Era l'uomo che aveva ricevuto il compito di uccidere Paolo Borsellino: quando lo conobbe, però, decise di pentirsi e collaborare con la giustizia. Da allora è una persona nuova, che si batte affinché trionfi la cultura della legalità, contro le "cinque entità che divorano l'Italia".
Era l'uomo scelto. Un soldato "riservato" di Cosa Nostra, un killer affidabile e preparato, pronto a tutto. Il suo compito era eliminare un procuratore scomodo, quello di Marsala, negli anni novanta.
E' Vincenzo Calcara. L'uomo che avrebbe dovuto uccidere Paolo Borsellino.
A dargli l'ordine era stato Messina Denaro. Non Matteo, il padre: Francesco. D'altra parte, Calcara lo conosceva: era di Castelvetrano. Una volta, da piccolo, aveva difeso Matteo da un gruppo di bulli.
"Di questo 'Borsalino' non devono restare neanche le idee", gli aveva detto il boss.
Nel '91, però, Calcara venne arrestato. L'attentato sfumò. Trasferito in carcere, decise che era giunta l'ora di dire addio alla mafia e raccontare tutto, proprio a quella che sarebbe dovuta essere la sua vittima. Riconobbe in lui un fattore comune, che li unì più di qualsiasi altra cosa: la morte.
Fu così che Calcara si aprì. Cominiciò un percorso di intima conversione e pentimento. A Borsellino spiegò come Cosa Nostra avesse elaborato due piani diversi per eliminarlo: uno prevedeva l'omicidio tramite un fucile di precisione, l'altro l'utilizzo di un'autobomba. Ma non solo: raccontò quanto sapeva degli intrecci di potere, di quelle che vengono chiamate le "cinque entità". Protagoniste dei più inquietanti misteri di Italia: dall'attentato a Wojtyla all'omicidio di Calvi: fu proprio lui, Calcara, a consegnare i dieci miliardi della mafia al "Banchiere di Dio".
Raccontò tutto. Ricorda ancora come Borsellino appuntasse tutte le sue rivelazioni sull'agenda rossa. Era il '92. Pochi mesi dopo, in via D'Amelio, il magistrato trovò la morte. Il suo taccuino sparì nel nulla, i misteri al riguardo sono tanti, troppi.
Da allora la missione di Vincenzo Calcara è la verità: la racconta, tenta di spiegarla a tutti, gira l'Italia per promuoverla. Presenta libri, come l'ultimo, scritto da Simona Mazza: "Dai Memoriali di Vincenzo Calcara: le 5 Entità rivelate a Paolo Borsellino".
Nel libro si parla delle cinque entità: può spiegarci cosa siano e come mai anche da parte dei collaboratori di giustizia se ne sente parlare così poco?
Innanzitutto preciso una cosa importante: tra collaboratori di giustizia e pentiti c’è un’enorme differenza, perché il pentimento è una cosa nobile.
Per quanto riguarda le cinque entità, posso assicurare che c’è anche un’intervista della seconda carica dello Stato, Pietro Grasso, in cui si fa riferimento ad esse. Successivamente è toccato parlarne a Walter Veltroni e, ancora dopo, al magistrato Ferrero. Addirittura, recentemente, ne sta parlando Massimo Ciancimino. Questi è il figlio di Don Vito, il fiore all’occhiello di Cosa Nostra, collegato a tutte le entità.
Per cui, finalmente, dopo 22 anni, se ne inizia a parlare e si spiega alla società civile come abbiano distrutto l’Italia e come continuino a farlo.
Ma quali sono queste cinque entità, e quanto influiscono in Italia oggi?
Le cinque entità sono Cosa Nostra, Massoneria deviata, Vaticano deviato, Servizi segreti deviati e ‘ndrangheta. Queste, come ho spiegato anche nel libro, sono strutturate in maniera tale che ciascuna entità abbia al proprio vertice tre diversi individui, un triumvirato che ne guida le azioni. Sono dunque in tutto 15 persone, in rapporto tra loro, e formano la Grande Mamma Idea, una Supercommissione, che è molto più potente della “cupola” di Cosa Nostra. Bisogna infatti ricordarselo sempre: Cosa Nostra è un’entità, ma le altre quattro lo sono altrettanto.
Quindi sono autonome tra di loro?
Sono autonome tra loro, ma riunite nella Supercommissione. In questa poi vi è un vertice massimo, formato anche in questo caso da un triumvirato i cui membri vengono eletti, e vi restano a vita, come se fosse una sorta di Parlamento.
Inoltre bisogna tener presente che sì, in tutto sono 15 soggetti, ma ognuno di essi ha a sua volta un’ombra, ovvero una persona pronta a sostituirlo in qualsiasi momento.
Questa è la struttura della forza del male che ha distrutto l’Italia e se la sta mangiando, una forza che ha ingannato la società civile e continua a farlo.
Le cinque entità, inoltre, sono ancora più forti rispetto il passato, di quelle degli anni Ottanta-Novanta, perché gli uomini che le gestivano hanno lasciato degli eredi che sono ancora più potenti, in grado di portare avanti tutto quanto hanno ereditato, un bagaglio enorme di cultura criminale.
Nei suoi memoriali parla anche dell’attentato a Wojtyla e del caso Calvi, che sono entrambe vicende emblematiche rispetto a questo intreccio di poteri…
Esatto: le cinque entità si sono riunite e hanno deciso la condanna a morte di Calvi. Non c’era solo Cosa Nostra: se questa fosse da sola, infatti, sarebbe vulnerabile. La mafia appare invulnerabile perché, accanto a sé ha questi altri poteri, che la rendono potentissima, esattamente come la massoneria: ormai, se non si viene a patti con questa non si fa niente a livello politico, le logge hanno in mano il mondo.
E poi le altre entità…la Chiesa… è una cosa pericolosissima, la Chiesa deviata.
E’ tutto comprovato: ci sono sentenze che dimostrano la verità, anche quella su Francesco Messina Denaro. Matteo ne è l’erede, è lui che possiede tutti i segreti delle cinque entità: è per questo che non verrà mai arrestato. E, anche se fosse, ha comunque la sua ombra.
E’ plausibile dunque supporre che la trattativa Stato-mafia prosegua per coprire la latitanza di Messina Denaro?
"Stato deviato"-mafia. Perché nello Stato italiano, per fortuna, non ci sono solo soggetti criminali, ci sono anche persone pulite e oneste.
Quando si parla di Stato-mafia si fa riferimento a collegamenti e rapporti di cui si parla da centinaia di anni.
E’ come un corpo umano, collegato in ogni sua parte per la propria sopravvivenza: in questo caso economica. Questa è la trattativa Stato-mafia.
Nello stesso modo si rapportano le cinque entità, esattamente come in un organismo vivente.
Lei parlò delle cinque entità anche a Paolo Borsellino…
Certo, è stato il primo con cui ne parlai. Trovò le prove e le sottopose all’Alto Commissariato Antimafia e, per quanto ho visto io, è stato tradito dal commissario Angelo Finocchiaro. Tanto più che, dopo la morte di Borsellino, lui divenne capo del Sisde.
Paolo Borsellino era riuscito persino a trovare una mia fotografia, in Piazza San Pietro, con Antonov, l’uomo che custodiva Ali Agca -colui che è stato addestrato e consegnato agli uomini di Cosa Nostra- e un altro turco.
Quando si parla di entità, si parla di cose pericolosissime e la società civile ha il dovere di saperle.
E’ questo il motivo per cui la mafia l’ha ritenuto così pericoloso da doverlo uccidere?
Paolo Borsellino, con i suoi canali, ha fatto una breccia ancora più potente di quella di Porta Pia.
Era il periodo in cui i criminali erano liberi, facevano quello che volevano, trattavano con lo Stato deviato. Matteo Messina Denaro era libero di far quello che volesse perché era l’ombra di Riina e Provenzano. Borsellino era un ostacolo immenso per loro.
S’è fatto un’idea di dove si possa trovare l’Agenda Rossa?
L’Agenda Rossa è nelle mani di Matteo Messina Denaro, a parer mio. E con quella in suo possesso, non sarà mai arrestato né ucciso. Con quella, è in possesso di segreti enormi: non c’erano dentro solo le mie dichiarazioni, vi erano sue intuizioni, informazioni di altri collaboratori, Leonardo Messina e Gaspare Mutolo.
Borsellino però s’è fidato dell’Alto Commissario Antimafia Finocchiaro, quello che l’ha tradito.
Io l’ho sempre detto: perché non mi ha mai denunciato?
Borsellino aveva trovato delle prove schiaccianti: era il ’91, Riina e Provenzano erano liberi, fiancheggiati dalle altre entità.
Tutte e cinque nutrono gli stessi interessi di sopravvivenza e Borsellino stava facendo un danno enorme nei loro confronti: per questo avevano una paura immensa. Io ho visto e toccato con le mie mani il terrore che aveva Cosa Nostra di Paolo Borsellino, l’uomo che combatteva queste forze del male senza armi, ma con la legalità.
In tanti sostengono che Cosa Nostra stia rialzando la testa e che sia imminente un ritorno allo stragismo. Lei lo ritiene plausibile?
No. Perché hanno avuto la prova che la società civile, in questi anni, è stata in sonno, ma qualora venisse toccato un magistrato, si risveglierebbe. Verrebbero distrutti: le stragi del ’92-’93 sono state un boomerang per le forze del male.
I nuovi capi sono molto più raffinati, sono più potenti, hanno lo Stato in mano, fanno quello che vogliono. Non rischierebbero.
In questo Stato ci sono persone pulite, ma sono bloccate: non possono fare più di quello che fanno, comandano le entità.
Tornando proprio al discorso delle entità, massoneria e Vaticano hanno conosciuto un altro enorme mistero, quello della sparizione di Emanuela Orlandi. Potrebbe aver giocato un ruolo anche Cosa Nostra?
Emanuela Orlandi è sepolta dentro le mura del Vaticano. C’erano personaggi che facevano riti satanici, orge: hanno preso questa ragazza anche a livello di vendetta verso la famiglia e l’hanno sacrificata. Lo dico io perché ho delle fonti sicure.
Inoltre io conosco suo fratello, Pietro: ho presentato il mio libro assieme a lui e Salvatore e Manfredi Borsellino.
La famiglia Borsellino, nei miei confronti, si è sempre esposta, c’hanno messo la faccia: hanno le prove che io dico la verità. Paolo Borsellino parlava di me in famiglia. Insomma, il mio libro è presentato dal suo sangue.
Prende fiato, Vincenzo Calcara. Chiede scusa per aver alzato la voce. L'ha fatto più volte, durante l'intervista: “Sono sanguigno”, spiega. Poi non usa giri di parole e lo dice chiaramente: “E’ che certe cose mi fanno incazzare”.
“La società civile deve conoscere questa forza del male che continua a distruggere l’Italia e ha il diritto di incazzarsi, come faccio io”, prosegue.
Lui oggi gira per le scuole, trasmette l'importanza della legalità. Anche lì si lascia prendere dall'entusiamo, dall'emotività, dai ricordi: "mentre parlo rivivo tutto e non posso fare a meno di arrabbiarmi".
“Io non sono il Vincenzo Calcara di 25 anni fa", aggiunge ancora. "io sono il Vincenzo Calcara di oggi, quello che ha promesso e ha dato la sua parola a Paolo Borsellino di portare avanti con lealtà le sue idee. Io ho creduto a lui, un uomo che non era secondo a nessuno come magistrato.”
“Bisogna cacciare i cazzari dell’antimafia”, incalza. “Quelli che si presentano il 23 maggio o il 19 luglio alle commemorazioni, con la scorta. Fanno schifo, ribrezzo: vanno cacciati.” Lui, la scorta, non ce l’ha.
“Si devono svegliare le coscienze, soprattutto dei giovani", osserva infine. "E' questa la cosa essenziale. La vera antimafia si fa a scuola. Con l’istruzione. Con la cultura, quella della legalità. Trasmettendo gli insegnamenti degli eroi del passato, come Falcone e Borsellino."
"Quest’ultimo era un santo", conclude poi, senza riuscire a nascondere la commozione. L'affetto e la stima.
"Era un santo: il suo primo miracolo l’ha fatto proprio con me”.