lunedì 30 novembre 2015

La storia di un Angelo caduto... dell'Amore e dell'Eterno ritorno

Vi racconto la storia di un angelo che caduto in un pozzo di disperazione dopo essere caduto qui sulla terra si dimentica della sua natura e agisce senza idee, senza obiettivi, senza coscienza di chi è...
 
Vaga disperato perché sente che ha perso casa sua ma non si ricorda dov'è...
 
Incontra tante persone e cerca di capire cosa sentono che cosa li spinge a muoversi e si accorge che non sono mai state vive...
 
Cammina desolato e costernato da tristezza perché si sente abbandonato e rifiutato ma una forte spinta come un fuoco che arde lo spinge in avanti...
 
Il fuoco è una fiamma eterna piena di vita innocenza e purezza che si plasma intorno all'anima dell'angelo caduto smemorato.
 
Lui non ricorda perché ma aiutare gli altri è ciò che viene naturale spontaneo...
 
Nei suoi occhi non c'è malizia o tenebra ma c'è amore ed innocenza e fragilità, una fragilità che ti penetra nel cuore, uno sguardo che ti denuda, una debolezza piena di potere...
 
Lui ha perso le ali ma può ancora volare perché non ne ha più bisogno...
 
Lui porta Dio dentro di se ma non è abituato a sentirlo qui dall'inferno del mondo tridimensionale, dove ci vogliono occhi profondi e qualità più sviluppate che nell'aldilà per vedere la luce divina, per vedere l'inganno, per vedere come si è veramente.
 
Lui sta crescendo insieme alle sue doti e al suo cuore, e i suoi occhi quei occhi innocenti cominciano a brillare sempre di più e a trasmettere amore e compassione come prima non poteva essere...
 
Lui è qui per sperimentare tutte le facce dell'amore in un mondo che lo nasconde con cupidigia, assuefatto dalla crapula e dalla paura di esistere...
 
Lui è una delle chiavi per dare l'esempio che tutto è possibile, dovunque, comunque, in qualunque situazione...
 
Lui si accorge che non è mai stato solo, ma si è sentito solo...
 
Lui si accorge che l'amore lo ha sempre avuto ma lo aveva trascurato e dimenticato...
 
Lui si accorge che da quando ha dimenticato ha elemosinato amore che non sentiva più invece di essere un faro...
 
Lui si accorge che ha tanto da dare ma che non vedeva come fare...
 
Lui è circondato da angeli fratelli che fanno il tifo per lui...
 
Lui sa che così trasmette il coraggio di scendere qui ed incarnarsi anche loro grazie al suo esempio...
 
Lui non ha più paura delle umane emozioni ma le comprende come un padre e madre amorevole...
 
Lui diventa fa felice la sua parte bambina quando si crogiola tra le fidate braccia della sua amata piena di ardore e amore per lui...
 
Lui si eleva e si radica nell'universo creato come un seme di sequoia, attraverso la danza divina degli amanti celesti, per diventare creatore e creatura assoluta per sempre... Per creare nuovi universi, mondi e spazi pieni amore e di arte, dove si odono urla di gioia e canti di pace.
 
https://www.facebook.com/groups/salottodiatlanticus

Siamo tutti "angeli caduti"... caduti in questo stato 'infernale' della materia così come ci ricorda il pensiero gnostico.

Venuti ad imparare ad AMARE, a "prendersi cura" .... una lezione che sembra impossibile da apprendere e che ci condanna all'eterno ritorno.... 

domenica 29 novembre 2015

Il lato oscuro della "forza"....

Cos’è il lato oscuro, come influenza le nostre vite e come possiamo liberarcene? Ricordi “Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr. Hyde”? Di giorno Jekyll è un rispettabile medico, di notte un mostro capace di qualunque atrocità. Ecco, Mister Hyde, per intenderci, è la nostra ombra (lato oscuro), ovvero la sua manifestazione fisica.
 
Ombra
 
A trattare esaurientemente l’argomento fu soprattutto Carl Gustav Jung, il celebre psicoanalista svizzero, ma persino Peppa Pig, nel suo piccolo, ne parla col linguaggio proprio dei bambini. Basti pensare all’episodio intitolato “Ombre” in cui Peppa e i suoi amici cercano di seminarle correndo velocemente.
 
La piccola Rebecca Coniglio e il Signor Elefante ammoniscono: “Nessuno può sfuggire alla sua ombra George”. E il piccolo Elefante specifica: “Quando qualcosa si frappone fra la Terra e il Sole proietta un’ombra.” Saggezza infantile!

Perché è proprio questo che accade con l’ombra, anche quella interiore: non possiamo liberarcene ma volendo, è possibile integrarla in noi stessi, ovvero accettarla, senza incorrere nel rischio di proiettarla su altri: il partner, gli amici, i genitori o chiunque si incontri sul proprio cammino.
 
Fatta questa premessa scopriamo cos’è l’ombra, o lato oscuro, secondo le teorie junghiane. Ovviamente esse non vanno intese come verità assolute ma possono certamente rappresentare un punto di vista interessante sull’insidioso argomento.
 
Cos’è l’ombra/lato oscuro

L’ombra individuale, per come la intende Jung, è una componente della personalità, il lato rimosso, “il fratello oscuro”, ovvero tutti quei “difetti” (o presunti tali) che non ammettiamo di avere perché inaccettabili alla luce della coscienza. L’Ombra personale è il frutto di tutto ciò che abbiamo rimosso nel corso del nostro percorso di crescita, a causa delle restrizioni di tipo etico-morale dovute all’ambiente di formazione. Per fare un esempio concreto, pensiamo a un uomo avido che non riconosce questa sua caratteristica negativa e che, quindi, proietta sugli altri l’avidità stessa.
 
cos'è l'ombra
 
Non riconoscendo la sua avidità egli giudica negativamente gli avidi, che guarda caso incontra spesso sul suo cammino.
 
Solitamente non siamo affatto consapevoli di questo meccanismo, ne siamo vittime e in quanto tali continuiamo a vivere come se la colpa, il male, la negatività appartenesse agli altri anziché a noi stessi. Se solo iniziassimo a riflettere in questi termini, ci accorgeremmo pian piano che ciò che più detestiamo negli altri corrisponde esattamente ai nostri lati oscuri, rimossi dalla coscienza.
 
Chi per esempio è sicuro di non essere arrogante ma individua spesso in chi lo circonda questo difetto, molto probabilmente è vittima di tale meccanismo. Quindi, dentro di sé, cela dell’arroganza.
 
Tipi di ombre
 
Se da un lato Jung individua l’ombra individuale, come illustrata nel precedente paragrafo, dall’altro ritiene esista anche un’ombra collettiva. Quest’ultima è legata all’universo degli archetipi, ovvero le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano.
 
Difatti Jung era convinto che l’inconscio di ognuno di noi, fin dalla nascita, contenesse delle immagini mentali innate, primordiali, collettive, nel senso che appartengono a tutti, indipendentemente dalla formazione personale. L’insieme di questi archetipi formerebbe l’inconscio collettivo.
 
Jung ne individua diversi ma mi limito a riportarne due, l’Animus, ovvero l’archetipo maschile che risiede nell’inconscio femminile, e l’Anima, l’archetipo femminile che risiede nell’inconscio maschile. Che significa?
 
animus e anima
 
Che in ognuno di noi, indipendentemente dal genere di appartenenza, convivono una parte maschile e una parte femminile, spesso non in equilibrio fra loro. Capita per esempio che nelle donne la parte maschile venga repressa e allo stesso modo che gli uomini reprimano la parte femminile.
 
Cosa accade se le due parti non sono in equilibrio? Proiettiamo sul partner, ma anche su amici e conoscenti, la parte non manifesta. Se per esempio io sono molto femminile e rinnego il mio lato maschile più aggressivo, tenderò a cercare un uomo che compensi questa mia mancanza, quindi tendenzialmente aggressivo. Questo meccanismo ci induce a scegliere partner di un certo tipo, magari sempre uguali, per compensare le caratteristiche che vorremmo integrare in noi stessi.
 
Come uscire dal circolo vizioso? Secondo Jung dovremmo riconoscere l’archetipo mancante e cercare di integrarlo in noi. E’ il caso di una donna poco pratica che si accoppia sempre con partner autoritari, pratici, severi. Una scelta che potrebbe essere motivata dalla sua volontà inconscia di integrare in se stessa le qualità incarnate da quel genere d’uomo, quindi una maggiore severità, praticità, autorità.
 
ombra nei sogni
 
Come si manifesta l’Ombra
 
L’Ombra individuale si manifesta principalmente attraverso i sogni e le proiezioni suddette. Nel mondo onirico essa assume spesso le sembianze di una figura dello stesso sesso del sognatore o di un animale, che si comporta in modo molto diverso dal sognatore stesso. Difatti il suo scopo è integrare, compensare, le qualità che il sognatore non osa manifestare nella sua vita cosciente. Le proiezioni, come abbiamo già visto, consistono invece nell’attribuire a qualcun altro i nostri peggiori difetti, senza accorgercene.
 
Perché è importante riconoscere la propria Ombra
 
Chi è vittima dell’Ombra, ovvero chi non ne è consapevole, tende a colpevolizzare gli altri a causa del meccanismo della proiezione. Comprenderlo aiuta a uscire da questa logica e a capire che i difetti altrui, specialmente quelli che ci procurano maggiore fastidio, appartengono in realtà alla nostra interiorità. Non è certo un lavoro semplice, anche perché la coscienza, finché non si abitua, tende a negare l’evidenza. Ma si può sempre imparare: basterebbe iniziare a farlo nella vita quotidiana!
 
riconoscere l'ombra
 
Quando un difetto altrui ci disturba particolarmente, dovremmo guardarci dentro e cercare di capire se, in qualche antro oscuro della nostra anima, non si celi lo stesso difetto, abilmente mascherato.
 
Una volta che ne avremo preso consapevolezza potremo finalmente trasformarlo in un “difetto” costruttivo. Il buio non è necessariamente negativo, dipende l’uso che ne facciamo. Inoltre divenire consapevoli delle proprie ombre migliora certamente le relazioni con l’esterno perché ci aiuta a vedere gli altri per ciò che sono realmente, a tutto vantaggio dell’altruismo e della condivisione sincera.
 

sabato 28 novembre 2015

Spiritualità e saggezza dell'antica Europa - Ancora sui Druidi

Poco ci resta delle conoscenze dei Druidi e, quel poco, è stato offuscato da secoli di mistero e di mistificazione. A questa opera di occultamento della verità hanno senz'altro contribuito storici e commentatori degli ultimi due secoli, portati più a descrivere, come la definisce Piggott, la storia-come-­vorremmo-­che-­fosse, piuttosto che non la storia-­come-­è-­stata.

Quello che effettivamente conosciamo sui Druidi si ricava dalle fonti dei loro contemporanei, storici e geografi greci e latini, dalla letteratura irlandese e gallese, giunta sino a noi attraverso il filtro dei monaci amanuensi d'Irlanda, che la trascrissero tra il IX e il XIII secolo della nostra era. Altro ancora possiamo dedurre sulla civiltà celtica nel suo insieme, dalle tracce scoperte in varie fonti iconografiche e testuali circa l'antica religione celtica e, non ultimo, dai reperti archeologici .
 
I Druidi

Le prove archeologiche provenienti da scavi di oppida, tombe e luoghi di culto, ci parlano di credenze, cerimonie religiose, rituali e raffigurazioni artistiche di Dèi, da cui è possibile dedurre delle ricostruzioni.
 
Queste ultime, sono tanto più attendibili quanto più suffragate da un attento esame delle fonti contemporanee prima, e dal corpus mitologico leggendario poi, giunto sino a noi attraverso le saghe epiche irlandesi e gallesi. Un profondo studioso del sapere iniziatico come René Guenon riassume acutamente tutto ciò, affermando che i Druidi "devono essere considerati come i preservatori della più antica tradizione spirituale" europea.

Per capire realmente l'unicità del druidismo bisogna prima di tutto comprendere la società celtica, la sua struttura e la sua mitologia.

I Druidi furono molto di più e, al tempo stesso, qualcosa di meno che comuni sacerdoti di una religione "druidica" o "celtica" come alcuni storici moderni li hanno dipinti. La loro struttura gerarchica, i loro decennali corsi di studio, le loro cerimonie religiose, punto di incontro tra il mondo degli uomini e quello degli Dèi, li porrebbero nel ruolo di casta sacerdotale del mondo celtico, ma essi non furono solo questo.

Officianti, sacrificatori e aruspici durante le cerimonie sacre, essi furono anche giudici, medici, maghi, poeti, rappresentando la vera memoria storica di un popolo che non utilizzava di fatto la scrittura.

I Druidi erano un'espressione viva e vitale della società celtica primitiva, legati a filo doppio con quella particolare struttura sociale, ma, con lo spegnersi degli stati celtici indipendenti, anche i Druidi furono condannati a scomparire.

Per meglio capire questo concetto fondamentale bisogna rifarsi alla "ideologia tripartita" degli indoeuropei così come è stata sviluppata e mirabilmente analizzata da George Dumézil. Tutte le società indoeuropee, all'inizio della loro storia, sono accomunate da una ripartizione della società in tre funzioni principali.
 
La prima, è la funzione sacrale della sovranità, del sacerdozio e della giustizia. La seconda è la funzione guerriera, propria dei nobili e dei possidenti di terre o di bestiame. Nella terza, la funzione produttiva di beni materiali o spirituali, sono compresi i contadini, gli allevatori, gli artigiani e gli artisti.
 

venerdì 27 novembre 2015

La verità è una terra senza sentieri - Krishnamurti

Il nocciolo dell’insegnamento di Krishnamurti è contenuto nella dichiarazione che fece nel 1929, quando disse:

“La verità è una terra senza sentieri”.
 
L’uomo non la può raggiungere attraverso alcuna organizzazione, alcun credo, alcun dogma, prete o rito; né tramite alcuna conoscenza filosofica o tecnica psicologica. Deve trovarla tramite lo specchio della relazione, tramite la comprensione dei contenuti della propria mente, attraverso l’osservazione e non con l’analisi intellettuale o una dissezione introspettiva.
 
kri
 
L’uomo ha costruito dentro di sè delle immagini come barriera di sicurezza – immagini religiose, politiche e personali, che si manifestano come simboli, idee, credenze. Il fardello di queste immagini domina il pensiero dell’uomo, le sue relazioni e la sua vita quotidiana. Queste immagini sono la causa dei nostri problemi, in quanto dividono l’uomo dall’uomo.
 
La sua percezione della vita è modellata dai concetti già stabiliti nella sua mente. Il contenuto della sua coscienza costituisce la sua intera esistenza. L’individualità è il nome, la forma, la cultura superficiale che egli acquisisce dalla tradizione e dall’ambiente. L’unicità dell`uomo non risiede nel superficiale ma in una completa libertà dal contenuto della sua coscienza, che è comune all’umanità intera. L’uomo non è quindi un individuo.
 
La libertà non è una reazione, non consiste nel poter scegliere. Siccome può scegliere, l`uomo crede di essere libero. La libertà è pura osservazione senza alcuna direzione, senza la paura legata a premi e punizioni. La libertà non ha motivazione; la libertà non è alla fine dell’evoluzione dell’uomo, ma sta nel primo passo della sua esistenza.
 
Osservando, si comincia a scoprire la mancanza di libertà. La libertà va trovata nella consapevolezza senza scelta della nostra vita e delle nostre attività quotidiane.
 
Il pensiero è tempo; il pensiero nasce dall’esperienza e dalla conoscenza, che sono inseparabili dal tempo e dal passato. Il tempo è il nemico psicologico dell’uomo. Le nostre azioni si basano sulla conoscenza e quindi sul tempo, perciò l’uomo è sempre schiavo del passato. Il pensiero sarà sempre limitato e per questo viviamo in conflitto e lotta costanti. Non esiste l’evoluzione psicologica.
 
Quando l’uomo diventa consapevole del movimento dei propri pensieri, vede la divisione fra pensatore e pensiero, fra osservatore e osservato, fra colui che sperimenta e l’esperienza. Scopre che questa divisione è un’illusione. Solo allora c’è pura osservazione, che è insight senza alcuna ombra del passato o del tempo. Questo insight senza tempo produce una profonda e radicale mutazione nella mente. La negazione totale è l’essenza del positivo.
 
Quando c’è la negazione di tutto quello che il pensiero ha generato psicologicamente, solo allora c’è amore, che è compassione e intelligenza.
 
 

giovedì 26 novembre 2015

Dall'altra parte del TTIP

Viktor Orban, primo ministro ungherese, ha appena rilasciato un’intervista in cui spiega la sua strategia di cooperazione con la Russia, parla del suo rapporto con Vladimir Putin e si spinge addirittura a tracciare una strategia per l’Unione Europea. Ne ho tradotto la parte più significativa per voi.
 
IL TTIP - FACCIAMOCELO NOI - ORBAN - PUTIN
 
Lei ha rischiato la sua vita per porre fine al comunismo.
 
E’ un po’ esagerato sostenerlo, perché il regime comunista ungherese non era repressivo come quello polacco. Ma certamente c’erano dei rischi. Nessuno poteva prevedere che questo processo avrebbe condotto alla libertà.
 
Ma lei ha contribuito a far cadere l’impero sovietico.
 
Ho corso i miei rischi. Ho corso molti rischi per distruggerlo, questo è corretto.
 
Come si sente all’idea che lei venga considerato come qualcuno che ha una relazione così profonda con un uomo che era un ingranaggio dell’impero sovietico e che, da un certo punti di vista, sta provando a restaurarlo in qualche modo?
 
E’ strano, ma la politica è piena di cose strane, quindi non mi sento male. E’ parte del gioco. E lei sa che la politica, fondamentalmente, non è un fatto personale. E quelle che io rappresento non è le mie opinioni, ma gli interessi della nazione ungherese. E il punto è molto chiaro: senza i russi è impossibile amministrare in modo corretto il futuro degli ungheresi. Così dobbiamo avere una buona e bilanciata relazione con i russi.
 
Putin è uno con cui si può collaborare. Non è un uomo semplice. Non ha sentimenti personali per te. Rappresenta il potere, gli interessi della Russia, così ha un potere di negoziazione davvero forte. Ma lui sa, come chiunque altro in Europa, che qualunque cosa sia accaduta in passato, piuttosto negativa per gli ungheresi, se si vuole un futuro che sia buono per entrambi, dobbiamo trovare una maniera di collaborare. Sto lavorando su questo.
 
Ho una visione ancora più ampia su questo punto, perché penso che abbiamo bisogno di una zona di commercio libero che vada da Lisbona a Vladivostok, cosa che significherebbe che l’Unione Europea avrebbe una strategia nella quale i russi hanno un proprio ruolo.
  
Le piace Putin, personalmente?
 
Esiste qualcuno che conosce la personalità di Putin? Non è un uomo che abbia una personalità nota, quindi non lo immagini come le piace immaginare i leader occidentali.
 
Nella cultura politica occidentali, la relazione personale, conoscersi reciprocamente dal punto di vista personale, è parte della vita di tutti i giorni. E’ totalmente impossibile nella politica russa. Quindi non sopravvaluti la sua capacità di capire la politica russa. Non lo faccia. Lo sa, al summit dei primi ministri, di solito ci chiamiamo l’un l’altro per nome di battesimo: Viktor, Angela e così via. Sarebbe impossibile in una negoziazione russa; non succederebbe mai. Quindi, le cose personali non hanno alcun ruolo, per nulla, né per me, né per Putin. Ma in ogni caso non lo negherei, se avessi una buona relazione personale con Putin, perché non mi piace seguire gli schemi dell’approccio occidentale. Lo sa, a noi non interessa.
 
Cosa ci guadagna l’Ungheria da un rapporto collaborativo con la Russia?
 
La prima cosa è la sicurezza. Dobbiamo avere una buona relazione tra la Nato e la Russia, perché viviamo in una zona di confine. Abbiamo bisogno di essere membri della Nato, indubbiamente (il 90% dei cittadini ungheresi hanno votato per entrare nella Nato) ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di una relazione gestibile tra i russi e la Nato.
 
La seconda cosa è l’energia. Abbiamo una situazione molto più facile di quella che avevamo prima. Nel 2010 sono tornato in carica come primo ministro e una delle mie priorità è stata l’indipendenza energetica dell’Ungheria. E così abbiamo fatto. Abbiamo costruito una conduttura insieme agli slovacchi, che va dalla Slovacchia fin su al sistema nordico. Ora abbiamo la possibilità di avere gas non solamente dalla Russia. I russi sono molti più economici in ogni caso, ma non c’è più una dipendenza esiziale.
 
Ma la prima priorità sovrana, dopo il 2010, è stata quella di impedire ai russi di acquisire una grande quota dell’azionariato della Mol (Hungarian Oil and Gas Public Limited Company). Ha richiesto lunghe negoziazioni con Putin, ma alla fine li abbiamo fermati. E’ stato un passo fondamentale per la sovranità energetica.
 
Quindi la relazione Russia-Ungheria non è bianco o nero. Storicamente, economicamente è molto complicata. Ma non ho preclusioni ideologiche con i russi. Cerco di adottare una politica del buon senso, basata sulla concretezza. L’unico modo di avere una buona relazione con i russi è amministrare il potere concretamente. Se provi ad avere una relazione con i russi basata sui principi, non funzionerà mai. I principi dell’Europa e la sua lista delle priorità sono del tutto differenti dalla lista delle priorità in Russia. E’ impossibile armonizzarle. Quindi bisogna mettere da parte i principi, le ideologie e guardare agli interessi, e trovare accordi basati sulla realpolitik. Questo è l’approccio ungherese.
 
Non è condiviso da molti. Ci sono alcuni stati che vi si oppongono apertamente, come i polacchi, che sono in ogni caso i nostri più grandi amici in Europa. E ci sono alcuni stati che sono d’accordo, che apparentemente si oppongono ma, nei fatti, lo fanno anche molto di più di quanto non facciamo noi. Questa è per esempio la politica della Germania.
 
[ride] Guarda l’accordo tra Berlino e Mosca sul Nord Stream II (il condotto di gas naturale sotto al Mar Baltico).  Ci sono approcci molto diversi tra loro.
 
Sulla base di ciò che ha detto, della Russia e dell’importanza di avere una buona forma di cooperazione, cosa pensa che si dovrebbe fare con le sanzioni UE alla Russia, quando sarà il momento di rinnovarle, alla fine dell’anno?
 
Dovrebbe sapere che quello della Crimea è un complicato problema di leggi internazionali, se si guarda alla storia dell’Unione Sovietica. Ma capisco che noi occidentali dobbiamo dare un segnale chiaro che questo non è una strada buona per il futuro. Ma dobbiamo farlo. Quindi adesso dovremmo concentrarci su come continuare la cooperazione, e le sanzioni non sono il sistema migliore. Perciò, penso che sia il momento giusto per ripensare alla politica russa dell’Unione Europea. Ma sa, siamo fondamentalmente soli, insieme agli slovacchi, ai cechi, a rappresentare quest’opinione. Quindi il fattore chiave d’ora in poi: la politica tedesca. Se i tedeschi vogliono avere ancora una fantastica relazione equilibrata con i russi, l’Unione Europea farà altrettanto.
 
Voi potreste mettere il veto sul rinnovo delle sanzioni alla Russia.
 
Posso farlo, possiamo farlo. Ma un veto non è un diritto: un veto è come urlare. Se un paese di 10 milioni di persone, nella NATO, pone un veto, deve ovviamente essere proprio necessario, che è un problema molto più grande rispetto alle sanzioni alla Russia. Un veto è una bomba nucleare: è buona cosa avere questo diritto, ma non usarlo.

mercoledì 25 novembre 2015

L'intelligenza degli animali e la giustizia loro dovuta (Plutarco)

In un orizzonte storico che vuole dirsi epoca post moderna e che sempre più si configura come ére du vide, stagione narcotica in cui i più disparati modelli e linguaggi coesistono e si sovrappongono senza parlarsi, azzerandosi reciprocamente nel brusio di un onnivoro spettacolo massmediatico, per chi è più forte delle parvenze catodiche che cancellano ogni dimensione autenticamente interrogante e viatoria, assai preziosi si fanno i superstiti spazi sottratti all'inquinamento dell'effimero, quasi riserve dello spirito in cui siano ancora possibili percorsi d'anima che, riconnettendoci alle nostre prime profonde radici, ci permettono dì ritrovare il senso stesso della nostra presenza nell'oggi, del nostro essere in rivolta contro la morte.
 
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Una di queste riserve sono gli scritti di Plutarco sul inondo animale; scritti sepolti, chiusi nel dimenticatoio. Sarebbe interessante far conoscere al lettore i perché di questo lungo, forzato oblio, ma non è questa l'occasione

Ho curato la prima edizione critica e organica degli scritti sugli animali di Plutarco non solo per recuperare Testi antichi di venti secoli, ma perché quei Testi costituiscono un buon fondamento, o se sì vuole, una buona tappa, un buon ancoraggio nel nostro navigare in questo plumbeo presente.

Credo con Plutarco che la filosofia abbia il compito di prendersi cura dell'umanità; che la pietà sia aurora della conoscenza e insieme porta dello giustizia. La giustizia non ha altre entrate.

Ha scritto di lui Montaigne: "È bastato clic vi gettassi uno sguardo perché mi crescesse una gamba o un'ala". Tempo fa cercavo un pensatore che potesse costituire una chiara indicazione utile al dibattito tra chi vuole davvero che la vita cambi (non per la chatterng class, la classe delle chiacchiere, il grande Circo Barnum degli ìntellettuali-in-servizio-permanente-effettivo), esca dal labirinto di sangue tappezzato di giustificazioni false, fatto di mattatoi e guerre. Affrontando seriamente lo studio del passato si conoscono compagni di secoli passati come amici, si scoprono scritti che non perdono mai la loro fertilità e il loro fascino, scritti che è bene possano percorrere la terra come un vento.

Delle superstiti Opere di Plutarco, tre costituiscono la prima alta difesa degli animali giuntaci, pressoché integra, dal mondo antico: Del mangiar carne, Le bestie sono logiche, L'intelligenza degli animali. Ho raccolto per la prima volta organicamente queste tre Opere straordinarie, insieme ad un altro importante scritto di Plutarco sul tema della giustizia verso gli animali.

Ho ricostruito il rapporto uomo-animale nel mondo antico chiarito il profondo significato filosofico della protesta di Plutarco e la viva attualità del suo appello, pensando di aiutare ogni movimento che lotta per l'ingentilimento del mondo. Anche la riflessione filosofica può aiutare a dissolvere la funerea barbarie, cancellare l'acefalo strapotere dell'esistente contro gli animali, gli uomini, la terra stessa. Vorrei che questa fatica fosse adeguatamente compresa.

Scrive Plutarco:

'Quando si vede un gran numero di uomini, vuoti d'intelletto e di ragione, e un numero ancora più grande superare in crudeltà, collera e avidità le più terribili bestie feroci tiranni assassini dei loro figli o dei loro genitori, esecutori di basse opere dì re, non è follia pensare che abbiamo dei doveri di giustizia verso questa gente, mentre non ne avremmo alcuno verso il bue da lavoro, il cane familiare, le pecore che ci danno il latte per nutrirci, la lana per venirci? Tutto c'o non è contrario alla ragione?

Plutarco è un tenace difensore dell'intelligenza degli animali nella stessa epoca in cui vissuto il Cristo. Egli afferma che tutta la vita intelligente per sua intrinseca natura: "Non vi può essere sensazione senza intelligenza. Se è vero che la natura ha posto in noi l'intendimento. come condizione necessaria della sensazione, non può esistere un essere capace di sentire, che non abbia nello stesso tempo la facoltà dì comprendere".

Per Plutarco intelligenza e conoscenza sono intrinsecamente, strutturalmente necessarie al vivente; esso infatti, senza intelligenza e conoscenza, non può neppure sopravvivere o semplicemente accorgersi di se stesso, riconoscersi nelle sue possibilità. Intelligenza e conoscenza costituiscono una sorta di costrizione biologica essenziale in ogni essere vivente. Contro quelli che negavano tutto questo, come gli Stoici, Plutarco usa toni aspri.

'Bisogna essere gente alquanto stupida per affermare che gli animali non provano né piacere né collera né paura, che ignorano sia l'anticipazione che il ricordo: seconda costoro, tutto accade come se l' ape avesse memoria, come se il leone diventasse collerico, come se la cerva avesse paura. Cosa risponderebbero se dicessimo a questa gente che non vedono e non intendono niente, ma che tutto avviene come se essi vedessero e intendessero, come se gridassero, come se, infine, vivessero, mentre di fatto sono morti?".

Dura e magnifica contestazione ante litteram di Descartes e del pio Malebranche che, sedici secoli dopo nella sua ponderosa quanto povera Recherche de la Vérité giunge a fare, sulla scorta dei santi Padri e della scienza cartesiana, una straordinaria scoperta: "Gli animali mangiano senza piacere, gridano senza dolore, crescono senza saperlo, non desiderano niente, non temono niente, non conoscono niente".

Plutarco scrive che il togliere la ragione, la memoria, il sentimento agli animali è funzionale alla riduzione di questi ultimi a cose, a strumenti creati dalla natura o da dio per l'uomo. Quanti degli argomenti che non riconoscono che la vita è vita che vuole vivere non sono tratti dal pensiero, ma dalle cucine e dalle cantine! Scrive Plutarco:

"Io mi chiedo stupito con quale sentimento, con quale stato d 'animo o in base a quale ragionamento il primo uomo abbia toccato con la bocca ciò che era frutto di un assassinio, abbia accostato alle labbra la carne di un animale morto e, poste dinanzi a sé tavole di corpi morti e corrotti, abbia chiamato pietanze e nutrimento quelle partì che poco prima muggivano, emettevano voci, si muovevano, vedevano il mondo. Come riuscì la sua vista a sopportare l'uccisione dì animali sgozzati, scorticati, fatti a pezzi, come il suo olfatto tollerò le esalazioni, come la contaminazione non dissuase il palato, quando egli toccò piaghe di altri esseri ricevendo umori e sieri putrefatti di ferite mortali?".

A quanti affermano che l'estensione della giustizia agli animali rende degradata la vita umana, Plutarco risponde che è piuttosto il mancato riconoscimento del loro diritto alla vita e alla giustizia a degradarla.

"Perché pensiamo di avere obblighi di giustizia verso uomini brutali e volgari, mentre non ne avremmo verso il bue da lavoro, il cane che ci aiuta a portare gli animali al pascolo, le pecore che ci danno il latte e la lana per nutrirci e vestirci ?".

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Marguerite Yourcenar sembra ricordare proprio questo passo di Plutarco quando scrive:

"Se non avessimo accettato, nei corso delle generazioni, di veder soffocare gli animali nei vagoni-bestiame, o spezzarvisi le zampe, come succede a tante mucche e cavalli mandati al mattatoio in condizioni assolutamente infernali, nessuno, neppure i soldati addetti alla scorta, avrebbe sopportato i vagoni piombati degli anni 1940- 1945".
 
Con ciò il senso del recupero di Plutarco (e di altri) è palesato: legare con qualche spiga splendente il covone della memoria, della pietà, della giustizia; trasformare le rovine archeologiche in giardini, i frammenti e i Testi dimenticati dei filosofi in fiori di struggente bellezza. Che resti solo il passato che dà speranza.
 

martedì 24 novembre 2015

Matriarcato ed Economia del Dono

Alla Casa Internazionale delle Donne di Roma per il Convegno “Matriarcato ed Economia del Dono”, nove studiose e attiviste internazionali hanno condiviso, con le numerose donne presenti, le loro ricerche ed il loro contagioso entusiasmo sui temi del femminismo odierno. E’ stata così messa in luce, da una parte, la difficoltà di riannodare il filo rosso con il passato, ma dall’altra la consapevolezza e la speranza che il lavoro di tutte tenga acceso quel piccolo lume che deve divenire faro di speranza per cambiare il buio profondo del patriarcato.

Nonostante il clima torrido, la sala “Simonetta Tosi” era stipata all’inverosimile. Sono arrivate con un dono, naturalmente: un pane dalla forma di Dea-madre, cucinato secondo la antica tradizione del lievito naturale e del forno a legna. Lo avevano usato la mattina per un rituale propiziatorio in onore di Giunone, la dea che, prima della romanizzazione, conservava gli attributi della divinità femminile pagana che il culto assegnava agli avvenimenti della vita delle donne.. E il pane è stato condiviso tra le presenti come un rito di unificazione.

L’economia del dono, come ci ha ricordato Genevieve Vaughan, che ha organizzato l’incontro odierno, è sempre esistita in tutte le tappe dell’evoluzione della specie.L’homo donans viene prima e dopo il sapiens-sapiens, perché è la madre che, insieme al linguaggio, trasmette al bambino la logica che sottende il dono, ovvero la soddisfazione dei bisogni come sua intrinseca modalità di relazione. Il dono, che tutti noi impariamo a praticare prima che le leggi del patriarcato lo ricaccino nel silenzio, è tuttavia il nostro imprinting e non riesce ad essere cancellato, ma ricompare spontaneamente nella società sebbene travestito da scambio. 

E’ il dono che, agito inconsapevolmente, continua ad alimentare e a far vivere la società come il nutrimento materno, per un figlio però mostruoso e divoratore della sua stessa madre, lo scambio contro denaro. La mercificazione di tutti i doni inconsapevoli e di quelli di madre-natura sono abilmente deviati dal potere capitalistico e patriarcale per far crescere a dismisura un sistema autofago. Gettare luce sul fatto che è il dono gratuito, che le donne soprattutto continuano a praticare, che oggi alimenta l’insaziabile bulimia del capitalismo e che, riconosciuto e individuato, potrà invece finalmente essere liberato e rappresentare un autentico paradigma alternativo.

E i moderni studi matriarcali. utilizzando metodologie interdisciplinari che vanno dalla storia della cultura e delle religioni, alla antropologia, all’archeologia, al mito si propongono di ricostruire, partendo dagli studi di Bachofen e Morgan, la conoscenza storica sepolta di società che, dal paleolitico e in parte ancor oggi, ci presentano una visione sociale incentrata sull’egemonia culturale del femminile. Civiltà sacrali in cui il divino immanente conduce all’egualitarismo, al pacifismo ed al rispetto ed empatia con la Natura.. Civiltà passate che possono darci spunti però per una trasformazione della società che adotti regole di convivenza umana più accoglienti.

Alcune hanno infatti parlato di un presente sconfortante per le donne. Anche la politica neo-liberista della Comunità Europea si è trasformato in una sorta di colonizzazione, dall’apparenza soffice, ma molto aggressiva, da parte del neoliberismo, che sta distruggendo il sistema di welfare che soprattutto le donne avevano costruito e che, seppur in un’ottica capitalistica, permetteva una migliore qualità di vita. E’ allo studio un progetto che, seguendo la logica aberrante di considerare la donna anziana come un peso per il sistema pensionistico pubblico, la vuol costringere a optare per la devoluzione dei suoi beni in favore delle compagnie di assicurazione in cambio dell’assistenza e della pensione privata. Tutto questo ci fa sentire ormai la presenza dei metodi dei totalitarismi di recente memoria, ma anche dei più antichi roghi, appiccati per coprire di un velo ideologico il ben più reale disegno di appropriazione dei beni delle donne.

Senza parlare poi della famiglia. Più spesso luogo di sofferenza psicologica e di violenza fisica, viene promossa dalla onnipervasiva propaganda come obiettivo insostituibile nella vita delle giovani. La famiglia nucleare è il luogo dove avviene la separazione tra il privato e il pubblico, tra le cose “secondarie”, sessualità, emozionalità, e quelle “importanti” che riguardano la vita della società e la politica. 

La storia è piena di eroi, guerre, grandi avvenimenti, ma non parla mai dei luoghi della vita quotidiana, quelli che dovrebbero influenzare la politica. Eletta luogo della procreazione e della mediazione tra il bambino e la società, la famiglia è in crisi e se ne dà colpa alla donna, che ne è il collante. Ma è l’istituzione famiglia che è entrata in crisi, perché sacrifica le donne a non poter vivere liberamente e pienamente l’affettività e la sessualità, disgiuntamente dalla procreazione e dai problemi della sopravvivenza. Cose garantite invece dalla famiglia matrilineare, dove convivono più generazioni di donne, figlie e figli della matriarca, e dove la comunità dei beni assicura un retroterra economico e una protezione affettiva che permette di scegliere liberamente un compagno e potersene liberamente separare senza che i figli ne facciano le spese .

Per fortuna la colombiana Angela Dolmetsch ci ha riaperto alla speranza di cambiamento descrivendo, con parole e immagini, di un ecovillaggio, Naschira, in cui 88 famiglie condividono i valori materni e l’ economia del dono. Un luogo in cui donne e uomini impostano la loro convivenza sulla pace, la mancanza di competitività e la condivisione del lavoro sociale. Un esperimento basato sulla coltivazione della terra e la distribuzione dei beni prodotti con forme di baratto e monete alternative. Un esperimento di cui Angela auspica la replica su larga scala, come contributo per un cambiamento globale.

E soprattutto il modo di rapportarci agli altri dovremmo cambiare. La sudafricana Bernedette Muthier e la filippina Letecia Layson, ci hanno parlato dei principi su cui si basa la convivenza delle loro comunità, che hanno resistito in parte alla colonizzazione e dove circolano parole come Coesan, Ubuntu, Capua : parole magiche che esprimono l’interdipendenza, interconnessione e dipendenza reciproca e che non esistono nel vocabolario dei popoli occidentali civilizzati e civilizzatori. “L’esistenza di una persona avviene attraverso le altre persone”. “Non c’è diritto senza obbligo”. “Il diritto dell’uno non può voler dire rinuncia dell’altro”. 

Questi sono i principi che portano a ridere di chi tenta di costruire sé stesso al di fuori del suo ruolo nella comunità, di chi vuole avere spicco, così rinunciando all’eguaglianza, allo stare insieme, alla sua grande famiglia. Ne ridono, senza alcuna invidia, come di chi fa una scelta sciocca e autolesionistica. Sono i “portatori di cultura”, ci dicono, a tenerla viva e a difendere la sua unicità: artisti, musicisti. E in particolare le Babaylan, donne sagge, guaritrici, sciamane, sacerdotesse e insegnanti, custodi della tradizione. Sono i modi di vita e i principi su cui si basavano le antiche civiltà matriarcali..

Marguerite Rigoglioso infine ci ha sorpreso con l’argomento, tra la storia e il mito, delle nascite verginali. Concepimenti eccezionali, partenogenetici, delle sacerdotesse divine. Sdoppiamenti di dee nella loro figlia divina. Nel mito sono rimaste innumerevoli tracce di dee nate per partenogenesi. Non sappiamo se sia solo un mito. Qualcuno afferma di no. Si tratta comunque di un argomento affascinante e misterioso che il patriarcato ha riletto in chiave di autentici stupri di sacerdotesse, ninfe, vergini e dee da parte di divinità maschili invisibili o trasformate.

La lunga storia delle donne necessita di un paziente lavoro di ricostruzione. Possono aiutarci gli innumerevoli ritrovamenti di immagini rituali, le cosiddette “veneri”, in realtà rappresentazioni della divinità del femminile. Nella evoluzione della loro fattura e delle loro sembianze, ci consegnano tracce innumerevoli della storia delle donne e del ruolo che esse hanno ricoperto. Una storia che si sta riavvicinando e che ci fa pensare che “si può”.

Questo convegno ha avuto, in ultima analisi, la funzione di catalizzare esperienze e realtà seppur diverse ma orientate intorno ad un progetto di società alternativo a quello presente. Ma anche e soprattutto questi incontri fanno emergere prepotentemente il bisogno delle donne di ritrovare la propria identità e il conforto di incontrarsi come migranti in un mondo che non ci appartiene. Il tentativo faticoso di ritrovare un passato dimenticato ma non rimosso . 

Questi momenti collettivi lasciano la consapevolezza gioiosa di aver ritrovato un tassello mancante di una gigantesca rappresentazione e di aver fatto un altro passo verso la riappropriazione della nostra immagine sbiadita, dei contorni che ci definiscono. Resta sullo sfondo il dolore e la rabbia per essere state espropriate, cancellate, estromesse. E la constatazione che, al crescere della nostra consapevolezza corrisponda un sempre più duro, perché più subdolo, tentativo di ricacciarci indietro.

lunedì 23 novembre 2015

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo

COME CAMBIARE 001
 
BOICOTTA LE BANCHE. Combatti la frode del sistema bancario. Smaschera e divulga la truffa del signoraggio e della riserva frazionaria. Boicotta i grandi gruppi bancari a favore di quelli più piccoli, non prendere finanziamenti e non investire in prodotti finanziari o titoli di stato.
 
NON VOTARE. Non legittimare gli attuali membri della scena politica. Essi obbediscono e hanno sempre obbedito alla Elitè economico-finanziaria mondiale, alle grandi banche internazionali, non rispettando i principi costituzionali. Vota solo ed esclusivamente chi si impegna a combattere la truffa del signoraggio bancario. La democrazia attuale è puramente illusoria. Propendi alla gestione diretta e partecipativa dove i cittadini possono decidere quanto e cosa vogliono delegare ad un altro, scegliere i candidati, proporre nuove leggi o modificare quelle attuali. Ripudia le ideologie e ragiona per soluzioni.
 
LAVORA IL MINIMO INDISPENSABILE. Sorvola la valutazione del tuo datore di lavoro e non seguire mai il gregge. Passa più tempo possibile con la tua famiglia e i tuoi amici, coltiva sempre i tuoi interessi e battiti per avere sempre più tempo libero.
 
TROVA IL TEMPO DI INFORMARTI. Dedica una parte di ogni giornata ad informarti ed aumentare le tue conoscenze. La tua propria cultura appartiene a te solamente, la costruisci da solo, essa ti riempie la vita, ti tiene in moto il cervello, ti fa stare bene, ti permette di non essere condizionato, favorisce il libero pensiero. Inoltre nessuno può portartela via, mai.
 
FAI L’INFORMAZIONE. Diffondi le informazioni taciute dai media. Impegnati personalmente a favorire lo sviluppo del senso critico di ogni persona. Tutela sempre la diversità delle opinioni. Incoraggia le persone ad usare il proprio intelletto. Educa ogni bambino alla sensibilità, all’altruismo, all’ascolto reciproco, alla cooperazione, alla cultura e alla libertà d’espressione. Boicotta le TV e giornali, usando e difendendo la rete come principale fonte di informazione libera.
 
DIFENDI LA SCUOLA. Boicotta l’attuale sistema scolastico che propende alla distruzione dell’autostima dei ragazzi e gli fa perdere per sempre l’amore per la cultura. Punta a far diventare la scuola quello che deve veramente essere:” un luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica”
 
BOICOTTA L’ESERCITO. Dissuadi chi conosci a prenderne parte. Il sistema militare è solo uno strumento che consente all’elitè finanziaria dominante di proteggersi e tutelare con la forza i propri interessi economici. Informati sull’inutilità delle guerre e le ragioni dell’odio. Non dimenticare che la devastazione crea povertà e l’odio genera sempre altro odio. Rifiuta la pena di morte.
 
PROPENDI PER LE ENERGIE ALTERNATIVE. Riduci i consumi, usa i mezzi pubblici, la bici, spostati a piedi e favorisci le piccole automobili o le 2 ruote. Risparmia energia, consuma responsabilmente elettricità, gas, acqua, isola le abitazioni risparmiando gli sprechi e acquista esclusivamente impianti efficienti. Cerca di produrre e sfruttare le energie alternative ed informati su di esse. Osteggia l’attuale sistema energetico basato su centrali non sostenibili e sul’ uso indiscriminato dei combustibili fossili.
 
PROPENDI PER UN CONSUMO ETICO. Ricordati che la gran parte delle cose che compri non sono indispensabili. Favorisci lo sviluppo delle piccole economie locali e boicotta le grandi multinazionali. Anche se è più costoso stai facendo del bene, osteggiando lo sfruttamento dei lavoratori, spesso minorenni, riducendo l’inquinamento atmosferico, combattendo la conseguente corruzione politica. Boicotta l’usa e getta, differenzia i tuoi rifiuti, scegli sempre materiali naturali e biodegradabili.
 
CURA LA TUA SALUTE. Ripudia i cibi industriali, zeppi di OGM, veleni agro-alimentari, pesticidi, prodotti di allevamenti intensivi, ormoni. Boicotta le grandi multinazionali del farmaco e assumi medicinali responsabilmente. Propendi per una dieta sana ed equilibrata. L’attuale sistema dominante ti vuole debole e malato, per opporti devi essere in salute e in energia.
 
RISPETTA GLI ANIMALI. Boicotta gli allevamenti intensivi e i centri di vivisezione, che violano i diritti degli animali e li sottopongono a condizioni inaccettabili. Rispetta la natura e la biosfera in generale.
 
SII UN CITTADINO ATTIVO. Contribuisci in prima persona a fare l’informazione e creare una cittadinanza critica. Cerca di porre sempre delle soluzioni di fianco ai problemi e prenditi la responsabilità delle conseguenze. Smetti di cercare il “politico santo” o criticare il “politico egoista” e cerca di risolvere il problema alla base, osteggiando l’accentramento del potere in mano a pochi a discapito degli interessi della collettività. Sii un esempio per gli altri.
 
COME CAMBIARE 002

domenica 22 novembre 2015

Gli antenati dei Faraoni

La recente scoperta di una nuova tomba in un importante sito dell'antico Egitto, studiato dagli archeologi fin dal 1979, ha consentito il più cospicuo ritrovamento di manufatti mai avvenuto in un sito funerario locale. Assieme ai manufatti sono state rinvenute le ossa bruciate e sparse di un individuo di sesso maschile. La scoperta getta nuove luce sugli antenati dei faraoni, ossia i regnanti dell'Egitto predinastico.
 

 
La tomba, scoperta a Ieracompoli - nome con cui i Graci ribattezzarono Nekhen - conteneva ben 54 oggetti, tra cui pettini, punte di lancia, e una figurina di avorio raffigurante un ippopotamo. La tomba è circondata da decine di altre sepolture, che probabilmente ospitavano sacrifici umani e animali esotici.
 
"Le sepolture d'alto rango dimostrano l'importanza di questo cimitero", dice l'archeologa Kathryn Bard della Boston University. "Vi sono sepolture secondarie di esseri umani e animali, e strutture di legno che si ritrovano solo a Ieracompoli".
Ieracompoli, situata lungo il Nilo a circa 500 chilometri a sud del Cairo, fu l'insediamento più importante dell'Egitto predinastico, un periodo di cinque secoli che ebbe inizio attorno al 3.500 a.C. e precedette la formazione de''antico stato egizio. I ritrovamenti a Ieracompoli dimostrano anche che le radici dell'antica civiltà egizia affondano nei secoli: vi sono evidenti segni di divisioni sociali, con le tombe delle elite più grandi e più ricche delle altre.
 
"Deve essere esistita un'intera dinastia di sovrani predinastici", dice la responsabile degli scavi Renee Friedman, archeologa del British Museum. Le elite di Ieracompoli costruirono elaborate strutture in legno, che il clima arido ha preservato parzialmente per oltre 6.000 anni. Le loro tombe erano circondate da quelle di servitori e animali, un annuncio della potente civiltà che sarebbe loro seguita.
 
L'uomo sepolto a Ieracompoli in quella ora nota come Tomba 72 aveva tra i 17 e i 20 anni al momento della morte.
 
Il suo alto rango si desume, oltre che dal ricco corredo funerario (nella foto, una statua lunga 32 centimetri realizzata da un dente di ippopotamo, la terza statua in avorio mai rinvenuta del periodo predinastico), dal fatto che fu sepolto con almeno altre 20 persone attorno. "Con ogni probabilità non morirono di morte naturale", dice Friedman. La maggior parte di loro era molto alta e ben nutrita; due erano nani, una caratteristica che affascinava gli antichi Egizi. Friedman però ha scoperto un atto di profanazione avvenuto nella tomba.
 
Millenni fa, le ossa del defunto vennero sparse, e le strutture di legno mostrano tracce di incendio. Friedman è convinto che la tomba venne violata poco dopo la sepoltura e poi data alle fiamme. Gli oggetti rimasero al loro posto, segno che non si trattò di opera di saccheggiatori, ma di un atto di dispegio verso il defunto.    Secondo gli archeologi, ciò potrebbe essere legato a cambiamenti politici e sociali avvenuti poco dopo la sepoltura. "Non vi sono altre tombe nobiliari, e la classe media sembra diventare più ricca", dice Friedman. "Avviene un cambiamento, forse una rivoluzione". Forse la profanazione della tomba 72 avvenne nel corso di una lotta di classe? Friedman pensa di si, ma altri studiosi sono più cauti. 
 
"Nessuno conosce l'esatto status dell'occupante della tomba, e non vi sono prove che fosse un sovrano contro cui rivoltarsi", mette in guardia Bard. Assieme ai sacrifici umani, gli archeologi hanno trovato una miriade di animali attorno alla tomba: leopardi, struzzi, babbuini, capre, cani al guinzaglio. "Gli animali rappresentano le forze del caos, forze che vanno dominate: ed è questo che fanno i sovrani", spiega Stan Hendrickx, archeologo dell'Università di Hasselt in Belgio.  Poiché i saccheggiatori moderni hanno risparmiato la tomba, gran parte del corredo funerario è ancora intatto. Fra gli oggetti rinvenuti vi era questo pettine decorato con un ippopotamo.
 
L'animale - un simbolo di potere - era stato segnato con un bastoncino bruciato. "Pensiamo fosse un modo per ucciderlo simbolicamente, così che non potesse tornare in vita e gironzolare per la tomba", dice Friedman. Nella foto, gli oggetti rinvenuti nella tomba 72. Anche se lo status delle persone che sono sepolte nel cimitero è oggetto di dibattito, di sicuro erano tenute in gran considerazione dai re egizi che li seguirono. Quattro secoli dopo, spiega Friedman, alcuni dei primi faraoni tornarono a Ieracompoli e restaurarono le tombe danneggiate, come a voler sottolineare il loro legame con il passato.

Nella prossima stagione di scavi Friedman spera di riportare alla luce l'intero complesso funerario.
 
"Vogliamo scoprire esattamente quante persone e animali il defunto portò con se, e magari riuscire a esplorare l'intero cimitero".
 
 

sabato 21 novembre 2015

L'Albero della Vita nella tradizione culturale celtico-gaelica

Per gli antichi Celti, così come per molti altri popoli, gli alberi rappresentavano il collegamento al Mondo dello Spirito così come la connessione con i loro antenati e con il loro lignaggio.
 
L’Albero della Vita è un simbolo che è stato riprodotto, in diverse maniere, da molti artisti.
 
In tutti i casi, comunque, la sua struttura e il suo significato simbolico restano gli stessi: si tratta infatti di un albero nel quale rami e radici si intrecciano e si uniscono spesso disegnando una trama complessa che, molte volte, si rifà proprio ai famosi nodi celtici.
 

Secondo alcuni autori, il tronco di quest’albero rappresenta il mondo nel quale noi viviamo, le sue radici i mondi inferiori e i suoi rami i mondi superiori.

L’Albero della Vita, in Gaelico, è chiamato Crann Bethadh. In questo simbolo l’intrecciarsi dei rami, secondo la complessa struttura di nodi celtici più o meno elaborati, non serve solo a soddisfare esigenze estetiche più o meno elaborate, ma sta proprio ad indicare la complessa trama della vita nel suo senso più ampio, ove moltitudini di eventi, influenzati da molteplici fattori si intrecciano creando la realtà che noi percepiamo e quel complesso concatenarsi e correlarsi degli eventi che spesso viene definito sincronicità.
 
Oltre a questo significato possiamo riscontrare nell’Albero della Vita anche un altro aspetto, peraltro comune a tutte le strutture labirintiche, ovvero l’aspetto della nostra personale ricerca spirituale.
 
Il molteplice intrecciarsi di rami e radici rappresenta il seguire il nostro proprio sentiero di ricerca personale attraverso vie spesso apparentemente oscure, casuali ed erronee.
 
Tuttavia è proprio seguendo con fiducia, lo svolgersi del percorso che si giunge alla conoscenza e padronanza del sentiero che esso traccia.

L’Albero della Vita rappresenta l’infinita evoluzione del nostro Spirito e il suo continuo modificarsi attraverso il percorso che esso compie, pur tuttavia restando in qualche modo sempre uguale a se stesso.

In generale, come amuleto, esso viene utilizzato a rappresentare o portare forza, longevità e saggezza.
 
Per quanto ci concerne, al di la di questi significati, possiamo considerare che il simbolo dell’Albero della Vita è anche utilizzabile ai fini di un percorso meditativo interiore che ci porta ad esplorare e conoscere maggiormente noi stessi e la magia dell’Universo che ci circonda .
 
L’albero, costituito da radici immerse nella terra e dai fino ai rami proiettati verso il cielo, indica l’unione tra i mondi inferiori e i mondi superiori.
 
La natura dell’albero è tridimensionale: radici, tronco, rami, hanno una simbologia molto forte, ed è in relazione a molte triadi sacre, quella del tempo “passato, presente, futuro” e dello spazio “altezza, lunghezza, larghezza”.
 
L’albero è il simbolo della vita e dispensatore di ossigeno, le foglie che ciclicamente cadono e rinascono indicano il ciclo delle stagioni, quindi l’eterno ricominciare, mentre se è riempito di foglie perenni è il simbolo d’eternità, ed è per questo che si trova nei cimiteri come richiamo all’immortalità dell’anima.
 
L’albero è il simbolo universale di vita, ma anche simbolo di morte, difatti esso misura il tempo che passa a causa della variazione delle foglie, che variano di forma, dell’ampiezza, ma anche negli anelli del tronco, i quali indicano la storia degli esseri umani e della cara nostra terra incisa nel profondo del suo essere.
 
L’albero fornisce anche il legno del rogo o della bara, per questo motivo, quando associato alla morte, in realtà svolge il ruolo di gettare le basi della vita eterna, diventando così simbolo di rigenerazione.
 

venerdì 20 novembre 2015

Dedicato alle anime affini che si cercano, che si trovano, che si perdono... ma che comunque rimarranno insieme per sempre

Nulla accade per caso e, a quanto pare, tutto quello che ci succede entra nella nostra vita in un determinato momento, perché proprio in quel momento siamo pronti ad affrontare una certa situazione.

Ciò avviene anche per l’incontro della nostra anima gemella.

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Almeno una volta nella vita ognuno di noi ha incrociato lo sguardo della sua altra “metà”, gli si è seduto vicino, le ha stretto la mano o l’ha solo sfiorata per un secondo, ma…non l’ha riconosciuta!

Sì proprio così perché il vero problema non è incontrarsi, ma riconoscersi! Sembra infatti che la nostra anima prima di incarnarsi in una nuova vita, oltre a scegliere di portare a termine un determinato compito, che solitamente coincide con l’assimilazione di una specifica lezione di vita, decida anche il giorno e il luogo di tutti gli incontri importanti, ma che lascerà al nostro libero arbitrio la scelta di come reagire a questi incontri.

Forse non ci riconosciamo a causa dei veli con cui continuiamo a foderarci gli occhi, quei veli fatti di paure e di rifiuto verso noi stessi poiché, in realtà la relazione karmica che lega due anime dette gemelle è ben lontana dalla leggenda romantica che ci propinano i film e le fiabe, dove tutto finisce con la frase “vissero felici e contenti”, ma è più simile ad un viaggio all’interno di noi stessi, al fine di riconoscere ed accettare quelle parti di noi che rifiutiamo e che spesso addirittura crediamo non facciano parte del nostro essere.

E quando invece riconosciamo la nostra anima gemella?

Nella maggior parte dei casi, questi incontri, che sono caratterizzati da un forte impatto emotivo reciproco iniziale, durante il quale le persone coinvolte si “riconoscono” e sentono di essersi “ritrovate”, finiscono con un brusco allontanamento di una delle anime coinvolte.

Pur provando quel forte sentimento reciproco mai provato fino a quel momento, uno dei due si tira indietro, nega l’amore, fugge e di conseguenza la relazione si interrompe bruscamente.

Da qui scaturisce la sofferenza di chi vede l’amore della vita allontanarsi e non capisce, tanto meno accetta, il rifiuto e l’impossibilità di riportarlo a sé. Volendo dare un significato alla sofferenza di chi rimane interdetto di fronte alla scelta dell’altro, si può ipotizzare che le due anime abbiano scelto un percorso di consapevolezza diverso: esse sono state attratte dal vecchio sentimento che, a livello di anima, le univa durante le precedenti reincarnazioni, ma il loro modo di amare attuale è differente. Si stanno specchiando per mettere in luce le loro parti ombra, ma uno dei due non è in grado di sostenere ed affrontare quei problemi che vengono illuminati dallo specchio. Oppure semplicemente sono stati scelti programmi di vita diversi che non prevedono una relazione dopo l’incontro.

In ogni modo questi incontri hanno lo scopo di insegnarci una grande lezione: l’amore non è possesso.

E’ necessario lasciare andare. Chi è in grado di amare davvero non ha necessità di possedere l’altro, anzi ha la consapevolezza che, a livello di anima, sarà sempre legato al suo incontro karmico e che la vera sofferenza sta nel rimanere attaccati alla concezione del possesso e dell’amore impossibile.

Forse queste due anime che si incontrano nuovamente e si riconoscono perché sanno di aver vissuto già un amore precedente (solitamente ostacolato) hanno quindi solo il compito di essere uno specchio uno dell’altra.

Ma lo specchio, per quanto perfetto, non corrisponderà mai a colui che si sta specchiando: non ci sono persone in grado di completare un Essere, esso può completarsi da solo componendo tutte le parti, le “metà”, i frammenti di specchio e quindi di se stesso (le parti di sé), che raccoglierà nelle esperienze di vita e che lo ricongiungeranno alla Fonte, all’Uno.
Da tempi immemorabili, il genere umano ha dimostrato di essere molto interessato alla ricerca della propria "anima gemella". Ma quanto c'è di vero in questo concetto, al di là di un comprensibile desiderio di completamento personale? Esiste realmente questa fantomatica individualità atta a renderci felici?
 

Ebbene, l'anima gemella o semitermine spirituale è una realtà molto più profonda di quanto si possa immaginare e non rientra affatto in un mero desiderio chimerico raggiungibile solo nei sogni.

Come moltissime altre verità sostanziali, è l'Ultrafanìa a dissolvere le nebbie dell'ignoranza, spiegandoci che questa scissione dell'Essere ha avuto origine, potenzialmente, nell'attimo stesso della "Caduta", mentre il suo esito conclusivo è avvenuto nel periodo Adamitico, ossia durante la massima condensazione dell'Umanità.

Infatti, dal momento in cui si è consumata la "Rivolta Iniziale" degli Spiriti ribelli, le energie da essi trattenute e non più emanate a favore del Tutto, li hanno condotti, di cielo in cielo e di piano in piano, ad appesantirsi sempre più fino a raggiungere la compattezza energetica.

Dice l'Entele Maestro:

"Si tratta di chiarire se la scissione della Monade avvenne nell'istante della precipitazione o piuttosto durante il moto evolutivo successivo. La divisione del binomio principiò con l'inizio stesso del distacco dal grande Centro. Perché? Per un duplice moto di misericordia!
 
Il primo, in quanto lo Spirito, rappresentando la Scintilla assoluta, divina, nella sua onnipotenza avrebbe sofferto, spaventosamente sofferto giungendo integro, intatto, nel campo della costrizione: il movimento di separazione toglie potenza, per cui l'unità scissa avrebbe percepito in minor grado l'effetto della discesa nella materia.

Il secondo, perché, se lo Spirito legato a quel quantum di energia pesante avesse dovuto compiere nella sua interezza il ciclo evolutivo, il tempo, il vostro tempo, sarebbe trascorso in forma assai più tragica.
 
Scindendo l'unità, facendo evolvere separatamente le due metà, indipendentemente l'una dall'altra, l'Eterno, il Padre, raggiunse un duplice scopo: diminuire la fatica, accelerando il moto evolutivo."
 
 
Giulietta e Romeo -  Frank Dicksee  -  1884
 
Incontrare, ma soprattutto riconoscere la propria anima gemella durante la vita non è facile, perché l'Essere umano, di solito, viene attratto maggiormente dalla forma fisica o tutt'al più da qualche espressione positiva del carattere ma mai o quasi mai dalla parte spirituale.

Per poter infatti individuare il proprio semitermine, sono indispensabili due requisiti sostanziali: il primo è quello di "conoscere sé stessi" – vale a dire aver preso coscienza della propria origine divina, non solo teoricamente, ma vivendo e pensando da Spirito, seppur incapsulati nella materia.

Il secondo requisito è quello di aver intrapreso e abbracciato decisamente il cammino dell'Operatore di Luce mettendo a disposizione degli altri la singola esistenza.

Questo,  perché  solo  conoscendo il proprio Ego divino  si  può sperare di riconoscere la  nostra  parte  complementare,  ma  anche  così  non  sarebbe  sufficiente  poiché, se non si è dediti all'Opera altruistica e senza fini secondari, si rischierebbe, una volta incontrato il nostro binomio d'anima, di chiuderci, assorbiti totalmente dall'incontro meraviglioso, bloccando in questo modo la nostra evoluzione e quella dell'altro.
 
Il più delle volte è la nostra cecità spirituale la causa di scelte sbagliate che portano a connubi infelici e a continue delusioni!
 
 
Prosegue l'Entele Maestro:
 
"Matrimonio? Se la congiunzione avviene per movimento superiore, se cioè questa unione ha in sé il sigillo della sostanzialità, non vi è più un legame umano imposto dagli uomini e dalla Chiesa, ma un nodo che porta l'impronta della Legge eterna.

Se invece, come spesso accade, queste unioni derivano da altre cause dettate dall'interesse o dalla passionalità, allora voi potete unire, congiungere, legare, ma la disunione continuerà a regnare fra i due partner.

Non quindi la Chiesa può perfezionare o sanzionare quella unione, non gli uomini col loro vincolo civile, ma questa sintonia, questa armonia si ottiene solo là dove la congiunzione è di Legge, dove il movimento è karmico.

Sulla frase evangelica "Ciò che Dio ha congiunto l'uomo non separi" (Mt. 19,6), la Chiesa ha fondato il proprio dogma sull'indissolubilità del matrimonio. Qual era il significato sostanziale dell'espressione? Quello che l'Istituzione le annetteva od uno infinitamente più elevato?

Quando le due anime gemelle, create e volute dall'Eterno, si fondono insieme unificandosi, nessuno può e deve sciogliere il binomio; non trovate riferimento alcuno ad un legame di rito, bensì ad un congiungimento sostanziale.

La Chiesa, impostando il problema del matrimonio in relazione al significato umano dell'espressione cristica, otteneva una coesione familiare, un'impronta inconfondibile di armonia, necessaria se si considera lo stato di arbitrio, di involuzione delle masse, ma errava essa poiché doveva lasciare alla frase cristica l'assoluta sua potenzialità.

Il Cristo non ha accennato al matrimonio, ma a quella unione che non si poteva distruggere perché voluta dal Padre e che si doveva e poteva compiere fra gli umani se, percorrendo nel tempo la via in purezza, avessero acquisita quella percezione che avrebbe loro consentito di individuare il termine gemello del binomio legalizzando anche umanamente il connubio.


Le Nozze di Cana di Vitaly Conti 

Sì, una legge morale, nel tempo, sconsiglia la distruzione di un focolare, ma la stessa morale sconsiglia la sua formazione quando non è cementata dalla spiritualità, ma provocata da ben altri sentimenti.

L'errore, quindi, non sta nello sciogliere ma nel legare, ed è la Chiesa stessa che, mentre solleva delle riserve per la separazione, non ne solleva alcuna per l'unione.

Non fatevi schiavi del dogma. Una legge morale impera anche tra di voi e dice che le molteplici congiunzioni hanno impronta satanica; colui che ha voluto per arbitrio legarsi ad un'altra individualità, sappia sopportare le conseguenze di questo gesto e sappia offrire alla Legge divina ogni angoscia, ogni fatica dal connubio derivante.
 
Ma al di là di tale fatica, ne esiste una superiore di ricerca, di liberazione, di evoluzione attraverso una profonda metamorfosi.

Quotidianamente voi assistete a tali congiunzioni e constatate la facilità con la quale l'uno o l'altro sesso ricercano la fusione. Ciò sta a dirvi l'«insufficienza» umana. Ogni individualità dovrebbe trovare nel tempo la parte mancante al proprio termine o non congiungersi, ed a ciò arriverete.

I connubi armonici, sintonizzati, tra semitermini o anime gemelle portano alla formazione iniziale dell'«unità» e alla certezza che il residuo moto evolutivo si compirà nei campi astrali e non più nel finito della vostra dimensione.
 

Jim Warren

Questo significa che ogni passione umana deve essere distrutta; non congiunzioni quindi per lussuria, per ambizione, per avidità o calcolo, ma solo per amore e l'Amore nella sua sostanzialità può essere elargito da un termine del binomio soltanto verso l'altro termine del binomio.
 
Vi riporto verso la semplicità del vivere, verso la Verità. Il karma vi condurrà al giusto tempo, all'ora giusta, ad incontrarvi con la vostra anima gemella; la passionalità, invece, vi trascinerà ad un movimento ripetuto e tortuoso che rallenterà il vostro ricongiungimento unitario.

La Legge, nella sua Perfezione, scisse ogni Monade in un binomio. Quando tutti questi semitermini si ricomporranno ritornando uno, dopo aver vagato separatamente per le vie del tempo, l'evoluzione dell'Umanità sarà compiuta e la Terra, così com'è, non avrà più motivo di esistere.
 
Ogni Essere avrà, allora, raggiunta la vetta della Sapienza, quella vetta che sta ai piedi del Trono divino."
 
 
Post Scriptum

"Nell'ora della precipitazione ogni unità conosceva, evidentemente, già il proprio destino, in quanto entrava nell'ambiente dell'oggi e del domani.

Ogni unità quindi visse in angoscia, in terrore, in ansietà pensando al momento in cui ogni Monade sarebbe stata dimezzata, privata di metà delle proprie capacità operanti. E allorché giunse l'ora della scissione, il fatto avvenne, l'unità si scisse.

Chiaramente, anche tra voi umani, che per amore non brillate troppo, il distacco da un familiare, che non è vostra materia, né vostro Spirito, procura un determinato stato d'angoscia, di affanno, di dolore e nell'attimo della separazione l'uno dona all'altro quanto maggior conforto può ed elargisce l'augurio di un proseguimento facile e proficuo.

Orbene, quella quantità una, scissa, tagliata, strappata a forza, come avrà guardato alla propria metà? La capacità «amore» era assai più sentita allora di quanto non lo sia oggi tra di voi, per cui ogni metà ha rinunciato ad una parte delle proprie energie e qualità peculiari al fine di rendere meno faticoso il cammino che avrebbe dovuto percorrere l'altra sua parte.

Dal canto suo,  l'altra metà faceva altrettanto,  cosicché,  dal punto di vista venutosi a creare (parlo ancora e sempre di fattori spirituali), l'una elargiva di sé determinate energie e l'altra, a sua volta, faceva lo stesso a seconda che ritenesse preferibile dotare di un certo tipo di prerogative il proprio semitermine onde rendergli più agevole il cammino."
 
Ecco spiegato il motivo per cui, cari Lettori, spesso le due anime gemelle sono identiche in certe espressioni, mentre in talaltre sono prive di alcune qualità che invece il proprio binomio possiede, e viceversa, come quando, ad esempio, uno dei due si esprime nella musica e l'altro nella pittura.
 

giovedì 19 novembre 2015

Papa Luciani

Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri...

Ma chi era questo Marcinkus? Era una delle pedine fondamentali di quella partita a scacchi che da anni si giocava fra Vaticano e grandi banche e che metteva in palio la possibilità di vedere il proprio capitale aumentare sempre di più. Marcinkus era il più alto in grado all’interno dello I.O.R., l’Istituto per le Opere Religiose. Egli intuì immediatamente i pericoli dell’elezione di questo pontefice che, sin dai suoi primi discorsi, aveva lasciato chiaramente intendere di voler far tornare la chiesa cattolica a quegli ideali di carità cristiana propri del primo cattolicesimo, rinunciando alle ricchezze superflue che troppo avevano distolto gli uomini di chiesa dai propri sacri compiti. Figuratevi il capo della banca vaticana come avrebbe mai potuto vedere un tipo del genere sul più alto gradino del proprio stato…
 
Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno».

Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini.

In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria, buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico «O.P. Osservatore Politico» di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze mai chiarite. Secondo molti, O.P. era una sorta di «strumento di comunicazione» adoperato dai servizi segreti italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli come lo erano Sindona e Calvi.
 
Ma, tornando alla lista ecclesiastico-massonica, questa comprendeva, fra gli altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato, matr. 041/3, iniziato a Zurigo il 6/8/66, nome in codice Jeanni), Agostino Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano, matr. 41/076, 28/9/57, Casa), Paul Marcinkus (43/649, 21/8/67, Marpa), il vicedirettore de «L’osservatore Romano» don Virgilio Levi (241/3, 4/7/58, Vile), Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana, 42/58, 21/6/57, Turo).

 
Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare.
 
La morte subitanea, dopo trentatrè giorni di pontificato, suscitò incredulità e stupore, sentimenti accresciuti dalle titubanze del Vaticano nello spiegare il come, il quando ed il perché dell’evento. In questo modo, l’incredulità diventò prima dubbio e poi sospetto. Era morto o l’avevano ucciso?
 
Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.
 
Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto.
 
Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi.
 
Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I.
 
Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.
 
Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione.
 
La ricostruzione fatta da Yallop degli affari di Sindona, di Calvi, di Gelli e dello I.O.R., conduce inevitabilmente all’eliminazione del Papa.
 
Tuttavia la ricostruzione dello scrittore inglese pone alcuni problemi, primo fra tutti la netta sensazione che, in alcuni passi della ricostruzione, gli episodi, le date e le circostanze, tendano ad «esser fatte coincidere» troppo forzatamente.
 
Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa.
 
Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione.
 
Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire?
 
Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita.
 
Una curiosità per chiudere l’argomento: sulla scrivania di Luciani fu trovata una copia del settimanale «Il mondo» aperta su di un’inchiesta che il periodico stava conducendo dal titolo: «Santità...è giusto?» che trattava, sotto forma di lettera aperta al pontefice, il tema delle esportazioni e delle operazioni finanziarie della banca Vaticana. «E’ giusto...» recita l’articolo «...che il Vaticano operi sui mercati di tutto il mondo come un normale speculatore? E’ giusto che abbia una banca con la quale favorisce di fatto l’esportazione di capitali e l’evasione fiscale di italiani?»
 

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