Uno dei miti più misteriosi al mondo è senz’altro quello della Sibilla Appenninica e dei monti che da lei prendono il nome: i Monti Sibillini, ora parco nazionale posto fra le regioni di Marche, Umbria e Abruzzo.
I Monti Sibillini sono una zona particolarmente suggestiva dell’Appennino, in quanto le loro alte cime fanno sembrare la zona molto più simile al paesaggio alpino, che a quello appenninico.
Questa zona, così magnifica e parecchio isolata, ha colpito nei secoli l’immaginazione di molti autori, rendendola nota in tutta Europa nel Medioevo e nel Rinascimento, mentre invece attualmente la cultura di massa sembra essersi dimenticata di essi e dei misteri leggendari ad essi legati.
Solo negli ultimi tempi, grazie alla diffusione di informazioni culturali attraverso Internet, questa zona sta riprendendo notorietà, e con essa la mitologia ad essa legata.
In mezzo alla catena, troneggia la cima del Monte Sibilla, che non è il più alto, ma è comunque quello che dà il nome a tutta la catena, per le incredibili leggende e fatti misteriosi che vi sono legati.
Il Monte Sibilla è così chiamato perché secondo il mito, esso sarebbe la sede della Sibilla Appenninica, una figura che ebbe una grande influenza nella cultura italiana ed europea fino a pochi secoli fa.
Secondo la leggenda, la Sibilla Appenninica era una delle tante Sibille dell’antichità, sacerdotesse-profetesse e maghe il cui compito era fare da intermediarie fra gli uomini e la volontà degli Dei, che essi interpretavano tramite i loro poteri di chiaroveggenza.
Una di loro, quando il Cristianesimo prevalse in Italia, si rifugiò in cima al Monte Sibilla, dove si apriva una caverna che conduceva nelle viscere della Terra.
Dentro quegli abissi sotterranei nascosti dentro e sotto la montagna, la Sibilla, assieme alle sue ancelle, creò un suo regno dove i seguaci del Cristo non potevano avere alcuna influenza, e dove il Paganesimo potè continuare ad essere praticato nei secoli a venire, fino alla fine del mondo.
Per i cristiani, il regno sotterraneo della Sibilla, era un luogo demoniaco, ed entrarvi significava diventare servi del Demonio.
Per la gente del posto, invece, sembra che la Sibilla e le sue ancelle fossero degli spiriti buoni, che a volte visitavano i villaggi dei contadini per insegnare alle ragazze a filare e tessere, e che fossero anche delle grandi guaritrici.
Il folklore popolare dunque le considerava delle fate benevole, le gerarchie cattoliche invece le consideravano dei demoni malvagi, il cui compito era sedurre gli uomini e condurli al peccato e all’apostasia da Cristo. Esse hanno aspetto umano, ma ogni sabato si trasformano in serpenti, rivelando la loro natura demoniaca.
Ma cosa c’era di vero, in queste storie?
Ma proseguiamo a conoscere più profondamente queste leggende, e le cronache e i fatti ad essi legati.
Nel XV secolo, un viaggiatore francese, Antoine De La Sale, si recò in visita sui Monti Sibillini, per fare ricerche sulla nota leggenda della Sibilla Appenninica.
Fece ricerche di ogni tipo, facendo domande alla gente del posto e scalando il Monte Sibilla, fino all’entrata dell’Antro della Sibilla.
La gente del posto gli raccontò che nel regno della Sibilla chiunque poteva entrare, ma ne poteva uscire solo dopo otto, o trenta, o trecentotrenta giorni, altrimenti avrebbe dovuto rimanervi fino alla fine del mondo, reso immortale dalle arti magiche del regno della Sibilla, ma con l’anima per sempre dannata e separata da Dio.
Un’altra strana caratteristica della magia di questo regno, era che chiunque vi entrava imparava a parlare tutte le lingue del mondo in nove giorni, e di fatto laggiù si parlavano moltissime lingue, forse perché vi giungevano visitatori da tutto il mondo allora conosciuto.
Il regno della Sibilla era costituito da magnifici palazzi e giardini sotterranei, dove le bellissime ancelle sibilline accoglievano i visitatori offrendo loro liberamente i loro favori. In pratica era un paradiso pagano dove si poteva godere di ogni piacere dei sensi, illimitatamente e con l’unica condizione del termine temporale dei trecentotrenta giorni, quasi un anno.
La gente del posto raccontò a La Sale che anni prima passò di là un cavaliere tedesco con il suo scudiero.
Insieme si recarono all’Antro della Sibilla e discesero nelle gallerie sotterranee, dove furono accolti dalla Sibilla e vi rimasero appunto per un anno, fino a quando il cavaliere, pentito per i numerosi peccati carnali commessi in quel regno e per aver tradito Cristo, ne uscì assieme al suo scudiero per recarsi a Roma come pellegrino penitente, per riceverne l’assoluzione.
Purtroppo per lui, il Papa, inorridito dalla loro confessione, disse che non c’era modo di espiare i loro peccati, perché troppo enormi.
I due, disperati, ritornarono al Monte Sibilla, per non uscirne più, poiché, dato che non c’era più speranza di redenzione per loro, tanto valeva godersi i piaceri e le gioie del regno della Sibilla fino alla fine.
Il Papa, sapendo questo, aveva fatto ostruire l’entrata all’Antro, e aveva minacciato di scomunica chiunque avesse osato scalare il Monte Sibilla.
Antoine De la Sale, deciso a sapere cosa ci fosse di vero in queste leggende e racconti, scalò il Monte Sibilla e giunse al misterioso antro, dove si apriva una porta ad arco acuto scavata nella roccia. Se davvero il Papa aveva fatto ostruire l’entrata, qualcuno doveva averla liberata nuovamente…. Ma chi?
Oltre si apriva una strana camera quadrata, in cui filtrava la luce del sole da un’apertura superiore. Tutt’attorno, si vedevano dei sedili di pietra scavati nella roccia.
Dalla stanza quadrata, si accedeva ad un altro locale e infine a una galleria con una scalinata che sprofondava nelle viscere della Terra, e da cui proveniva una forte corrente d’aria ascensionale.
De La Sale, essendo un devoto cristiano, non osò discendere per la scalinata, ma trovò delle iscrizioni in tedesco nella sala d’entrata, come se il cavaliere tedesco e il suo scudiero avessero voluto lasciare una traccia del loro passaggio….
De La Sale, anni dopo, scrisse un resoconto del suo viaggio, intitolato “Nel Regno della Regina Sibilla”. Purtroppo, non ho ancora scoperto dove poter reperire tale opera, né so se ne esistono attualmente delle edizioni in italiano.
Gli anni passarono. Nel frattempo in Germania si diffuse una strana leggenda…. La leggenda del cavaliere e cantore Tannhäuser…. Chiunque ha una minima dimestichezza con le opere di Richard Wagner, sa di cosa sto parlando e dove voglio arrivare….
La leggenda narrava che Tannhäuser era un cavaliere e trovatore che nelle sue peregrinazioni si imbatté nel mitico Venusberg, ovverossia il Monte di Venere, nelle cui viscere sotterranee viveva la stessa Venere, la Dea dell’Amore, dove si era rifugiata dopo che Cristo aveva conquistato il mondo.
Tannhäuser era diventato l’amante della Dea, ma dopo un anno, pentitosi della sua lussuria e della sua apostasia, era uscito dal Venusberg per recarsi a Roma come pellegrino a chiedere il perdono del Papa Urbano IV, il quale gliel’aveva rifiutato, dicendo che il cavaliere aveva tante possibilità di venire perdonato per i suoi peccati quanto ne aveva il suo bastone papale di germogliare e fiorire.
Tannhäuser dunque, disperato, tornò al Venusberg per non ricomparire mai più.
Tre giorni dopo però il bastone papale fiorì e il Papa si rese conto di essere stato troppo severo, poiché Cristo perdona sempre il peccatore pentito. Egli fece cercare il cavaliere in ogni dove, ma ormai era troppo tardi.
Secoli dopo, il musicista Richard Wagner trasse una famosa opera lirica da questa leggenda, dandogli però un lieto fine, in cui l’amore di una fanciulla, Elizabeth, chiede ed ottiene dalla Vergine Maria, di poter sacrificare la propria vita per salvare l’anima di Tannhäuser.
Gli anni passano ancora, e lo scrittore Andrea da Barberino scrive “il Guerrin Meschino” sempre nel XV secolo, un’opera che narra di un giovane principe che, rimasto orfano e venduto come schiavo, vuole scoprire le sue vere origini, e per farlo si reca appunto dalla regina Sibilla, anche se alcuni frati lo scongiurano di non farlo, perché metterebbe a rischio la sua salvezza eterna.
Il Guerrin Meschino, a differenza di Tannhäuser non si lascia irretire dal regno favoloso della Sibilla.
Discende per la scalinata nella montagna, e arriva a un ponte stretto, fatto di una sostanza indefinibile, che si erge sopra un burrone sotterraneo in cui si precipita una fragorosa cascata che crea un torrente.
Oltre il ponte ci sono due statue di draghi e una porta metallica che si apre e si chiude continuamente, automaticamente, ma che lascia passare l’eroe.
Alla fine, giunge all’entrata del regno della Sibilla, dove tre ancelle lo accolgono amichevolmente, e lo conducono alla Sibilla, a cui Guerrino chiede di poter sapere chi sono i suoi veri genitori.
La regina Sibilla, vedendo che il cavaliere è restio alle sue lusinghe, non gli risponde. Lo farà solo se egli cederà alla sua seduzione.
Ma per un anno Guerrino resiste alla tentazione, e alla fine viene fatto uscire dal regno sotterraneo senza che abbia potuto ottenere quello che voleva.
Dopodiché, anche lui, si reca dal Papa in pellegrinaggio per ottenerne il perdono per essere entrato nel Monte Sibilla, cosa che ottiene.
Ma i racconti misteriosi non finiscono qua.
Un giovane francese, figlio del nobile signore di Pacs, si avventura anche lui sul Monte Sibilla, alla ricerca del regno incantato della regina incantatrice, e scompare. Suo fratello parte alla sua ricerca, e nell’entrata dell’Antro, trova la firma di suo fratello incisa nella roccia, come già avevano fatto altri visitatori. Il giovane capisce che il fratello è entrato nel regno sotterraneo ed è perso per sempre, e torna a casa senza aver oltrepassato la soglia maledetta.
Passano ancora gli anni, e il mito della Sibilla Appenninica comincia ad essere dimenticato.
Arriva l’epoca dei Lumi, e le leggende su maghi, streghe e magie diventano favole per bambini disprezzate dalla cultura scientifica ed illuministica che si propaga per l’Europa.
Ma in tempi più recenti, qualcuno cerca di riscoprire la verità su questa antica leggenda, e si reca sul monte per cercare la mitica entrata dell’Antro della Sibilla.
Diversi studiosi, nel corso nel XIX e XX secolo si recano sul Monte Sibilla per fare ricerche, e scoprono che l’Antro della Sibilla esiste realmente, e che esistono tracce di un culto che risale a molto prima del Medioevo.
Se la leggenda diceva che la regina Sibilla si era stabilita là con l’avvento del dominio del Cristianesimo, dopo l’Editto di Costantino nel IV secolo, la ricerca storica e archeologica diceva invece che il luogo era già sede di una potente indovina presso cui si recavano i più alti personaggi di Roma per ottenerne i vaticini.
Forse, la Sibilla risaliva a un’epoca remota ancora prima del domino romano, forse legata agli antichi Druidi, dato che i Celti erano arrivati fin da quelle parti, o al culto di Cibele, la Grande Dea Madre della Natura, il cui culto aveva un carattere anche erotico.
Senz’altro, il culto di una grande Dea Madre era stato molto diffuso in Umbria e negli Appennini, così come nel Nord-Est d’Italia, e infatti c’erano delle notevoli somiglianze fra le leggende della Sibilla e delle sue Fate e le leggende del Triveneto.
Tale Dea Madre, chiamata in vari modi, Cupra dagli Umbri, o Angizia la Dea dei Serpenti in Abruzzo, era stata identificata con Venere al tempo dei Romani, e aveva delle indubbie somiglianze con la Sibilla Appenninica. In particolar modo Angizia, il cui nome deriva dal latino “anguis”, cioè serpente, e che era una divinità guaritrice, esattamente come la Sibilla, che era guaritrice e maga, e ogni sabato si trasformava in serpente.
Ma se i nuovi ricercatori scoprono l’antro descritto da La Sale, scoprono anche che il cunicolo che conduce verso il basso è ormai inaccessibile, forse nuovamente ostruito dai locali, o da chissà chi, forse intenzionato a proteggere i buoni cristiani da quel luogo di perdizione.
E che fosse un luogo nemico del Cristianesimo non c’è alcun dubbio, perché le cronace del Trecento dicono che effettivamente in quella zona, nelle valli e nelle gole circostanti, si svolgevano riti magici e pagani.
Cavalieri e viandanti praticanti delle arti occulte e della stregoneria si recavano là da ogni parte d’Europa, per praticare culti arcani e considerati demoniaci dalla Chiesa, e la vicina Norcia si era acquistata la fama di “città delle streghe”, come la più nota Benevento.
Del cunicolo con la scalinata che conduceva al regno della Sibilla si vedeva solo un pertugio da cui veniva una forte corrente d’aria. Per ampliare il passaggio sarebbero occorsi degli scavi ben organizzati, ma non c’erano i mezzi economici disponibili.
Per colmo della sventura, negli anni Venti del secolo scorso, un ricercatore ebbe la bella pensata di usare la dinamite per allargare il passaggio, del tutto abusivamente, riuscendo solo a far crollare l’entrata dell’antro.
Ora il regno della Sibilla era davvero inaccessibile.
Ulteriori sopralluoghi non riuscirono a raggiungere niente di sostanziale, anche se sono state ritrovate alcune delle iscrizioni di cui già La Sale aveva accennato, e l’esistenza dell’Antro sotto le rocce crollate è stata confermata.
Più recentemente, il georadar ha dimostrato che all’interno della montagna, alta più di duemila metri, si trova un sistema di gallerie e sale sotterranee. Ma non ho dati in merito. Esiste anche il torrente e la cascata sotterranee? E le grandi porte automatiche di metallo?
Esiste davvero un regno sotterraneo, forse ricordo di una passata civiltà matriarcale e ormai scomparsa?
Da parte loro, la gente del posto continua a credere all’esistenza delle Fate Sibilline, portando a dimostrazione del fatto strani fenomeni che ancora accadono nella zona: capita talvolta che i cavalli lasciati al pascolo vengano trovati con le criniere misteriosamente intrecciate (credo che gli antichi Etruschi facessero lo stesso, con i loro cavalli. La cultura etrusca influenzò notevolmente l’area, sembra).
I Monti Sibillini sono una zona particolarmente suggestiva dell’Appennino, in quanto le loro alte cime fanno sembrare la zona molto più simile al paesaggio alpino, che a quello appenninico.
Questa zona, così magnifica e parecchio isolata, ha colpito nei secoli l’immaginazione di molti autori, rendendola nota in tutta Europa nel Medioevo e nel Rinascimento, mentre invece attualmente la cultura di massa sembra essersi dimenticata di essi e dei misteri leggendari ad essi legati.
Solo negli ultimi tempi, grazie alla diffusione di informazioni culturali attraverso Internet, questa zona sta riprendendo notorietà, e con essa la mitologia ad essa legata.
In mezzo alla catena, troneggia la cima del Monte Sibilla, che non è il più alto, ma è comunque quello che dà il nome a tutta la catena, per le incredibili leggende e fatti misteriosi che vi sono legati.
Il Monte Sibilla è così chiamato perché secondo il mito, esso sarebbe la sede della Sibilla Appenninica, una figura che ebbe una grande influenza nella cultura italiana ed europea fino a pochi secoli fa.
Secondo la leggenda, la Sibilla Appenninica era una delle tante Sibille dell’antichità, sacerdotesse-profetesse e maghe il cui compito era fare da intermediarie fra gli uomini e la volontà degli Dei, che essi interpretavano tramite i loro poteri di chiaroveggenza.
Una di loro, quando il Cristianesimo prevalse in Italia, si rifugiò in cima al Monte Sibilla, dove si apriva una caverna che conduceva nelle viscere della Terra.
Dentro quegli abissi sotterranei nascosti dentro e sotto la montagna, la Sibilla, assieme alle sue ancelle, creò un suo regno dove i seguaci del Cristo non potevano avere alcuna influenza, e dove il Paganesimo potè continuare ad essere praticato nei secoli a venire, fino alla fine del mondo.
Per i cristiani, il regno sotterraneo della Sibilla, era un luogo demoniaco, ed entrarvi significava diventare servi del Demonio.
Per la gente del posto, invece, sembra che la Sibilla e le sue ancelle fossero degli spiriti buoni, che a volte visitavano i villaggi dei contadini per insegnare alle ragazze a filare e tessere, e che fossero anche delle grandi guaritrici.
Il folklore popolare dunque le considerava delle fate benevole, le gerarchie cattoliche invece le consideravano dei demoni malvagi, il cui compito era sedurre gli uomini e condurli al peccato e all’apostasia da Cristo. Esse hanno aspetto umano, ma ogni sabato si trasformano in serpenti, rivelando la loro natura demoniaca.
Ma cosa c’era di vero, in queste storie?
Ma proseguiamo a conoscere più profondamente queste leggende, e le cronache e i fatti ad essi legati.
Nel XV secolo, un viaggiatore francese, Antoine De La Sale, si recò in visita sui Monti Sibillini, per fare ricerche sulla nota leggenda della Sibilla Appenninica.
Fece ricerche di ogni tipo, facendo domande alla gente del posto e scalando il Monte Sibilla, fino all’entrata dell’Antro della Sibilla.
La gente del posto gli raccontò che nel regno della Sibilla chiunque poteva entrare, ma ne poteva uscire solo dopo otto, o trenta, o trecentotrenta giorni, altrimenti avrebbe dovuto rimanervi fino alla fine del mondo, reso immortale dalle arti magiche del regno della Sibilla, ma con l’anima per sempre dannata e separata da Dio.
Un’altra strana caratteristica della magia di questo regno, era che chiunque vi entrava imparava a parlare tutte le lingue del mondo in nove giorni, e di fatto laggiù si parlavano moltissime lingue, forse perché vi giungevano visitatori da tutto il mondo allora conosciuto.
Il regno della Sibilla era costituito da magnifici palazzi e giardini sotterranei, dove le bellissime ancelle sibilline accoglievano i visitatori offrendo loro liberamente i loro favori. In pratica era un paradiso pagano dove si poteva godere di ogni piacere dei sensi, illimitatamente e con l’unica condizione del termine temporale dei trecentotrenta giorni, quasi un anno.
La gente del posto raccontò a La Sale che anni prima passò di là un cavaliere tedesco con il suo scudiero.
Insieme si recarono all’Antro della Sibilla e discesero nelle gallerie sotterranee, dove furono accolti dalla Sibilla e vi rimasero appunto per un anno, fino a quando il cavaliere, pentito per i numerosi peccati carnali commessi in quel regno e per aver tradito Cristo, ne uscì assieme al suo scudiero per recarsi a Roma come pellegrino penitente, per riceverne l’assoluzione.
Purtroppo per lui, il Papa, inorridito dalla loro confessione, disse che non c’era modo di espiare i loro peccati, perché troppo enormi.
I due, disperati, ritornarono al Monte Sibilla, per non uscirne più, poiché, dato che non c’era più speranza di redenzione per loro, tanto valeva godersi i piaceri e le gioie del regno della Sibilla fino alla fine.
Il Papa, sapendo questo, aveva fatto ostruire l’entrata all’Antro, e aveva minacciato di scomunica chiunque avesse osato scalare il Monte Sibilla.
Antoine De la Sale, deciso a sapere cosa ci fosse di vero in queste leggende e racconti, scalò il Monte Sibilla e giunse al misterioso antro, dove si apriva una porta ad arco acuto scavata nella roccia. Se davvero il Papa aveva fatto ostruire l’entrata, qualcuno doveva averla liberata nuovamente…. Ma chi?
Oltre si apriva una strana camera quadrata, in cui filtrava la luce del sole da un’apertura superiore. Tutt’attorno, si vedevano dei sedili di pietra scavati nella roccia.
Dalla stanza quadrata, si accedeva ad un altro locale e infine a una galleria con una scalinata che sprofondava nelle viscere della Terra, e da cui proveniva una forte corrente d’aria ascensionale.
De La Sale, essendo un devoto cristiano, non osò discendere per la scalinata, ma trovò delle iscrizioni in tedesco nella sala d’entrata, come se il cavaliere tedesco e il suo scudiero avessero voluto lasciare una traccia del loro passaggio….
De La Sale, anni dopo, scrisse un resoconto del suo viaggio, intitolato “Nel Regno della Regina Sibilla”. Purtroppo, non ho ancora scoperto dove poter reperire tale opera, né so se ne esistono attualmente delle edizioni in italiano.
Gli anni passarono. Nel frattempo in Germania si diffuse una strana leggenda…. La leggenda del cavaliere e cantore Tannhäuser…. Chiunque ha una minima dimestichezza con le opere di Richard Wagner, sa di cosa sto parlando e dove voglio arrivare….
La leggenda narrava che Tannhäuser era un cavaliere e trovatore che nelle sue peregrinazioni si imbatté nel mitico Venusberg, ovverossia il Monte di Venere, nelle cui viscere sotterranee viveva la stessa Venere, la Dea dell’Amore, dove si era rifugiata dopo che Cristo aveva conquistato il mondo.
Tannhäuser era diventato l’amante della Dea, ma dopo un anno, pentitosi della sua lussuria e della sua apostasia, era uscito dal Venusberg per recarsi a Roma come pellegrino a chiedere il perdono del Papa Urbano IV, il quale gliel’aveva rifiutato, dicendo che il cavaliere aveva tante possibilità di venire perdonato per i suoi peccati quanto ne aveva il suo bastone papale di germogliare e fiorire.
Tannhäuser dunque, disperato, tornò al Venusberg per non ricomparire mai più.
Tre giorni dopo però il bastone papale fiorì e il Papa si rese conto di essere stato troppo severo, poiché Cristo perdona sempre il peccatore pentito. Egli fece cercare il cavaliere in ogni dove, ma ormai era troppo tardi.
Secoli dopo, il musicista Richard Wagner trasse una famosa opera lirica da questa leggenda, dandogli però un lieto fine, in cui l’amore di una fanciulla, Elizabeth, chiede ed ottiene dalla Vergine Maria, di poter sacrificare la propria vita per salvare l’anima di Tannhäuser.
Gli anni passano ancora, e lo scrittore Andrea da Barberino scrive “il Guerrin Meschino” sempre nel XV secolo, un’opera che narra di un giovane principe che, rimasto orfano e venduto come schiavo, vuole scoprire le sue vere origini, e per farlo si reca appunto dalla regina Sibilla, anche se alcuni frati lo scongiurano di non farlo, perché metterebbe a rischio la sua salvezza eterna.
Il Guerrin Meschino, a differenza di Tannhäuser non si lascia irretire dal regno favoloso della Sibilla.
Discende per la scalinata nella montagna, e arriva a un ponte stretto, fatto di una sostanza indefinibile, che si erge sopra un burrone sotterraneo in cui si precipita una fragorosa cascata che crea un torrente.
Oltre il ponte ci sono due statue di draghi e una porta metallica che si apre e si chiude continuamente, automaticamente, ma che lascia passare l’eroe.
Alla fine, giunge all’entrata del regno della Sibilla, dove tre ancelle lo accolgono amichevolmente, e lo conducono alla Sibilla, a cui Guerrino chiede di poter sapere chi sono i suoi veri genitori.
La regina Sibilla, vedendo che il cavaliere è restio alle sue lusinghe, non gli risponde. Lo farà solo se egli cederà alla sua seduzione.
Ma per un anno Guerrino resiste alla tentazione, e alla fine viene fatto uscire dal regno sotterraneo senza che abbia potuto ottenere quello che voleva.
Dopodiché, anche lui, si reca dal Papa in pellegrinaggio per ottenerne il perdono per essere entrato nel Monte Sibilla, cosa che ottiene.
Ma i racconti misteriosi non finiscono qua.
Un giovane francese, figlio del nobile signore di Pacs, si avventura anche lui sul Monte Sibilla, alla ricerca del regno incantato della regina incantatrice, e scompare. Suo fratello parte alla sua ricerca, e nell’entrata dell’Antro, trova la firma di suo fratello incisa nella roccia, come già avevano fatto altri visitatori. Il giovane capisce che il fratello è entrato nel regno sotterraneo ed è perso per sempre, e torna a casa senza aver oltrepassato la soglia maledetta.
Passano ancora gli anni, e il mito della Sibilla Appenninica comincia ad essere dimenticato.
Arriva l’epoca dei Lumi, e le leggende su maghi, streghe e magie diventano favole per bambini disprezzate dalla cultura scientifica ed illuministica che si propaga per l’Europa.
Ma in tempi più recenti, qualcuno cerca di riscoprire la verità su questa antica leggenda, e si reca sul monte per cercare la mitica entrata dell’Antro della Sibilla.
Diversi studiosi, nel corso nel XIX e XX secolo si recano sul Monte Sibilla per fare ricerche, e scoprono che l’Antro della Sibilla esiste realmente, e che esistono tracce di un culto che risale a molto prima del Medioevo.
Se la leggenda diceva che la regina Sibilla si era stabilita là con l’avvento del dominio del Cristianesimo, dopo l’Editto di Costantino nel IV secolo, la ricerca storica e archeologica diceva invece che il luogo era già sede di una potente indovina presso cui si recavano i più alti personaggi di Roma per ottenerne i vaticini.
Forse, la Sibilla risaliva a un’epoca remota ancora prima del domino romano, forse legata agli antichi Druidi, dato che i Celti erano arrivati fin da quelle parti, o al culto di Cibele, la Grande Dea Madre della Natura, il cui culto aveva un carattere anche erotico.
Senz’altro, il culto di una grande Dea Madre era stato molto diffuso in Umbria e negli Appennini, così come nel Nord-Est d’Italia, e infatti c’erano delle notevoli somiglianze fra le leggende della Sibilla e delle sue Fate e le leggende del Triveneto.
Tale Dea Madre, chiamata in vari modi, Cupra dagli Umbri, o Angizia la Dea dei Serpenti in Abruzzo, era stata identificata con Venere al tempo dei Romani, e aveva delle indubbie somiglianze con la Sibilla Appenninica. In particolar modo Angizia, il cui nome deriva dal latino “anguis”, cioè serpente, e che era una divinità guaritrice, esattamente come la Sibilla, che era guaritrice e maga, e ogni sabato si trasformava in serpente.
Ma se i nuovi ricercatori scoprono l’antro descritto da La Sale, scoprono anche che il cunicolo che conduce verso il basso è ormai inaccessibile, forse nuovamente ostruito dai locali, o da chissà chi, forse intenzionato a proteggere i buoni cristiani da quel luogo di perdizione.
E che fosse un luogo nemico del Cristianesimo non c’è alcun dubbio, perché le cronace del Trecento dicono che effettivamente in quella zona, nelle valli e nelle gole circostanti, si svolgevano riti magici e pagani.
Cavalieri e viandanti praticanti delle arti occulte e della stregoneria si recavano là da ogni parte d’Europa, per praticare culti arcani e considerati demoniaci dalla Chiesa, e la vicina Norcia si era acquistata la fama di “città delle streghe”, come la più nota Benevento.
Del cunicolo con la scalinata che conduceva al regno della Sibilla si vedeva solo un pertugio da cui veniva una forte corrente d’aria. Per ampliare il passaggio sarebbero occorsi degli scavi ben organizzati, ma non c’erano i mezzi economici disponibili.
Per colmo della sventura, negli anni Venti del secolo scorso, un ricercatore ebbe la bella pensata di usare la dinamite per allargare il passaggio, del tutto abusivamente, riuscendo solo a far crollare l’entrata dell’antro.
Ora il regno della Sibilla era davvero inaccessibile.
Ulteriori sopralluoghi non riuscirono a raggiungere niente di sostanziale, anche se sono state ritrovate alcune delle iscrizioni di cui già La Sale aveva accennato, e l’esistenza dell’Antro sotto le rocce crollate è stata confermata.
Più recentemente, il georadar ha dimostrato che all’interno della montagna, alta più di duemila metri, si trova un sistema di gallerie e sale sotterranee. Ma non ho dati in merito. Esiste anche il torrente e la cascata sotterranee? E le grandi porte automatiche di metallo?
Esiste davvero un regno sotterraneo, forse ricordo di una passata civiltà matriarcale e ormai scomparsa?
Da parte loro, la gente del posto continua a credere all’esistenza delle Fate Sibilline, portando a dimostrazione del fatto strani fenomeni che ancora accadono nella zona: capita talvolta che i cavalli lasciati al pascolo vengano trovati con le criniere misteriosamente intrecciate (credo che gli antichi Etruschi facessero lo stesso, con i loro cavalli. La cultura etrusca influenzò notevolmente l’area, sembra).
Inotre, a volte di notte vengono avvistate delle strane luci risalire il Monte Sibilla. La gente del posto attribuisce i due fenomeni entrambi alle fate ancelle della Sibilla, che visitano segretamente il mondo esterno e ritornano di notte nel loro regno segreto.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sibilla_Appenninica
http://www.abyssus-sibyllae.it/?cat=1
http://www.arquatadeltronto.com/it/le-leggende-mainmenu-53/il-mito-della-sibilla-appenninica
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14221
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