Quando si assiste alle conferenze di Mauro Biglino, come ho fatto io sabato sera a Udine, si sentono volare le mosche. Il pubblico assapora il piacere della conoscenza ed è come essere seduti davanti a un caminetto con un bicchiere di buon brandy in mano. L’autore de “Il Dio alieno della Bibbia” è un bravo divulgatore sia per iscritto che a voce. Non tutti sono in grado di unire le due prestazioni.
Mi chiedo, ora che sto per finire il suo secondo libro, che in realtà è stato scritto prima del Dio alieno della Bibbia, come mai il Vaticano, che è così influente e impiccione nella vita pubblica italiana, non glieli abbia ancora fatti sequestrare. E come mai, dopo duemila anni di mistificazioni e di contrasti religiosi, a noi oggi è dato di venire a sapere come sono andate in realtà le cose circa le origini della nostra specie.
Che sia anche questo un segno della fine dei tempi? Una bella beffa, degna del comandante Yahwèh: sapere la verità e, invece di essere liberati, finire arrostiti nel diluvio di fuoco prossimo venturo. In fondo, anche la morte può essere vista come una liberazione.
Da come sono stati assemblati i libri della Bibbia si capisce che di divino c’è ben poco. Anzi, un’operazione di taglia e cuci così consistente e prosaica mostra tutta la sua natura umana e accresce la sensazione di essere stati presi in giro per così tanto tempo. Per secoli.
Se poi andiamo ad analizzare cosa realmente dicono i testi anticotestamentari, ne viene fuori un quadro totalmente diverso da quello che ci è stato insegnato a catechismo e che ancora, finché nessuno si pone domande, la Chiesa cerca di propinare ai suoi fedeli.
Nel primo caso, sulla natura prettamente umana e capricciosa della scelta di alcuni testi e della ripulsa di altri, Biglino ha spiegato che nel Vecchio Testamento dei cattolici ci sono 47 libri, in quello ebraico 39, in quello protestante altrettanti, perché i protestanti hanno voluto staccarsi dai cattolici anche in questo caso.
Quello che per noi è il profeta Daniele, per gli ebrei era un quaquaraquà qualunque.
Nell’Antico Testamento copto ce ne sono due in più dei nostri, i Giubilei e il Libro di Enoch, che la Chiesa cattolica non riconosce come ispirati da Dio. Gli ortodossi seguono la Bibbia dei Settanta, che andava bene anche ai cattolici fino al quarto secolo dopo Cristo, fino a quando qualche papa decise diversamente.
Se non avessi l’handicap della timidezza, avrei chiesto all’oratore se corrisponde al vero che durante alcuni concili dei Padri della Chiesa, per decidere quali libri erano ispirati e quali no, i vegliardi ivi convenuti mettevano i rotoli su un tavolo, alla rinfusa e, come in una specie di autodafé, lasciavano che fosse Dio a decidere.
I rotoli, infatti, hanno il vizio di rotolare e quelli che rotolavano giù dal tavolo, forse perché messi male, venivano considerati apocrifi, mentre quelli che restavano su erano accettati come ispirati.
Biglino dice che gli undici libri a cui si fa riferimento nel Vecchio Testamento e di cui non c’è traccia, siano stati eliminati nel corso dei vari concili perché contenevano affermazioni sgradite alla Chiesa, ma può essere che siano semplicemente caduti dal tavolo, sempre che sia vera ‘sta storia, oppure che siano successe entrambe le cose.
La manipolazione infatti ha seguito una logica di potere e per secoli la Bibbia è stata un libro proibito per il popolo, fino a quando Lutero ha fatto una piccola ma inutile rivoluzione. Celebrare la messa in latino, come si faceva fino a pochi anni fa, rientra nella strategia di tenere la gente nell’ignoranza sulla vita umana, su Dio e anche sulle nostre responsabilità verso il prossimo, che sono la cosa più importante.
Benché nella Chiesa ci siano esempi di sacerdoti sul cui operato non vi è nulla da eccepire, nel complesso il rimaneggiamento dei testi biblici è stato funzionale al mantenimento del potere da parte del clero. Infatti, la Storia ci mostra che gli ecclesiastici sono sempre stati molto affiatati con i militari e la nobiltà, assumendo le stesse abitudini, le stesse prepotenze e gli stessi privilegi.
Il messaggio di Cristo è stato ampiamente disatteso e su questo non occorre soffermarci oltre.
Unendo la visione di Sitchin a quella di Biglino e mettendoci su una spruzzatina di Icke, se ne potrebbe dedurre che re, principi, imperatori, nobili, condottieri e alto clero siano stati e siano tuttora discendenti di quegli ibridi alieni-umani che hanno ampiamente dimostrato la loro malvagia natura. L’unica differenza è che nell’antichità erano d’alta statura, mentre oggi le loro sembianze sono simili alle nostre.
Biglino parla chiaro. A lui non interessa fare un discorso di fede, che deve essere libera e personale. A lui non interessa neanche parlare del Nuovo Testamento, che con il Vecchio c’entra come i cavoli a merenda. Tanto che anche gli gnostici se n’erano accorti e avanzavano l’ipotesi che quello del Vecchio e quello del Nuovo fossero addirittura due Dei diversi.
Anche se leggere la Bibbia era vietato, evidentemente gli gnostici avevano capito con secoli d’anticipo che le storie narrate nell’Antico Testamento non raffiguravano precisamente un Dio d’amore.
E il dottor Biglino spiega bene perché!
Perché non era un Dio, ma un fottuto alieno assetato di sangue. Capace di sterminare 40.000 suoi seguaci perché avevano manifestato interesse verso gli altri Elohìm, signori e padroni dei territori circostanti.
Non solo, ma vi è il comando di uccidere i propri familiari, moglie, figli, amici e genitori, se solo uno di essi suggeriva di cambiare Elohìm e di sceglierne un altro. Una degenerazione del genere si era vista solo durante la Rivoluzione Culturale cinese o presso i fanatici comunisti cambogiani all’epoca di Pol Pot.
Il nome che la Bibbia attribuisce a questo bellimbusto sanguinario è Yahwèh, ma siccome gli antichi ebrei erano in un certo senso discendenti dei sumeri, non è sbagliato chiamare quel prepotente generale alieno con il suo nome sumero: Enlil.
Biglino non cita Sitchin, ma le due visioni combaciano. Cambiano solo i nomi. Come ho già spiegato, Enlil, benché riluttante, alla fine si dichiarò d’accordo a manipolare l’Homo erectus (o abilis), facendo fare materialmente l’operazione a suo fratello Enki, più versato nelle scienze mediche, perché si convinse che avere un esercito di servitori gli avrebbe portato vantaggi e gratificazioni.
Conoscendo il feroce pragmatismo del fratello maggiore, nonché principe ereditario, Enki cercò di venire in aiuto al terrestre appena manipolato, sotto forma di serpente tentatore.
Non fu capito, forse peggiorò la situazione e suo fratello Enlil probabilmente lo fece fuori per punizione come a volte avviene presso certi eredi al trono che, per non correre rischi, fanno fuori i cadetti. Con le buone o con le cattive.
Il dottor Biglino non parla di Anunnaki, ma di Elohìm, ma i personaggi comunque sono riconoscibili.
Vi sono dei passi nel libro della Genesi in cui si parla di Elohìm al plurale – e questo si sapeva – ma ve ne sono altri in cui si dice che muoiono anche loro. Un esempio del primo caso è laddove, dopo l’attraversamento della penisola del Sinai, Giosuè riunisce i capi delle tribù e li esorta a seguire l’Elohìm dei loro padri, chiamato Yahwèh, come lui avrebbe fatto, e ad abbandonare definitivamente gli altri.
In quell’occasione parla di ben quattro Elohìm differenti, tra cui quello degli Amorrei.
Nel secondo caso, Biglino ha citato un versetto della Bibbia che dice espressamente che gli Elohìm muoiono, versetto rigorosamente tenuto nascosto dai propugnatori del monoteismo e di cui, come tutti, non sospettavo l’esistenza.
E inoltre, sono gli stessi esegeti ebrei della Torah, autori del Talmud, a spiegare che Yahwèh intendeva dire: “Non adorerai altri Elohìm finché io esisto”.
Dunque, abbiamo un Dio dotato della consapevolezza che prima o poi morirà anche lui. Se Biglino fosse vissuto durante l’Inquisizione, le fascine per bruciarlo le avrebbero preparate in men che non si dica. E forse durante quell’orribile periodo storico sono esistiti parecchi Mauro Biglino, con o senza tonaca, messi sistematicamente al rogo con le loro sovversive conoscenze. Se ciò non avviene anche oggi è perché la Chiesa ha perso il potere temporale.
Restano però pur sempre i servizi segreti, vaticani e non. Osho Rajneesh, scomoda guida religiosa, è stato fatto fuori con il tallio e Arafat con il polonio, ma non vorrei fare, qui ora, l’uccello del malaugurio.
Anche Valter Colognori, che insieme a Barbara Trevisan ha organizzato l’evento, ha fatto una piccola gaffe quando ha annunciato l’oratore dicendo: “Godetevelo finché potete, perché il prossimo anno….”. E qui un signore seduto fra il pubblico ha sussurrato: “….potrebbe essere morto”.
“No, no – ha subito aggiunto Valter – perché potrebbe essere invitato negli Stati Uniti a tenere un giro di conferenze”. Oltre al fatto che i suoi impegni, tra cui l’uscita del prossimo libro “Non c’è creazione nella Bibbia”, gli lasciano poco tempo per le conferenze.
Intanto, è stato per me un vero godimento sapere, fra le altre cose, che i Dieci Comandamenti in realtà erano un ordine di servizio per gli uomini che Mosè stava guidando nel deserto. Qui si capisce perché ci hanno messo quarant’anni ad attraversarlo: avevano bisogno di addestrarsi nell’uso delle armi, prima di attaccare le terre promesse abitate da gente agguerrita e d’alta statura.
Come preambolo, Yahwèh era solito rimarcare la pretesa che il suo popolo non avesse altri signorotti all’infuori di lui. Questo lo faceva sempre.
Poi passa ad affermare che i suoi soldati accampati non devono rubare, non devono uccidere i propri commilitoni, non devono desiderare la moglie del camerata della tenda a fianco e non devono commettere atti impuri.
Yahwèh non voleva casini e pretendeva un esercito ben disciplinato, che non si azzuffasse per il furto d’oggetti del bottino di guerra o a causa dei bollenti spiriti dei soldati celibi. Il bromuro non era ancora entrato in uso.
Quanto agli atti impuri, Yahwèh dice chiaramente che siccome di tanto in tanto avrebbe passato in rassegna le truppe, non voleva mettere i piedi sulle cacche dei soldati e per questo dice che nell’equipaggiamento di ogni combattente non deve mancare un piolo di legno, con cui scavare una buchetta lontano dall’accampamento per seppellire i propri escrementi. Strano che non gli desse fastidio la biancheria messa a stendere!
Se passavo io con la mia cagnetta scagazzona chissà cosa mi diceva. A quest’ora avevamo un comandamento che diceva così: “Non andrai a passeggio con il cane senza la paletta e il sacchettino per le feci”.
Che Yahwèh se ne andasse in giro per l’accampamento e si premurasse di trovare pulito il terreno è un altro esempio del fatto che il Dio del Vecchio Testamento era dotato di corporeità e simile a noi umani. L’averlo reso eterno, invisibile e onnipotente è stata una scelta obbligata per coloro che ci videro un business, nonché lo strumento per detenere il potere sulle folle. I padri della Chiesa saranno stati anche vegliardi, ma non erano per niente rimbambiti!
La schizzinosità dell’Elohìm della Bibbia circa il terreno privo di sporcizia, fa il paio con la sua richiesta che i sacerdoti fossero esenti da malformazioni. E ne fa un elenco preciso. Non potevano entrare a far parte dei Leviti i gobbi, i ciechi, gli scabbiosi, i deformi di mano o piede e i nani. I lebbrosi, infine, dovevano essere tenuti lontanissimi dall’accampamento e questa era una misura profilattica valida anche per la popolazione civile. Un contagio di lebbra avrebbe reso inservibile le truppe che il “Dio degli eserciti” stava arruolando sotto il comando di Mosè prima, e di Giosuè poi.
Alla fine della conferenza ho trovato il coraggio di fare una domanda. Riferendomi a Sitchin, ho detto che lo sbarco degli Anunnaki/Elohìm sul pianeta Terra potrebbe essersi verificato 300.000 anni fa. Come si spiega che Enlil/Yahwèh, che diede inizio alla storia umana in quel lontano passato, fosse lo stesso individuo che circa 13.000 anni fa lasciò accadere il diluvio, sapendo che la forza di attrazione di Nibiru lo avrebbe scatenato? Si sa quanto vive un Elohìm?
Biglino mi ha risposto che questa è una grossa lacuna. Sappiamo solo che i testi a noi pervenuti parlano di “lunga durata”. Forse tra quelli andati perduti la risposta c’era. E dunque, un’informazione di così vitale importanza per noi moderni dovrà rimanere sconosciuta.
Se Nibiru è in avvicinamento e se gli Dei stanno per tornare, come già diceva Von Daniken trent’anni fa e anche Carlo Sgorlon nel 1977, chi scenderà dalla scaletta dell’astronave?
Qualche figlio o nipote dei nostri creatori? E avranno disposizioni favorevoli o negative per noi? Sarà un evento piacevole o l’ennesimo equivoco come quello accaduto agli Incas e agli Aztechi che aspettavano rispettivamente Viracocha e Quetzalcoatl e si sono visti arrivare gli spagnoli?
Può darsi anche che non ci sia nessun pianeta Nibiru, che non si farà vivo nessun Anunnaki, perché sono tutti morti, e ogni cosa continuerà come sempre. La fine della nostra specie arriverà per cause naturali o per mano nostra, senza alcun intervento di quegli alieni che, tra rapimenti e prese in giro varie, ci hanno sempre trattato come esperimenti incompleti e ottusi servitori.
Come forse in effetti siamo!