un credito di oltre €500 miliardi (vedi grafico sotto), rivendicheranno il risarcimento di questa quota in valuta estera. 

Trattandosi infatti di crediti e debiti delle banche centrali che si maturavano ad ogni scambio commerciale o finanziario che avveniva fra i residenti dei paesi membri dell’eurozona, questi saldi rispecchiano quello che un tempo veniva finalizzato tramite i passaggi di valuta nazionale. Se venisse concordata questa linea di pensiero, l’Italia, che ha un debito di €200 miliardi circa, dovrebbe conferire ai creditori, in base ad un preciso programma di rientro, il corrispettivo in moneta nazionale della passività maturata. Ma ripetiamo che si tratta di ipotesi, perchè essendo la moneta unica tra Stati sovrani un’eccezione e un’anomalia senza precedenti nella storia internazionale, la sua frantumazione aprirà sicuramente parecchie diatribe e controversie.

La cosa importante da tenere sempre presente è però che l’euro finirà. Non sappiamo ancora bene come e quando, ma l’unica certezza su cui dovranno ruotare tutti i nostri ragionamenti, è che il destino della moneta unica è già segnato. I movimenti e i presidi del popolo sono i primi veri segnali di risveglio dell’Italia, da cui dovremo ripartire per ricostruire la nostra nazione dalle fondamenta. Dobbiamo essere così bravi e determinati da non far disperdere tutte queste energie positive, cercando di farle convogliare in una proposta politica seria, credibile, efficace. Dato che l’euro è stato più uno strumento politico di abbattimento degli Stati nazionali, è con la politica, all’interno dei parlamenti e dei governi, che dobbiamo scardinarlo. 

Noi ci siamo e ci saremo sempre in questa lotta decisiva, con tutta la nostra buona volontà e l’amore che nutriamo per il nostro paese. Perché è chiaro che quando si scatenerà il caos e il panico tra la gente, bisognerà stare attenti allo sciacallaggio disordinato e agli ultimi disperati tentativi di sopravvivenza dell’inqualificabile classe dirigente uscente, che tenterà sicuramente di saccheggiare ancora tutto ciò che è sfuggito ai nostri calcoli e alle nostre previsioni. Qualcuno forse lascerà l’Italia, qualcuno cercherà di mischiarsi e confondersi tra la folla, qualcun altro in modo sfrontato e indegno tenterà ancora di difendere l’indifendibile.

domenica 26 gennaio 2014

Ucraina... da 1984 di G.Orwell... Oceania contro Eurasia

The Eurasian Landmass (M.D. Nazemroaya)
The Eurasian Landmass (M.D. Nazemroaya)

Sappiamo che la Russia ha mantenuto il controllo della Siria e non ha alcuna intenzione di permettere agli americani di piazzare armi ostili ai suoi confini (Polonia e Romania) con la risibile scusa di voler difendere l’Europa dai missili iraniani.

Sappiamo che la strategia americana – quella di Brzezinski – prevede di strappare l’Ucraina e l’Iran alla sfera egemonica russa e che Israele e Arabia Saudita rischiano di mandare tutto in fumo.

L’accordo sul nucleare iraniano non piace a Israele e ai neocon, ma rispecchia questa volontà della Casa Bianca, che ha come unico obiettivo quello di accerchiare la Russia (visceralmente odiata dal polacco Brzezinski), mentre Australia, Corea del Sud, Giappone, Taiwan e il Vietnam (!!!) assistono gli Stati Uniti nell’accerchiamento della Cina (Tibet e Xinjiang tengono alta la tensione all’interno, un ruolo svolto da Cecenia, Dagestan e Georgia nei confronti della Russia).

Forse il fallimento della trattativa con l’Ucraina indica che gli americani hanno pensato di fare un baratto: ti lascio l’Ucraina e la Siria, tiro il guinzaglio a Israele e Arabia Saudita, ma in cambio tu molli l’Iran?

Peggio per l’Europa neocoloniale, e in particolare per la Germania, che molto probabilmente aveva già messo gli occhi sul Messico europeo, l’Ucraina, una terra ideale per piazzarci maquiladoras e per fare man bassa delle risorse locali, inclusa la manodopera, attraverso le classiche politiche austeriste e privatizzatrici del FMI (= togli ai poveri per dare ai ricchi e spiega che lo fai per il bene dei poveri).

Sia come sia, il governo ucraino ha detto “ni” e ora gli statisti europei protestano invocando la comune matrice europea: “l’Ucraina è Europa”. Come se la Russia non fosse Europa e come se invece lo fosse la Turchia. Come se una proposta che dà via libera alle locuste occidentali possa essere seriamente intesa come una dimostrazione di affetto fraterno paneuropeista. Affetto e fratellanza come quelli che hanno potuto toccare con mano i greci e tutti i PIIGS? PIIGS con due “I” perché, a dispetto dei proclami, l’Irlanda è ancora prigioniera del debito e la “sua” crescita è unicamente quella delle multinazionali che si sono trasferite lì per non pagare tasse (parassiti si nasce, grandi parassiti si diventa)

Chessboard SIno-Soviet Bloc and 3 Strategic Fronts

Per non parlare della follia di un’istituzione come l’Unione Europea che, invece di fare tutto il possibile per dare un futuro ai suoi giovani, si lascia adoperare dalla Casa Bianca e dal Pentagono per espandere la NATO nel cortile di Putin (far incazzare una potenza nucleare che ci fornisce l’energia per scaldarci d’inverno è furbo quanto mandare migliaia di soldati in mezzo all’Asia, tra Cina, Russia, Iran e Pachistan).

I partner commerciali dell’Ucraina (che pare sia più sveglia dell’UE): importazioni > RUSSIA 19.4%, Cina 10.2%, Germania 9.6%, Bielorussia 7.8%; esportazioni > RUSSIA 23.7%, Turchia 6%, Cina 4.1%.

Si ribatte: gli ucraini non hanno avuto alcuna possibilità di dire la loro. È vero, ma non sembra che la cosa possa essere così problematica. I sondaggi ci dicono che per metà degli ucraini cambiava poco tra Russia o UE: “Con Franza o Spagna purché se magna”


Trieste-Iran7

Quanto alla pasionaria Timoshenko, cerchiamo di capire chi è veramente.

2005: Rivoluzione arancione. Yulia Timoshenko (frequentatrice di grandi corrotti e sfrenata privatizzatrice di ricchezze ucraine dopo la caduta dell’Unione Sovietica – “durante questo periodo, fu soprannominata la “principessa del gas” per le accuse di aver stoccato enormi quantità di metano, facendo aumentare le tasse sulla risorsa”) e Victor Yushenko sono anche responsabili della riabilitazione di Stejpan Bandera, terrorista, collaborazionista nazista, poi espatriato a Monaco di Baviera per restare vicino ai suoi “amiconi” nel dopoguerra: “Durante la presidenza Yushenko, il leader arancione per intenderci, Stepan Bandera fu dichiarato eroe nazionale e lo stesso Yushenko ne esaltò l’operato per la lotta all’indipendenza. Bandera era il leader dell’Upa-Oun, responsabile della pulizia etnica ai danni della popolazione polacca”.

sabato 25 gennaio 2014

Guida semplice alla Crisi Economica dell'Eurozona

Cliccate sulle immagini per ingrandire e leggere il semplicissimo meccanismo che determina la crisi economica che sta strangolando il paese.

Dopo averlo fatto, utilizzate queste slide per farlo capire anche ai vostri amici, figli, genitori, conoscenti... Più gente saprà come funziona, più gente avrà gli strumenti per potere combattere il Sistema.



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http://scenarieconomici.it/capire-la-crisi-delleuropa-in-9-slides-per-super-dummies/

venerdì 24 gennaio 2014

Il Lapis Exillis, dall’antico Egitto al Santo Graal, al nazismo magico alla ricerca della Forza Vril

Tratto da "Il Sacro Graal di Stefano Schiavi"

Il Graal ha da sempre affascinato e stimolato la mente di tutti noi. E’ un qualcosa che attraversa il tempo, le civiltà, le religioni, le culture e le leggende in maniera talmente trasversale da risultare un concetto universale che affonda le radici nei primordi delle civiltà. Da nord a sud, da est ad ovest, non c’è tradizione e cultura che non si intrecci inevitabilmente con il concetto di Graal.


Ma che cosa è realmente questo Graal? E’ un concetto? Un oggetto? Un pensiero o una pietra? Un qualcosa di tangibile o intangibile?

Difficile da dire, difficile solo immaginarlo. Probabilmente non è nulla di tutto questo se non una leggenda che si autoalimenta e viene alimentata ad arte, oggi, anche ad uso semplicemente commerciale.

Ma c’è una cosa di cui siamo perfettamente coscienti: tutto ciò che resiste al tempo e agli uomini ha, comunque, una base di verità. Per piccola o grande che sia questa verità merita comunque il rispetto della storia e l’analisi, più o meno approfondita. Per questo abbiamo deciso di affrontare la teoria del Graal da una angolatura che spesso viene dimenticata o poco affrontata: quella del Lapis Exillis o “pietra in esilio”.

La storia del Lapis Exillis

Ma che cos’è il Lapis Exillis di cui troviamo tracce nell’opera Parzival di Wolfram Von Eschenbach? Come nelle migliore delle tradizioni esistono tre versioni diverse se non contrastanti. Una prima versione sostiene che il Lapis Exillis sia un calice ed è di fatto la versione più conosciuta ed accreditata, specie nel mondo occidentale e cristiano. Ovviamente non stiamo parlando di un semplice calice ma di un calice sacro nel quale è stato raccolto il sangue di un grande Imperatore mentre era sul letto di morte. Imperatore o figura sacra come Gesù Cristo, che in fondo era il re dei re? Poco importa, se non altro perché la verità poi si adatta al periodo storico e alla storiografia ufficiale e vincente. L’importante è che sia comunque un qualcosa di importante, immutevole nel tempo e che alimenti le credenze popolari.


La seconda versione, anch’essa leggendaria, ma diffusa soprattutto nel nord Europa, sostiene che il Lapis Exillis sia una pietra. Ma una pietra anch’essa sacra ovviamente, nientemeno che la pietra della corona di Fenir che, per la sua superbia, era stato cacciato dal Valallah. Durante questa cacciata la pietra sarebbe caduta dalla sua corona.

C’è poi una terza versione, quella più conosciuta da tutti noi, quella che vuol che il Lapis Exillis sia servito ad Artù, per il tramite del druido-mago Merlino, a conquistare il trono e dare vita a Camelot. E qui siamo di fronte al ciclo arturiano che affonda le radici nel primo medioevo cristiano ma anche alle lotte intestine che caratterizzarono i primi tre secoli del secondo millennio del cristianesimo, quelli che seguirono il famoso “mille e non più mille”. Secoli attraversati dai Templari, dalle crociate, dalla lotta senza quartiere tra cristianesimo e Islam, dalle eresie dei Catari e dai roghi dell’inquisizione.

Viaggio nel tempo, tra Catari, Templari, medaglioni e rune

Secondo questa terza teoria, il Lapis Exillis sarebbe appartenuto, appunto, al movimento dichiarato ereticale dalla Chiesa di Roma, dei Catari, una popolazione che viveva nella regione della Linguadoca. Centro nevralgico dell’eresia catara era la fortezza di Montsegur, dove gli ultimi credenti di un cristianesimo differente da quello stabilito e codificato dal concilio di Nicea, opposero l’ultima Fortezza di Montsegure strenua resistenza alle armate del Papa di Roma in attesa dell’arrivo in loro soccorso, mai avvenuto, dei cavalieri Templari.


Ma qual’era il legame che univa degli eretici con i Templari, cavalieri che combattevano per il salvamento della fede di Cristo e della Chiesa di Roma?

Fu solo per questioni economiche che Filippo il bello, unitamente al Papato, mise la parola fine all’Ordine dei Poveri cavalieri di Cristo? O fu forse anche per il legame e i segreti che univano Templari e Catari? E di quali segreti erano a conoscenza entrambi? E il segreto da conservare e mai divulgare ma che avrebbe reso invincibile ed egemone la Chiesa cattolica apostolica romana risiedeva proprio nel Lapis Exillis?

Ovviamente siamo sempre nel campo delle ipotesi, della fantastoria, della leggenda anche se, come abbiamo già detto in precedenza, un fondo di verità esiste sempre. Del resto anche nel mondo della menzogna un fondo di verità, proprio per far si che la storia risulti veritiera e non facilmente scopribile, c’è sempre.

Così leggenda vuole che quando l'esercito del Papa arrivò sotto le mura della fortezza di Montsegur, i Catari inviarono alcuni soldati verso una Commenda dei Templari per affidargli il loro tesoro: il Santo Graal. Ma i Catari, probabilmente non fidandosi, non diedero il tesoro ai Templari ma un informazione che, se li avessero aiutati, gli avrebbe dato la chiave di lettura per decifrare il Medaglione di Montsegur dove erano incise rune nordiche, unica vera mappa per trovare il Lapis Exillis: il Santo Graal. Ma i Templari, come sappiamo, arrivarono troppo tardi e ottennero solo, forse, il Medaglione senza sapere però come decifrare il codice.

Tra storia, leggenda, astrologia e scienza

I latini dicevano che “Scientia potentia est” cioè che la Conoscenza è potere ed avevano ragione da vendere. Probabilmente quella Inquisizione contro i Catari del Santo Graal non è altro che la ricerca di questa Conoscenza antica andata perduta, non sappiamo come e perché, nel tempo.


Secondo Albert Pike, il più importante massone del XIX secolo “Chi acquisisce la scienza perduta potrà controllare il mondo”. Una ricerca spasmodica che va avanti fin dai tempi degli egizi e che, sembra, prosegua nel Terzo millennio. E’ il cammino dell’uomo e della civiltà che cerca disperatamente qualcosa di ancestrale perduto e sepolto nei meandri della memoria.

Ma cosa lega gli antichi egizi ai Catari, ai Templari, ai massoni alla nazionalsocialista Ahnenerbe e magari alla Cia e al Mossad?

La prima cosa potrebbe essere la religione. Possibile? Almeno all’apparenza sì. E cosa potrebbe unire dei cristiani ai culti pagani egizi? Il culto di Iside. Nel IV secolo avanti Cristo, dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno, il culto di Iside si espanse in tutto il mondo greco-romano. Quattro secoli dopo il culto misterico era in stretta concorrenza con il Cristianesimo proprio come il culto Mitraico. Secondo molti, dopo l’offensiva dei Padri della Chiesa cristiana il culto di Iside non fece altro che trasformarsi nei culti mariani (Iside è spesso raffigurata che allatta Horus e secondo i suoi fedeli non era altro che l’originaria “ Madonna”). 


Anche la simbologia risulta essere similare come ad esempio l’uso della colomba, simbolo di pace del cristianesimo ma simbolo sacro per Iside; per non parlare della croce catara di fatto simile alla Ankh la croce simbolo della vita egizia. Che i catari in realtà adorassero ancora Iside? Che il vero reato (nascosto) di eresia fosse quello di adorare in realtà gli antichi Dei e che facendo così avrebbero messo in pericolo l’intero impianto della religione cristiana che non aveva fatto altro che soppiantare, acquisendoli, gli antichi culti?

Probabilmente siamo di fronte soltanto a fantasie o teorie complottiste ma esiste sicuramente qualcosa che va al di là della religione dell’esoterismo. Forse, con più probabilità, la ricerca spasmodica ed il controllo della scienza perduta degli uomini che costruirono le Piramidi risiede in una sola cosa: il controllo della Forza Vril.

E cosa sarebbe questa Forza Vril? Di fatto l’unione tra due tipi di energie invisibili: l'energia astrale e l'energia terrena (tellurica). Una forza legata a doppio filo, e quindi inscindibili, derivanti dal cielo e dalla terra. Queste due "forze", come si può intuire, provengono rispettivamente da terra e cielo e qui entrano in gioco gli antichi Egizi.

Andiamo comunque per gradi.

La Forza Vril, il Lapis Exillis, il nazismo esoterico e la linea millenaria che abbraccia l’umanità

Come abbiamo detto la Forza Vril non è altro che l’incontro tra l’energia astrale derivante dall'elevazione eliaca di Sirio, una stella grande quasi come il Sole. Questa elevazione sprigionerebbe l'energia astrale.

Ma che cosa è quest’Elevazione eliaca?

L’elevazione si ha quando Sirio, in primavera, si abbassa sotto l’orizzonte e sparisce dalla nostra vista per 70 giorni. Passato questo periodo si ha l’elevazione eliaca, cioè il risorgere di Sirio. Secondo i sacerdoti egizi alla sua levata, il Lapis Exillis, che funzionerebbe da catalizzatore perché contenente frammenti di minerali che assorbono e rilasciano una gran quantità di energia, avrebbe assorbito tutta l’energia astrale prodotta da Sirio.

All’energia astrale si deve aggiunge l’energia tellurica che deriva dai sistemi d’acqua primari che esistono nella terra sotto forma di minerali idratati. E’ considerato un fenomeno geofisico che emette radiazioni che può essere accresciuto da variazioni nel campo magnetico. L’unione di queste due forze darebbe vita alla forza Vril che, secondo alcuni studiosi, permetterebbe il viaggio nel tempo.


Ne erano convinti anche i vertici della Germania di Adolf Hitler, talmente convinti da creare una sezione speciale delle SS: l’Ahnenerbe, un ramo accademico, con sede nel castello di Wewelsburg, suddiviso in 50 sezioni e che aveva simbolo lo Schwarze Sonne, il Sole Nero, ovvero la forza Vril. Gli studi dell’Ahnenerbe, i cui membri erano fermamente convinti che le origini della Fisica, della Chimica e della biologia fossero codificati nei geroglifici, nei testi e nei monumenti degli antichi Egizi, furono molti e copiosi così come le spedizioni in giro per il mondo (le più note quelle in Tibet e a tal proposito non è irrilevante ricordare anche il sostegno, strano e particolare, di monaci tibetani e del Gran Muftì di Gerusalemme (una delle figure più importanti dell’Islam) al nazismo; purtroppo i suoi archivi ed i risultati delle ricerche non sono mai stati ritrovati. Distrutti o nascosti, trafugati o depositati negli scrigni segreti dei servizi di intelligence delle potenze vincitrici la Seconda Guerra Mondiale è difficile dirlo. Di fatto sono introvabili. A mistero si aggiunge mistero quindi. Proprio come le carte, le mappe e gli archivi che i Templari custodivano nella biblioteca nella roccaforte di Parigi scomparse per sempre poco prima della distruzione dell’Ordine.

Siamo di fronte, quindi, ad una linea continua che attraversa la storia e lega civiltà, culture e religioni all’apparenza distinte e distanti tra loro ma che, probabilmente, hanno in comune molto più di quello che possiamo immaginare con la nostra mente fatta a compartimenti stagni.

Una linea che ha come principio immutabile l’antico Egitto che ha nelle Piramidi il fulcro della teoria astrale come "piste" per le due energie passando per il popolo ebraico, l’Arca dell’Alleanza, il tempio di Salomone, la comunità degli Esseni, i rotoli del Mar Morto, Gesù, il Cristianesimo i Templari e il lavoro effettuato per 9 anni sotto le rovine del Tempio di Gerusalemme,l’Islam, i Catari e la loro eresia, i Cavalieri di Cristo (templari fuggiti in Portogallo) la Scozia dei Saint Claire e della chiesa di Rosslyn (templari fuggiti dalla Francia di Filippo Il Bello con la flotta ancorata a La Rochelle), i viaggi in Islanda, e poi in Nuova Scozia e sull’isola di Oak (arrivo in America), i Rosacroce e la Massoneria, l’Ahnenerbe e l’Intelligence. Un viaggio lungo 3.000 anni ed ancora in alto mare, sempre ammesso che non si tratti di mera utopia.

Di certo c’è soltanto il fatto che questa Forza Vril, qualora fosse esistita, apparteneva una scienza egizia assai complessa i cui segreti risiedono, probabilmente tra le stelle e nei geroglifici o, addirittura, su iscrizioni ancor più antiche dei geroglifici e mai ritrovate.

L’Islam e il Lapis Exillis

Il rapporto stretto, che fu poi utilizzato come uno dei grimaldelli papali, tra i Templari e gli uomini del Saladino e dell’Islam in genere sono assai noti. Ma non quelli tra l’Islam e le scienze perdute dell’antico Egitto. In effetti poco si sa ma il fatto che gli Arabi, provenienti dalla penisola arabica e conquistatori dell’Egitto e di tutta l’area mediorientale da sempre culla delle civiltà, furono maestri e cultori delle scienze matematiche e astronomiche non può considerarsi un caso. E’ evidente che un popolo dedito alla pastorizia non può aver “sfornato” così all’improvviso teorie, dati e trattati. E’ evidente che ha invece acquisito una conoscenza “antica” e nascosta che poi nel tempo ha enunciato ai più.


Abu Ali Alhazan, matematico arabo nel X secolo stabilì il nesso tra algebra e geometria, membro della Dar Ul Hikmat, l’Accademia egizia delle scienze fondata nel IX secolo dal Califfato dei Fatimidi, scrisse il Ghayat Al Hakim “Il fine del Saggio” un manoscritto che si basava su antiche scritture egizie andate distrutte o perse secoli prima e conteneva i disegni del Sacro asse di Tebe.

L’Asse Sacro di Tebe e l’Axe Historique di Parigi

Nell’antica Tebe esisteva un asse che rappresentava il centro della scienza egizia senza il quale non era possibile convogliare l’energia astrale emanata da Sirio alla forza tellurica per dare origine alla Forza Vril. L’asse era costruito su un allineamento compreso tra i 26° nord-ovest in una direzione e 26° sud-est nell’altro. Era orientato verso il Sole eliaco di Sirio, stella della costellazione Canis Minoris, due volte più grande del sole e 20 volte più luminosa di esso e serviva ad unire il tempio di Luxor al tempio di Karnak e a convogliare la forza sprigionata da Sirio.

L’asse di Tebe, sembrerà assurdo ai più, ha un gemello in Europa, nella fattispecie a Parigi. Strano? Assurdo? Fantasioso? Tutto è possibile, ma quel che a noi oggi sembra assurdo e improponibile non lo era per gli antichi e per antichi intendo anche coloro che sono vissuti nei secoli non troppo distanti dal nostro.

E’ strano quindi se questo asse parigino o “Axe Historique” è costruito secondo lo stesso allineamento di Tebe?

L’inizio ufficiale dei lavori dell’Axe ebbe inizio nel 1564 quando Caterina de Medici ordinò la creazione dei Giardini Tuileries e ci sono voluti 400 anni per il suo completamento.

L’Asse ideale parte dal vertice della Piramide del Louvre (l’ex castello reale francese divenuto museo il 10 agosto 1793) voluta dall’allora Presidente Mitterand (noto massone), attraversa i Giardini Tuileries, Place de la Concorde fino a giungere agli Champs Elysees.


Altra particolarità, che evidentemente nasconde al suo interno qualche messaggio esoterico, è il fatto che dirigendosi verso ovest la distanza tra i monumenti presenti sull’asse raddoppia sempre e con esso raddoppiano anche le dimensioni di ognuno dei 3 archi presenti sul percorso che, ancora un caso, termina con le Grand Arché eretto nel 1989.

La Lapis Exillis secondo René Guénon

Nel poema Parzival, di Wolfram Von Eschenbach, si legge che non si tratta di una coppa ma bensì di "una pietra del genere più puro chiamata lapis exillis”. 

Il termine lapis exillis  è stato interpretato come "Lapis ex coelis", ovvero caduta dal cielo: e, difatti, Wolfram scrive che la pietra era uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero e portato a terra dagli angeli rimasti neutrali durante la ribellione. 

La tradizione esoterica delle pietre sacre, tramiti fisici tra l'uomo e Dio, è tipicamente orientale: la pietra nera conservata nella Ka' ba è l'oggetto più sacro della religione islamica; i seguaci della Qabbalah ebraica utilizzano il termine "Pietra dell'esilio" per designare lo Shekinah, ovvero la manifestazione di Dio nel mondo materiale; ancora più a Oriente, l'Urna incastonata nella fronte di Shiva della tradizione induista, simboleggia il occhio della sapientia"Terzo Occhio", organo metafisico che permette la visione interiore.


Quindi una tradizione trasversale come dicevamo in precedenza. Per quanto concerne il simbolismo del Graal, è importante notare che, benché quest’ultimo sia comunemente descritto come un vaso e sia dunque questa la sua forma più conosciuta, esso viene anche talvolta rappresentato in forma di pietra, come nel caso particolare in Wolfram von Eschenbach; d’altronde il Graal può essere nello stesso tempo l’uno e l’altra, poiché si dice che il vaso è stato intagliato in una pietra preziosa che, staccatasi dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, è anch’essa "caduta dai cieli".

D’altra parte, quanto stiamo per dire sembrerà aumentare ulteriormente la complessità di questo simbolismo, ma può in realtà dare la "chiave" di certe connessioni: come abbiamo già spiegato altrove, se il Graal è un vaso (grasale), è anche un libro (gradale o graduale); e in certe versioni della leggenda si tratta non propriamente di un libro, ma di una iscrizione tracciata sulla coppa da un angelo o da Cristo in persona. Ora, queste iscrizioni, di origine ugualmente "non-umana", appaiono anche in certe circostanze sul lapis exillis; esso era dunque una "pietra parlante", cioè, se vogliamo, una "pietra oracolare" poiché, se una pietra può "parlare" emettendo dei suoni, essa può anche farlo per mezzo di caratteri o di figure visibili sulla sua superficie (come lo scudo della tartaruga nella tradizione estremo-orientale). 

Ora, da questo punto di vista è anche assai notevole che la tradizione biblica menzioni una "coppa oracolare", quella di Giuseppe, che potrebbe, almeno sotto questo profilo, essere considerata una delle forme del Graal stesso; e, fatto curioso, è detto che proprio un altro Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, divenne il possessore o il custode del Graal e lo portò dall’Oriente in Bretagna; è incredibile che non si sia mai prestato attenzione, a quanto sembra, a queste "coincidenze" piuttosto significative.

Per tornare al lapis exillis, segnaleremo che alcuni l’hanno accostato alla Lia Fail o "pietra del destino"; infatti, anche questa era una "pietra parlante", e, inoltre, poteva essere in qualche modo una "pietra venuta dai cieli", poiché secondo la leggenda irlandese i Tuatha di Danann l’avrebbero portata con sé dalla loro prima dimora, cui è attribuito un carattere "celeste" o almeno "paradisiaco". È noto che la Lia Fail era la pietra della consacrazione degli antichi re d’Irlanda, ed è divenuta in seguito quella dei re d’Inghilterra, essendo stata portata da Edoardo I nell’abbazia di Westminster, secondo l’ipotesi più comunemente accettata; ma può sembrare almeno singolare, da un lato, che questa stessa pietra venga identificata con quella che Giacobbe consacrò a Bethel. 

Non è tutto: quest’ultima, secondo la tradizione ebraica, sembrerebbe essere stata anche quella che seguiva gli Ebrei nel deserto e da cui usciva l’acqua che bevevano, e che, secondo l’interpretazione di San Paolo, non è altro che Cristo stesso; essa sarebbe in seguito divenuta la pietra shethiyah o "fondamentale", posta nel Tempio di Gerusalemme sotto l’ubicazione dell’arca dell’alleanza, e che segnava quindi simbolicamente il "centro del mondo", così come lo segnava, in un’altra forma tradizionale, l’Omphalos di Delfi e, dal momento che tutte queste identificazioni sono evidentemente simboliche, si può dire con sicurezza che, in tutti questi casi, si tratta in realtà sempre di una sola e identica pietra.

Bisogna tuttavia notare, per quanto concerne il simbolismo "costruttivo", che la pietra fondamentale di cui si è parlato in ultimo luogo non deve assolutamente essere confusa con la "pietra angolare", poiché questa è il coronamento dell’edificio, mentre l’altra si situa al centro della sua base. Abbiamo detto che nelle pietre di base dei quattro angoli c’era quasi un riflesso e una partecipazione della vera "pietra angolare" o "pietra del vertice"; qui si può certo parlare ancora di riflesso, ma si tratta di una relazione più diretta rispetto al caso precedente, poiché la "pietra del vertice" e la "pietra fondamentale" in questione sono situate su una stessa verticale, di modo che quest’ultima è quasi la proiezione di quella sul piano della base. Si potrebbe dire che la "pietra fondamentale" sintetizza in sé, pur rimanendo sullo stesso piano, gli aspetti parziali rappresentati dalle pietre dei quattro angoli (questo carattere parziale è espresso dall’obliquità delle linee che le uniscono al vertice dell’edificio).

Di fatto, la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" sono rispettivamente la base e il vertice del pilastro assiale, che quest’ultimo sia raffigurato visibilmente oppure esista soltanto "idealmente"; in quest’ultimo caso, la "pietra fondamentale" può essere una pietra di focolare o una pietra d’altare (che sono poi la stessa cosa nel loro principio), la quale, comunque, corrisponde in certo modo al "cuore" stesso dell’edificio.


Abbiamo detto, a proposito della "pietra angolare" che essa rappresenta la "pietra discesa dal cielo", ed ora abbiamo visto che il lapis exillis è più propriamente la "pietra caduta dal cielo", il che può del resto esser messo ancora in relazione con la "pietra che i costruttori avevano gettato via", se si considerano, dal punto di vista cosmico, questi "costruttori" come gli Angeli o i Dêva; ma siccome non ogni "discesa" è necessariamente una "caduta", è opportuno fare una certa distinzione fra le due espressioni. 

In ogni caso, l’idea di "caduta" non potrebbe assolutamente più applicarsi quando la "pietra angolare" occupi la sua posizione definitiva al vertice; si può parlare ancora di "discesa" se si riferisce l’edificio a un insieme più esteso (in corrispondenza al fatto, abbiamo detto, che la pietra può essere posta solo dall’alto), ma, se si considera soltanto l’edificio in sé e il simbolismo delle sue diverse parti, la stessa posizione può esser detta "celeste", poiché la base e il tetto corrispondono rispettivamente, secondo il loro "modello cosmico", alla terra e al cielo. 

Ora, bisogna aggiungere ancora, e su questa osservazione concluderemo, che tutto ciò che è situato sull’asse, a diversi livelli, può essere in certo modo considerato rappresentare le posizioni diverse di una sola e identica cosa, posizioni a loro volta in rapporto con diverse condizioni di un essere o di un mondo, a seconda che ci,si ponga dal punto di vista "microcosmico" o da quello "macrocosmico"; e a tale riguardo indicheremo solo, a titolo d’applicazione all’essere umano, che le relazioni fra la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" del vertice non mancano di presentare un certo rapporto con quel che abbiamo detto altrove sulle diverse "localizzazioni" del luz o "nocciolo d’immortalità". 

Il Graal è collegato sia a tradizioni ebraiche sia islamiche: è infatti in relazione con una terra chiamata "Sarraz", impossibile da situare storicamente o geograficamente (non è in Egitto, ma si vede da lontano il Grande Nilo"; il suo Re combatte contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolomaica si estinse prima di Cristo), ma situata comunque in Medio Oriente. Da essa, infatti ebbero origine i Saraceni.

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