Era prevedibile, gentili Lettori, che prima o poi avremmo sentito parlare dell'Arca dell'Alleanza, visto che per la costruzione del terzo Tempio di Gerusalemme è assolutamente indispensabile. Questa notizia, dunque, sancisce ancor più il precipitare dei tempi e l'avverarsi inesorabile del disegno sionista che stiamo vivendo.
Il Patriarca della Chiesa Etiope Tewahedo, l'Abuna Mathias
Denunciato il furto dell'Arca dell'Alleanza dalle Autorità della Chiesa Copta
Il Patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia Tewahedo, Sua Santità Abuna Mathias, ha annunciato questa mattina che il tesoro biblico più pregiato al mondo, l'Arca dell'Alleanza, è stato sottratto e asportato ieri sera dai sotterranei della Chiesa di Nostra Signora Maria di Sion.
I guardiani dell'Urna Antica sarebbero stati indotti al sonno con l'uso di armi chimiche, prima che i ladri entrassero nella cripta per rubare il prezioso oggetto sacro.
L'operazione criminale, come riportato, sarebbe stata eseguita per mezzo di un gruppo costituito da un minimo di dodici fino a sedici professionisti altamente qualificati che è giunto a bordo di due elicotteri militari neri.
I velivoli sono atterrati a meno di 500 metri di distanza dal loro obbiettivo e si presume che siano arrivati da Oriente.
Gli uomini indossavano uniformi nere di stile militare e sembravano muoversi come un'unità ben coordinata dell'esercito. Erano dotati di apparecchiature per la visione notturna e armati con armi di grosso calibro che davano loro un vantaggio incredibile rispetto alle forze di sicurezza locali.
Infatti, la protezione dell'Arca era stata lasciata ad un gruppo di volontari non addestrati, dal momento che l'antica struttura sacra avrebbe dovuto proteggere se stessa da persone con intenzioni impure. Per questo motivo la Chiesa non ha ritenuto di applicare una maggiore sicurezza.
Così, le undici guardie e i volontari armati di Kalašnikov presenti sul luogo per difendere l'Arca sono stati neutralizzati dai criminali con alcune granate ad alta tecnologia, che hanno rilasciato un tipo di gas soporifero raro a base di oppio.
Poi, i predatori si sono dedicati ad un lavoro molto faticoso, utilizzando martelli pneumatici ed esplosivi per allargare i corridoi in diversi cunicoli all'interno delle catacombe conducenti all'Arca, per poter rimuovere la grande cassa dalla sua volta sotterranea.
L'intera operazione è stata portata a termine in meno di un'ora, un tempo incredibilmente breve considerando il numero di ostacoli da superare. Questa incredibile efficienza suggerisce che i ladri si fossero ripetutamente esercitati, preparandosi con cura alla gravissima sottrazione.
Sul luogo questa mattina, sono rimasti visibili soltanto pochi segni del reato ma un'enormità di danni è stata riportata all'interno delle catacombe sotto l'edificio.
Da lungo tempo la Chiesa ortodossa etiope afferma di detenere l'Arca dell'Alleanza, ma solo da pochi anni si è venuto a sapere che è conservata in una cappella della piccola città di Axum, negli altopiani settentrionali del paese.
Axum: Chiesa di Santa Maria di Sion, dov'era custodita l'Arca dell'Alleanza.
Il Clero locale sostiene pure che il suo arrivo in Etiopia risale a quasi 3.000 anni fa, e che è stata custodita da una sequela di monaci vergini ai quali, una volta ricevuta l'Unzione, è fatto divieto di uscire all'esterno della Chiesa fino alla loro dipartita.
A nessuno, tranne ai guardiani, è stato mai permesso di vedere l'Arca, nemmeno al Patriarca in persona.
La storia relativa è raccontata nel Kebra Negast (in lingua Ge'ez, Gloria dei Re), che racconta la cronaca dell'avvicendarsi in Etiopia della sua stirpe regale. (Che troverete di seguito ampiamente descritta in un interessante articolo di Enrico Baccarini; ndt).
La scomparsa dell'Arca è certamente una notizia drammatica per la Chiesa Ortodossa Etiope, dato che parecchio del suo prestigio è derivato dal possesso della reliquia e molti dei suoi rituali sono stati incentrati su di essa.
Il Patriarca, Sua Santità Abuna Mathias, era visibilmente emozionato quando ha fatto l'annuncio ai molti giornalisti e ai fedeli presenti alla conferenza stampa, che sono scoppiati in lacrime nel momento in cui hanno ricevuto la notizia.
L'antico libro sacro agli Etiopi, il Kebra Negast
L'Arca in Etiopia
Nel 1992 lo scrittore Graham Hancock diede alle stampe un testo estremamente sconcertante in cui, dopo anni di ricerche ed indagini sul campo, fece conoscere al mondo occidentale una tradizione etiope cui pochi sembravano aver riservato il dovuto interesse.
Diventato ben presto un best seller internazionale, il volume di Hancock si basava su una credenza etiope molto antica e codificata all'interno di uno dei libri più sacri per questo popolo, il Kebra Negast.
Vi si narra di come l'Arca fosse stata trasportata da Gerusalemme in Etiopia dal figlio avuto segretamente tra la regina di Saba, Makeda, e re Salomone conosciuto come Menelik.
Il Kebra Nagast, fece la sua prima comparsa verso gli inizi del XIV secolo e narra di come Menelik avesse sottratto l'Arca dal Tempio di suo padre, favorito da un complotto religioso con alcuni ebrei ribelli.
L'approdo finale della Reliquia sarebbe stata la città di Axum ove nei secoli sarebbe stata custodita e dove sarebbe ancora oggi (se non fosse stata rubata; ndr), proprio nella chiesa di Santa Maria di Sion.
Gli ebrei etiopi, ovvero i falascià di Menelik, sarebbero così diventati gli eterni custodi del simbolo tangibile del Patto dell'Alleanza tra Dio e Mosè.
Tre professori universitari italiani: Giuseppe Infranca, dell'università di Reggio Calabria, l'architetto Paolo Alberto Rossi, del politecnico di Milano e il direttore del CNR per le tecnologie applicate ai beni culturali Vincenzo Francaviglia sono stati fra i pochi privilegiati nella storia etiope e nel mondo, a riuscire a vedere l'Arca Santa.
L'Arch. Giuseppe Claudio Infranca intervistato al TG2
Giuseppe Infranca scrive:
"Nel 1990 ci trovavamo ad Axum per un invito ufficiale del governo etiope e, dopo una serie di cerimonie, venne organizzato un incontro con l'Abuna, la massima autorità religiosa.
Questi ci ricevette con i paramenti solenni e ci condusse a visitare l'antica Chiesa cristiana di Santa Maria di Sion ad Axum, un Santuario costruito nel Seicento dall'imperatore Fasiladas. Dietro l'altare maggiore, protetta da un baldacchino di velluto rosso con ricami, c'era l'Arca.
Il Patriarca non voleva affatto mostrarcela, ma un giovane chierico aprì la tenda e noi potemmo vedere una cassa di legno scuro, lunga un metro e alta sessanta centimetri, con il tetto a doppio spiovente.
Non c'erano più le lamine d'oro e la superficie stessa appariva deteriorata. Appena l'alto Prelato si accorse che stavamo osservando l'Arca, rimproverò aspramente il chierico, ordinandogli di abbassare immediatamente la tenda."
La religione copta non permette infatti a nessuno, se non a colui che viene incaricato a vita di custodirla, di poter vedere l'Arca. Si narra che allo stesso Negus Hailé Selassié fosse stato opposto un secco rifiuto quando avesse espresso il grande desiderio di vedere l'Arca.
L'ipotesi formulata da Hancock dimostrerebbe come essa fosse stata trasferita inizialmente dalla Palestina all'isola Elefantina, in Egitto (ove nel secolo scorso venne portata alla luce una struttura del tutto simile all'antico tempio salomonico), per poi passare dal Sudan ed infine arrivare in Etiopia sulle rive del lago Tana.
Recenti spedizioni hanno attestato come in questo lago, che si trova a circa duemila metri d'altezza, esistano antiche tradizioni che confermano il passaggio e la permanenza di una cassa di legno che la leggenda vorrebbe identificare con l'Arca di Israele.
Nei primi anni del nuovo millennio sono state avanzate diverse critiche alla versione etiope dell'Arca per convalidarne le antiche pretese dinastiche e religiose.
Contestazioni di tipo prettamente storico e fideistico che vedrebbero nel Kebra Nagast uno strumento di legittimazione dopo l'antico scisma venutosi a creare tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa.
È stato stimolante, oltre che curioso, venire a conoscenza dallo scrittore Jeffrey Grant di una conversazione da lui avuta con il principe etiope Stephen Menghésa, pronipote dell'imperatore Hailé Selassié.
Nel corso di questa, parlando proprio dell'Arca conservata in Etiopia, Menghésa ha rivelato come durante la proclamazione dello stato di Israele, nel 1948, molti falascià etiopi ebbero modo di discutere con le autorità israeliane per il ritorno dell'Arca in Israele al fine di poter iniziare a costruire il Terzo Tempio ebraico.
Se per ora quest'ultimo progetto pare essere stato accantonato, non sappiamo se l'Arca etiope sia stata realmente restituita ad Israele oppure se si trovi ancora in Etiopia. (Ma dagli ultimi avvenimenti, si può arguire che con tutta probabilità i sionisti se ne siano impadroniti a forza, proprio per questo motivo; ndt).
La presenza a tutt'oggi del Monaco preposto entro il recinto della Chiesa di Santa Maria di Sion sembra però farci escludere anche questa ipotesi. L'accesso alla cripta ed alla conseguente visione dell'Arca è infatti consentito soltanto ad un Consacrato per generazione."
L'Arca dell'Alleanza e la Costruzione del Terzo Tempio
"L'antico tramando biblico veterotestamentario introduce, con la figura di Mosé, una delle tradizioni e delle vestigia più affascinanti che la storia umana abbia mai conosciuto, l'Arca dell'Alleanza.
Numerosi sono stati gli aggettivi con cui le tre principali religioni monoteistiche del nostro Pianeta hanno cercato di definire questo sacro contenitore; ricettacolo per sante reliquie, strumento di potenza divina, mezzo per parlare con Yahweh ma anche arma temibile in grado di scagliare fulmini e saette.
Tutte definizioni però che non rendono merito alla potenza e allo splendore che questo manufatto suscitò, e sembra ancora risvegliare, intorno a sé.
Attraverso l'aura misteriosa da esso promanata e le importanti valenze religiose e politiche ad esso attribuite, la casa regnante di Davide quanto la casta sacerdotale levitica furono in un certo senso legittimate nella loro storia, nelle loro conquiste e nel loro potere.
Simbolo della forza regale e della successione sacerdotale, l'Arca dell'Alleanza assunse entro il proprio mistero tutta la coscienza del popolo ebraico imprimendogli quella forza e quello slancio che gli consentirono di padroneggiare oltre mille anni di storia.
Sarà proprio quando questo misterioso emblema sembrerà scomparire dalla Città Santa che inizierà il lento declino del Popolo Eletto che vedrà la sua definitiva disfatta nella ignominiosa diaspora israelitica dei secoli successivi.
Da oltre duemila anni il mito dell'Arca è stato sostenuto da ogni tipo di informazione e leggenda concepibile dalla mente umana. Decine le sue peregrinazioni, centinaia i luoghi in cui sarebbe stata o parrebbe custodita.
Un filo comune sembra però legare questa sacra reliquia con il popolo di Israele e soprattutto con storie che nei secoli hanno segnato lo sviluppo dell'Umanità.
Il primo riferimento che compare nella Bibbia sull'Arca Santa si trova in Esodo 25:10-22 quando il Dio di Mosè (chiamato anche El Shaddai, il Dio Onnipotente) trasmise al Patriarca le "conoscenze" per la costruzione del sacro cofano.
"Farai un'Arca di legno d'acacia e la rivestirai d'oro puro. E dentro vi porrai la Testimonianza che io ti darò", queste le parole con cui il Signore Yahweh si rivolse a Mosé sul Sinai.
L'Arca venne costruita da Bezaleel, artigiano israelita, in legno di acacia (anche se generalmente nella versione dei Settanta si parla genericamente di "legno incorruttibile") e rivestita internamente ed esternamente di oro zecchino, il tutto seguendo i rigorosi dettami rivelati da Dio a Mosé.
Le sue dimensioni sono ancora oggi fonte di accese discussioni, in riferimento soprattutto ai differenti valori che si è dato all'unità di misura utilizzata, il cubito.
Considerando il valore standard che gli viene oggi attribuito, circa 46 cm, si può stimare che il sacro contenitore fosse di 113x68x68 cm. ma, essendo il cubito un'unità di misura estremamente variabile, si può supporre una dimensione massima di 140x84x84 cm.
In entrambi i casi esiste comunque un rapporto fondamentale fra l'altezza, la lunghezza e la larghezza che risulta essere sempre di 1:1,1666 ovvero, all'incirca, il valore della sezione aurea.
Dopo innumerevoli peregrinazioni e spostamenti, l'Arca venne definitivamente condotta da re David a Gerusalemme attorno al 968 a.C. e posta successivamente da Salomone, antecedentemente alla costruzione del Primo Tempio, all'interno del proprio palazzo reale.
Sarà proprio attraverso la figura e l'operato di questo sovrano illuminato ante litteram, che le ataviche credenze e gli antichi valori ebraici ritroveranno un rinnovato splendore.
L'Arca non costituì solo uno strumento di potere religioso e regale per l'ebraismo di un tempo ma venne impiegata anche come arma di fondamentale importanza nell'iniziale lotta israelitica contro le popolazioni autoctone dell'antica Terra promessa.
Essa si è trasformata quindi da sacro forziere a Simbolo del Popolo Eletto, a testimonianza della sua potenza e a monito per i suoi nemici.
L'Arca Santa, in un momento imprecisato della storia ebraica, sembrò però sparire dal suo antico luogo di riposo lasciando dietro di sé indizi minimi sulla sua destinazione finale.
In svariate occasioni, la storia ci racconta che il primo Tempio fu saccheggiato da popoli invasori e da nemici.
Gli egiziani, capeggiati dal faraone Soshena I, avevano esteso nel 925 a.C. le loro incursioni a Gerusalemme, come anche il re Gioas di Israele nel 797 a.C., mentre gli eserciti babilonesi e le armate caldee avevano depredato la città nel 621 a.C.
L'ultimo dato che ci viene fornito dalle tradizioni storiche ci permette di sapere che nel 516 a.C., periodo del prefetto Zorobabel, l'Arca era ormai scomparsa da diversi decenni.
Successivamente sarà la tradizione cabalistica ed esoterica che si innesterà all'interno dell'eterna sua ricerca, lasciando dietro di sé echi di un antico potere e di una conoscenza ritenuta perduta.
Gli stessi Cavalieri Templari effettuarono scavi sotto la spianata del Tempio, nel corso della loro prima permanenza a Gerusalemme, ricercando un antico segreto o forse proprio la stessa Arca.
Più recentemente i rabbini israeliani Shlomo Goren e Jehuda Ghez, durante un sopralluogo effettuato nel 1981 attraverso i tunnel sotterranei del Monte Moriah, affermarono di essere arrivati nelle vicinanze di una cripta in cui, secondo loro, avrebbe potuto essere conservata l'Arca.
Goren affermò: "Basterebbe scavare in corrispondenza della sua antica collocazione. Purtroppo però adesso in quella zona sorge la spianata delle moschee islamiche di Gerusalemme e le autorità religiose preferiscono evitare qualsiasi scavo archeologico per evitare attriti con i musulmani...".
Secoli di storia e decine di documenti ci narrano di come la stessa montagna fosse costellata da ricoveri segreti e volte inaccessibili fatte costruire appositamente per proteggere i sacri tesori del Tempio di Israele.
Maimonide (1135-1204) nella sua Mishneh Torah e Jehudah Ha Levi nel suo Khuzari narrano di come tali strutture fossero state volute direttamente da Salomone durante la costruzione del Tempio.
"Nel secondo Tempio - scrisse Jehudah Ha Levi - fu posta una pavimentazione di pietra nel luogo in cui doveva essere l'Arca, e fu celata dietro una cortina, poiché i sacerdoti sapevano che era stata sepolta in quel luogo".
Maimonide afferma invece che "C'era una pietra presso il muro occidentale del Santuario interno su cui era postata l'Arca. Davanti ad essa c'era l'Urna contenente le Tavole della Legge con i 10 Comandamenti, la manna ed il bastone di Aronne.
Quando costruì il Tempio, Salomone sapeva che sarebbe stato destinato alla distruzione, perciò predispose anche delle stanze segrete in cui l'Arca avrebbe potuto essere nascosta, in cunicoli profondi e tortuosi".
Come testimoniano le documentazioni, i locali si potrebbero trovare nei sotterranei dell'antico Tempio salomonico non ancora rinvenuti e utilizzati in tempo di guerra e di ostilità.
Recenti rilevazioni effettuate attraverso strumenti come il georadar hanno confermato questi resoconti storici identificando, ad esempio, nei pressi del cancello di Hulda, una grande camera sotterranea artificiale mai scoperta e conosciuta prima.
Attualmente, purtroppo, l'eterno conflitto fra israeliani e palestinesi, associato a prescrizioni millenarie di tipo religioso, impediscono scavi o rilievi archeologici in loco.
L'Arca era uno strumento tanto potente e tanto enigmatico da essere mostrato in pubblico solo in casi eccezionali e nessuno, se non il Sommo Sacerdote levita, per la legge religiosa ebraica poteva entrare nel Sancta Sanctorum - il Santo dei Santi - nella parte interna del Tempio, per officiare i riti e comunicare con Yahweh.
Abbiamo accennato precedentemente come l'Arca non costituisse soltanto il Simbolo del potere religioso israelita ma fosse considerata a tutti gli effetti un'arma micidiale contro coloro che, nemici o amici, vi si trovassero davanti.
Proprio a causa di tale potenza solo il Sommo Sacerdote poteva, indossando dei paramenti sacri particolari, entrare ove era custodita durante le celebrazioni.
Tutto l'Antico Testamento è pervaso da questa percezione di paura e timore reverenziale verso l'Arca, considerata come la manifestazione vivente e terrena del Potere Divino.
Gli stessi Filistei furono consci di questo Potere quando riuscirono a prenderne possesso e a trasferirla nella città di Asdod.
La sua presenza, o forse l'incapacità di "saperla utilizzare", avevano attirato su questo popolo enormi disgrazie e desolazioni al punto tale che, dopo prostranti perdite, i Filistei avevano deciso di restituirla ai Leviti nella città di Beth-Shemesh.
L'Arca predata dai Filistei
La sua Potenza non risparmiò nemmeno lo stesso popolo ebraico, e al riguardo l'Antico Testamento ci ricorda la storia di Uzzia, che afferrò l'Arca con le mani durante il suo trasporto nella Città Santa nel tentativo di impedire che si rovesciasse a causa del dondolare del carro su cui era trasportata.
Il premuroso gesto ebbe la ripercussione che segue: "...l'ira del Signore si accese contro Uzzia, l'Altissimo lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l'Arca di Dio".
Se è possibile ravvisare in questa morte una sorta di folgorazione provocata dal contatto con l'Arca è allo stesso tempo indubbio che il suo Potere sembrava non sfuggire a nessuno ed è per tale motivo che solo una cerchia strettissima di individui era chiamata alla sua cura ed al suo utilizzo.
Durante le cerimonie più importanti, sembra che il sacro cofano si "aureolasse di Luce Divina" o fosse in grado di "annientare migliaia di persone scatenando la sua Potenza".
Su come ciò potesse avvenire, scartando ovviamente l'ipotesi religiosa, ad oggi non si è riusciti a dare una spiegazione esauriente.
di Enrico Baccarini
Post Scriptum
E per concludere, solo poche parole su uno dei tre personaggi menzionati sopra che hanno potuto vedere l'Arca in Etiopia:
Giuseppe Claudio Infranca, architetto e docente di Restauro Archeologico ed Architettonico presso le Università degli Studi di Roma "La Sapienza", di Palermo, di Reggio Calabria e del Politecnico di Bari ha scritto un libro sulla sua sensazionale esperienza.
Egli, al seguito di una missione archeologica e di restauro del CNR al Parco delle Stele di Axum, è stato invitato dal Clero locale a visitare il Santuario di Santa Maria di Sion, gravemente danneggiato nella copertura dai bombardamenti della guerra civile etiope.
In quella breve visita si è introdotto furtivamente all'interno del Sancta Sanctorum, scoprendo la presenza della biblica Arca dell'Alleanza.
Rimasto esterrefatto dalla scoperta, ne ha scattato una foto rocambolesca e nel frattempo, ha cominciato a sentire strani ronzii alle orecchie. Per anni, ha preferito celare l'incredibile vicenda di cui è stato protagonista.
La foto "rubata" dell'Arca, nella cripta di S. Maria di Sion ad Axum
Poi, un giorno, Claudio Infranca è venuto a conoscenza che due israeliani, un uomo e una donna facenti parte dei servizi speciali di Israele, erano entrati di nascosto nel medesimo luogo dove Lui aveva ammirato l'Arca del Patto ed avevano diffuso l'importante notizia al mondo.
Da quel momento, diventatogli chiaro il valore di quanto ha visto, ha iniziato a dedicarvisi con studi approfonditi per comprendere come l'Arca dell'Alleanza fosse giunta fino in Etiopia da Gerusalemme.
Dopo lunghi anni di ricerche, finalmente è riuscito a ricostruirne la storia e il lungo viaggio dall'antica Palestina alla lontana Axum, documentando il tutto nel suo interessantissimo libro: "L'Arca dell'Alleanza - Il tabernacolo di Dio - Diario di una scoperta".
http://sebirblu.blogspot.it/2014/11/clamoroso-commando-ruba-larca-sacra-in.html