giovedì 31 luglio 2014

Gog e Magog - Gli Ashkenazi alle origini del NWO

Gog e Magog sono leggendarie popolazioni dell'Asia centrale, citate nella tradizione biblica e poi in quella coranica, quali genti selvagge e sanguinarie, fonte di incombente e terribile minaccia.

In varie epoche furono identificati con Sciti, Goti, Mongoli, Tartari, Ungari o Khazari.


La tradizione di Gog e Magog trova la sua scaturigine nella Bibbia ebraica (Genesi 10: qui Magog è il capostipite di un popolo, ma può anche essere il nome della nazione oppure la terra di Gog) con riferimento a Magog, figlio di Jafet, e prosegue con una serie di oscure profezie nel Libro di Ezechiele, i cui echi si avvertono nell'Apocalisse detta di Giovanni e nel Corano. La tradizione è fumosa e l'identità dei personaggi differisce da una fonte all'altra. Essi vengono descritti ora come uomini, ora come esseri soprannaturali, giganti o demoni, gruppi etnici o abbinati a territori. 

In modo piuttosto strano, Gog e Magog approdano in Britannia, nella mitologia tardo antica e medievale: in terra d’Albione essi diventano due giganti, unici sopravvissuti di una mostruosa figliolanza nata dalle trentatré figlie dell’imperatore Diocleziano.

Giovanni Pascoli, nei “Poemi conviviali”, rispolvera il mito di Gog e Magog, fondendo diverse leggende. L’antico racconto biblico, per un curioso sincretismo s’intreccia con le saghe fiorite sulle imprese di Alessandro Magno: il particolare della porta di bronzo fatta erigere dal Macedone per sbarrare il passo ai popoli selvaggi del Caucaso deriva dalla “Storia favolosa” dello Pseudo-Callistene, dalle Revelationes dette di Metodio e dal Corano, nel quale si narra che Zul Karmein (ossia il Bicorne, nome con cui il libro sacro dell’Islam designa Alessandro, identificato nel figlio di Olimpia e di Ammone, raffigurato con corna d’ariete) per bloccare la furia belluina degli immondi popoli antropofagi di Gog e Magog, eresse una grande porta. Secondo il Corano, la porta sarà scardinata solo alla fine dei tempi.

Nel Medioevo la leggenda si arricchì grazie a poeti islamici per prendere “nuova vita nel secolo XII, quando la sùbita irruzione dei Mongoli commosse ed atterrì violentemente il mondo. Era facile pensare che si trattasse proprio delle genti di Gog e Magog il cui traboccare sul mondo era tanto temuto. 

Il nome di Magog suonava abbastanza vicino a quello di Mongoli (Valli). Giovanni Villani nella sua Cronica (V, 29) accolse una versione secondo cui Alessandro Magno aveva rinchiuso nei monti di Belgen una tribù ebraica dai turpi costumi. Questa tribù, mischiatasi con altre popolazioni, rimase colà confinata perché credeva che l’esercito del Macedone fosse acquartierato lì vicino all’interno di una roccaforte imprendibile. Alessandro, infatti, era ricorso ad un artificio per simulare il suono di trombe, traendolo dalla terra concava. Gog e Magog dilagheranno, una volta in cui si saranno accorti dello stratagemma.

Il Pascoli compone un poemetto di respiro epico, animato da immagini grandiose ed apocalittiche: le steppe imbevute di porpora al tramonto e calcinate dalla luce lunare, sono percorse da echi sinistri: grida di nomadi, scalpitii di branchi, fischi di tormente, soffi di gufi… Ancora più inquietanti sono i nomi dei popoli che impazienti s’ammassano presso la porta bronzea. Metodio ne cita ventidue ed il poeta affastella quei nomi simili a lugubri formule di un grimorio: Alan, Aneg, Ageg, Assur, Thubal, Cephar, Mong, Mosach, Pothim, Thubal.

In questo insieme di leggende si potrebbe enucleare un pur labile legame tra l’ebraismo e progetti egemonici, se si sofferma l’attenzione sul cenno di Giovanni Villani, secondo cui il figlio di Filippo II avrebbe serrato nei monti di Belgen un gruppo di Giudei. Si potrebbe pensare all’embrione da cui si formò l’etnia dei Khazari, creatori di un potente regno medievale, noto come khanato di Khazaria (652 – 1016)

I Khazari, di origine asiatica e di idioma turco, si erano insediati nelle steppe del sud-est russo a partire dal VII secolo. Il Khanato confinava a sud-ovest con l'Impero bizantino, a nord-ovest con il principato slavo normanno di Kiev, a nord con le terre abitate dai Bulgari del Volga.

Posto quindi in un punto strategico (qui passavano le rotte fluviali che dal Mar Nero conducevano sul Mar Baltico, qui arrivavano mercanti norreni, greci, arabi, bulgari, persiani diretti ad Nord e ad Ovest), il Khanato di Khazaria fu un importante centro economico e politico, luogo di incontro e di reciproco influsso tra lingue, culture e religioni diverse (Islam, Cristianesimo, Manicheismo, Animismo, Ebraismo).


Tra l'VIII secolo ed il IX secolo, consistenti nuclei di Ebrei, dopo aver attraversato il Caucaso entrarono in contatto con i Khazari. 

I sovrani di quest'ultimo popolo imposero, per motivi poco chiari, la conversione del Khanato alla religione ebraica. Questo fatto è stato alla base dell'elaborazione di diverse teorie, la più nota delle quali vuole gli Ebrei Ashkenaziti discendere direttamente dai Khazari (il romanziere ebreo Arthur Koestler sostenne in modo particolare questa tesi). Recenti studi genetici sembrano, però, dimostrare che elementi genetici originari del Medio Oriente dominano la linea maschile degli Ashkenazi (il cosiddetto cromosoma Y Aaron), ma la linea muliebre potrebbe avere una storia diversa. 

Da ciò alcuni hanno dedotto che uomini del Medio Oriente abbiano sposato donne locali, il che significa che gli Ashkenazi non sono imparentati con i Khazari o che questi rappresentano solo una parte degli antenati degli attuali Ashkenaziti. Ciò comferma la tesi del professor Gumilev esposta nel libro "From ancient Russia to Imperial Russia”, secondo cui gli attuali ebrei ashkenaziti non sono khazari di stirpe, perché discenderebbero da un gruppo di ebrei armeni (“ashkenaz” sta per “armeno”) mescolati alla nobiltà khazara. In effetti, solo una piccola parte dei Khazari si convertì realmente all'ebraismo, mentre il resto continuò a professare il proprio credo animistico e pagano, con una piccola minoranza di cristiani e musulmani.

Nell'anno 965 il principe di Novgorod e Kiev, il variago (normanno) Svjatoslav, in alleanza con la tribù dei Peceneghi, invase il corso meridionale del Don, provocando il collasso del Khanato e la diaspora dei superstiti Ebrei Khazari nella Russia occidentale ed in Polonia.

mercoledì 30 luglio 2014

MH17 Caso Chiuso - False Flag in Ucraina e l'ipocrisia dell'Occidente


La versione completa di ciò che è successo inizia ad emergere pezzo per pezzo. In primo luogo, come ho sottolineato in precedenza, in uno dei rapporti quotidiani, Strelkov e i suoi sottoposti indicano, anche se di sfuggita, che l’aereo di linea malese Boeing 777 è stato abbattuto da caccia ucraini.

Boeing malese

Poi il briefing del ministero russo della Difesa ha mostrato un Su-25 ucraino a 3-5 km dal Boeing nel momento stesso in cui veniva colpito.

Nei successivi quattro minuti, il caccia ucraino rimase in zona.

Al momento, quando il Boeing fu colpito, era entro la gittata di diverse batterie di Buk ucraini schierati presso Donetsk, solo per quel giorno, a 8 km a sud di Shakhtjorskoe, a qualche chilometro dal luogo dello schianto.

Il 23 luglio, Anna-News ha pubblicato un’intervista all’ex-colonnello dell’aeronautica russa Aleksandr Zhilin, commentatore militare sul conflitto in Ucraina. L’informazione più importante appare nei minuti 2:00-05:00 dell’intervista. Secondo il colonnello, alle 16:19:45, un caccia ucraino colpiva il Boeing con un missile aria-aria R-60.

Il missile danneggiava il motore destro del Boeing. Il Boeing colpito riusciva comunque a rimanere in aria. Tuttavia, in tal modo, il Boeing virò di 180 gradi a sinistra. Fu in quel momento che l’attacco sotto falsa bandiera iniziava ad andare a pezzi.

Secondo Zhilin, parte del piano degli Stati Uniti eseguito dagli ucraini, era che l’incidente del Boeing avvenisse oltre il confine sud russo-ucraino. Caduto il Boeing lì, si presidiavano i siti del crash con truppe in risposta alla pressione internazionale, soprattutto permettendo così efficacemente a Kiev di togliere l’accerchiamento alle sue brigate nella sacca sud sul confine russo.

Quando però il Boeing iniziò a virare nella direzione opposta, ed era ancora apparentemente gestibile, il quartier generale dell’operazione speciale USA-ucraino fu in preda al panico e ordinava alla batteria Buk di distruggere l’aereo in volo, al fine d’impedire la possibilità di un atterraggio di emergenza del Boeing. Un missile Buk fu sparato e l’aereo definitivamente distrutto.

La divulgazione dell'intelligence elettronica russa (in realtà, solo in parte), il 21 luglio ha messo gli Stati Uniti con le spalle al muro. L’esistenza di questa intelligence e di altri dati significativi impedisce agli Stati Uniti di mostrare la vera intelligence in possesso, compresi i dati della loro esercitazione da guerra elettronica Sea Breeze 2014 e i dati del loro satellite spia, che si trovava sulla zona durante l’abbattimento del Boeing malese. Le altre informazioni pertinenti, che il colonnello russo ha rivelato, sono che il Boeing malese era assicurato per 97 milioni di dollari contro danni o perdite a seguito di azioni militari.

Aleksandr Zhilin ha anche fornito una sintetica mappa dell’ultimo momento del volo MH17, con l’indicazione di una netta virata di 180 gradi in seguito alla perdita del suo motore, subito dopo essere stato colpito da un missile aria-aria R-60 di un jet da combattimento ucraino. Se la mappa di Zhilin è corretta, allora l’aereo MH17 è stato colpito praticamente proprio sulla linea del fronte, quando già passava Snezhnoe, e ciò significa prima di quanto affermato da qualsiasi altra informazione finora pubblicata. La tempistica e la posizione del tentativo di abbattimento si accordano anche con la teoria che il luogo dell’incidente dovesse essere sul territorio controllato dall’esercito ucraino, o molto più vicino al confine tra Russia e Ucraina, dove la “messa in sicurezza del sito” avrebbe permesso di togliere l’accerchiamento strategico delle truppe ucraine nel sud e, quindi, soprattutto, risparmiare alla giunta di Kiev la sua prima grande sconfitta militare.

L’analisi di Zhilin si basa in parte sulle indagini di Nikolaj Istomin, che rivelano un fatto singolarmente sconvolgente che Kiev, Stati Uniti, NATO e media corporativi nascondono.

Un’analisi più dettagliata e attenta della rotta di MH17, infatti, conferma che MH17 raggiunse Snezhnoe alle 16:19 ora locale, ancora intero, completo e in buona salute, per così dire. Ma il luogo dello schianto è a Grabovo, quasi 20 km (25 km di strada) a nord di Snezhnoe.

Il che significa che l’aereo: 1) rientrava e che 2) il luogo dell’incidente era sul punto più meridionale che l’aereo raggiunse.

Questo smentisce completamente la creativa “teoria” degli Stati Uniti (dipartimento di Stato USA) del presunto missile Buk che colpisce l’aereo in rotta su Snezhnoe.

Questa virata poi aiuta anche a spiegare perché Kiev, con la finta “conversazione tra ribelli”, cercasse di collocare la “batteria dei Buk dei ribelli” a Debaltzevo, proprio davanti Grabovo, più a nord. Tuttavia ciò non spiegherebbe la virata che cercavano così tanto di nascondere, indicando i jet da combattimento ucraini.

Il secondo nastro “trapelato” cercava di collocare la “batteria dei Buk ribelli” a Donetsk, visto che il primo tentativo era troppo in contrasto con i tempi del (primo) impatto. Il missile avrebbe dovuto superare l’aereo, voltarsi e colpirlo da dietro… il frettoloso falso del “Donetsk” doveva affrontare tali incongruenze, che sarebbero sorte. Ma il luogo dello schianto a Grabovo, a nord della rotta nota, e quindi anche lontano dalla portata della batteria piazzata a Donetsk, non risolveva tutte le rimanenti divergenze, per non parlare del fatto astutamente o semplicemente trascurato dalla Casa Bianca e dai media occidentali, che già questi due nastri non solo si escludono a vicenda, ma anche si confutano a vicenda.

Così, solo alcune ore dopo il secondo nastro, Kiev propose un video, che molto probabilmente mostrava una batteria di Buk ucraini, che in realtà a 8 km a sud di Shakhtjorsk sparava contro il Boeing. Kiev, tuttavia, ha sostenuto che si trattava di batteria di Buk dei ribelli. Ahimè, il cartellone sul lato sinistro del breve video chiarisce che è stato realizzato alle prime ore del mattino del 18 luglio a Krasnoarmejsk, controllata dalla giunta dall’11 maggio.

Questo video e la seguente falsa “intelligence” degli Stati Uniti affermavano che i ribelli avevano sparato contro l’aereo da Snezhnoe. Tuttavia, mentendo sulla posizione a Grabovo che, anzi, alcuni media occidentali posero a sud di Snezhnoe, o spostando di nuovo verso nord il punto da cui il (primo) missile ha colpito. Questo ancora, però, non poteva spiegare perché il luogo dell’incidente era a est della rotta, e anche presupponeva che l’aereo sarebbe stato colpito dal missile Buk a prua.

Per perpetrare tale storia bisognava rivelare meno fatti e dati topografici (o mappa del luogo dell’incidente) possibile, cosa che per i media occidentali non è mai stato un problema. Perciò, fatti cruciali rivelati da Zhilin sono la parte posteriore dell’aereo, il luogo dell’incidente principale a Grabovo, a 20 km a nord-est di Snezhnoe, che l’aereo effettivamente sorvolò e, soprattutto che la cabina dei piloti era ancora più a nord (e più a ovest) rispetto al resto dell’aereo. La cabina dei piloti si era schiantata nel villaggio di Rozsipne/Rassipnoe, a pochi chilometri a nord-ovest del luogo dell’incidente principale dell’aereo, come si può vedere sulle mappe di Zhilin e Istomin e da questa mappa della zona (il villaggio Rozsipne/Rassipnoe è ben segnalato):

La posizione della cabina dei piloti e della carlinga principale dell’aereo chiaramente mostrano in quale direzione e verso quale direzione l’aereo cadde a terra, l’esatto contrario di ciò che viene fatto credere.

Sulla scia dell’annuncio che l’Ucraina si rifiuta di consegnare agli investigatori internazionali i dati del crash dell’MH17, le conversazioni e le indicazioni passate dai controllori del traffico aereo ucraino al Boeing malese, arrivano segnalazioni secondo cui tali dati siano persi, e che il controllore chiave di Dnepropetrovsk che comunicava con l’aereo sia scomparso. Altri rapporti hanno dichiarato che un gruppo di esperti degli Stati Uniti è occupato a rivedere i dati per decidere cosa può e non può essere rilasciato e in quale forma, se non del tutto. Forse è già stata presa la decisione. Il controllo del traffico aereo, che ha guidato l’aereo nel suo ultimo istante sulla Repubblica Popolare di Donetsk, opera da Dnepropetrovsk, bastione e sede principale dell’oligarca Igor Kolomojskij e del suo feudo nazista.

martedì 29 luglio 2014

Prima dell'Esodo marziano...

Non ci sono più dubbi che su Marte ci fosse acqua e anche in maniera considerevole... Quanto tempo dovremo ancora aspettare prima che ci venga rivelato ciò che forse noi sappiamo già e che abbiamo raccontato nell'articolo "Marte, storia di un antico esodo" e anche in una puntata del nostro podcast Atlanticast?

Una nuova mappa incredibilmente dettagliata degli altopiani meridionali di Marte mostra quanto profondamente l'acqua liquida abbia scolpito questa regione molto tempo fa, dicono gli scienziati.

Una piccola porzione della nuova mappa degli altopiani meridionali di Marte pubblicato dalla United States Geological Survey. Credit: Scott Mest e David Crown / USGS

"Questa mappa descrive la complicata sequenza di processi geologici che hanno modificato gli antichi e accidentati terreni degli altipiani che circondano il bacino da impatto Hellas e mostra le prove per gli effetti persistenti di acqua e ghiaccio nel degradare la superficie di Marte" ha dichiarato Davide Corona, del Planetary Science Institute (PSI) a Tucson, in Arizona.

Corona e il suo collega Scott Mest hanno elaborato la nuova mappa, che è stato pubblicata dalla United States Geological Survey (USGS). Questa copre l'area dai 27,5 ai 42,5 gradi di latitudine sud e dai 110 ai 115 gradi di longitudine est del pianeta rosso.

La mappa mette in particolare luce l'evoluzione dei due sistemi di canyon negli altopiani meridionali, Waikato Vallis e Reull Vallis. I ricercatori pensano che entrambi i canyon si siano formati quando l'acqua sotterranea è venuta alla superficie, facendo collassare il terreno.

Figura che mostra l'area coperta (tratteggiata) della nuova mappa. Credit: Scott Mest e David Crown / USGS

Le immagini raccolte dalle due sonde Viking, che cominciarono ad orbitare intorno a Marte nel 1970, sembravano suggerire che la Waikato Vallis e la Reull Vallis facessero parte dello stesso sistema di antichi canyon. Ma la nuova mappa - elaborata con i dati raccolti dal Mars Reconnaissance Orbiter, dal Mars Odyssey e dal Mars Global Surveyor - rivelano che Waikato e Reull erano in realtà canyon separati da una pianura conosciuta come Eridania Planitia.

Infatti, l'acqua rilasciata dal Waikato Vallis ha formato un lago poco profondo in queste pianure molto tempo fa, hanno affermato gli scienziati.

Mentre Waikato e Reull sono le formazioni dominanti nella zona, la nuova mappa mostra anche molti piccoli canali che l'acqua corrente ha scavato negli altopiani meridionali, probabilmente nello stesso periodo in cui i due grandi canyon si stavano formando, hanno detto i ricercatori.

"La maggior parte delle cime degli altipiani e le pareti di molti crateri da impatto presentano tracce di sedimenti ricchi di ghiaccio che scorrevano a valle, formando caratteristiche che assomigliano ai rock glaciers sulla Terra; queste caratteristiche rappresentano la più recente attività correlata all'acqua nella zona, e potrebbero essere attivi oggi," hanno scritto i rappresentanti del PSI in una descrizione della nuova mappa.

È possibile scaricare una copia gratuita di questa nuova mappa di Marte (118 MB) dal sito USGS qui: http://pubs.usgs.gov/sim/3245/

lunedì 28 luglio 2014

Il Gigante brasiliano - La Pietra di Gàvea

Tra San Corrado e Barra di Tijuca, presso Rio de Janeiro, una leggendaria montagna con il volto di un antico gigante si innalza a 842 metri sopra il livello del mare. Quando il Brasile venne scoperto, gli esploratori portoghesi diedero alla pietra il nome di Gávea e la utilizzarono come punto di osservazione per le caravelle in arrivo. L'enorme roccia, circondata da un'esuberante vegetazione autoctona, ha stimolato l'immaginazione sia del pubblico che degli storici attraverso i secoli.


Su uno dei suoi lati spiccano antiche iscrizioni apparentemente non di origine naturale, rappresentanti un vero rompicapo archeologico: da anni, infatti, nessuno, riesce a capire chi o perché le abbia realizzate. Secondo Pedro Lacaz do Amaral, esperta guida alpinistica dell'associazione Live To Climb, che ha scalato la roccia numerose volte, la pietra dovrebbe essere il luogo di sepoltura di un antico re fenicio. Amaral ritiene si tratti di una leggenda molto conosciuta tra i Brasiliani e, a suo avviso, le incisioni sulla rupe non possono essere state provocate da agenti atmosferici o dalla naturale erosione del tempo.

La Testa dell'Imperatore

Le prime testimonianze sull'insolito sito risalgono al XIX secolo. In quel periodo alcuni "segni" rinvenuti su un lato della roccia richiamarono l'attenzione dell'Imperatore Don Pedro I. Tuttavia, suo padre Joáo VI, re del Portogallo, aveva già ricevuto da un religioso una relazione in cui si faceva riferimento a misteriose iscrizioni risalenti a prima del 1500, epoca in cui il Brasile venne scoperto. Negli anni che seguirono, furono condotte alcune ricerche, fino al 23 Marzo 1839, quando nella sua ottava sessione straordinaria, l'Istituto Geografico e Storico del Brasile decise che la Pietra di Gávea e le sue iscrizioni dovevano essere analizzate accuratamente.

Venne costituita una commissione e, a distanza di 130 anni - come riportato da "O Globo", uno dei maggiori quotidiani brasiliani, su cui apparve l'inchiesta - il rapporto affermava che essi avevano "visto le iscrizioni ed anche alcune depressioni, causate da fattori naturali". Tuttavia, chiunque osservi tali segni da vicino converrà che un fenomeno naturale ne avrebbe difficilmente potuto causare la comparsa.

Nessuno avrebbe più parlato della roccia ufficialmente, fino al 1931, quando un gruppo di escursionisti formò una spedizione per scoprire la tomba di un re fenicio salito al trono nel 856 a.C. Vennero compiuti alcuni scavi amatoriali, ma senza esito. Due anni più tardi, nel 1933 e in seguito nel 1937, altre due spedizioni stavolta composte da un centinaio di partecipanti si calarono, usando delle funi, all'altezza degli occhi della figura nel tentativo di constatare l'autenticità o meno della leggenda.

Iscrizioni Fenicie?

Nel 1946, secondo un articolo risalente al 1956, il Centro Escursionistico Brasiliano conquistò l'orecchio destro della testa, situato in una posizione molto difficile da raggiungere, giacché, con un'inclinazione di 80 gradi rispetto al terreno, un solo errore per gli scalatori risulta fatale, provocando una caduta libera di circa 20 metri. Nell'orecchio della testa monumentale si trova l'entrata di una grotta che conduce ad una caverna sotterranea lunga e stretta che attraversa tutta la roccia fino all'altra estremità. 

Nel 1972 alcuni rocciatori della Equipe Neblina scalarono la Paredáo do Escaravelho, la parete est della testa, e si imbatterono nelle iscrizioni che si trovano a circa 30 metri più in basso rispetto alla sommità, in un punto estremamente scosceso. Sebbene Rio presenti un tasso annuale di precipitazioni piovose molto alto, le iscrizioni erano ancora quasi intatte. Nel 1963 l'archeologo Bernardo A. Silva Ramos, le tradusse così: LAABHTEJ BAR RIZDAB NAISINEOF RUZT, che, letto al contrario risulta: TZUR FOENISIAN BADZIR RAB JETHBAAL, ovvero: TIRO FENICIA, PRIMOGENITO DI JETHBAAL.


Queste, solo alcune delle circostanze che fatto nascere numerose leggende sulla roccia. La grande testa con due occhi (non molto profondi e non comunicanti tra loro) e orecchie; le enormi rocce sulla sommità della testa, simili a una sorta di corona o di un ornamento; una grande cavità a forma di portale nella parte nord-est della testa, alta 15 metri, larga sette e profonda due; un osservatorio nella parte sud-est, simile ad un dolmen e contenente incisioni; un punto culminante somigliante ad una piccola piramide, formato da un singolo blocco di pietra, al vertice della testa; le controverse iscrizioni sulla parete rocciosa; alcune altre piccole iscrizioni che ricordano serpenti, raggi solari, sparse su tutta la cima del monte; e la posizione di un presunto naso che sarebbe crollato molto tempo fa.

Una scoperta da tenere segreta

Roldáo Pires Brandáo, presidente dell'Associazione Brasiliana di Speleologia e Ricerca Archeologica di Rio, ha dichiarato: "Si tratta di una sfinge scolpita nel granito dai Fenici, con volto umano ed il corpo di un animale disteso. La coda deve essere caduta a causa di erosioni nel tempo. La roccia, vista da lontano, possiede la magnificenza dei monumenti faraonici e riproduce, in uno dei suoi lati, il volto severo di un patriarca" (fonte: O Globo). 

Sappiamo che nell'856 A.C. Badezir prese il posto di suo padre sul trono reale di Tiro. Forse la Pietra di Gávea è la tomba di quel re? A Niterôi, Campos e Tijuca sono stati ritrovati altri siti che confermerebbero l'effettiva presenza dei Fenici nella zona. In un'isola a largo della costa di Paraéba, Stato del Brasile molto distante da Rio, sono state scoperte alcune rocce ciclopiche e le rovine di un antico castello con enormi sale, lunghi corridoi e passaggi.

Secondo alcuni esperti il castello sarebbe una delle vestigia lasciate dai Fenici; altri non concordano. Robert Frank Marx, archeologo americano intenzionato a scoprire le prove di navigazioni trans-oceaniche di epoca pre-Colombiana in Brasile, iniziò nell'Ottobre 1982 una serie di immersioni nella baia per individuare una nave fenicia naufragata e provare che le coste brasiliane erano state esplorate da civiltà orientali, in tempi remoti. Non trovò il vascello, ma quello che scoprì è di immenso valore. A questo proposito il quotidiano O Globo scrive: "Il caso delle terrecotte fenicie nella Baia di Guanabara è stato trattato con estrema segretezza ed il loro ritrovamento è stato svelato solo un anno dopo, nel 1978, tramite informazioni molto vaghe. Il nome del sommozzatore che ha rinvenuto i dodici reperti archeologici è stato rivelato solo ieri, dopo una conferenza al Museo Marittimo, dal presidente dell'Associazione Professionale per le Attività Subacquee, Raul Cerqueira". Tre i vasi ritrovati. Uno restò nelle mani di José Roberto Teixeira, il sub che scoprì i vasi; gli altri due andarono ai Marines. I pezzi, della capacità di 36 litri, dovrebbero essere sotto stretta sorveglianza del governo brasiliano.

L'ingresso di Agartha

Alcuni sostenitori dell'esistenza del leggendario regno di Shambalah, un vasto impero sotterraneo contenente migliaia di abitanti e la cui capitale sarebbe la mitica Agartha, sostengono che il nostro mondo abbia luoghi d'accesso segreti situati in alcune zone del pianeta. Secondo loro, in Brasile vi sarebbero tre entrate che conducono ad Agartha: Le Sette Città di Piaué, le Montagne di Roncador (MT) e... la Pietra di Gávea. Il portale trovato sul lato sinistro, visibile dal basso, a 800 metri di distanza, potrebbe costituire l'entrata per tale mondo. Vi sono resoconti di scalatori che affermano di aver visto delle luci filtrare attraverso le fessure intorno ai lati della pietra incastrata nel portale, o presunta porta, che ostruisce l'ingresso ad Agartha.

Secondo la mitologia persiana, in corrispondenza dei punti cardinali della Terra esistono quattro stelle guardiane del cielo e la Pietra di Gávea sarebbe sotto la loro protezione, esse sono: Aldebaran a Est, Fomalhaut a Sud, Regulus a Nord ed Antares a Ovest. Alcuni ritengono che la pietra sarebbe protetta da poteri cosmici non appartenenti alle forze divine nè alle forze maligne note all'uomo.

Nel 1937 due scienziati furono ricoverati in una clinica dopo aver trascorso una notte sulla montagna, dove giurarono di aver visto un'insolita luce verde fuoriuscire dalle fessure intorno al portale, attraverso le quali scorsero diverse statue dalle fattezze umane. Sebbene vi siano valide prove del fatto che la pietra fosse effettivamente un qualche tipo di segnale e che quindi meriti di essere sottoposta ad uno studio più approfondito, il sito resta principalmente una meta per escursionisti, turisti e ricercatori. Se essa sia stata o meno la tomba di Badezir o rappresenti l'ingresso per il leggendario regno di Agartha è difficile stabilirlo. La zona è in parte ancora inesplorata e numerosi interrogativi non sono stati ancora sciolti. 

Chi saranno stati gli autori di un monumento così grandioso? Potrebbe essere stato il medesimo popolo che scolpì le linee di Nazca o edificò le mura sommerse di Bimini nelle Bahamas? I costruttori sono stati forse i Fenici? E se lo erano, come riuscirono ad attraversare l'oceano? Il mistero permane, mentre il volto di un gigante nascosto continua a guardare il sorgere del Sole, come in attesa che qualcuno riesca a svelare i suoi segreti.

domenica 27 luglio 2014

Il serpente dell’Eden era un ingegnere genetico

di Cristiano Patuzzi – Nuova Auras - sulla base delle traduzioni ebraiche di Mauro Biglino bibliche, extrabibliche e documentazioni sumero-accadiche


Leggere la Bibbia (Antico Testamento; la Torah ebraica corrispondente al nostro Pentateuco) per come è scritta (naturalmente da traduzione letterale originale) e senza calarci dentro mille interpretazioni o significati misterici, evidenzia una storia completamente diversa da quella alla quale siamo stati abituati. Molto probabilmente gli autori, in realtà, ci hanno raccontato reali cronache storiche e non artificiose metafore. La sua lettura letterale acquisisce, a questo punto, una logica lucidissima e una coerenza scientifica strabiliante; dissolve ogni dogma e va a colmare ogni buco e ogni lacuna sia evolutiva, sia mistica.

Premessa

Dalle traduzioni letterali effettuate sui testi originali in ebraico (consiglio i libri e le conferenze di Mauro Biglino – nella sezione Video) si scopre che la narrazione biblica racconta in realtà una storia molto diversa da quella interpretata e veicolata dalla filologia e dalla teologia ebraica e successivamente cristiana.

Molto rapidamente; (Qui per un ottimo approfondimento) i termini Elyon, Elohim e Yahweh, che gli esegeti ebrei prima e le traduzioni teologiche cattoliche dopo, hanno unificato con la figura unica di Dio; in realtà descrivono tre differenti parole per tre differenti significati.

Elohim 
innanzitutto è un termine ebraico plurale (del singolare El o Eloah) che viene tradotto in molti modi quali “gli splendenti” “Coloro che discendono” “Governatori” “legislatori” e per quanto la teologia miri a convincere che sia stato usato il plurale come accrescitivo della potenza di Dio, in molti diversi passi dell’antico testamento tale giustificazione cade in palesi contraddizioni. Nei testi originali appare ogni volta che nella traduzione italiana troviamo la parola “Dio”. Calato nel contesto delle scritture nella loro completezza, emerge in modo evidente che gli Elohim erano un nutrito gruppo di individui assolutamente in carne e ossa, corrispondenti agli Anunnaki descritti nelle tavolette cuneiformi sumero-accadiche.



Elyon 
corrisponde alla traduzione italiana “l’Altissimo”. In Deuteronomio (cap. 32  ver. 8) viene descritta la suddivisione della Terra in Nazioni e la spartizione dei popoli tra gli Elohim. [Nella traduzione masoretica, così come nella versione cattolica, il termine plurale Elohim come destinatari delle assegnazioni da parte di Elyon, viene sostituita con israeliti: "Quando l'Altissimo divideva i popoli, quando disperdeva i figli dell'uomo, egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli Israeliti"]. Naturalmente il testo originale non menziona affatto il termine “israeliti” in quanto a quel tempo né il popolo né la lingua ebraica esistevano. Tuttavia le esigenze teologiche non potevano permettersi di lasciare il termine Elohim, sarebbe stato assolutamente troppo esplicita la pluralità degli “Dei”. In sostanza dai testi originali si evince che Elyon era con molte probabilità il comandante supremo degli Elohim e discese sulla Terra solamente in pochissime occasioni. Al tempo della spartizione delle Nazioni e in occasione di un concilio (riunione) di Elohim narrata in Salmi 82:  “Dio si alza nell’assemblea divina, giudica in mezzo agli Dei” “Io ho detto: Voi siete Dèi, siete tutti figli dell’Altissimo“. “Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti..” In questa narrazione l’originale traduzione ci racconta come durante un’assemblea degli Elohim, Elyon si alzò e parlò loro riprendendoli. Disse loro, voi siete tutti Elohim, ma ricordate che anche voi morirete, proprio come gli Adàm.

Gli Elohim erano presumibilmente una razza (presumibilmente non umana) ma certamente in carne e ossa, il loro aspetto (tratto da pochissimi indizi veterotestamentari e scritti extrabiblici) li descrive come alti, dalla pelle coriacea bianca come il latte, capelli bianchi argentei e occhi grandi e iridescenti. (nell’immagine di copertina potete vederne una ricostruzione) Vengono considerati eterni o immortali (come Dei) ma solo per una loro spropositata longevità rispetto all’Adàm (abitanti dell’Adamà, letteralmente i terrestri) pare potessero vivere dai 20 ai 30.000 anni ma potevano essere uccisi come chiunque altro.

Yahweh il nome di Dio secondo l’ebraismo e la Chiesa Cattolica. Nei testi biblici tradotti compare come “Signore” “l’Eterno” “Dio di Israele”. Secondo la tradizione Il suo nome fu pronunciato a Mosè nel famoso incontro sulla montagna (Libro dell’Esodo). In realtà ai tempi (presunti) di Mosè la lingua ebraica non esisteva ancora, sorge quindi spontanea la domanda: in quale lingua fu pronunciato originariamente? Le genti uscite dall’Egitto vissero per almeno quattro secoli in quelle terre, pertanto è presumibile che parlassero l’egiziano o al limite l’amorreo (una forma proto-semitica) Alcuni studiosi e pensatori ebrei asseriscono che il popolo uscito dall’Egitto con Mosè fosse composto da soli egiziani. Originariamente del termine si conosce solo il famoso tetragramma יהוה trascritto la prima volta 400 anni dopo essere stato pronunciato, corrispondente al consonantico YHWH e vocalizzato in YaHWeH solo dopo altri 1.600 anni. Si può presumere che l’Eloah pronunciò il proprio nome nella sua lingua e fu successivamente riprodotto secondo la fonetica semitica.

Nonostante nella Bibbia il nome di “Dio” comparve con Mosè, in alcuni scritti ancora più antichi ritrovati in Libano (ai tempi terra dei Fenici), viene menzionato il nome di Yhwh come figlio giovane di uno dei capi Elohim di quel territorio. Anche nella stele di Mesha (Giordania) del IX secolo a.c. viene trovato il nome Yhwh in contesa con l’Eloah Kemosh (divinità moabita). Di Kemosh si parla anche in relazione alla guerra durante la quale la valle di Sodoma e Gomorra fu distrutta dalle “armi del terrore” utilizzate da un altro Eloah, Ninurta (sumero-accadico, figlio di Enlil fratello di Enki) regnante in Assiria (odierno Iraq). Altri testi extrabiblici riportano che Yhwh era conosciuto già secoli prima, in altri territori, con il nome di Shaddai; inoltre nei libri della Bibbia copta si parla anche della sua compagna Asherah. Sul fianco della giara di Kuntillet Ajrud, sono presenti motivi iconografici che mostrano tre figure antropomorfiche e un’iscrizione che nomina appaiati «Yahweh [...] e la sua Asherah». Conosciuta anche con il nome di Anat o Ashratum.


Creazione dell’uomo (Homo sapiens)

Secondo le scritture bibliche (originali), così come nei testi sumero-accadici (per altro ancora più precisi e dettagliati), gli Elohim decisero di fare l’Adàm incrociando il loro DNA con quello dell’ominide presente sulla Terra (L’Adamà). Nella Genesi sono due gli episodi relativi alla creazione; nel primo, secondo la tradizione, troviamo scritto: “Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza”. La traduzione corretta e letterale dall’ebraico recita: “Gli Elohim (ricordiamo che è plurale e infatti anche i verbi che seguono lo sono) dissero facciamo l’Adàm con la nostra immagine (DNA), l’Adàm sarà a nostra somiglianza”.

In ebraico viene utilizzato il termine “Zelem” che significa “quel qualcosa che contiene l’immagine” ed essendo un vocabolo derivante dal verbo “Zalem”  che indica “tagliare fuori” (estrarre – togliere), descrive in modo chiaro che l’immagine degli Elohim è contenuta in un qualcosa che è stato “tagliato fuori” dagli Elohim. Nelle cronache sumero-accadiche è esplicitamente descritto che quel “qualcosa” fu estratto dal sangue di giovani Anunnaki maschi. Si parla pertanto della metà “donatrice” cioè il primo racconto parla del DNA Elohim.

Nel secondo racconto si narra che Dio modellò l’uomo dalla terra e vi soffiò dentro la vita. “allora il Signore Dio modellò l’ uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’ uomo divenne un essere vivente”.  Nella versione originale il termine tradotto con polvere (argilla, fango) in realtà descrive “la forma” cioè la matrice nella quale inserire il “soffio di vita”. Si parla pertanto della metà “ricevente” cioè il secondo racconto parla del DNA dell’Adàm. Un palese riferimento a una operazione di ingegneria genetica con il quale gli Elohim hanno contribuito allo spropositato e ancora oggi inesplicato salto evolutivo dell’uomo rispetto a tutti gli altri primati terrestri. L’anello mancante dell’evoluzione non è stato ancora trovato in quanto non esiste; ciò che ha fatto la differenza è stata “l’immagine” degli Elohim.

Recentemente i genetisti si sono accorti della presenza nel genoma umano di parti consistenti di DNA inizialmente denominato “spazzatura” poiché non codificante, parte che non dovrebbe esistere nei nostri geni.

Adamo ed Eva

Innanzitutto va precisato che nelle scritture bibliche originali la parola Adàm (come già intuibile dai passi precedenti) non determina un individuo ma una specie, l’articolo determinativo presente nei testi ebraici (l’Adàm) ne è la prova. Come descritto ampiamente e con dovizia di particolari dalle tavolette sumero-accadiche, gli Anunnaki eseguirono diversi esperimenti prima di raggiungere il successo, generando l’Uomo. Sono descritti almeno sette tentativi andati male (aborti, mostruosità, menomazioni e mutazioni), addirittura scrissero che fu prelevato il sangue direttamente dal capo supremo (Elyon?), nella speranza di una migliore qualità genetica; tuttavia anche in questo caso il risultato fu un fallimento totale. Questi racconti ci confermano che la “creazione” dell’Uomo avvenne a fronte di una lunga catena di tentativi ed esperimenti assolutamente di natura genetica, non creazionista.

Tornando alla Bibbia, fatto l’Adàm (inteso come specie), gli Helohim (o Anunnaki) lo posero in Eden e gli affidarono ogni sorta di animale e la cura del “giardino”. Presumibilmente affidarono agli “umani” la cura dei campi, degli alberi da frutto e del bestiame, all’interno del loro centro di comando (l’Eden). A un certo punto gli Elohim si accorsero che l’uomo non trovava negli animali una compagnia che gli fosse simile.


(ndr: se mantenessimo l’interpretazione teologica, secondo la quale Elohim è Dio, in questo passo viene da pensare che “Dio” inizialmente abbia sbagliato, creando gli animali come compagnia all’uomo e non creando direttamente la donna) E’ evidente che l’assenza femminile abbia portato negli Adàm una certa promiscuità e che i naturali fisiologici istinti sessuali venissero sfogati sia in modo omosessuale che verso altre specie.

Gli Elohim decisero quindi di creare la femmina e nel relativo passo biblico (Genesi 2,21) è evidente si parli di una operazione chirurgica con la quale venne estratto del materiale da “parte laterale ricurva” (tradotta con “costola” ma presumibilmente relativa alla cresta iliaca).
Una curiosità interessante

Gli studiosi ebraici sostengono, tramite il Talmud, che a creare l’uomo non furono gli Elohim bensì i Refahim o Rofim (secondo la vocalizzazione), che identificherebbe i loro medici. Infatti il termine Refahim descrive la funzione, non la razza o specie. (come Malachim che indica la funzione di portatore di ordini “messaggero”, in greco anghelos, in latino angelus e infine in italiano angelo) Da ciò si può ritenere che sia Elohim che Refahim possano essere corretti in quanto gli Elohim dediti alla funzione medica acquistavano l’appellativo di Refahim. E’ il plurale di Refael o Rafael dal quale deriva il nome Raffaele. E’ curioso che oggi l’Arcangelo Raffaele sia ricordato come il protettore della medicina e dei dottori. (Il San Raffaele di Milano è sormontato da una enorme statua di San Raffaele)

cresta_iliaca

Oggi le cellule staminali vengono prelevate tramite aspirazione di sangue midollare proprio dalla cresta iliaca (parte laterale ricurva). La Bibbia scrive: “Allora l’Eterno DIO fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; e prese una delle sue costole, e rinchiuse la carne al suo posto”. Incrociando ancora una volta i testi biblici con i resoconti sumero-accadici si può leggere in queste righe che gli Elohim indussero nei soggetti un sonno profondo (anestesia totale) e prelevarono dall’Adàm le cellule staminali dalla cresta iliaca. Fatto ciò richiusero le carni al loro posto e con ciò prelevato procedettero, tramite clonazione e interventi genetici, alla produzione di soggetti femminili, le Eva.

Il peccato originale e il serpente

All’interno del giardino (dell’Eden) ci dicono essere stati posti due alberi: l’albero della vita e quello della conoscenza del bene e del male. In realtà su questo argomento la Bibbia fa un po’ di confusione mischiando più volte l’uno con l’altro.

Tutti conosciamo bene la storia della mela e il serpente; tuttavia la teologia fa apparire il racconto come una fiaba o quanto meno una metafora finalizzata all’inserimento del peccato originale. (la disobbedienza a Dio)

(ndr: Se paragoniamo la disobbedienza nel mangiare un frutto rispetto a ogni sorta di aberrazioni che l’uomo ha commesso, dall’alba dei tempi a oggi, viene da pensare che nella giustizia divina vi sia ben più che una lacuna o come minimo oggi dovrebbe radere al suolo l’intero pianeta). Evidentemente una lettura letterale e corroborata da una corretta traduzione e ricerche trasversali (testi extrabiblici e parallelismi con tutte le altre culture) riescono a colmare gli innumerevoli buchi logici oggi resi dogmatici dalla filologia ebraica e dalla teologia cattolica.

Quanto scritto originariamente nella Genesi è molto più concreto di quel che traspare dalle visioni spiritualistiche. Bisogna innanzitutto sapere che i Refahim o Rofim biblici possono essere ricondotti ai corrispettivi sumero-accadici “Kashdeian” ovvero il gruppo di Anunnaki (Elohim) dediti alle scienze biomediche. (secondo gli studi di un sumerologo del Christ College di Cambridge). Il serpente che ha la tana sotto terra indicherebbe simbolicamente gli studi che vanno in profondità e la sua raffigurazione intrecciata riproduce con tutta evidenza la doppia elica del DNA.


Si riscontra che i Kashdeian venissero chiamati “serpenti” divisi in due categorie: i serpenti a un occhio (scienziati dediti agli studi astronomici) e quelli a due occhi (ingegneri genetici e biologi), occhi rispettivamente descrittivi degli strumenti tecnologici utilizzati, il telescopio (uno) e il microscopio (due).

Ciò che biblicamente viene descritto come il frutto del peccato non è mai indicato come mela ma solo “frutto”, mela presumibilmente deriva, nelle più recenti traduzioni teologiche, dall’analogia con il termine latino malus. L’albero della conoscenza altro non era che la consapevolezza della propria sessualità e della sua funzionalità di procreare in modo naturale. (Fino a quel momento a produrre gli Adàm ci pensavano gli Elohim). A questo fa riferimento il passo in cui si dice che mangiando del frutto della conoscenza l’uomo sarebbe diventato come “Dio”; allude alla capacità di procreare autonomamente (ovvero creare la vita), proprio come gli Elohim.

Il serpente dell’Eden era molto probabilmente un Kashdeian (Refahim), conosciuto allora come uno dei “serpenti” alcuni sostengono fosse addirittura il genetista stesso che programmò e seguì l’incrocio genetico con gli Elohim (pertanto il nostro “creatore”). Molti lo identificano con Enki (Dio sumero-accadico), fratello di Enlil, entrambi figli dell’altissimo (Elyon?) e che si dividevano il comando sulla Terra. Mentre Enlil esigeva che gli Adàm fossero tenuti sotto loro diretto controllo e che la loro (ri)produzione fosse subordinata e programmata, Enki desiderava per le “sue” creature, la possibilità di riprodursi ed evolversi naturalmente. Concesse agli Adàm la fertilità, rendendoli quindi uguali a loro. I capi della fazione di Enlil disapprovarono tale azione e come conseguenza “cacciarono” gli Adàm dal Gad-Eden. Questa non fu in realtà una condanna (come espresso dalla teologia) bensì una sentenza post evento. I passi che descrivono le “punizioni” di Dio:

“Tu uomo lavorerai il suolo con il sudore”

altro non è che una logica ovvietà; finché vivevano nell’Eden, al cibo pensavano gli Elohim; ora l’uomo per mangiare dovrà cavarsela da solo, lavorare la terra e andare a caccia. Nessuna condanna, ma semplice conseguenza.

“Tu donna partorirai con gran dolore”

altra ovvietà; finché vivevano nell’Eden, alla riproduzione pensavano gli Elohim, fino all’intervento di Enki (il serpente) gli Adàm non erano fertili e venivano “prodotti” presumibilmente in vitro. Con il raggiungimento della fecondità e la possibilità di riprodursi autonomamente, le femmine (le Eva) avrebbero sperimentato che partorire è doloroso (esperienza naturale vissuta anche dagli Elohim). ancora una volta nessuna condanna, ma semplice conseguenza della loro scelta.

Anche il concetto della conoscenza del bene e del male (nella filologia ebraica mai espressi come aspetti spirituali o morali ma assolutamente pratici e concreti) è semplicemente la sperimentazione diretta di ogni aspetto della vita, positivo o negativo. In sostanza gli Elohim concessero all’Adàm la libertà di sperimentare la loro nuova condizione: “bene, ora che siete come noi, andate e vivete ogni esperienza positiva o negativa della vostra nuova condizione”. 

L’albero della vita

Genesi 3,22 “Il Signore Dio disse allora: Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!” In questo passo biblico torna il plurale “noi” relativo a “Dio”.

La preoccupazione di Enlil fu che l’Adàm, ormai in grado di procreare liberamente, potesse accedere all’altra caratteristica tipica degli Elohim, la loro spropositata longevità. I nostri genetisti odierni hanno appena cominciato a capire i meccanismi responsabili della degenerazione cellulare, gli errori di “copia” del codice genetico ad ogni sua replica. Gli Elohim è probabile avessero una tal conoscenza genetica da aver sconfitto tali perdite di informazioni del DNA ed essere pertanto in grado di vivere fino a oltre 35.000 anni. E’ pensabile quindi temessero che l’uomo potesse ottenere accesso a tali conoscenze (non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre).

Chiedo scusa per eventuali eccessive semplificazioni e qualche eventuale errore; prendete tutto ciò alla stregua di una favola (Adam Kadmon docet) …ma riflettete sulla lucidità e logicità di questa versione che è quanto ricavabile da una semplice lettura letterale e basata su un racconto dei fatti incontrovertibilmente condivisibile da tutti gli scritti antichi delle più svariate culture, dal medio oriente, all’oriente, dai nativi americani alle tribù africane ai popoli precolombiani dell’America latina.

Per chiudere, mi scuso con chiunque abbia fede in qualsiasi religione o culto, precisando tuttavia che quanto qui descritto non vuole in nessun modo escludere l’esistenza di Dio (trascendente e spirituale), semplicemente questo Dio non è menzionato nelle scritture ebraiche originali. Ritengo che la Bibbia narri la storia di un popolo e la sua relazione con uno degli Elohim, Dio …quella è tutta un’altra storia!

17 dicembre 2013 – Cristiano Patuzzi – Nuova Auras

sabato 26 luglio 2014

Atlanticast Risponde


Con la pubblicazione della puntata speciale "Atlanticast Risponde"

http://www.atlanticast.com/podcast/atlsp0003.mp3

si chiude la prima serie di Atlanticast, il podcast collegato al Progetto Atlanticus.

Cogliamo l'occasione per ringraziare tutti gli affezionati podcascoltatori che ci hanno seguito con tanta passione fino a oggi ricordandovi che, in attesa della ripresa delle trasmissioni a metà settembre, la pagina ufficiale e le pagine facebook del progetto rimarranno operative per tutto il periodo estivo.


Progetto Atlanticus, che resterà attivo anch'esso per tutto il periodo estivo, pubblicherà inoltre sulle sue pagine facebook/twitter i link a tutte le puntate della prima serie per permettere a chi abbia iniziato a seguirci successivamente alla pubblicazione della puntata di recuperare prima dell'inizio della seconda serie...


Iscrivetevi numerosi alle pagine del Progetto Atlanticus! Vi aspettiamo con succulenti novità dopo l'estate.

Nel frattempo la redazione di Atlanticast e Progetto Atlanticus augurano buone ferie a tutti 

venerdì 25 luglio 2014

Cibele

Divinità dell’Antico Oriente e Greco-Romana, è conosciuta con varie denominazioni. Il nome Cibele o Cibebe predomina nella letteratura greca e romana a partire dal Quinto secolo avanti Cristo. Il suo nome completo, a Roma, era Mater Deum Magna Mater.

La grande Dea Pagana Cibele (Kybele: “Keh – Ba’al – Leh” – colei (la divinità) che dimora nelle caverne, nelle grotte), sarebbe stata confusa e nel tempo conosciuta, successivamente ad una serie di trasformazioni operate dai Greci, come Sibilla/e. La grande Dea dell’Asia Minore è la più antica Dea conosciuta dalla storia, anticipando di ben 5000 anni le divinità Sumere e dell’Antico Egitto, così come le derivate divinità greche e romane, ponendosene inoltre come archetipo fondamentale.

Una immagine trovata a Catal Huyuk, datata ad 8000 anni fa, rappresenta la Dea Madre acquattata in procinto di partorire, affiancata da due leopardi. Nei secoli successivi, i leopardi sarebbero stati sostituiti dai leoni – Atalanta e Ippomene dopo la metamorfosi, nonostante il fatto che i leopardi fossero ritenuti leoni femmina nell’antichità. La sua adorazione era di solito combinata con quella del Toro Celeste, la cui presenza è prominente a Catal Huyuk.

Le leggende sono in accordo nel situare la nascita dell’adorazione della Dea Madre nell’area della Frigia, in Asia Minore (odierna Turchia centro-occidentale), ed in epoca classica il centro più importante del suo culto era a Pessinus, città situata alle falde del monte Dindymus, o Agdistis (di qui alcune sue denominazioni quali Dindymene ed Agdistis). Tuttavia, l’esistenza di numerose divinità simili in aree esterne alla Frigia sta ad indicare che Cibele rappresentasse la forma Frigia di una dea della Natura comune a tutta l’Asia Minore. A partire dall’Asia Minore, il suo culto si diffuse poi nel territorio greco. I Greci riconobbero nella Grande Madre una notevole somiglianza con la propria dea Rhea finendo con il tempo con l’identificarle completamente.

Durante l’invasione della penisola italiana ad opera di Annibale, nel 204 avanti Cristo, i Romani seguirono le istruzioni dettate da un oracolo della Sibilla in base al quale il nemico sarebbe stato sconfitto e scacciato solo se la “Madre Idea” fosse stata portata a Roma, insieme al suo simbolo più sacro,una enorme meterorite che si riteneva fosse caduta dal cielo. La sua identificazione da parte romana con divinità quali Maia, Ops, Rhea, Tellus e Cerere contribuì notevolmente all’affermarsi del suo culto. Alla fine del periodo repubblicano, il culto di Cibele si era decisamente affermato, mentre nel periodo imperiale divenne uno dei principali culti del mondo Romano.

La grande Madre Cibele fu portata da Pergamo a Roma nel 204 avanti Cristo.

La dea fu accolta con tutti gli onori dai più importanti cittadini Romani. Il Pontefice Massimo(Pontifex Maximus) le tributò un assai caloroso benvenuto e la Dea divenne la Magna Mater o “sacra” (“holy”) Madre di Roma:

“Quando Cibele fece il suo ingresso a Roma, ella rappresentava la dea che, provenendo da un mondo antico,  giungeva nel nuovo a garantire la vittoria. E’ quindi facile arguire il perchè della sua iniziale collocazione nel Tempio della Vittoria. Nello stesso anno del suo arrivo, comunque, la costruzione di un tempio, a lei espressamente dedicato, fu affidata ai Censori M. Livius Salinator e C. Claudius Nero. Dopo tredici anni – un periodo così lungo fu probabilmente dovuto alle difficoltà di quei giorni – il nuovo edificio in suo onore venne quindi inaugurato dal Pretore M. Junius Brutus il 10 Aprile del 191 avanti Cristo. Le nuove rilevazioni archeologiche operate da Pietro Romanelli nel 1951 hanno mostrato che ad oggi ben poco è rimasto dell’originale costruzione. L’anniversario dell’inaugurazione di questo tempio veniva celebrato annualmente”. (Vermaseren, Cybele and Attis, p. 41.)

In tutti i loro elementi caratteristici, tanto Romani, quanto Greci ed Orientali, la grande Madre era caratterizzata essenzialmente dalle stesse qualità. La più prominente tra queste riguardava il concetto della sua universale maternità. Ella rappresentava la grande madre non solo degli Dei ma anche degli uomini e degli animali. Era anche chiamata Montagna Madre o Madre Montagna, ed un’enfasi particolare era posta sul concetto della sua maternità nei confronti della natura selvaggia. Tale aspetto si manifestava in particolare nel carattere orgiastico della sua adorazione. I suoi mitici assistenti, i Corybantes, erano esseri selvaggi, semi-demoniaci. I suoi sacerdoti, i Galli o Galloi, venivano castrati nel momento in cui entravano a servizio della Dea.

L’auto-mutilazione era giustificata sulla base del mito riguardante il suo amante, il Dio della fertilità Attis, eviratosi all’ombra di un albero di pino, punto in cui era sanguinato fino alla morte. Alle festività annuali dedicate a Cibele (tra il 15 ed il 27 Marzo), un albero di pino veniva tagliato e portato nel suo tempio dove veniva onorato come una divinità ed adornato di violette, le quali si riteneva originatesi dal sangue stesso di Attis. Il 24 Marzo, il “Dies Sanguinis” o”Giorno del Sangue”, il suo sacerdote più importante, chiamato Arci-Gallus, si inferiva ferite alle braccia per trarne il sangue da offrire in dono alla Dea al suono di cimbali, tamburi, e flauti, mentre il clero minore danzava vorticosamente inferendosi ferite sul corpo intorno al suo altare bagnando così di sangue il pino sacro e l’altare stesso della Dea. Il 27 Marzo, la statua argentea della Dea, adornata da una piccola pietra sacra incastonata sul capo, veniva condotta in processione e bagnata nell’Almo, un tributario del fiume Tevere.

STRUTTURA RELIGIOSA

In ogni tempio della Dea, l’Alta Sacerdotessa ricopriva il ruolo più importante, seguita dagli Arci-Galli.

Immeditamente sub-ordinate nello status erano le Sacerdotesse ordinarie. Al punto più basso della gerarchia si trovavano i Galli o Galloi.

Perpetuarsi dell’adorazione di Cibele presso il Phrygianum restaurato sul colle Vaticano

L’altare principale della Dea Frigia Cibele, dai quali numerosi modelli di altari con iscrizioni sono derivati, era situato in un luogo non ben identificato vicino alla Basilica Vaticana. Dovrebbe essere stato chiuso in occasione delle misure prese dall’imperatore Teodosio contro i culti pagani tra il 391 ed il 392 dopo Cristo. Tra i numerosi altari con iscrizioni ritrovati, vi è questo altare dedicato a Cibele ed Attis, adornato con il pino sacro di Attis, un toro, un ariete, un souvenir dei sacrifici condotti ed i numerosi oggetti di culto. La data esatta della dedica alla Dea è inscritta sull’altare stesso: il 19 Luglio del 394 d.C.

giovedì 24 luglio 2014

Anima e Corpo - Elettricità e Lampadina

L’elettricità non si accorge se dà luce a una lampada, a un frigorifero o a una centrale elettrica. Sembra una frase assurda, eppure è un esempio tangibile di quanto succede alla coscienza, al senso di esistere. 

Per uno strano meccanismo, al momento del risveglio improvviso dal sonno profondo, questa vaga sensazione legata al respiro, senza forma né colore, senza spazio né tempo, si accartoccia, prende forma in un ‘immagine di piccolo ‘’io’’ e il disco duro della memoria si mette in moto. 

Il corpo-mente è come la lampadina, il senso di essere l’elettricità. 

La radio o la tv non si mettono in testa di essere ”diverse o speciali”, dotate di autonomia e di volizione propria.


L’entità “io”- a cui si aggiungono nomi e concetti a non finire – si carica invece del peso di infinite immagini e memorie – e perde l’immaterialità senza nomi o etichette della sua vera natura. 

Siamo talmente proiettati sul nostro schermo gigante che contiene mondi e galassie, regge e prigioni, assassinii e nascite, che non ci accorgiamo non solo che provengono dal nostro video interno – soprattutto quello che cerchiamo di tener nascosto, sia per apparire bravi ragazzi o il contrario, secondo l’immagine che abbiamo curato fin dalla nascita – ma che basta un colpo di spugna(stati di incoscienza) per annullare sia temporaneamente che per sempre un film amato o detestato. 

Pur sempre un film anche in 3D, che può dissolversi o infrangersi, come se una bomba producesse un enorme buco in un magnifico quadro gigante. Una specie di Truman show in cui navighi su mari calmi e burrascosi finché ti accorgi che sei arrivato… ad un muro: tutto era finto!

Siamo talmente inzuppati fin dalla nascita in questo super-show che ora moltiplichiamo attraverso la rete, la Tv, gli I-pod, smart-phone e oggetti simili, in una ragnatela così fitta che sembra invalicabile. Pochi hanno il coraggio di porsi la domanda che annullerà tutte le domande, per andare oltre: sono i disperati e i veri ricercatori, gli esploratori dell’impossibile. 

Un giorno dicono: “Basta!” e invece di ingarbugliarsi di più nei fili di ragno-maya(illusione primordiale)o prendono una spada e tagliano il nido di fili o tornano indietro del tutto.” Da dove sono venuto?” iniziano a chiedersi. 

“Chi o cosa sono veramente? Cos’ero prima di essere concepito?” Una volta iniziata questa ricerca, si è catapultati alla rovescia, sempre più all’interno, finché nella notte buia della mancanza di immagini e di concetti “qualcosa” di completamente imprevisto scardina tutto. Ci si rende conto che non si è caduti in nessun baratro, ci si ritrova solo solidamente ancorati – e di nuovo qui è un paradosso – a nessun punto di riferimento. Anche il senso di esistere si rivela falso, una stampella che non è mai esistita, eppure il senso di libertà è indicibile. Da nessuna parte quindi… dappertutto. 

E il corpo? E il mondo? E le galassie e i milioni di anni? Volatilizzati. Appaiono ancora, ma diventano come le scene dei film in cui non puoi chiedere all’attore di cambiare vicenda o discorso. Allo stesso tempo diventano inutili tutte le diverse pratiche, le meditazioni, le devozioni, servite solo a stabilizzare la folle mente ballerina che invano cercava di rimanere in sella, creando ansie e gioie, drammi e successi per distrarre dalla ricerca che avrebbe provato la sua inesistenza.

Si è usciti dal grembo materno e dal mondo amniotico, dove si respirava attraverso il cordone ombelicale per ricadere in un altro utero gigante, cosmico, ma sempre limitato in cui il cordone è rappresentato dal sottile filo d’aria e dal senso di esserci che ci accomuna. Il primo pensiero ‘’esisto’’ è considerato l’elemento “terra” dal sistema antico cinese, ossia la “madre” che partorisce il pensiero iniziale, la radice dello show.

Il grembo, la matrix, è quello del mondo attorno a noi, sia nella veglia che nel sogno notturno. Ora si tratta di prendere definitivamente il volo, quello vero e definitivo. I cosmonauti ne hanno una vaga idea, un’inconscia ricerca di andare oltre lo spazio. Uscire dall’utero dell’illusione-matrice.


Questa matrice poi si veste delle finzioni più strane. Diventa lo Stato, il gruppo, l’etnia, la religione, la società, il club, il calcio e le organizzazioni più o meno benefiche o spirituali, anche quelle new-age. Sono tutti ombrelli per difendersi dalla Realtà! Anche i neo-guru che si vantano di portare la buona novella e organizzano continui seminari e intrattenimenti, per dire che l’ego non esiste, tutto è o.k. e che siamo già illuminati o che l’illuminazione è inesistente (il che è vero), creano malgrado questo una sottile stampella e mantengono in un limbo “spirituale e intellettuale” dove la mente fa ancora da padrona: rimangono nel senso di essere, quindi solo sulla soglia e trascinano i loro discepoli, che li seguono senza sosta, a rimanere…allo statu quo, con gran soddisfazione dell’ego-mente e con la beffa di essere arrivati a destinazione.

I pochi che scoprono che il più grande inganno è la “creazione mentale” della coscienza, il pensiero “esisto”, il primo ologramma che contiene potenzialmente tutta l’ipnosi spazio-temporale, la rifiutano e entrando nel fondo di se stessi, scoprono la frode galattica. Dopo questa rivelazione, poco a poco crolla anche tutta la costruzione del corpo e del mondo come se lo sono costruito, fondato su questo inganno iniziale.

In un primo tempo è necessario rendersi conto con lucidità del problema emozionale, del conflitto che si è infiltrato nel nostro sistema e ci condiziona. Sono questi i nodi che la mente ha elaborato per anni e che la costante attenzione neutrale e la meditazione mettono a nudo. In seguito anche il fatto di “accettare” ciò che accade, mantiene la separazione fittizia, anzi la rende meno visibile. C’è qualcuno(io) che accetta qualcos’altro o che perdona o che si rassegna a soffrire: sono giochi dell’ego-mente. Si tratta di vedere, senza ombra di dubbio, che c’è un “io”(inventato ma imperante) che si erge a giudice e soprattutto che è il pensiero su un determinato evento, la definizione di un’emozione o di un malessere che crea la sofferenza, non la cosa in sé. Se dovesse accadere al nostro vicino, saremmo dispiaciuti forse, ma non soffriremmo.

A questo punto anche “gli altri” chi sono? Esistono veramente o sono solo figuranti che ci creiamo nel film? Anch’essi fanno parte delle etichette elaborate dal sistema nervoso e cementate dal meccanismo della memoria. Se togli i pensieri, ossia non dài loro importanza, l’aria e l’io-sono che sono gemelli, non creeranno più la separazione: è solo quella che ci fa soffrire. Anche se hai un dolore fisico, è l’interpretazione o il “voglio o non voglio” che genera sofferenza. Anche il pensiero “morte” non farà più paura perché si tratta in definitiva solo di un pensiero o immaginazione e del terrore di abbandonare l’io-sono. Il corpo è indifferente, che uno sia vivo o morto.

- Si dà tanta importanza, si cura e si coccola il corpo come qualcosa di prezioso, ma quando l’aria non vi passa più ci si affretta a buttarlo via!- così si esprimeva Siddharameshwar Maharaj, maestro di Nisargadatta Maharaj.

Ormai la fisica quantica, le neuroscienze, l’astrologia transpersonale e l’omeopatia unicista ci raccontano la stessa cosa. Viviamo solo le nostre percezioni e reagiamo ad esse di conseguenza. Ringraziando le nostre “ombre” e idealizzazioni, cancelliamo l’apparente separazione che è solo dovuta a un’interpretazione. Possiamo poi costatarlo in ogni momento o vicenda quotidiana. 

Ormai da tempo si è potuto verificare che un organo malato corrisponde esattamente ad una funzione psichica ignorata o soppressa, un trauma dimenticato. Se assisto a cataclismi in realtà o al cinema, -ormai sono esperienze verificate – sono solo reminiscenze vissute al momento del parto che porto come semi germogliati in me e che sviluppandosi, proietto sullo schermo della vita. Come accennavo, alla nascita, appena tagliato il cordone ombelicale con un sospiro enorme di sollievo, continuiamo a conservarlo attraverso il filo d’aria nella matrice cosmica. 

Se viene a mancare a tutti l’aria, dove sono finite le città, le vicende politiche e la coda alle poste? Siamo ancora e sempre nuotanti nel liquido amniotico universale, nell’atmosfera e i suoi paesaggi dipinti dai nostri neuroni. Anche questi e tutto il sistema nervoso e il corpo, si rivelano concetti, apparenze.

Un’analogia mi venne in mente mentre osservavo la luna piena riflessa sul grande lago distante. Ne vidi un’altra(?) nel piccolo stagno davanti a casa e poi nella fontana poco distante. Quante lune in tutte le pozzanghere che sparivano all’alba e quanti soli nei milioni di pozze d’acqua nel mondo che sparivano la notte? Uno solo o miliardi? E che cosa sono i numeri? Convenzioni che iniziano dallo zero e finiscono nello zero.

Ricordo anche la storia (simbolica) dell’uomo che aveva una stanza fatta di specchi dappertutto e con luci e scenari diversi dipinti qua e là. Lui sapeva che specchiandosi era sempre lui pur con mille riflessi e sfumature diverse. Un giorno lasciò la porta socchiusa e vi entrò il suo cane che cominciò ad abbaiare furiosamente contro tutti quei simili sempre più inferociti. Fu talmente esausto che morì.

Si sente dire sempre più spesso: ”Tutto è un’illusione”. Questa frase non è considerata nella sua realtà profonda. Rimane ancora ben presente l’IO che lo determina e così il senso di essere o coscienza. Invece tutto quanto è un’illusione, non ci possono essere mezze misure. Se parlo di un miraggio, significa che sembra esserci, ci posso anche credere, ma in realtà NON esiste! Se il corpo, il mondo e l’io-sono che li contiene, sono prodotti o riflessi di una finzione, anch’essi lo saranno altrettanto. La nostra nascita è la nascita del tempo. Se lo spazio-tempo si rivela una costruzione del sistema neuronale, tutto svanisce come una bolla di sapone.

E i mondi paralleli? E i “viaggi” indotti dalle droghe, i voli sciamanici, gli stati di pre-morte, le apparizioni di divinità, di Madonne o di demoni? Sono sempre prodotti da quel sottile senso di esistere che si diverte a cambiare scenografie, per illuderci ancora di più. Facciamo tutto da soli. È sempre lo stesso mago incantatore che ci tieni sotto ipnosi e ci fa credere che cambiando spettacolo possiamo trovare libertà e felicità. Non cambia mai nulla. Non succede, non è mai successo e non succederà mai nulla, solo apparizioni inconsistenti. Vederlo con certezza significa già esserne fuori.

Tempo fa, ferma a un semaforo in una piccola cittadina tedesca intravidi un cartello su una porta con caratteri incisi ben visibili. C’era scritto: “Qui il 25 febbraio 1627 non è mai successo nulla”.

Accanto, vicino a un’altra porta: ”Qui neppure”. Segnali di un faceto o di un saggio?

Sogniamo di giorno, di notte, nei mondi paralleli, nei viaggi sciamanici e negli stati alterati di coscienza, finché c’è un filo d’aria che gira nei polmoni: è il nostro cordone ombelicale che non lasciamo andare. Ma chi sogna non è reale neppure quello. Fa parte del sogno. Questo spaventa il nido intricato chiamato mente che non molla la presa finché il fuoco della vera natura non riprende tutta la scena. Era sempre presente, prima del concepimento, milioni di anni fa e fra milioni di anni luce, ma era oscurata dal bozzolo dello spazio-tempo, invaghita dalle immagini olografiche belle o brutte della maga Circe potente e subdola o dalle sirene. Ecco perché Ulisse si fece incatenare all’albero della nave: voleva ascoltare, esserne cosciente, ma non farsi ammaliare e seguirle.

Al mercato rionale di un paese di lingua francese, colmo di bancarelle ben fornite di ortaggi e ogni ben di Dio, spicca uno strano banco vuoto con un cartello:

“Qui si vende vento”. 

Sincronicità o riflesso della realtà sempre presente?

mercoledì 23 luglio 2014

Il Ciclo del Sette

La biologia ci assicura che il nostro organismo rinnova completamente le sue cellule – ad eccezione di quelle del SNC – all’ incirca ogni sette anni (le più lente sono gli osteociti che hanno appunto un turnover di sette anni). Così allo scadere di ogni settimo anno il nostro corpo fisico non è più lo stesso


Questo dato della scienza moderna conferma misteriosamente ciò che la Medicina Cinese già affermava: che l’energia vitale, Jing, si sviluppa nella donna con cicli di sette anni (nell’ uomo più lentamente, otto anni). Ugualmente non poche altre tradizioni, come quella pitagorica, rilevano come la Natura segua spesso cicli settenari (la “legge dell’ Ottava”). Anche il fondatore della Medicina Antroposofica, Rudolf Steiner, ha evidenziato l’analogia fra l’evoluzione del sistema solare e dell’essere umano. Ha infatti collegato gli “Archetipi” simbolici dei pianeti alla biografia umana, mettendone in evidenza l’influenza nel corso dei vari settenni.

Vi è relazione con Luna, Mercurio e Venere, dalla nascita a 21 anni; Marte, Giove e Saturno dai 42 ai 63 anni. Dai 21 a 42 anni l’uomo trasforma la sua vita interiore sotto l’influsso del Sole.

1 - Nella prima triade (da 0 a 21 anni) avviene gradualmente lo “sviluppo corporeo” della persona umana, nelle sue parti costitutive.

● Primo settennio (infanzia). Lo sviluppo fisico è centrato sulla maturazione del sistema neurosensoriale. Per il lattante il senso del tatto (quindi il sentirsi accarezzato e curato con amore) è un veicolo fondamentale per il suo sviluppo, così come l’udito (tono di voce).  Il bambino piccolo è completamente dipendente dall’ambiente che lo circonda, in particolare dalla mamma (elemento lunare).  Il bambino assorbe le armonie e disarmonie che lo circondano, le percepisce con speciali ʺantenneʺ. LUNA, principio che “rispecchia”.

● Secondo settennio.Le forze eteriche si liberano dal loro involucro e cominciano a dare vita all’ attività del pensiero e della memoria. A livello fisico si completa lo sviluppo degli organi connessi con il sistema ritmico (cuore, respirazione, circolazione). Avviene il passaggio dai denti da latte a quelli permanenti. È l’età della scuola. Prendono molta importanza la figura del maestro e quelle dei compagni. A livello animico si sperimentano coscientemente forti correnti di simpatia e antipatia. Si sviluppa il pensiero, e la capacità di relazionarsi e comunicare, infatti questo settennio è sotto l’influsso di MERCURIO, dio che unisce e che comunica.

● Terzo settennio. A livello fisico si completa lo sviluppo degli organi sessuali e delle membra, gli arti si allungano. Si sviluppano il sistema del ricambio e metabolico. Ora – avvenuta  la nascita effettiva del corpo astrale - l’adolescente può misurarsi con concetti astratti, e non più solo con una conoscenza per immagini. L’adolescente può iniziare a formarsi un suo giudizio e accosta materie scientifiche (l’algebra, le scienze naturali, la matematica) in cui il vero e il falso siano sperimentabili. L’adolescente comincia sperimentare il bene e il male anche dentro di sé. È attirato da due estremi: dai grandi ideali, ma anche dai lati oscuri della realtà e di sé stesso. Si potrebbe dire che sperimenta la “cacciata dal paradiso”. È il periodo in cui si sveglia alla sessualità:i si comincia a cercare l’altro che ci completa, il partner. E’ il settennio sotto l’influsso di VENERE, principio equilibrante e “armonizzante”. Si chiude così il primo ciclo, quello sotto l’influsso degli “dei” che determinano passivamente il karma, cioè dei processi di sviluppo innati, dovuti a impulsi naturali o “collettivi”, quelli correlati al concetto di “ego“.

2. - Nella seconda triade (da 21 a 42 anni) si sviluppa più coscientemente la ʺparte animicaʺ, nelle sue tre facoltà del pensare, sentire e volere. Piena maturazione dell’anima senziente, dell’anima razionale e dell’anima cosciente ( cfr. il mio post sulla “fisiologia occulta“.

Dunque: Terzo, quarto e quinto settennio (SOLE) devono attuare il pieno sviluppo dell’Io, in cui si incarnano le forze spirituali dell’essere umano. Pieno, completo e attuale sviluppo dell’individualità umana.

3. - Nella terza triade (da 42 a 63 anni) può avvenire lo sviluppo più cosciente della ʺparte spiritualeʺ, non più per un processo naturale, ma soltanto per libera iniziativa individuale, in forza dell’ Io precedentemente maturato. Inizia il ciclo delle forze che aiutano l’uomo a liberarsi dal karma:

- MARTE  il principio aggressivo
- GIOVE  il principio che progetta e sviluppa.
- SATURNO  il principio che costringe e pone i limiti, inizio della vecchiaia.

Dopo i 63 anni continua lo sviluppo dell’elemento spirituale nell’uomo, per cui a fronte di un graduale diminuire dell’energia fisica e del deperimento delle forze vitali, alcuni possono sperimentare un aumento delle forze spirituali e di coscienza, corrispondente ai pianeti esterni del sistema solare.

Il periodo che segue al 63° anno è come una nuova fase della vita dell’uomo. Nuova perché non si è più sotto la diretta influenza del sistema solare e dei pianeti (almeno dei “sette” sub-saturniani). È un’età che può portare notevoli slanci di una nuova libertà, nuova giovinezza dell’anima. E’ la fase in cui, a completamento di quanto eventualmente intrapreso  nella triade precedente, alcuni uomini sarebbero orientati spontaneamente verso il Sè (principio transpersonale).

Il succedersi ciclico di queste evoluzioni spiega perché nel corso degli anni la nostra “costituzione” può cambiare, malgrado il determinismo genetico. E’ bene fra l’altro, che un eventuale terapeuta sappia valutare i disturbi del paziente in relazione al suo stadio evolutivo, alla tappa che sta vivendo nel suo periodo di vita.

martedì 22 luglio 2014

Elite in sofferenza

Tutto questo sembra positivo, anche se personalmente considero quanto sta accadendo un gioco di potere tutto interno al Player C.

L'auspicio mio è che nell'eventuale momentaneo vuoto di potere che si verrà a creare il Player B riesca una buona volta a introdursi nel "Sistema" per scardinarlo e abbatterlo definitivamente. 

E questo sarà più facile se, come dice Wilcock in coda all'articolo tratto dal blog di SebirBlu, più saremo numerosi ad esserne coscienti, meno ci saranno persone che morranno e più velocemente co-creeremo il mondo e la vita che vogliamo


Riferendosi all'ultimo articolo di Benjamin Fulford e in particolare a queste righe:

I Rothschild, da parte loro, hanno fatto una mossa contro la grande condotta d'esportazione del gas russo che attraversa l'Iraq e la Siria. L'esercito jihadista ISIS in Iraq, diretto da un principe saudita e con l'utilizzo di armi statunitensi, ha la capacità di tagliare le esportazioni di gas russo, già in atto, attraverso le terre che controlla... 

David Wilcock scrive:

"Complimenti a Benjamin per l'ulteriore brillante analisi di questa settimama. Considerando che ISIS (gruppo di jihadisti) sia organizzato per un "attacco a sorpresa" contro l'Alleanza (BRICS + 133 Paesi) e destinato a combattere le guerre per il petrolio, rende più logiche le perdite iniziali menzionate la settimana scorsa.

Il gruppo della FED (Federal Reserve; ndt) sta lottando con tutte le sue forze per non perdere i suoi profitti, ma tutto quello che prova fallisce puntualmente. Infatti, maggiormente i Cabalisti utilizzano questo genere di violenza, più incoraggiano e rafforzano la suddetta Alleanza, e possono quindi aspettarsi che le prossime azioni contro di loro siano ancora più energiche.

È oltremodo sorprendente "collegare i puntini" e vedere quale forma ne emerga. Siamo i testimoni dell'equivalente di un film molto complesso, concernente numerosi colpi di scena, rovesciamenti e intrighi, ovunque nel mondo.

È evidente che se i membri dell'Élite vogliono cavarsela e riuscire, nel momento in cui tutti gli altri si coalizzano contro di essi sempre di più, devono dapprima compiere qualcosa che dia loro un supporto finanziario e, in seguito, sferrare un colpo decisivo atto a produrre una sorta di trauma generale, da poter poi manipolare.

La loro strategia, anche se sono sul punto di perdere, è quella di utilizzare delle "pedine" che ribaltino la situazione a loro favore. Quindi, come ne è attualmente il caso, possiamo attenderci che essi tentino ancora di compiere azioni disperate al fine di invertire la rotta...

David Wilcock

I sogni che faccio, mattina dopo mattina, rivelano chiaramente che la loro disfatta è un epilogo scontato. Non potranno realizzare alcuno dei loro piani, anche se si ritengono molto astuti ed abili.

Questi individui sono una combinazione tra esseri molto intelligenti e sociopatici. Amano il potere, il dominio, il controllo, si sentono infallibili, ma ora hanno soltanto molta paura.

Tutto si ritorce su di essi, ed io penso che la questione del gruppo jihadista si ripercuoterà come un boomerang entro qualche settimana.

Sono stati molto spavaldi nell'identificare con il termine di Lucifero, dall'aspetto femminino nella loro religione, il nome del gruppo che hanno creato e che finanziano. Tuttavia, nessuno è interessato a seguirli in un'altra guerra.

Obama è ancora lacerato tra la pressione mortale esercitata dagli Illuminati e quella forse proveniente dall'Alleanza, e ciò che sente interiormente è con ogni probabilità molto diverso da questi due versanti.

Trovo degno di nota il fatto che abbia apertamente ricusato i piani dell'Èlite di intervenire in Irak, dai discorsi che ha tenuto in questi ultimi giorni. Può benissimo vedere i segni e non volersi porre a fianco dell'équipe perdente quando i fatti sono così vicini alla loro conclusione.

Da ciò che appare, sembra che le cose non cambino, ma non è quello che percepisco nei miei ultimi sogni. 

Anche se tutto si presenta relativamente tranquillo, non essendo cominciata alcuna guerra maggiore, la Cabala continua a tentare di scatenarne una.

Quando è così disperata come al presente, corre il rischio di un completo ed improvviso attacco che forse è stato preparato da anni. Pare che i piani di questa offensiva siano molto minuziosi e venga usata una straordinaria cautela per seguirli con un certo ordine.

Rammentate  che la maggior parte  dei militari americani  sta lavorando ora contro il governo occulto, insieme all'Alleanza, e con una coalizione internazionale in crescita.

BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica

La Cabala prova a cambiare il gioco con un numero minore di mercenari che restano leali solo se ricevono una paga. Pertanto, sebbene crei avvenimenti di cronaca a caratteri cubitali, non ha più l'infrastruttura necessaria per portarli a termine e fare le guerre che spera.

Nel momento in cui la banca dei Paesi BRICS sarà pienamente attiva, pare dal 1° luglio, le tappe finali saranno posizionate per gli arresti massivi. (Speriamo che sia la volta buona... anche se parecchi arresti minori e, in sordina, sono già avvenuti; ndt).

Penso che l'Élite sia al corrente di tutto ed è per questo che assistiamo a tali azioni frenetiche dell'ultimo minuto con lo scopo di ribaltare la situazione. Essa potrebbe tentare altre "sorprese" sconvolgenti e ciò significherebbe la morte drammatica di altre persone.

In uno dei sogni che ho avuto da poco, facevo parte di una piccola cerchia i cui membri erano stati formati proprio per esporre e vincere i Satanisti a livello mondiale.

Gli individui del gruppo erano generalmente disadattati e quello che avevamo tutti in comune era un estremo coraggio, la lealtà verso gli esseri umani ed un certo senso dell'onore.

Per vincere questa battaglia, era importante per noi comprendere a fondo come quegli esseri pensassero, che cosa percepissero, cosa li motivasse, cosa volessero e infine come intendessero raggiungere le loro mire.

Benjamin continua a fare questo ogni settimana, ed è lodevole... Personalmente sono impegnato in molte iniziative e mi è difficile lasciare tutto ora.

Preferirei ignorare l'intero quadro, come molti altri fanno probabilmente, ma è la realtà, e più saremo numerosi ad esserne coscienti, meno ci saranno persone che morranno e più velocemente co-creeremo il mondo e la vita che vogliamo.

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