lunedì 29 febbraio 2016

La terzomondizzazione degli Stati Uniti

Su RT, l’ultimo rapporto Oxfam sulla povertà: ricchi sempre piú ricchi, poveri sempre più poveri, sparisce la classe media. La polarizzazione della ricchezza mette a rischio la coesione sociale e la democrazia: “rischiamo che vengano a cercarci coi forconi”, avverte uno dei miliardari nel top 1%. Ma dall’inizio della crisi nulla è cambiato e si continuano a perseguire le stesse politiche pro-upper class che la crisi l’hanno innescata
 
L’economia statunitense sta generando una ricchezza da togliere il fiato per una minoranza elitaria della popolazione a scapito di milioni di persone che adesso precipitano nelle fratture aperte nel sistema economico. E allora perché continuiamo a guardare questo penoso spettacolo anno dopo anno?
 
La classe media americana, un tempo glorificata, è sulla buona strada per essere relegata nei libri di storia; un manufatto di un’epoca passata, quando posti di lavoro ben retribuiti, accompagnati da una forte rappresentanza sindacale e dal sostegno del governo, hanno dato a milioni di famiglie americane un senso di sicurezza e anche la prosperità.
 
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Numero di miliardari che possiedono la stessa ricchezza del 50% della popolazione (e il mezzo di trasporto che occuperebbero)
 
Fate una ricerca su Google sul “sogno americano”, cinismo e scetticismo abbondano: secondo Market Watch, che cita dati Google Trends della società di brokeraggio Convergex, molti degli auto-riempitivi che appaiono coinvolgono parole piene di angoscia come “morte”, “menzogna” e “abbandonare l’America”. Nel frattempo, il 69 per cento degli americani sostiene che gli ostacoli alla realizzazione di questo sogno sfuggente “oggi sono più grandi che mai”.
 
Sì, la strada si sta svegliando, e non intendo Wall Street. [il riferimento è alla contrapposizione tra Main Street, la generica strada principale di tante cittadine americane, e Wall Street, la strada simbolo della finanza, NdT]
 
I dati economici grezzi mostrano perché la classe media americana vive in una gran paura da decenni: secondo il Pew Research Center, nel 2014 il 49 per cento del reddito negli Stati Uniti è andato a famiglie benestanti, rispetto al 29 per cento del 1970. La quota che è andata alle famiglie a reddito medio è stata del 43 per cento nel 2014, al di sotto del rispettabile 62 per cento del 1970.
 
Il dato rivela una tendenza preoccupante che indica non solo la disparità di reddito, ma la fine dell’America come paese egualitario, dove a tutti è garantito un equo tentativo nella “ricerca della felicità”.
 
Sempre più spesso, però, il paese è spaccato tra due campi contrapposti: i super-ricchi e i super-poveri. Nel 2015, il 20 per cento degli adulti americani era nel gruppo a più basso reddito, rispetto al 16 per cento del 1971. Sul lato più soleggiato dei binari, il 9 per cento sta nella categoria più alta di reddito, più del doppio del 4 per cento del 1971.
 
Che cosa esattamente sta spingendo questa costante erosione della classe media statunitense, il proverbiale canarino nella miniera di carbone per quel che riguarda l’economia americana – e la sua coesione sociale?
 
Ecco un elenco degli ostacoli principali che stanno bloccando la strada per raggiungere il sogno, secondo gli americani:
  • Declino dell’etica del lavoro                                     
  • Declino dei valori morali                                          
  • Debiti personali                                                          
  • Regole che favoriscono i ricchi                                
  • Mancanza di opportunità economiche                  
  • Disuguaglianza economica                                    
  • Settore pubblico da ridimensionare                       
  • Declino della classe media                                        
  • Costo della sanità                                                       
  • Spesa pubblica                                                           
Fonte: 7 American Values ​​Survey annuale
 
Purtroppo, ogni discussione con numeri che abbiano una serie infinita di zeri ha la tendenza ad anestetizzare i lettori portandoli in uno stato di disperazione e noncuranza, come i cervi intrappolati nella luce dei fari di un autocarro in arrivo. In ogni caso, ecco una breve descrizione di ciò che sta ammalando l’America e gli americani, completo di infiniti zeri.
 
Con lo stesso febbrile entusiasmo con cui esce l’originale sportivo, il tanto atteso equivalente per il Capitalismo dello Sports Illustrated Swimsuit Issue – qualcosa come ‘l’anteprima del porno della busta paga’ – è arrivato in tutte le edicole e le cifre sono semplicemente sbalorditive.
 
Tuttavia il rapporto mozzafiato non è stato redatto da Forbes, Fortune e Financial Times, ma da Oxfam, il guardiano della povertà. E giusto in tempo per il World Economic Forum di Davos, dove l’elite finanziaria sorseggia champagne tra gite alle piste da sci e seminari, fingendo preoccupazione per le difficoltà del restante 99 per cento rannicchiato alla base della Montagna dei Soldi.
 
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– Cosa pensi del fatto che il 99% della popolazione detiene l’1% della ricchezza? – . – Penso che è ancora una bella fetta di torta! –
 
Oxfam mette tutto sul tavolo nel primo paragrafo: “Un’economia per l’1% indica che la ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale – 3,6 miliardi di persone – è diminuita di un trilione di dollari dal 2010. Questo calo del 41 per cente si è verificato nonostante la popolazione mondiale sia cresciuta di circa 400 milioni di persone in quel periodo. Nel frattempo, la ricchezza delle 62 persone più ricche è aumentata di più di mezzo trilione di dollari, fino a 1.76 trillioni di dollari”
 
Nel frattempo, la ricchezza detenuta dai 1.826 miliardari ammonta a 7.05 trilioni di dollari, in crescita dai 6.4 trilioni dello scorso anno
 
Penso che se fossi uno di quei 1.862 miliardari questi numeri mi darebbero qualche motivo di riflessione. Pensateci: in soli sei anni, la ricchezza dei 3,6 miliardi di persone in fondo alla piramide dell’economia è scesa di 1 trilione di dollari – nonostante il loro numero sia cresciuto di 400 milioni (!). Questo è il genere di tendenze economiche che invariabilmente alimenta disordini sociali, se non una rivoluzione vera e propria, come almeno un miliardario ha recentemente avuto la lungimiranza di capire.
 
L’anno scorso, Nick Hanauer, un miliardario di capitali d’investimento, ha lanciato un avvertimento sulla rivista Politico, dove ha sostenuto, con grande costernazione dei suoi ricchi pari che sempre preferiscono un po’ più di delicatezza, che “verranno a cercarci coi forconi” a meno che non ci sia qualche genere di grande cambiamento nell’economia globale.
 
“Se non facciamo qualcosa per risolvere le evidenti ingiustizie presenti in questo sistema economico, verranno a cercarci coi forconi. Nessuna società può sostenere questa crescente disuguaglianza. In realtà, non c’è esempio nella storia umana in cui sia stata accumulata ricchezza a questo modo e alla fine non siano arrivati i forconi“.
 
Nonostante gli avvisi di Hanauer, sembra che le cose vadano come al solito nella terra dei liberi e degli indebitati. Nonostante tutte le strette di mano sudate dopo la Grande Recessione del 2008, quando il mondo ha camminato come un sonnambulo sull’orlo dell’abisso economico, le “banche troppo grandi per fallire” sono più grandi e più cattive che mai, mentre continuano i bonus ai dirigenti con un’economia in panne.
 
Secondo un altro rapporto di Oxfam, “le attività detenute dalle cinque maggiori banche nel 2007 – 4.600 miliardi di dollari – sono aumentate di oltre il 150 per cento negli ultimi 8 anni. Queste cinque banche sono passate dal detenere il 35 per cento del patrimonio del settore nel 2007 al 44 per cento di oggi.”
 
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Le tasse che dovrebbero essere usate per depurare l’acqua vengono versate nei paradisi fiscali. E’ tempo di porre fine all’era dei paradisi fiscali.
 
Ma ecco il trucco: mentre queste stimate istituzioni finanziarie accumulano sempre più soldi, la “stragrande maggioranza degli americani rimane bloccata sullo stesso salario mediano del 1999”. David Cay Johnston, che fa riferimento al rapporto sui salari 2014 della Social Security Administration ( SSA), dimostra che “nel 2013 i redditi al lordo delle imposte in termini reali per il 90 per cento dei contribuenti erano gli stessi del 1966”.
 
Allora, dove è andata tutta la ricchezza d’America? Quando esattamente il sogno americano si è trasformato in un incubo grottesco? Come scrive Gabriel Zucman nel suo libro appena uscito, “La ricchezza nascosta delle nazioni,” circa 7600 miliardi di dollari sono stato accumulati in paradisi fiscali offshore come il Lussemburgo, le Grand Cayman e l’Irlanda, da dove individui ed aziende ricche sono in attesa di un “condono” per trasportare il bottino a casa sulle loro navi pirata.
 
Zucman ha dimostrato un po’ di entusiasmo ribelle che di solito non si trova nelle sale del mondo accademico: “Se una frazione significativa di persone ricche può evadere le tasse e se il resto della popolazione percepisce che le tasse non sono applicate in modo equo… la disponibilità a pagare le tasse scomparirà. ”
 
Questo messaggio fa riferimento ai nostri padri rivoluzionari, che hanno ispirato la Rivoluzione Americana contro i loro padroni britannici dichiarando “niente tasse senza rappresentanza”.
 
Dai luoghi di lavoro alle sale del potere politico, agli americani manca di certo la rappresentanza, che è alla base della loro attuale situazione ed è la ragione della tragica scomparsa della classe media americana una volta orgogliosa.
 
Senza una classe media sana e robusta, l’America non solo regredirà allo stato di paese del terzo mondo, ma sarà anche matura per un grave sconvolgimento sociale di una portata che non abbiamo mai visto.
 

domenica 28 febbraio 2016

La Battaglia contro l'Ego - La Rottura dell'Uovo

Dobbiamo renderci conto che non siamo liberi, che le nostre azioni sono condizionate, che, anche se talvolta così non ci sembra, non esercitiamo quasi mai la nostra volontà e che siamo sempre comandati da "altri". La nostra, insomma, non è una condizione di uomini, ma di burattini, di umanoidi, di robots. Come tutte le persone che fanno la volontà di qualcun altro, viviamo come ipnotizzati, nel sonno della coscienza.

Molte favole che si raccontano ai bambini, ma che in realtà andrebbero spiegate agli adulti, trattano questo argomento. Per esempio, "Cenerentola" e "La bella addormentata nel bosco" di Perrault e, soprattutto, "Pinocchio" di Collodi.
 
Però, anche se ci rendiamo consapevoli di tutto questo, di solito diamo la colpa ai condizionamenti esterni: la famiglia, la scuola, l'educazione, la TV, la pubblicità, il lavoro, gli incontri, gli amici, il tempo atmosferico, la salute, le circostanze, l'ambiente. In realtà, i condizionamenti più importanti si trovano al nostro interno, e sono i nostri stati d'animo, i nostri desideri, le nostre fantasie. Sono i più importanti perchè sono proprio loro a determinare le circostanze esterne che, invece, quasi sempre incolpiamo ("gli stati attirano gli eventi ").
 
Cosi, forse, può essere la pigrizia a farmi accendere la TV (o ad impedirmi di spegnerla) per poi esserne condizionato; o, forse, è il mio cattivo umore che mi fa litigare con quei "fastidiosi" vicini di casa; forse è la noia che mi conduce al bar o in osteria, dove incontrerò i soliti amici che mi inviteranno a bere; o, forse, è l'avidità e la sete di quadagno che mi impedisce di avere un po' di tempo libero per guardarmi intorno; o è la paura di non essere abbastanza considerato che mi fa vivere con persone sgradevoli o profittatrici; o la gelosia ad impedirmi di avere una felice vita coniugale e familiare; o le continue, inutili preoccupazioni a rovinarmi, giorno dopo giorno, la salute.
 
Le situazioni concrete della nostra vita, insomma, piacevoli o spiacevoli (i rapporti con gli altri, la vita familiare, la salute, il lavoro ecc.), sono il prodotto di stati interiori mutevoli, di illusori aggregati della nostra psiche che, essendo solo il frutto di fuggevoli impressioni, non hanno alcun motivo reale per esistere.
 
Da questo punto di vista, tutta la nostra vita è ILLUSIONE (Velo di Maya per gli Indostani), perchè è fondata sull'affascinazione. E spesso è affascinazione dolorosa, perchè la speranza si alterna alla delusione, la salute alla malattia, la ricchezza alla povertà, l'amicizia al tradimento e così via fino alla morte, senza alcuna speranza di stabilità.
 
Per questi motivi, la vita terrena è chiamata VALLE DI LACRIME.
 
Cos'è dunque la nostra vita? Un insieme di avvenimenti che non abbiamo voluto e di cui abbiamo scarsa coscienza, perchè sono prodotti non da noi, ma da AGGREGATI PSICHICI. Se vogliamo abbandonare la condizione infraumana di burattini, dobbiamo allontanarci dall'illusorio mondo dell'affascinazione ed avviare quel processo di rinnovamento interiore denominato "seconda nascita" e che porta alla formazione dell' "uomo reale". Tale processo è simboleggiato dalla rottura dell'uovo.
 
Per questo la Pasqua, festa di rinascita e di resurrezione, si collega nella cultura occidentale alla simbologia dell'uovo. Esso racchiude nel suo guscio l'uomo nuovo in attesa di essere liberato e portato alla luce.

La simbologia dell'uovo nella tradizione occidentale è riassunta nell' uovo filosofale (o uovo alchemico), rappresentato nell'Emblema n VII dell'ATALANTA FUGIENS di Michael Maier.
 
 
LA DOTTRINA DEI MOLTI
 
Gli Aggregati Psichici si comportano al nostro interno come se fossero dei veri e propri "personaggi psicologici", vere e proprie persone, tanti altri "noi stessi". Per il fatto di essere illusori e meccanici, di procurare in noi l'affascinazione ipnotica e, quindi, di indurci in errore, tali Aggregati sono completamente negativi.
 
Nell'antico Egitto erano chiamati "Diavoli rossi di Seth", nel Vangelo cristiano sono chiamati "Demòni". Più genericamente, possiamo chiamarli DIFETTI. Essi, benché siano tantissimi (in numero di 987 secondo Mouravieff, vedi bibliografia), non sono infiniti; senza voler dar loro un numero preciso, possiamo semplicemente affermare che sono MOLTI.

Talvolta, la negatività degli Aggregati psichici non sembra evidente. Ciò dipende in parte dal fatto che l'umanità ha conferito con l'andar del tempo una valenza "positiva" a certi difetti, per esempio all'orgoglio e all'amor proprio; in parte, perchè gli Aggregati sono "furbi" e spesso, per apparire buoni, si vestono di altruismo e di generosità.
 
Dietro la loro apparente bontà, tuttavia, c'è spesso la paura del giudizio degli altri, l'incapacità di dir di no, la timidezza, il senso di colpa, il vittimismo, la sottomissione, la superbia ecc. ecc.. Proprio a causa del loro innegabile pseudoruolo di affermazione individuale e sociale, nell'antico Tibet i difetti erano chiamati "VALORI".
 
Il nostro spazio psicologico individuale non è quindi unitario, ma molteplice e frammentato: una molteplicità di difetti (i quagrangoli nella figura sottostante) lo riempie completamente, al 100%. Questo concetto sta alla base della cosiddetta "DOTTRINA DEI MOLTI", e dev'essere perfettamente capito e sperimentato da chiunque desideri mettersi seriamente alla ricerca di se stesso.
 
Uno spunto di riflessione può essere offerto dalla lettura dell'episodio dell' "indemoniato di Gerasa" (Lc 8, 2-27), da cui si deduce che i Difetti, pur essendo i principali in numero di sette, sono in realtà tantissimi, ovverosia LEGIONE. La religione cristiana chiama i sette principali difetti PECCATI CAPITALI e conferisce loro un nome ben preciso: IRA, SUPERBIA, LUSSURIA, GOLA, AVARIZIA, INVIDIA, PIGRIZIA.
 
Resta però inteso che ognuno di essi porta dietro a sé tutta una schiera di difetti secondari il cui nome, pur non essendo precisato in alcun luogo, può essere abbastanza facilmente individuato attraverso un sincero esercizio introspettivo. Si scopre così che la SUPERBIA si collega all'amor proprio, all'intolleranza, al vittimismo, alla compiacenza, all'ironia, alla vanità; l'INVIDIA all giudizio, al pregiudizio, al confronto, al desiderio, all'autocommiserazione, alla competitività; la LUSSURIA alla lusinga, alla seduzione, al compiacimento, alla galanteria, al tradimento, alla gelosia; l'IRA alla violenza, al litigio, al rancore ecc. ecc..
 
Gli Aggregati, pertanto, formano degli insiemi molto complessi ed intrecciati fra loro. Tali complessi, denominati EGO, vengono ta lvolta paragonati ad un albero, che riconosce nel tronco il difetto principale, nelle foglie i difetti ad esso collegati e nelle radici i difetti nascosti, difficili o impossibili da ammettere. Altre volte i complessi egoici vengono paragonati alla LUNA ("Luna Psicologica"), che possiede una faccia illuminata (difetti visibili) ed una faccia in ombra (difetti nascosti). Per questo, ancora, si dice che L'EGO E' FORMATO DA TANTI DETTAGLI.
 
 
Gli Aggregati psichici non coabitano in modo tranquillo all'interno dello spazio psicologico di una persona, ma ciascuno cerca di prevalere sugli altri e di imporre agli altri la propria volontà. Tutti sono in continua lotta per la supremazia e ciascuno, a turno, la ottiene, diventando per un certo tempo il re ed il signore della situazione. Questo accade perché ogni Aggregato è formato da una certa quota di ENERGIA, che però agisce in modo assolutamente inconsapevole.
 
La volontà dell'Aggregato non è quindi in alcun modo una volontà cosciente, bensì meccanica, ripetitiva, capricciosa, caotica e priva di qualsiasi indirizzo stabile. Essa si esprime attraverso semplici dinamiche associative innescate dagli organi di senso o dal pensiero. Vedo una certa persona e subito prevale in me l'Aggregato dell'intolleranza; ne vedo un'altra e provo simpatia; sento una certa canzone a cado nella malinconia; ricevo un insulto e sono preso dal vittimismo; ricordo un buon affare compiuto e mi riempio di soddisfazione ecc. ecc..
 
Infine, gli Aggregati non sono rappresentati in modo uniforme all'interno della psiche: alcuni sono più estesi, altri più ristretti. Come si è visto nella figura precedente, le superfici quadrangolari non sono tutte uguali. E' evidente che gli Aggregati più estesi hanno maggiore possibilità di imporsi su quelli più ristretti, i quali possono prendere il potere più raramente, e solo di quando in quando.
  
LA PERSONALITA'
 
Gli Aggregati psichici entrano nello spazio psicologico di una persona, uno dopo l'altro, nei primi sette anni di vita. Essi entrano per imitazione, sul modello, cioè, degli Aggregati che già esistono nell'ambiente psicologico che circonda il bambino: la sua famiglia, i parenti, gli educatori, le prime amicizie ecc.. Attorno ai sette anni di età, la psiche del bambino è già piena, al 100%, di Aggregati psichici, e quindi di Ego, e nulla si può più fare per impedire la loro manifestazione. Comunemente si dice che il bambino ha formato la propria PERSONALITA'.
 
In senso morfologico possiamo quindi intendere per personalità la STRUTTURA PSICOLOGICA formata dall'insieme degli Aggregati psichici. Tale struttura è perfettamente caratterizzata in base alla frequenza con cui i singoli Aggregati si manifestano. Poichè tale frequenza è sempre diversa da individuo a individuo e dal momento che sempre diverse sono le combinazioni dei vari Aggregati tra loro, si deduce facilmente non solo che il numero degli Ego è grandissimo, ma che numerosissime sono anche le Personalità, che degli Ego sono il veicolo di manifestazione. E' pertanto praticamente impossibile, negli esseri umani, trovare due Personalità uguali.
 
Ogni persona ha pertanto degli Ego ben caratteristici, formati da Aggregati diversi che si combinano in modo caratteristico tra loro. Ogni Personalità evidenzia quindi un "profilo psicologico principale" (PPP), che si riconosce per la specifica frequenza con cui uno o più complessi egoici entra in azione.
 
Particolarmente interessante è l'efetto della combinazione di diversi Aggregati tra loro. Uno stesso Aggregato, dominante e caratteristico in due persone diverse, può esprimersi in modo differente in ciascuna. Ad esempio, un grande Aggregato del furto può caratterizzare la Personalità del grande ladro se si associa con l'Aggregato della presunzione, dell'ambizione e dell'orgoglio; caratterizza viceverso la personaltà del ladruncolo se si associa ad un Aggregato di paura o di insicurezza.
 
Non sempre il riconoscimento del PPP è agevole, specie in Personalità complesse.

Per il fatto di essere espressione dei difetti della psiche, la Personalità è sostanzialmente negativa. E' bene abituarsi presto a questo concetto, perchè nel linguaggio comune una "forte personalità" indica generalmente qualcosa di buono e di desiderabile.
 
In senso dinamico, infine, possiamo definire la personalità come l'ENERGIA risultante dalla somma delle diverse quote energetiche presenti nei difetti di uno spazio psicologico. Ma a quanto ammonta l'energia di una Personalità? Per quanto possa sembrare impossibile, la sua energia è uguale a zero.
 
L'energia della Personalità è, infatti, illusoria proprio come illusori sono gli elementi che la costituiscono. E' vero che questi ultimi, presi isolatamente o a gruppi, possiedono un'energia ben evidente, che dimostrano soprattutto quando si impossessano drammaticamente della psiche.
 
Ma è altrettanto vero che, se facciamo la somma vettoriale di tutti gli Aggregati presenti in uno spazio psicologico, la risultante non può essere che zero, poichè essi non appartengono alla realtà, ma sono solo artefatti, fantasmi del nostro mondo interiore.
 
 
L'ESSENZA
 
L'uomo comune e corrente è generalmente rassegnato alla sua condizione. Pur rendendosi conto di di trascorrere la sua esistenza in modo illusorio e per lo più infelice, non fa nulla per cercare di prendere in mano la situazione e di liberarsi degli Aggregati psichici.
 
1) Un primo motivo è senz'altro la paura di ritrovarsi, una volta distrutti gli Aggregati, con uno spazio psicologico vuoto, privo cioè di quegli stimoli che, nel bene e nel male, danno significato all'esistenza. Generalmente, infatti, l'identificazione con l'Ego è tale da far ritenere che esso sia l'unica presenza esistente all'interno della psiche.
 
Se così fosse, sarebbe disperante. Nulla di reale, infatti, esisterebbe nell'uomo, ma solo un ammasso informe di Aggregati psichici.
 
Chi però riesce, magari solo per qualche istante, a superare il mondo dell'affascinazione e ad avere quindi di sè una visione consapevole, capisce come, non potendo l'Aggregato per il suo essere illusorio, soggettivo, mutevole, meccanico rappresentare la natura vera dell'uomo, debba esistere all'interno dello spazio psicologico individuale qualcos'altro di più vero e di più legittimo. Questo qualcosa, rappresentato dalla reale natura umana e riassumibile nei concetti di oggettività, verità, volontà , coscienza ecc., costituisce una sorta di "principio animico" o scintilla d'anima, che si definisce con il termine di ESSENZA.
 
Nell'Essenza ciascuno trova pertanto la capacità di esprimersi in modo reale al di là di ogni possibile condizionamento e trova anche l'orientamento stabile per affrontare le difficili esperienze nella materia densa del Mondo Fisico.
 
Ma perchè, allora, se l'uomo conserva in sè la sua vera natura, in pratica vive poi come se essa non ci fosse - al punto di essere tentato di negarla - e, rinunciando quasi ad ogni forma di esperienza oggettiva, ritiene di non possedere al proprio interno null'altro che gli Aggregati psichici? In altri termini, dove si è smarrita l'Essenza? Perchè non si rivela?
 
Tentare una risposta non èsemplice. Significa riandare all'inizio della storia dell'umanità, che parla di inganni e di paradisi perduti. La coscienza collettiva, attraverso l'elaborazione della favola e del mito, mantiene il ricordo di strane battaglie, di troni usurpati e insanguinati, di patrie dimenticate, di tesori rubati e nascosti, di lontane terra da riconquistare. Vicende che non è difficile riferire ai contenuti dello spazio psicologico, ad oscure lotte tra la parte cosciente e quella infracosciente della psiche.
 
Scopriamo allora che l'Essenza, nel corso della storia dell'uomo, è stata progressivamente vinta e catturata dall'Ego, che la tiene ancora saldamente prigioniera al proprio interno. Essa, che dovrebbe dimorare di diritto, unica ed indivisa, all'interno dello spazio psicologico individuale, non esiste più. Inutilmente, come Diogene, la potremmo cercare, perchè si trova, molteplice e frammentata, all'interno degli Aggregati della psiche.
 
La distruzione dell'Aggregato, pertanto, non deve spaventare. Ciò che si distrugge, in fondo, è soltanto un ladro e un usurpatore, un abitante abusivo del nostro mondo interiore che, nel momento stesso della sua morte, libera finalmente la particella di Essenza che teneva prigioniera. La distruzione dell'Ego non lascia dunque vuoto lo spazio psicologico, ma, al contrario, costituisce la condizione indispensabile al recupero dell'Essenza e pone la basi per la cristallizzazione dell'ANIMA.
 
2) Il secondo motivo che generalmente ostacola il lavoro interno è la sua apparente difficoltà. Infatti, se le cose fossero esattamente come appena descritto, potremmo dire che l'eliminazione degli Aggregati psichici, affidata unicamente alle forze instabili e soggettive degli elementi stessi da distruggere, sarebbe un'impresa destinata al fallimento.
 
Fortunatamente, però, come si può talvolta constatare dalla occasionale comparsa di qualche elemento consapevole, l'uomo mantiene ancora dentro di sè, non ancora caduta nelle mani dell'Ego, una piccola quota di Essenza libera, forse un 3% del totale. Questa piccola particella autocosciente costituisce il solo punto d'appoggio stabile e sicuro per poter iniziare il processo di distruzione degli Aggregati psichici.
 
Tuttavia, si tratta ugualmente di un lavoro non facile, anzi, così difficile che la maggioranza delle persone, pur conoscendone i vantaggi, sceglie di non affrontare, preferendo piuttosto una vita di illusione e di sofferenza. Il 3% di Essenza, infatti, nonostante esista, si comporta inizialmente come se non ci fosse, poichè giace profondamente addormentato all'interno della psiche, sopraffatto dalla gran massa di Aggregati che ne impedisce la manifestazione.
 
Riuscire a fargli spazio non è cosa da poco, perchè si tratta di andare alla ricerca di qualcosa che si è tentati di negare, e di limitare allo stesso tempo la forza e l'espressione dell' Ego, che invece appare come l'unica Realtà.
 
Riducendo, tuttavia, anche solo di poco l'aggressività e la presenza di qualche Aggregato psichico dentro se stessi (questo è, in fondo, il significato della disciplina ascetica), si verifica una situazione nuova e particolarmente favorevole: il 3% di Essenza diventa concretamente "presente" all'interno della psiche e comincia a manifestarsi.
 
Da questo primo momento di autocoscienza, sia pur precario e provvisorio (COSCIENZA SOGGETTIVA), l'eliminazione concreta degli Aggregati Psichici diventa realmente possibile. Ogni Aggregato distrutto lascia uscire la scintilla di Essenza che teneva prigioniera e questa, aggiungendosi alla parte libera, ne aumenta progressivamente la percentuale (COSCIENZA OGGETTIVA).
 
Da quanto fin qui esposto, possiamo dunque dire che la liberazione dello spazio psicologico, con la conseguente reintegrazione in esso dell'Essenza, consta di due momenti non necessariamente separati nel tempo:

• un momento psicologico (o momento della coscienza soggettiva, detto anche momento ascetico) rivolto all' "estensione" dell'Aggregato (cioè alla frequenza della sua comparsa), che ha per obiettivo il risveglio della Coscienza e del 3% di Essenza;

• un momento spirituale ed esoterico (o momento della coscienza oggettiva, detto anche momento mistico) rivolto all' "energia" dell'Aggregato (cioè alla causa stessa della sua sussistenza), finalizzato alla eliminazione totale dell'Ego attraverso le facoltà contenute nella quote, sempre crescenti, di Essenza libera e risvegliata.
 
Fornire le basi teorico-pratiche per la messa in pratica di tali momenti e per restituire all'uomo la sua legittima libertà è precisamente uno degli scopi degli studi gnostici.
 

sabato 27 febbraio 2016

Crolla un altro pilastro della Out of Africa II

La teoria dell’origine africana dell’Homo Sapiens – conosciuta come Out of Africa II negli ambienti accademici – ovvero la teoria secondo cui tutta l’umanità discenderebbe da un unico antenato comune vissuto in Africa circa 200.000 anni fa, è da qualche anno divenuta la nuova verità dogmatica per quanto riguarda le origini dell’uomo.
 
La valenza politica di una teoria che vede anche gli antenati delle popolazioni europee arrivare dall’Africa in un periodo stimato di circa 50 mila anni fa, viene spesso utilizzata soprattutto nell’ultimo periodo di invasioni di profughi per dimostrare che in realtà siamo tutti originariamente dei “profughi Africani” e che quindi ora si sta solo ripetendo quello che è successo decine di migliaia di anni fa e soprattutto che noi Europei non abbiamo nessun diritto di sentire l’Europa più “nostra” di un qualunque Africano che sbarca nelle nostre coste.
 
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Il fatto poi che questa teoria veda l’umanità discendere da una linea femminile che risale fino ad un unico antenato comune che di fatto è una sorta di “Grande Madre” africana, la cosiddetta “Eva mitocondriale”, fa assumere a questo dogma scientifico anche altre valenze che sembrano voler volontariamente contrastare le basi della spiritualità virile e guerriera europea. Eppure, benché media e politici la sbandierino come una specie di verità assoluta e indiscutibile, la teoria dell’origine africana resta appunto pur sempre una teoria.
 
Di certo è attualmente la più seguita dai paleoantropologi – e tutti sappiamo quanta resistenza ci sia negli ambienti accademici ad abbandonare o intaccare le teorie “ufficiali” più accreditate – ma chi la sbandiera come un dogma inappellabile spesso dimentica di dire che ha anche molti “buchi” e soprattutto che alcune recenti scoperte la stiano mettendo a durissima prova.
 
Il primo fortissimo colpo di piccone alla teoria dell’origine africana era già arrivato con gli studi sul dna di alcuni fossili trovati in Australia che dimostrerebbero come il ceppo ominide aborigeno abbia circa 400 mila anni – quindi molto più vecchio anche dell’Eva africana – e che tra l’altro presenti caratteristiche genetiche molto diverse da quelle del ceppo africano ritenuto “originario”.
 
Ma altri studi, partendo da presupposti e ricerche diverse, hanno minato il dogma africano. Una recente ricerca con un notevole contributo arrivato dai ricercatori del dipartimento di biologia della Sapienza e i cui risultati sono apparsi sulla rivista scientifica Pnas, avrebbe indebolito il ruolo prevalentemente africano dell’origine umana. Secondo questo studio il ceppo originario sarebbe invece eurasiatico e il primo popolamento delle terre europee sarebbe frutto di un complicato mix di migrazioni proveniente dall’Asia e dall’Europa stessa, da cui sarebbe partita la migrazione verso l’Africa e quindi un ritorno verso l’Europa avvenuto per l’appunto circa 50 mila anni fa.
 
Ma un altro recentissimo studio europeo pone grossi interrogativi sull’origine unica e africana dei nostri antenati. Un gruppo di ricerca europeo a cui hanno partecipato le università di Firenze e Siena avrebbe ricostruito il genoma di 35 cacciatori vissuti in Europa tra 35 mila e 7 mila anni fa e sarebbe giunto a una scoperta rivoluzionaria. Viene confermata la migrazione avvenuta 50 mila anni fa in Europa dall’Africa ma pare che 14 mila anni fa, ovvero dopo la fine dell’ultima era glaciale, ci sia stato un avvicendamento di popolazioni che prima di questo studio era del tutto sconosciuto.
 
Inoltre nessuno sa da dove venga questa nuova popolazione che ha sostituito quella venuta dall’Africa – o forse tornata dopo una migrazione in Africa, stando agli studi usciti su Pnas – ma l’unica cosa che si sa è che avesse un patrimonio genetico totalmente diverso da quello delle popolazioni precedenti.
 
Certo, la scoperta di una popolazione “misteriosa” che giunge in Europa alla fine dell’Era Glaciale a qualcuno può ricordare il mito dei popoli indoeuropei che vengono da un nord oramai invivibile per colpa delle variazioni climatiche che hanno appunto glaciato le terre iperboree, loro origine mitica.
 
Mito che ovviamente è stato scartato e bocciato dagli scienziati a partire dal secondo dopoguerra, tanto che oramai la storia degli indoeuropei venuti dal nord viene spesso tacciata di razzismo per aver influenzato le teorie antropologiche del nazionalsocialismo. Ma siamo sicuri che sia soltanto un mito?
 
Un’altra recente scoperta dai risvolti rivoluzionari avrebbe rivelato che il circolo polare artico era abitato dal cosiddetto Homo Sapiens molto prima di quanto avessero ipotizzato finora gli scienziati.
 
Si parla di circa 75 mila anni fa, un periodo decisamente molto più antico quindi di quello dell’ondata “africana” avvenuta 50 mila anni fa, tra l’altro avvenuta a latitudini molti inferiori rispetto a quelle polari. Lo studio fatto sulle ferite riportate da un mammut morto 45 mila anni fa nelle zone polari avrebbe fatto notare che in quelle terre viveva una popolazione molto evoluta, forse anche più di quelle che avrebbero raggiunto l’Europa dal sud, visto che aveva a disposizione armi piuttosto avanzate per poter uccidere un giovane e grosso esemplare.
 
Lo studio sulle ossa fossili ha poi evidenziato segni di macellazione e asportazione del grasso oltre che segni di ferite che dimostrano una organizzazione di caccia molto avanzata, fatti che presuppongono una struttura sociale molto più complessa di quanto abbiano mai ipotizzato i paleoantropologi per le popolazioni “originarie” venute dal sud.
 
Che siano proprio questi cacciatori nordici primordiali gli antenati della “misteriosa” popolazione che avrebbe sostituito il ceppo africano – o forse anch’esso eurasiatico stando agli studi del Pnas – 14 mila anni fa? Per ora siamo solo nel campo delle teorie, di certo c’è solo che più si va avanti più le scoperte scientifiche sembrano confermare i vecchi miti ancestrali.
 

venerdì 26 febbraio 2016

L'Orto di Atlanticus

L'avventura di "Progetto Atlanticus" prosegue con la seconda novità dell'anno 2016.
 
In Febbraio aprirà il nuovo gruppo facebook "L'Orto di Atlanticus" come spin-off del più ampio e generalista “Salotto di Atlanticus” il quale invece contempla l’intera attività di ricerca, condivisione e divulgazione del Progetto Atlanticus sullo studio dei misteri del nostro passato, delle nostre origini e della nostra natura riprendendo il motto che fu già dell’Oracolo di Delfi.
 
Seguendo lo spirito di condivisione e confronto che caratterizza il Progetto Atlanticus l'obiettivo che ci proponiamo qui è quello di focalizzare l’attenzione su uno degli aspetti discussi all’interno del “Salotto” al fine di promuovere e veicolare contenuti e informazioni utili per realizzare un vero cambiamento nelle nostre abitudini di produzione/consumo, unico vero ed efficace strumento per essere antagonisti di quel “Sistema” che vogliamo combattere e che possiamo sconfiggere solo attraverso una reale EMANCIPAZIONE dalle sue regole e riposizionando contemporaneamente il ruolo dell’Uomo all’interno del medesimo spostandolo dal vertice della piramide antropocentrica all'interno di una struttura eco-centrica.
 
L'Orto di Atlanticus
 
Uomo in questa nuova ottica, in questa nuova forma-pensiero che ci si propone di approfondire e veicolare, inteso non più come ‘padrone’, ma di nuovo come quel ‘custode’ del ‘Giardino dell’Eden’ che doveva essere, e che già fu!, in quell’arcadico periodo che i miti ci descrivono come “Età dell’Oro” durante il quale esso viveva in armonia ed equilibrio con la natura fino all’attimo prima in cui la “corruzione” calasse nel suo cuore.
 
Tutto questo rivalutando la forza rivoluzionaria di concetti e principi di attualità quali Decrescita Felice, Economia del Dono, Autoresponsabilizzazione, Cooperazione e Sussidiarietà, Ambientalismo, Eco-centrismo, Antispecismo e tutto ciò che può risultare utile a modificare una forma-pensiero dominante consolidatasi nel corso degli ultimi 6000 anni.
 
La cultura dello "stupro" che va avanti da quando le migrazioni di popolazioni nomadi pastori delle steppe orientali sostituirono le società gilaniche dell'Europa e del bacino del mediterraneo dedite all'agricoltura soppiantando i culti dedicati alla dea madre con divinità maschili e guerriere introducendo i concetti propri del patriarcato (possesso, proprietà, gerarchia, prevaricazione e dominio) ed estirpando l’elemento “femminile” dalla società.
 
Perchè se i miti antichi ci insegnano qualcosa, essi ci insegnano in primo luogo che un mondo migliore non solo è possibile... ma è doveroso! E dipende solo da noi in prima persona, poiché il risveglio “collettivo” non è nient’altro che la sommatoria di risvegli “individuali”
 
 
Per chi non è iscritto a facebook i contributi più significativi che registrerò all'interno del gruppo verranno condivisi con gli amici del Progetto Atlanticus all'interno del seguente thread, sempre previa autorizzazione dei moderatori di Ufoforum che ci ospita
 

giovedì 25 febbraio 2016

I rami europei dell’aplogruppo Y R1b

Torniamo all’aplogruppo Y R1b e affrontiamo ora le sue principali subcladi europee.
 
M269, come abbiamo visto, è la forma di R1b più comune in Europa; da essa discendono L23, L51 e L11. Da L11 discende il P312-S116, quello proto-celtico, nato tra il 3500 e il 3000 avanti era volgare in area danubiana. Da questo abbiamo i celtici R1b-L21 e R1b-U152 (S28), il primo nato 4.000 anni fa nell’Europa Centrale od orientale, e il secondo 3.500 anni fa attorno alle Alpi.
 
Direttamente da L11 invece ecco il germanico R1b-U106 (S21), comparso 3.000 anni fa in Frisia o in Europa Centrale. Scendiamo nel dettaglio.
 
L21 è il ramo celtico atlantico dell’aplogruppo R1b.
 
R1b-L21
R1b-L21
 
Le genti proto-italo-celto-germaniche fondarono, nell’attuale Germania, la Cultura di Unetice (nel 2300 avanti era volgare). In base alla diffusione della lavorazione del bronzo nell’Europa occidentale, si può presumere che questi primi Indoeuropei raggiunsero Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Irlanda e da ultimo l’Iberia portando proprio la clade L21. Essa sembra connettersi alle lingue celtiche Q (goidelico e celtiberico), che si distinguono dal celtico P  (lateniano, gallico, brittonico) espanso a partire da Urnfield e da Hallstatt.
 
L21 è particolarmente diffuso in Bretagna, Gran Bretagna (Scozia, Galles, Cornovaglia, Isola di Man, Inghilterra occidentale) e Irlanda, mostrando dunque forte correlazione con l’Età del Bronzo atlantica. Si trova discretamente anche in Norvegia e Islanda, grazie alla deportazione di schiavi britannici ad opera dei Vichinghi, mentre la sua presenza in Bretagna è da ricollegare alle migrazioni dei Celti britannici incalzati dagli Anglo-Sassoni. La sua presenza in Italia invece sembra ricollegarsi ai Normanni siciliani (essi provenivano dalla Normandia e dunque erano in parte celtizzati e galloromanzi) e fors’anche ai Franchi.
 
DF27 è il ramo vascone e iberico dell’R1b.
 
R1b-DF27
R1b-DF27
 
L’Età del Bronzo in Iberia non apparve prima del 1800 avanti era volgare. In quel periodo delle élite R1b conquistarono diverse aree della Penisola Iberica, diffondendo la propria linea paterna mediante effetto del fondatore (come tra i Baschi). L’Iberia divenne pienamente “bronzea” solo con i campi di urne e Hallstatt, inserendosi nel contesto del Bronzo atlantico. DF27 comunque potrebbe essere penetrato nell’area pirenaica già con Bell Beaker.
 
U152 (S28) è il ramo italo-celtico dell’R1b.
 
R1b-U152
R1b-U152
 
Nel 1300 avanti era volgare circa, attorno alle Alpi fiorì una nuova cultura del Bronzo, legata alla fondazione della civiltà celtica classica: la successione, ovvero, di tre culture correlate quali quella dei campi di urne, Hallstatt (1200 a.e.v.) e La Tène (450 a.e.v.). Questa successione rappresenta la seconda grande espansione europea di R1b.
 
Con la tarda Hallstatt e La Tène siamo ovviamente nell’Età del Ferro celtica.
 
I Celti alpini di Hallstatt erano dunque associati alla mutazione U152. Ma questo era l’aplogruppo anche degli Italici (tra cui gli avi dei Latini e dei Romani), penetrati in Italia nel dodicesimo secolo avanti era volgare (vedi la cultura proto-villanoviana), partendo dall’area danubiana. Nel nord dell’Italia, U152 fu diffuso dai Celto-Liguri e rafforzato da Venetici, villanoviani e Galli cisalpini. In un secondo momento anche dalle colonie romane. In questo senso bisogna distinguere le cladi Z36 (La Tène, celtica) e Z56 (italo-romana).
 
U152 si lega ai parlanti del celtico P (tra cui il nostro lepontico), differenziato dal celtico Q della Britannia, e a quelli dell’italico, da cui poi il latino, ma anche il venetico.
 
Questo ramo di R1b è forte in Italia settentrionale e centrale, Svizzera, Francia orientale, Germania occidentale, Belgio, e mostra limpidamente il suo legame coi Celti delle Alpi, i Galli e gli Italici, dunque i Romani. Al Sud, può esser stato portato da Italici e Romani (come per la centrale Corsica e la Sardegna) ma anche da genti gallo-romane francesi assorbite dai Normanni e da Svevi di origine celtica, nonché da coloni gallo-italici giunti dal Settentrione.
 
Ecco poi U106 (S21), il ramo germanico dell’R1b.
 
R1b-U106
R1b-U106
 
Esso rappresenta il principale ramo proto-germanico della famiglia indoeuropea, ed è tipico di Paesi Bassi, Germania nord-occidentale, Inghilterra, Scandinavia meridionale. Ai suoi iniziali portatori si deve lo sviluppo dell’Età del Bronzo nordica (1700-500 avanti era volgare). Questi si fusero con le precedenti genti proto-nordiche e quelle Corded della nota Cerchia Nordica (Germania settentrionale-Scandinavia meridionale) dando così vita ai Germani dell’Età del Ferro. U106 divenne la linea principale presso i Germani occidentali, ma minore presso quelli orientali e settentrionali (tra cui Goti, Vandali e Longobardi).
 
Con le Volkswanderungen medievali, tale clade finì in diverse parti d’Europa: Anglo-Sassoni e Frisoni la diffusero in Gran Bretagna, creando così l’Inghilterra; i Franchi in Francia e Belgio; i Burgundi nella Francia orientale; gli Svevi nell’area galiziana iberica; i Longobardi in Austria e Italia. Più tardi i Normanni la portarono in Islanda, Britannia, Francia e Italia meridionale. Inoltre, la diaspora tedesca storica verso est la fece penetrare fino all’area russa del Volga, e in diverse zone di Carpazi, Balcani, e Baltico.
 
In Italia,  U106 picca nel Nord-Est, ovviamente, e si può trovare anche in Pianura Padana grazie a Longobardi e Franchi. Nel nostro Sud ci sono alcune sacche dovute a Longobardi e Normanni: nel primo caso nell’area sannita tra Benevento e Campobasso, nel secondo nell’area palermitana. A sud, potrebbe essere anche dovuto agli Svevi, come all’Aquila e a Catania.
 
Infine, ecco Z2103, il ramo balcanico e asiatico di R1b, che discende da L23 (anatolico ed europeo sud-orientale).
 
R1b-Z2103
R1b-Z2103
 
Nel caso asiatico si può trovare in terre invase da Indo-Ari, Iranici, Tocari. Nel caso anatolico e balcanico si lega a Ittiti, Troiani, Frigi, Armeni, Elleni (tra cui i Dori provenienti da nord). In Grecia, Balcani e Anatolia si possono trovare anche linee celtiche e italiche dovute a Galati e altri Celti, Romani e Veneziani.
 
R1b-L23 saranno probabilmente stati anche i cosiddetti Popoli del mare, genti piratesche indoeuropee che distrussero le civiltà del Vicino Oriente. Tra di essi i Filistei, gli Shardana, forse gli Elleni, e magari anche gli Etruschi.
 
Lo Z2103 italiano è di matrice greca, al Sud, e tirrenica nel resto d’Italia. A questo proposito apparirà utile ricordare che gli Etruschi, gente italiana antica legata alla Cultura di Villanova, con tutta probabilità erano, di base, neolitici indigeni e italici (la forte presenza di U152 in Toscana parla chiaro), ma probabilmente con un superstrato “piratesco” anatolico, dovuto proprio ai Popoli del mare.
 
Come ricordato nel precedente articolo, i portatori originali di R1b europeo, saranno stati piuttosto nordoidi, tolleranti al lattosio e depigmentati, e come gli R1a contribuirono alla distribuzione di questi tratti fisici e genetici in tutte le terre da loro toccate e occupate. Il successo di questa linea in Europa si deve alla poligamia, al nobile rango e al potere, alla preponderanza maschile nei popoli indoeuropei invasori rispetto al genere femminile (che li avrebbe portati ad ammazzare i maschi indigeni per impossessarsi delle loro femmine), alla mentalità guerriera e alla tecnologia di guerra, e alla predisposizione genetica nel concepire maschi.

mercoledì 24 febbraio 2016

L’Aplogruppo Y-R1b e le migrazioni antidiluviane

Veniamo a R1b, l’aplogruppo Y-DNA certo più noto, studiato e direi anche “controverso”, essendo la principale linea dell’Europa occidentale e del nostro Continente in genere, spesso al centro di dispute tra appassionati di genetica, professionisti e non.
 
Aplogruppo R1b
 
Clade di R1 al pari di R1a, è nato 18.000 anni fa attorno al Mar Caspio, o in Asia Centrale; da esso, R1b1 e R1b1a2, il secondo dei quali si sarebbe formato 10.000 anni fa attorno al Caucaso. Da esso le principali cladi di R1b diffuse in Europa.
 
R1b è la linea paterna dominante nell’Europa occidentale. Rappresenta i rami greco-anatolico, italico, celtico e germanico della famiglia indoeuropea.
 
Diffusissimo nell’Europa atlantica che va dai Baschi a Irlandesi e Britannici, è ben distribuito anche in Iberia, Francia, Italia settentrionale e centrale, Europa germanica continentale, Anatolia, Caucaso e in alcune tribù dell’Altopiano Iranico e dell’Asia Centrale. Sono tutte linee legate a parlanti indoeuropei o a popoli che hanno avuto contatti storici accertati con gli Ariani, e ne esiste pure una linea africana (V88), che attraversò il fertile Sahara del Neolitico e oggi picca nel Camerun settentrionale.
 
R1b1a2 (M269) è la forma più comune in Europa, sviluppatasi attorno al Caucaso, ed è associata alla diffusione delle lingue indoeuropee in tutti i territori interessati da migrazioni ariane, dalle coste atlantiche al subcontinente indiano comprendendo quasi tutta Europa, Anatolia-Caucaso, Russia europea, Siberia meridionale, e diverse sacche in Asia Centrale, Altopiano Iranico, Asia meridionale. Le vicende di R1b sono fortemente intrecciate a quelle di R1a, mostrando limpida connessione con le espansioni ariane. Indicativa la sua presenza tra gli Uiguri dello Xinjiang, dove giunsero i Tocari (che per di più erano di lingua centum proprio come gli altri Arii occidentali).
 
Il ramo R1b-V88 non sembra legato a genti di lingua indoeuropea, ed è la clade levantina e, appunto, africana di R1b. Ciò nonostante penetrò in Africa grazie a pastori e allevatori di pigmentazione e capelli chiari, che trasmisero una certa tolleranza al lattosio in età adulta alle tribù pastorali africane che oggi hanno questa linea paterna.
 
Nel nord del Caucaso e nelle steppe ponto-caspiche (Jamna), patria kurganita delle genti protoindoeuropee, si suppone che R1b sia giunto partendo dall’Anatolia; la prima cultura limpidamente ariana è quella di Srednij Stog (4600-3900 avanti era volgare) dove R1a era già la precipua linea paterna. La prima comparsa di R1b tra Ariani risale forse alla Cultura di Majkop, Caucaso nord-occidentale, che lo mette poi in connessione con quella di Jamna, la culla dei tardi Protoindoeuropei kurgan secondo la Gimbutas. E R1b è infatti stato trovato tra i reperti di questo areale ponto-caspico, e può dunque essere considerato ariano, al pari di R1a (seppur, certo, R1a sia il ramo ario precipuo). Jamna è certamente la cultura più importante ai fini della creazione della Civiltà indoeuropea.
 
La parte settentrionale di Jamna era monopolizzata da R1a; la parte occidentale e meridionale invece da R1b, che migrarono successivamente in Anatolia, Grecia, Balcani, Danubio e quindi nell’Europa Centrale. R1b fu dunque l’aplogruppo Y di Celti, Italici, Germani (a ovest) e Ittiti, Frigi, Armeni, popoli ellenici (a sud-est). I Dori che migrarono in un secondo momento in Grecia dai Balcani erano parimenti R1b.
 
Migrazioni R1b
Migrazioni R1b
 
L’esplosione delle linee R1a e R1b in Eurasia occidentale si deve alle tecniche militari (armi in bronzo, carri trainati da cavalli), al vigore fisico e culturale dovuto ad una mentalità (e religiosità) bellicosa, virile, solare irrotta in scenari pacifici come quelli della Old Europe, e anche ad una certa fertilità degli uomini ariani, che dopo aver decimato i maschi indigeni si impossessarono delle loro donne (fatto questo che potrebbe spiegare l’alta percentuale di R1b tra gli anariani Baschi).
 
Gli R1b saranno stati fisicamente mediterranoidi/nordoidi, ma anche proto-europidi, e a seconda delle zone in cui giunsero si ibridarono dando vita a nuovi fenotipi, particolarmente a quelli nordidi e nordoidi (nordidi periferici). Il Nordide non è che un Mediterranide progressivo (grazie all’elemento Corded ariano) con depigmentazione dovuta a clima e dieta (sintesi della vitamina D). L’incontro insomma tra agricoltori neolitici danubiani dell’Europa Centrale e invasori indoeuropei delle steppe.
 
Nulla di nazista affermare che gli Ariani distribuirono in tutta Europa, e nelle altre terre eurasiatiche toccate da parlanti indoeuropei, il fenotipo nordide, ma solo logica: tra Jamna, Europa centro-orientale e settentrionale andò formandosi il Nordide moderno, che costituì le élite dei popoli indoeuropei anche in territori come quelli asiatici (basti pensare ai tratti somatici e al pigmento di alcune tribù dell’antica Persia, di alcuni individui di casta elevata nel nord dell’India e anche a quelli di alcuni Uiguri, Tagiki, Baschiri, e altri dell’Asia Centrale).
 
Sembra peraltro che R1b leghi bene con i portatori di capelli rossi, mentre R1a con quelli di capelli biondi.
 
Dall’M269 succitato, discendono L23, tipico dell’Anatolia, e L51, sorto nell’Europa Centrale. Da L51, L11 che costituisce il precipuo ramo europeo occidentale, sorto nella Cultura di Unetice. La Cultura del vaso campaniforme invece, per quanto la Gimbutas la ritenesse indoeuropea, difficilmente ha contribuito al diffondersi di R1b, anche se non si può escludere che in essa ci potesse essere stata una infiltrazione di avanguardie da est con tale linea (che sappiamo essere molto legata ai costruttori megalitici atlantici). Da escludersi, peraltro, in maniera più netta una presenza di R1b tra i paleolitici europei.
 
Quel che è innegabile è che Unetice, la Cultura dei tumuli, quella dei campi di urne, e di Hallstatt, contribuirono in maniera decisa alla diffusione di R1b in Europa, allo stesso modo con cui diffusero nuove tecnologie e stili di vita, indoeuropei. Le genti legate a queste culture dell’Europa Centrale erano gli antenati di Celti, Italici e Germani, e altri minori.
 
Nell’articolo successivo illustrerò le subcladi europee di R1b. In apertura, dicevo che R1b è un aplogruppo “controverso” per via delle polemiche riguardanti la sua vera o presunta “arianità”; molti negano vi sia stata invasione indoeuropea dell’Europa occidentale, limitando il retaggio indoeuropeo all’acculturazione.
 
Terza componente
 
In realtà solo l’azione perentoria di popoli guerrieri poteva conquistare un intero subcontinente grazie alla propria indole e alla tecnologia bellica, imporre le proprie lingue, i propri culti e usi e costumi, e ovviamente le proprie linee paterne. L’antropologia fisica e la genetica smentiscono i pregiudizi, e confermano l’eredità etno-razziale indogermanica dell’Ovest, non solo grazie allo studio dei fenotipi, ma anche a quello delle linee sessuali (R1b rinvenuto a Jamna, ricordo) e del DNA autosomico  (già studiato da Cavalli-Sforza nelle sue componenti genetiche, in particolar modo nella terza).
 

martedì 23 febbraio 2016

L'Autodeterminazione cosciente. Forza-Volontà-Amore

Una possibilità concreta di vivere la monotona e ripetitiva quotidianità come pretesto per sviluppare la forza volontà-amore
 
Chiunque, mediocre o tendente all’evoluzione, può usare lo strumento dell’autodeterminazione cosciente perché non richiede particolari accorgimenti o tecniche, ma solo attenzione, presenza di spirito e volontà.

L’autodeterminazione cosciente è la capacità di decidere per proprio volere di compiere un’azione sostenuta da motivazioni chiare, consapevoli perfettamente spiegate o di fare una scelta in un campo d’azione o di seguire un determinato corso di pensieri e attività.
 
E’ il mezzo per esprimere la forza volontà-amore non contaminata dalle forze oppositrici all’evoluzione.
 
Il campo d’azione è il quotidiano: dalle azioni ripetitive, banali che siamo costretti a compiere per necessità e abitudine come nutrirsi, lavarsi, vestirsi e guidare la macchina alle più alte realizzazioni umane, azioni sacrificio, decisioni di agire per il progresso umano, dalla determinazione di lavorare su se stessi per migliorarsi, alla decisione di agire talvolta controvoglia.
 
L’unico accorgimento da seguire è di formulare coscientemente un nitido quadro mentale di ciò che si vuole fare e agire di conseguenza per realizzarlo.
Tale strumento può esplicare due funzioni: la prima, rimuovere e superare controllandoli tutti i modi di comportamento comuni e standardizzati, motivati dall’una o dall’altra logica dell’ostacolo: quella del possesso materiale e quella dell’accrescimento egoico o della rinuncia; la seconda, quella di agevolare ulteriormente il cammino evolutivo di chi tende all'evoluzione, in quanto rafforza il potere determinante del Supergiudice Imparziale risvegliato e riconosciuto quale vera identità e coscienza.
 
Decidere di fare per proprio volere quanto si è costretti ad eseguire per necessità, obbligo o consuetudine e spesso controvoglia, risveglia la forza della volontà che viene normalmente usata per soddisfare desideri e istinti egoistici e limitati.
La volontà, che è alla base dell’autodeterminazione cosciente, è un’energia “neutra” difficile da definirsi nella sua natura e spesso confusa con “l’istinto naturale” aggressivo e immediato, che manifestano le persone impulsive e forti che agiscono d’impeto (forma inconscia di autodeterminazione); dunque, la forza che muove lo strumento dell'autodeterminazione è la volontà pura che una volta risvegliata opera in modo da coinvolgere in ogni istante qualsiasi Ego psicologico pigro, ribelle e rinunciatario, annoiato e demotivato.
 
La volontà per esprimersi deve essere sostenuta da un’idea chiara, ben definita che funge da molla propulsiva cosciente: se ho un obiettivo da raggiungere di qualsiasi natura psicofisico e spirituale, dopo averlo razionalizzato con la mia mente, faccio scattare la volontà che concentra tutte la sue energie per realizzarlo: questo è il giusto uso della volontà capace di coinvolgere in ogni istante tutti gli Ego psicologici.
 
Infatti, è quasi impossibile che un ego, per quanto involuto e caparbio, sia capace di sottrarsi alla forza decisionale dell’autodeterminazione che non consente, almeno per la durata dell’azione, di venire minimamente condizionato o influenzato dalle forze dell’ostacolo; così la volontà riconquista la libertà di scelta permettendo a chi la impugna di diventare artefice del suo karma presente e futuro, realizzando nell’attimo un’azione libera per amore dell’azione.
 
E' compito del Supergiudice Imparziale risvegliato di agire libero da ogni influenza egoica ed intervenire con tale forza-volontà in tutte quelle situazioni umane che richiedono una capacità costruttiva e benefica contraria all’agire distruttivo e negativo del non risvegliato.
 
Chi impugna la forza dell'autodeterminazione in ogni istante della sua vita non fa altro che educare e preparare i suoi Ego a compiere azioni libere dalle due influenze opposte, la logica dell'avere (Mefistofelica) e quella opposta dell'accrescimento egoico o della rinuncia (Luciferica) e li aiuta a ritrovare la libertà perduta disciogliendo in loro gli impedimenti consci ed inconsci ad una completa apertura alla forza amore nella quale vorrebbero inconsciamente fondersi e sublimarsi.
 
Nei processi dell’autodeterminazione la forza volontà ubbidisce alla sua legge, alla sua intima natura di forza costruttiva in quanto viene usata al fine di promuovere l'evoluzione dell'individuo e per suo tramite del cosmo intero e non affatto per ottenere o raggiungere gli obiettivi di un desiderare egoistico e troppo personale.
 
A questo punto occorre fare una considerazione: ogni strumento descritto in questo libro può essere usato da un individuo con maggiore preferenza rispetto agli altri, a seconda del suo tema natale numerologico o astrologico e delle sue richieste Karmiche, ma sarebbe un errore, se dopo un certo periodo di "sperimentazione" non volesse sperimentare la validità degli altri. Solo in tale modo potrà liberarsi la coscienza mediocre dalle forze ostacolatrici che occupano purtroppo la quasi totalità delle persone; senza tali strumenti sarebbe molto difficile avanzare con consapevolezza sul sentiero evolutivo.
 
Basti pensare che esistono milioni di uomini e donne che per loro Karma sono costretti tutta la vita a fare lavori o a vivere esperienze e rapporti con monotonia, con ripetitività esasperanti subendo traumi e ferite morali crudeli, frustrazioni e conflitti e provando rabbia e ribellione ad ogni ordine costituito e spesse volte alla legge della vita: sono quegli individui cui il karma non concede nulla di quanto vorrebbero ottenere o sperimentare.
 
Ebbene, possiamo affermare che i nostri consigli e suggerimenti hanno permesso a molte persone che ci hanno contattato di modificare il loro mediocre atteggiamento assunto verso gli eventi, le situazioni e i vari rapporti che il Karma gli invia, in quell’atteggiamento consapevole di vera e pacata accettazione in modo da produrre un vero cambiamento di quel destino che appare spesso immodificabile.
 
Ognuno che lo voglia o no attira sistematicamente dalla mattina alla sera le conseguenze karmiche di tutte le forze accumulate nel suo magazzino inconscio: pensieri, sentimenti e azioni vissuti; perciò, è nel modificare con consapevole autodeterminazione tali forze e contenuti negativi che si può migliorare il proprio destino; ecco la necessità di esercitarsi continuamente usando uno o più strumenti per accendere la scintilla della volontà di crescere evolutivamente.
 
E’ necessario mettersi in mente che il Karma vuole correggere, vuole frantumare, spezzare e disciogliere solo quanto può precludere la crescita e che quindi, lo sviluppo della coscienza superiore viene favorito dall’accettazione consapevole del destino e non dalla caparbia, cieca e ostinata lotta per modificarlo e piegarlo a proprio vantaggio: ciò comporta perdita di tempo, di occasioni e di notevoli energie psicofisicomentali e spirituali.
Chiunque si faccia capace di accettare consapevolmente quanto vorrebbe evitare di spiacevole e limitante, constaterà con sua meraviglia di riuscire a sopportare meglio le esperienze negative e di essere pronto ad ottenere ciò che desidera fortemente.
 
Infatti, è molto utile sapere che tutto quanto, morale o materiale, si desidera ostinatamente fino al punto da lasciarsi sovrastare dal desiderio stesso, allontana infallibilmente quanto con esso si vuole ottenere o raggiungere; viceversa la cosciente rinuncia a quanto si vuole ottenere, attira il risultato desiderato e spesso quando si ottiene, si perde per il medesimo ogni interesse, (è una conquista di grandissimo valore: la non dipendenza).
 
Chi usa l’autodeterminazione cosciente come strumento di lavoro evolutivo, riuscirà a dare un nuovo e vitale significato alla sua vita, specie se monotona, demotivata e priva di interessi.
 
Viene di pensare a quelle persone costrette per necessità di vita a svolgere lavori ripetitivi, monotoni, senza apparente soddisfazione morale o materiale o ad essere disoccupati, che vivono in uno stato di apatia e demotivazione, insoddisfazione e costrizione (però tutti i lavori, tutti i ruoli sono in certo modo monotoni e privi di interesse fino a quando non vengono considerati e vissuti come validi pretesti per trasformare se stessi, accettandoli e esercitandoli con entusiasmo); esse possono cambiare senso e direzione alla propria esistenza risvegliando energie nuove e aprendo nuove dimensioni, quando per libera scelta e per autodeterminazione riescono ad accettare e vivere quanto sono costrette a svolgere forzatamente.
 
Molte donne impegnate nelle attività casalinghe o nel lavoro dipendente hanno confessato di avere da tempo trasformato coscientemente e con fatica la spinta al dovere in volontà di amore raggiungendo il più ambito obiettivo dell’età acquariana: coscienza e amore.
 
La gioiosa partecipazione e l'accettazione consapevole anche di ogni “ossessiva e insopportabile" richiesta del destino, trasforma l’esistenza in modo da stimolare un reale rapporto con se stessi (la coscienza risvegliata) proiettandone l'armonia ad ogni altro rapporto con i propri simili; ogni insoddisfazione, ogni riduzione, ogni malessere, ogni frustrazione, ogni complesso e sfiducia in se stessi cessa per incanto.
 
A riguardo di questo argomento ci viene spontaneo citare una sentenza che il fondatore del Taoismo, Lao-Tze, espresse 2.600 anni fa a proposito dell'acqua e della sua incessante capacità di adeguarsi a tutti i possibili recipienti: "Tutti gli uomini lo sanno, ma ben pochi agiscono in conformità di essa". Se un individuo ne fosse capace (ciò significa l'accettazione consapevole di ogni richiesta karmica), anche se svolgesse un lavoro umile, pur non avendo scettro né corona potrebbe sentirsi il vero re del mondo.
 
Pertanto, qualsiasi lavoro, prestazione o attività che si considera riduttiva e avvilente, se accettata per proprio volere e per Amore dell'azione che l'attimo richiede, può diventare un valido pretesto per trasformare anche la più grigia esistenza al punto da dire: "Io posso spazzare le strade, pulire i gabinetti pubblici, ubbidire e servire ogni padrone, ogni datore di lavoro anche ingiusto (se le condizioni karmiche me lo impongono)in quanto sono capace di autodeterminarmi con la massima serenità e soddisfazione dinanzi a qualsiasi richiesta". Ciò significa diventare strumento attivo della volontà quale forza cosmica di amore attraverso l’autodeterminazione cosciente.
 
Vivere tale esperienza di autodeterminazione, capire la funzione della volontà e attuarla anche nelle piccole cose, significa sentirsi realizzati al di là di tutti i limiti, come veri signori e padroni di se stessi, guide, consiglieri e Supergiudici degli Ego psicologici. Ecco il vero sovrano senza titolo esteriore, senza alcun riconoscimento da parte di nessuno ma il solo in grado di vivere ogni attimo dando il suo contributo senza contaminazioni o condizionamenti da parte delle due logiche ostacolatrici.
 
Tutto ciò può realmente essere sperimentato con continuità nel quotidiano; tramite l'autodeterminazione cosciente si possono compiere azioni, che si era costretti a fare, per proprio libero volere con un atteggiamento "nuovo" che vuole trasfondere in ogni attimo nuovi impulsi viventi, capaci di modificare un’esistenza quotidiana monotona e ripetitiva, passiva e rassegnata, in una vita densa di nuovi interessi, di nuovi significati capaci di agevolare la propria crescita evolutiva.
 
Basta volerlo e sperimentarlo per potersi elevare ad una dimensione cosmica da cui sia il risvegliato che il mediocre possono attingere la nuova energia di amore in grado di rimuovere tutti gli atteggiamenti che rendono l’esistenza monotona e demotivata.
 
Questa fonte inesauribile di energia, di cui la forza volontà (autodeterminazione) è indispensabile strumento, permette di risorgere interiormente su tutte le forze ristagnanti, su tutte le “malerbe” che tendono a precludere la crescita per raggiungere la vera coscienza e identità.
 
Se un “ricco” incapace di produrre in se stesso un reale risveglio di coscienza o d'impugnare tale strumento, in quanto vissuto da potenze a lui sconosciute, per un solo istante diventasse consapevole, si sentirebbe un "povero" (di spirito) individuo senza identità e coscienza propria; viceversa un "povero" capace di tale risveglio di coscienza si sentirà un vero ricco (di spirito) con un’identità propria e un livello superiore di coscienza. La sua reale certezza non è di quelle che vengono colpite dalla Legge del karma, non è illusoria, transitoria, bensì eterna in quanto libera da ogni dipendenza, da ogni attaccamento ai frutti dell'azione, siano essi morali o materiali.
 
L’autodeterminazione cosciente è insieme agli altri strumenti, sicuri e fidati compagni di viaggio, se usata con intelligenza e con saggezza, il mezzo idoneo per raggiungere un reale sviluppo evolutivo. E' per suo tramite che ci si potrà sollevare a tutte le dimensioni che corrispondono ai desideri egoici dove è concesso di possederli realmente. In queste dimensioni inaccessibili ai mediocri che credono reale solo quanto possono vedere, sentire e toccare, ogni risvegliato si renderà consapevole che tutto quanto desidera, è in realtà strettamente unito e fuso alla reale coscienza ed identità di ogni individuo e che solo l'attività delle potenze ostacolatrici, separando abilmente la coscienza risvegliata dagli Ego psicologici, risveglia nei medesimi molteplici desideri e brame.
 
Dietro tali desideri ed appetiti vari si nasconde una inconscia speranza di potersi ricongiungere alla profonda coscienza dell'Io Sono.
 
La “povertà di spirito” consiste nella incapacità di sollevarsi al di sopra di tutti quei modelli di comportamento influenzati dalle due logiche opposte di cui si è ancora strumenti inconsci, e quindi di non riuscire a vivere e a sperimentare la vera libertà concessa all'uomo. (vedi la vera libertà concessa all’uomo). Questa debolezza e incapacità di autodeterminarsi sono la causa di ogni frustrazione, di ogni impotenza, di ogni insoddisfazione e ribellione alla vita. Spesso qualcuno può sviluppare un vero odio verso tutti coloro che erroneamente crede più fortunati di sé, senza essere consapevole che in tale modo riduce sempre più sé stesso, creando una vera "scissione" tra i suoi Ego e la risvegliata coscienza.
 
Avversità, “scintille di un risveglio di coscienza”
 
Spesso in certi individui il Karma pesante, avverso, apparentemente e inconsapevolmente considerato ingiusto è la vera scintilla capace di "accendere" e quindi di produrre un reale "risveglio di coscienza" che, come riflesso di una più elevata coscienza eterna, non ha alcun bisogno di cose materiali o di certezze egoiche, in quanto è fusa a tutto il creato ma prima di tutto ha realizzato il vero rapporto di fiducia e di accettazione dei propri limiti e potenzialità, dei difetti e delle virtù.
 
La grande maggioranza invece di coloro che possiedono e combattono per raggiungere nell’esistenza condizioni materiali favorevoli: la ricchezza, il potere e il benessere, ne diventano schiavi (si agita sempre nel fondo della loro coscienza lo spettro dell’incertezza e la consapevolezza che le cose materiali e i loro effetti sono labili e fugaci, presi come fini a se stessi e non come pretesti di crescita) rimanendo relegati nella schiera dei mediocri vissuti e vulnerabili e mai pienamente realizzati.
 
L'autodeterminazione cosciente ispira e stimola gli Ego psicologici alla sperimentazione dei loro desideri (che vanno conosciuti, consumati e vissuti per essere liberati) e al tempo stesso aumenta il potere decisionale del Supergiudice risvegliato nei confronti degli Ego stessi. In verità è la forza che si inserisce in ogni processo del vivere elevandolo a pretesto validissimo per diventarne indipendenti e consapevoli di tutte le influenze ostacolatrici. Tramite tale strumento le potenze dell'ostacolo nella sfera del pensare e sentire, volere ed agire, perdono la loro finalità e diventano semplici e validi mezzi di crescita evolutiva, che modificano il rapporto con se stessi e con il mondo circostante, evidenziando sempre più la logica dell'avere (Mefistofele) e l'opposta logica dell'accrescimento egoico o della rinuncia (Lucifero).
 
Considerazioni e conclusioni
 
Chiunque voglia vivere e non essere più vissuto come un individuo mediocre senza identità e coscienza propria e dare alla sua vita un nuovo significato, un nuovo senso e direzione, in modo da sperimentare un continuo risorgere interiore, un "diventare" là dove sperimenta ristagno creativo, noia e pigrizia, demotivazione, sfiducia e disoccupazione interiore ecc…, dovrà impugnare lo strumento dell'autodeterminazione che è pura forza-volontà, non solo con lo scopo di raggiungere gli obiettivi del suo desiderare egoico, ma specialmente per modificare i falsi atteggiamenti verso la quotidianità, sostituendoli con l’unico atteggiamento costruttivo che spinge all’azione per autodeterminazione e amore.

“Per mio unico volere mi determino e faccio quanto per pigrizia non farei mai e per mio volere eseguo tutte le azioni abitudinarie fatte per automatismo, da vissuto; così facendo allargo e vivifico notevolmente il campo dei miei interessi arricchendo la vita di pretesti e occasioni di crescita e affinando con l’esperienza e con il tempo la capacità di compiere sempre più azioni consone alla mia coscienza e identità”. Così pensa chi decide di iniziare la trasformazione della sua vita.
 
L'autodeterminazione è lo strumento specifico delle coscienze risvegliate, e anche di chi vuole iniziare a liberarsi dai condizionamenti delle forze dell’ostacolo. Se questi volesse agire nel contesto quotidiano per suo volere, diventerebbe subito consapevole delle forze in gioco e quindi indipendente dal loro condizionamento. Il mediocre non può volere per sua libera scelta, in quanto vissuto dalla logica dell'avere o dell'accrescimento egoico o della rinuncia, egli è filtrato quale strumento inconscio delle due potenze.
 
Se riuscisse per suo unico volere ad agire quanto gli è suggerito dalle medesime, ne diventerebbe automaticamente indipendente e quindi libero di farlo o non farlo; ogni mediocre così facendo entra a far parte di coloro che tendono all'evoluzione.
 
Chi si autodetermina, può riacquistare la libertà perduta, quindi la serenità, l’indipendenza interiore, la fiducia in sé e l'efficienza operativa, di conseguenza diventa capace di dominare se stesso (i suoi Ego) e di stabilire un nuovo rapporto con tutte le forze egoiche che essi esprimono, un rapporto basato sulla comprensione, sulla accettazione e sulla fiducia incondizionata..
 
Gli Ego psicologici pigri indecisi e rinunciatari vengono stimolati dalla forza-volontà che determina le azioni; gli ego ribelli e libertini, prepotenti, deboli o suscettibili possono venire corretti e coinvolti dalla stessa forza autodeterminante in modo da acquistare più responsabilità e maggior autonomia.
 
Tale strumento modificando il rapporto con gli Ego modifica ogni rapporto con gli altri in modo molto positivo e costruttivo.
 
Infatti, chi dal suo Karma è costretto a svolgere un lavoro umile che egli stesso per falsa rappresentazione ed ignoranza considera riduttivo, avvilente o inadatto, può riacquistare la sua libertà interiore, la fiducia in sé, la serenità e la sua efficienza operativa, purché esegua tutto ciò che deve fare per suo unico volere o ancora meglio con volontà d'amore. Questa volontà autodeterminante spinge alla completa e pacata accettazione di tutto quanto è monotono, ripetitivo, privo d'interesse, demotivato ecc. ecc., e proprio per questo trasforma ogni tipo di Karma negativo in positivo facendo sentire chi l'impugna vero signore e padrone di se stesso.
 
Viceversa chi si rassegna rimane strumento inconscio delle due potenze dell'ostacolo precludendosi ogni minimo avanzamento evolutivo.
 
Esercizi
 
Prova anche tu dall'istante che ti svegli ad autodeterminarti in ogni azione abitudinaria ed automatica: lavarti, pettinarti, farti la barba, o truccarti, far colazione, vestirti, ecc., in modo del tutto nuovo impiegando la forza-volontà; anche quanto spesso fai controvoglia devi poterlo fare per tuo unico volere o ancora meglio con volontà d'Amore. Sperimenterai in tale caso una efficienza mai provata, un sentimento di soddisfazione completa, una gioia di vivere e di partecipare a quanto ti era diventato indifferente, insopportabile.
 
Prova dunque e constaterai tu stesso i suddetti benefici anche per il fatto che con tale strumento svilupperai maggior controllo e dominio su una molteplicità di stati d'animo negativi.
 
Effetti
 
Chi impugna lo strumento dell’autodeterminazione, stabilisce un costruttivo rapporto con se stesso (con i suoi Ego) e si trasforma quale correttivo Karmico della loro pigrizia e apatia, rinuncia o prepotenza egoica.
 
La forza-volontà che opera in tale strumento coinvolge ogni Ego psicologico in una più completa e costruttiva sperimentazione.
 
Eseguire per tuo unico volere una qualsiasi azione rafforza il Supergiudice che hai risvegliato quale strumento della forza-volontà e della coscienza eterna, che per suo tramite fa fluire i suoi messaggi, le sue ispirazioni ed intuizioni.
 
Agire per volontà d'Amore rafforza il rapporto tra il Supergiudice e la forza Amore, rendendo chi agisce, strumento capace di farla fluire incondizionatamente su tutte le anime che contatta.
 
Nel primo caso agisce la forza della volontà pura, nel secondo caso il Supergiudice Imparziale si fa strumento e recipiente della stessa forza Amore. Nell'evoluto queste forze si fondono ed agiscono con uguale intento evolutivo.
 

lunedì 22 febbraio 2016

Il Grande Inganno della Morte

La morte è l’inganno più grande. Grazie a questo inganno l’èlite è riuscita a tenere sotto scacco l’umanità: se vi fermate a pensare, infatti, capirete che ogni dittatura ha sempre fatto leva sulla morte e sopratutto sulla paura della morte.

La morte non esiste. Se l’umanità non avesse avuto questa paura nessuno mai avrebbe potuta ricattarla. Se un individuo sa di essere immortale non si piega davanti a nessuna dittatura. Religione e scienza di regime sono due facce della stessa medaglia, una dice che se non fai il bravo schiavo finisci all’inferno, l’altra, la scienza di regime, ci dice che siamo qui per caso e che spariremo nel nulla senza nessun motivo.
 
E che tutto questo mondo così complesso e articolato è solo il risultato del caos, aumentando così la paura della morte, visto che l’uomo si convince che questa sia l’unica esistenza che avrà a disposizione.
 
near-death-experience

Qui di seguito riportiamo alcune testimonianze di persone autorevoli, dottori e scienziati che contraddicono queste assurde tesi:

Elisabeth Kübler-Ross

E’ stata una psichiatra svizzera che ha dedicato l’intera vita a curare i pazienti malati terminali. Ella dice: “Dopo aver lavorato per molti anni con malati moribondi, e dopo aver imparato da loro che cosa sia realmente la vita, quali siano i rimpianti che si hanno quando sembra ormai troppo tardi per averne, cominciai a chiedermi che cosa fosse realmente la morte.
 
Incominciai così a raccogliere i resoconti di esperienze extra-corporee, che i miei pazienti mi riferivano. Tutte queste esperienze risultavano avere le stesse caratteristiche ed essere analoghe anche ad altri resoconti simili registrati in altre parti del mondo, da parte di altrettanti medici. Dall’Australia alla California, tutte queste esperienze avevano un unico denominatore comune: la perfetta consapevolezza da parte delle persone di lasciare il proprio corpo fisico e di essere tuttavia perfettamente coscienti. Tutto ciò conduce ad affermare che la morte, così come la intendiamo noi nel linguaggio scientifico, non esiste.
 
Quindi morire significa solo perdere il proprio corpo fisico, così come fa la farfalla quando esce dal suo bozzolo. Si tratta di una transizione verso un più alto livello di coscienza, in cui si continua a percepire, a ridere, a capire, ad evolvere, e in cui l’unica cosa che si perde, è qualcosa di cui non si ha più bisogno: il corpo fisico.
 
Nessuno dei pazienti che ha avuto questo tipo di esperienza, ha più avuto paura di morire. Nemmeno uno. Inoltre molti provarono nuovamente una sensazione di integrità del proprio corpo, come quando erano sani: ad esempio, chi era stato investito da un’automobile e aveva perso una gamba, una volta uscito dal corpo fisico, le aveva entrambe al loro posto. Un’altra paziente che aveva perso la vista durante un’esplosione in un laboratorio, non appena uscì dal corpo, riuscì a vedere e a descrivere la scena dell’incidente e la gente che si era precipitata nel laboratorio per aiutarla. Ma quando fu riportata in vita, naturalmente era completamente cieca. E quindi chiaro perché molte delle persone che ebbero esperienze di questo tipo, non avrebbero più voluto tornare indietro: perché ebbero modo di conoscere un luogo tanto più bello e perfetto di quello terreno.
 
Non dobbiamo aver paura, e un modo per non averne è sapere che la morte non esiste, e che tutto quello che sperimentiamo nella vita ha uno scopo positivo. Bisogna liberarsi della negatività e cominciare a considerare la vita come una sfida, una prova per accertare le proprie risorse interiori e la propria forza. Quello che abbiamo saputo dai nostri amici trapassati, dalle persone che sono ritornate per raccontarci le loro esperienze, è che ogni essere umano, dopo il trapasso rivede tutta la propria vita, come in un film, avendo così l’opportunità di riconsiderare ogni propria azione, ogni parola, ogni pensiero e di giudicarsi da sé. Non c’è perciò nessun giudizio, se non il nostro, e nessun Dio giudicante pronto a punirci”.
 
Robert Lanza

E’ stato votato come il terzo miglior scienziato in vita dal New York Times, ed egli afferma: “La vita e la coscienza sono fondamentali per l’universo e praticamente è la coscienza stessa che crea l’universo materiale in cui viviamo e non il contrario. Prendendo la struttura dell’universo, le sue leggi, forze e costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che implica che l’intelligenza esisteva prima della materia”.
 
Lanza sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione: “portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci. Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora. La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire che la coscienza non finirà con la morte fisica.
 
In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio. È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da esso. Inoltre gli universi multipli possono esistere simultaneamente. In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio attraverso un tunnel non finisce all’inferno o in paradiso, ma in un mondo simile, a lui o a lei. E così via, all’infinito. Senza ricorrere a ideologie religiose, lo scienziato cerca quindi di spiegare la coscienza quantistica con esperienze precedenti alla morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche reincarnazione. L’energia della coscienza a un certo punto viene riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico ad un altro livello di realtà, anche, in un altro universo”.
 
Eben Alexander

E’ neurochirurgo a Harvard, con un curriculum accademico importante e questa è la sua esperienza: il professor Eben Alexander era sempre stato scettico a proposito di vita ultraterrena e dei racconti di esperienze extracorporee che gli venivano fatti dai suoi pazienti. Ma da quando nel 2008 rimase in coma sette giorni a causa di una rara forma di meningite, la sua opinione è parecchio cambiata. La sua storia è finita sulla copertina di Newsweek, ma anche in un libro intitolato significativamente “Proof of Heaven” (“La prova del paradiso”), e racconta l’esperienza durante la quale il medico cinquantottenne ha visitato quello che lui stesso definisce un luogo «incommensurabilmente più in alto delle nuvole, popolato di esseri trasparenti e scintillanti».
 
Tra la vita e la morte: una mattina dell’autunno del 2008, Alexander si svegliò con un feroce mal di testa e di lì a poco venne ricoverato d’urgenza in uno degli ospedali dove aveva lavorato, il Lynchburg General Hospital in Virginia. Qui gli venne diagnosticata una meningite batterica da Escherichia Coli, una patologia tipica dei neonati, che in poche ore lo condusse al coma. Per sette giorni il neurochirurgo statunitense rimase tra la vita e la morte, e le frequenti TAC cerebrali e le accurate visite neurologiche dimostrarono una totale inattività della sua neocorteccia (nell’uomo rappresenta circa il 90 per cento della superficie cerebrale e viene considerata la sede delle funzioni di apprendimento, linguaggio e memoria).
 
La prova delle dimensioni: ma mentre Eben Alexander giaceva immobile e privo di conoscenza, sperimentava anche un vivido e incredibile viaggio destinato a cambiare la sua esistenza. Tutto ha avuto inizio «in un mondo di nuvole bianche e rosa stagliate contro un cielo blu scuro come la notte e stormi di esseri luminosi che lasciavano dietro di sé una scia altrettanto lucente». Secondo Alexander catalogarli come uccelli o esseri di luce non renderebbe giustizia a questi esseri che definisce forme di vita “superiore”. In questa dimensione, arricchita da un canto glorioso, l’udito e la vista sono diventate un tutt’uno. «Potevo ascoltare la bellezza di questi esseri straordinari e contemporaneamente vedere la gioia e la perfezione di ciò che stavano cantando».
 
Milioni di farfalle: per buona parte del suo viaggio Alexander è stato accompagnato da una misteriosa ragazza bionda dagli occhi blu, che l’uomo racconta di avere incontrato per la prima volta camminando su un tappeto costituito da milioni di farfalle dai colori sgargianti. Nella memoria del neurochirurgo la giovane aveva uno sguardo che esprimeva amore assoluto, ben al di sopra di quello sperimentabile nella vita reale, e parlava con lui senza usare le parole, inviando messaggi «che gli entravano dentro come un dolce vento». Eben Alexander ne ricorda tre in particolare. Il primo era «tu sei amato e accudito», poi «non c’è niente di cui avere paura» e infine «non c’è niente che tu possa sbagliare». Ma l’accompagnatrice del medico aggiungeva anche: «Ti faremo vedere molte cose qui. Ma alla fine tornerai indietro».
 
Un utero cosmico: proseguendo il cammino l’autore di Proof of Heaven è infine giunto in un vuoto immenso, completamente buio, infinitamente esteso e confortevole, illuminato solo da una sfera brillante, «una sorta di interprete tra me e l’enorme presenza che mi circondava. È stato come nascere in un mondo più grande e come se l’universo stesso fosse un gigantesco utero cosmico. La sfera mi guidava attraverso questo spazio sterminato».
 
Non si tratta certamente del primo caso di quello che gli anglosassoni chiamano Near Death Experience (esperienze ai confini della morte), ma di certo turba il fatto che a raccontarla sia un affermato docente di neurochirurgia, da sempre dichiaratosi scettico in proposito. «Mi rendo conto di quanto il mio racconto suoni straordinario, e francamente incredibile – ha dichiarato Eben Alexander – se qualcuno, persino un medico, avesse raccontato questa storia al vecchio me stesso, sarei stato sicuro che fosse preda di illusioni. Ma quanto mi è capitato è reale quanto e più dei fatti più importanti della mia vita, come il mio matrimonio o la nascita dei miei due figli».
 
Per concludere la morte viene smentita anche a livello logico e matematico. Qui sotto ci sono mie riflessioni collegate a delle citazioni di uno dei più grandi filosofi/pensatori del mondo: Parmenide.
 
«IL NON-ESSERE NON E’, E QUINDI NON E’ NULLA» Se il nulla esistesse io sarei già nulla, perché ogni giorno della mia vita moltiplicato per il nulla è pari a nulla: 100, 1.000, 1.000.000 per 0 fa sempre zero.
 
Quindi, o si esiste sempre o non si esiste mai. E visto che esisto questo implica che l’Essere è eterno, perché non può esserci un momento in cui non è più, o non è ancora: se l’essere fosse solo per un certo periodo di tempo, e ad un certo momento non fosse più, ci sarebbe contraddizione. L’Essere è dunque ingenerato e immortale, poiché in caso contrario implicherebbe il non essere: la nascita significherebbe essere, ma anche non essere prima di nascere; e la morte significherebbe non essere, ovvero essere solo fino a un certo momento.
 

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