Dice Dante: “Io non so ben ridir come v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai” (Inf. I, 10-12). Stiamo parlando del sonno della coscienza, quello stato in cui viviamo normalmente senza rendercene conto, anzi credendo di essere svegli.
La Divina Commedia ci sprona a percorrere un viaggio di indagine interiore che parte dai nostri limiti e dei nostri istinti 'bestiali' (Inferno), definiti peccati in quanto ci impediscono di giungere al livello spirituale-divino (Paradiso), apoteosi di luce e dell’espansione dello spirito che Dante descrive con termini come “transumanare” e “indiarsi” (diventare Dio), inammissibili per la religione ufficiale.
Ma non per gli gnostici di tutti i tempi...
http://www.riflessioni.it/testi/dante.htm
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