A proposito di rilfessioni stimolate dal caso "Amicizia", secondo me l'idea più intrigante veicolata da questo caso è: l'uomo è universale.
Ad un certo punto di un libro di Stefano Breccia un W56 spiega ad un terrestre che la teoria secondo la quale l'uomo sarebbe frutto di un'evoluzione da esseri scimmieschi sarebbe completamente falsa. Aggiunge che in alcuni pianeti ci sarebbero alcuni animali che rassomiglierebbero agli uomini, un po' come le nostre scimmie; ma che fra un milione di anni le scimmie sarebbero ancora scimmie; dice anche che i nostri biologi avrebbero torto marcio nel credere di aver ricostruito i vari alberi genetici (cita il caso eohippus-cavallo) e che una razza (sarebbe meglio dire una specie) non si modificherebbe quasi mai: tipicamente quando ciò avverrebbe sarebbe per degenerescenza.
Secondo me questo tema per essere dibattuto seriamente necessita di conoscenze specifiche e specialistiche in campo biologico ed anche geologico. Tuttavia penso che sia lecito svilupparci sopra qualche considerazione elementare. Pertanto, nella piena consapevolezza dei limiti di quanto scriverò e senza la pretesa di dire sempre e comunque cose giuste (anzi mi farà piacere se qualcuno vorrà correggermi) io penso che la diatriba evoluzionismo-creazionismo restringa il dibattito ad una visuale forzatamente dualistica ed angusta. Per quel poco che ne so infatti, non esiste soltanto la dicotomia creazionismo-evoluzionismo, esistono anche altre posizioni. A questo proposito c'è un bel libro, forse un po' vecchiotto ma sempre molto stimolante: "Organicismo ed Evoluzionismo" del Prof. Roberto Fondi ed a cura di Giovanni Monastra, edito da "il Corallo-il Settimo Sigillo" nel 1984. In Questo libro il Prof. Fondi tenta un approccio alla complessa questione distinto sia dall'evoluzionismo sia dal creazionismo.
Comunque, per tornare a noi, gli assunti di base dell'evoluzionismo sono essenzialmente due:
1) Mutazioni genetiche casuali.
2) Selezione naturale.
Riflettiamoci su:
1-a)
La realtà delle mutazioni genetiche spontanee (siano esse causali o meno) mi sembra ormai un fatto acquisito (soprattutto nel caso della formazione di razze o sottospecie), anche se mi sembra di aver capito che allo stato attuale delle conoscenze il dibattito sulla reale incidenza di queste mutazioni sui meccanismi di speciazione non sia ancora del tutto chiaro, per non parlare poi dell'incidenza sui meccanismi di formazione di classi più ampie come i generi, gli ordini, la famiglie etc. Quindi già qui un elemento di prudenza si imporrebbe prima di affermare sic et simpliciter che il punto 1) sia un mattone consolidato dell'evoluzionismo.
1-b)
Penso che sia molto difficile stabilire cosa è casuale e cosa non lo è. Questo mi sembra un punto chiave, molto più importante del punto 1-a). Infatti anche se fosse vero ed ampiamente acclarato che le mutazioni genetiche spontanee siano la causa della formazione non solo di sottospecie (razze) ma anche di specie, generi, ordini, famiglie etc, resta il dubbio che davvero queste mutazioni genetiche spontanee siano casuali. Nessuno infatti mi potrà mai dimostrare che tali mutazioni siano davvero casuali. D'altra parte basta supporre che non lo siano ed ecco che abbiamo già superato il meccanicistico punto di vista evoluzionista, senza per altro averne negato del tutto uno dei fondamenti e senza essere scivolati nel creazionismo più semplicistico. Queste mutazioni si potrebbero infatti facilmente inserire all'interno di una cornice filosofica di tipo organicistico, che veda il Cosmo come un grande organismo ordinato non statico, ma dinamicamente retto da leggi necessarie e soprattutto intelligenti.
Facciamo un esempio banale e forse non del tutto corretto, ma che rende l'idea di ciò che voglio dire.
L'Okapi si sa è imparentato con la giraffa; immaginiamo una popolazione di Okapi che viva in una savana dove siano presenti soltanto alberi più o meno posti all'altezza del loro muso. Tutto procedere regolarmente. Supponiamo che col tempo l'ambiente circostante muti lentamente e che lo faccia in accordo con una qualche legge (ciclica o meno poco importa) intelligente (facile sarebbe un accostamento col "Genius Loci" dei maiores nostri); supponiamo che gradatamente una popolazione di piante più alte soppianti la precedente popolazione di alberi; se il Cosmo è un organismo, allora anche gli Okapi di quella savana ne fanno parte.
Lentamente gli Okapi incontrerebbero sempre più difficoltà a nutrirsi, certamente il tasso di mortalità aumenterà. Quella stessa intelligenza vorrà che una nuova specie prenda il posto della prima ed ecco che appare una nuova mutazione genetica, che favorisce la nascita di individui dal collo più lungo; la selezione naturale, col tempo, farà il resto. Siamo sicuri che le mutazioni siano dunque sempre casuali? In questa cornice no. Il tutto senza aver messo in discussione l'azione a posteriori della selezione naturale (anche essa farebbe parte del resto delle leggi che regolerebbero l'organismo, ma su un piano più meccanicistico).
2)
Il grado di incidenza e di importanza della selezione naturale nella formazione di nuove specie non è da tutti condiviso ed accettato allo stesso modo; credo che su questo ci sia dibattito anche tra gli evoluzionisti. La questione insomma mi sembra ancora aperta, specialmente nel caso della formazione di ordini, generi, famiglie, dove mi sembra di aver capito che le cose siano ancora poco chiare, se si accetta il paradigma evoluzionista resterebbero ancora molti problemi aperti.
Il Creazionismo invece di solito viene associato a due posizioni:
3) Le specie sono sostanzialmente immutabili.
4) Le specie sono state create da Dio in un dato istante di tempo.
Il punto 3) sembrerebbe essere condiviso dai W56. Se si accetta un'idea a me molto cara, e cioè che l'Universo non solo non sia stato creato da nessuno, ma che nemmeno abbia avuto un'origine temporale e che esista da sempre ed esisterà per sempre (anche se non necessariamente sempre nello stesso stato), allora è facile inserirvi il punto 3) e contestare il punto 4).
In questa cornice quindi le varie specie viventi riprodurrebbero tutte in vario grado dei modelli platonicamente eterni. Secondo me l'idea più intrigante veicolata dal libro "Contattismo di Massa" è : l'uomo è universale. Secondo me ciò si sposerebbe benissimo con la vecchia concezione delle idee platoniche. Così come l'uomo, anche altri esseri sarebbero universali, esisterebbero da sempre e tenderebbero ad approssimarsi a dei modelli eterni, più o meno bene a seconda dei casi e delle varie esigenze ambientali.
Questo per tutti i pianeti del Cosmo in cui ci sarebbe la vita, Cosmo che quindi si configurerebbe classicamente come un vero e proprio organismo intelligente, dotato di parti aventi un'identità ed una funzione ben precisa nell'economia del tutto. Il tutto senza introdurre un Dio personale che ad un dato istante di tempo creerebbe ex nihilo una data specie.
Quanti sarebbero questi modelli biologici? Chissà, forse un insieme molto grande ma finito, forse un'infinità numerabile come quella che caratterizza i numeri naturali o i numeri razionali o forse ancora un'infinità non numerabile, come quella che caratterizza i punti di una retta ed i numeri irrazionali. Io credo che natura facit saltus, anche se molto piccolo (dell'ordine di grandezza del quanto di azione), quindi tenderei a ritenere che si tratti di un'infinità numerabile; naturalmente è solo una speculazione e niente più.
Quindi, tornando alla diatriba creazionismo-evoluzionismo, a naso direi che è possibile concepire delle alternative ad entrambe queste due posizioni intese nel senso sopra riportato.
Il pensiero che mi affascina di più nella storia di “Amicizia” è l’idea che l’uomo sia universale, cosa questa affermata dai W56 stessi, secondo il libro “Contattismi di Massa”; senza peraltro negare l’esistenza di forme di vita intelligenti aventi fisiologia totalmente non comparabile con quella umana, i W56 avrebbero infatti detto che la forma umana è la più diffusa forma di vita intelligente nel cosmo, con varianti che è lecito pensare siano dovute ad adattamenti a fattori locali come la gravità (che influisce sulla grande variabilità nelle altezze), il tipo di sole (o di soli, nel caso di sistemi planetari con più soli), l’atmosfera più o meno ricca di ossigeno (che influisce sul metabolismo di alcuni organi interni ) e così via.
Ci vedo un legame con la dottrina tutta platonica dell’eternità delle idee. In questo caso l’Idea uomo sarebbe eterna ed universale, perfino sul piano fisico.
Se la storia dei W56 fosse vera ne conseguirebbe quindi che avremmo una controprova sperimentale della validità della teoria delle idee di platonica memoria. Trovo questo infinitamente più entusiasmante e dirompente di tutte le possibili ricadute tecnologiche che potrebbero derivare da un contatto con una ipotetica civiltà extraterrestre più evoluta della nostra. Un ordine, un disegno, uno schema, un Logos emergerebbe dalle buie profondità dello spazio, ed avremmo la certezza di non essere più soli, ma di essere uno fra gli infiniti tasselli di uno splendido mosaico progettato da una mente divina, figli di un’idea eterna sparsa un po’ ovunque nel cosmo. Questo è quello che penso io.
Anche se riflettiamo su questa storia da un punto di vista meno filosofico e più pragmatico, direi che l’idea della possibile esistenza di uomini su altri pianeti non dovrebbe apparire così improbabile.
Effettivamente, noi non abbiamo nessun esempio di vita intelligente sotto i nostri occhi ad eccezione della nostra stessa forma di vita, di uomini moderni intendo; sappiamo che in passato ci sono state altre specie umane intelligenti (ma comunque sempre genere Homo, i neanderthal e gli erectus), forse meno di noi; oltre queste il baratro, primitive forme di australopitechi et similia, più simili alle scimmie che a noi. Quindi è innegabile che su questo pianeta la specie Homo Sapiens abbia funzionato, nel senso che (finora) è risultata vincente. Non abbiamo nemici naturali, anzi, siamo talmente "forti" che stiamo distruggendo il pianeta. Ci siamo adattati alla grande, poi abbiamo perfino cominciato ad adattare l'ambiente ai nostri bisogni; le altre specie umane si sono estinte.
Ora, partendo da questo dato di fatto, non è difficile ipotizzare che in altri pianeti simili alla terra, ricchi di ossigeno e di acqua, la stessa forma Homo possa essersi formata ed aver finito per prevalere. Con qualche variante magari, ma il "progetto" Homo potrebbe essere più o meno lo stesso. Non abbiamo motivi per dubitarlo, anzi, la nostra stessa esperienza ci spinge a pensare probabile tutto ciò, io credo.
In fondo se ci si pensa, anche sulla terra abbiamo il caso dei marsupiali, molto diversi dai placentati interiormente, ma spesso simili esteriormente. Pensiamo al caso del tilacino, il cosiddetto "lupo marsupiale", estintosi in Tasmania negli anni '30 a causa della caccia spietatata e delle malattie. Non era un lupo ovviamente, era un parente del canguro, ma ne occupava la stessa nicchia ecologica ed esteriormente gli rassomigliava abbastanza. I casi ci sono.
Quindi perché immaginare per forza nanetti grigi od omini verdi con le antenne? Chissà, un giorno potremmo con nostra grande sorpresa incontrare altri uomini come noi.
Immaginiamo una stanza illuminata dalla luce, con tanti granelli di polvere fluttuanti nell'aria. Su ciascuno di quei granelli ci sono milioni di microbi, ignari gli uni degli altri. Però per noi che riusciamo ad averne uno sguardo d'insieme è palese che quei microbi sono tutti parenti, sparsi nella stessa stanza, che è il loro universo. Solo che loro non lo sanno. Cum grano salis, perché non potrebbe essere, magari in parte, così anche per l'uomo laddove ci siano pianeti adatti a lui?
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=3998
Facciamo un esempio banale e forse non del tutto corretto, ma che rende l'idea di ciò che voglio dire.
L'Okapi si sa è imparentato con la giraffa; immaginiamo una popolazione di Okapi che viva in una savana dove siano presenti soltanto alberi più o meno posti all'altezza del loro muso. Tutto procedere regolarmente. Supponiamo che col tempo l'ambiente circostante muti lentamente e che lo faccia in accordo con una qualche legge (ciclica o meno poco importa) intelligente (facile sarebbe un accostamento col "Genius Loci" dei maiores nostri); supponiamo che gradatamente una popolazione di piante più alte soppianti la precedente popolazione di alberi; se il Cosmo è un organismo, allora anche gli Okapi di quella savana ne fanno parte.
Lentamente gli Okapi incontrerebbero sempre più difficoltà a nutrirsi, certamente il tasso di mortalità aumenterà. Quella stessa intelligenza vorrà che una nuova specie prenda il posto della prima ed ecco che appare una nuova mutazione genetica, che favorisce la nascita di individui dal collo più lungo; la selezione naturale, col tempo, farà il resto. Siamo sicuri che le mutazioni siano dunque sempre casuali? In questa cornice no. Il tutto senza aver messo in discussione l'azione a posteriori della selezione naturale (anche essa farebbe parte del resto delle leggi che regolerebbero l'organismo, ma su un piano più meccanicistico).
2)
Il grado di incidenza e di importanza della selezione naturale nella formazione di nuove specie non è da tutti condiviso ed accettato allo stesso modo; credo che su questo ci sia dibattito anche tra gli evoluzionisti. La questione insomma mi sembra ancora aperta, specialmente nel caso della formazione di ordini, generi, famiglie, dove mi sembra di aver capito che le cose siano ancora poco chiare, se si accetta il paradigma evoluzionista resterebbero ancora molti problemi aperti.
Il Creazionismo invece di solito viene associato a due posizioni:
3) Le specie sono sostanzialmente immutabili.
4) Le specie sono state create da Dio in un dato istante di tempo.
Il punto 3) sembrerebbe essere condiviso dai W56. Se si accetta un'idea a me molto cara, e cioè che l'Universo non solo non sia stato creato da nessuno, ma che nemmeno abbia avuto un'origine temporale e che esista da sempre ed esisterà per sempre (anche se non necessariamente sempre nello stesso stato), allora è facile inserirvi il punto 3) e contestare il punto 4).
In questa cornice quindi le varie specie viventi riprodurrebbero tutte in vario grado dei modelli platonicamente eterni. Secondo me l'idea più intrigante veicolata dal libro "Contattismo di Massa" è : l'uomo è universale. Secondo me ciò si sposerebbe benissimo con la vecchia concezione delle idee platoniche. Così come l'uomo, anche altri esseri sarebbero universali, esisterebbero da sempre e tenderebbero ad approssimarsi a dei modelli eterni, più o meno bene a seconda dei casi e delle varie esigenze ambientali.
Questo per tutti i pianeti del Cosmo in cui ci sarebbe la vita, Cosmo che quindi si configurerebbe classicamente come un vero e proprio organismo intelligente, dotato di parti aventi un'identità ed una funzione ben precisa nell'economia del tutto. Il tutto senza introdurre un Dio personale che ad un dato istante di tempo creerebbe ex nihilo una data specie.
Quanti sarebbero questi modelli biologici? Chissà, forse un insieme molto grande ma finito, forse un'infinità numerabile come quella che caratterizza i numeri naturali o i numeri razionali o forse ancora un'infinità non numerabile, come quella che caratterizza i punti di una retta ed i numeri irrazionali. Io credo che natura facit saltus, anche se molto piccolo (dell'ordine di grandezza del quanto di azione), quindi tenderei a ritenere che si tratti di un'infinità numerabile; naturalmente è solo una speculazione e niente più.
Quindi, tornando alla diatriba creazionismo-evoluzionismo, a naso direi che è possibile concepire delle alternative ad entrambe queste due posizioni intese nel senso sopra riportato.
Il pensiero che mi affascina di più nella storia di “Amicizia” è l’idea che l’uomo sia universale, cosa questa affermata dai W56 stessi, secondo il libro “Contattismi di Massa”; senza peraltro negare l’esistenza di forme di vita intelligenti aventi fisiologia totalmente non comparabile con quella umana, i W56 avrebbero infatti detto che la forma umana è la più diffusa forma di vita intelligente nel cosmo, con varianti che è lecito pensare siano dovute ad adattamenti a fattori locali come la gravità (che influisce sulla grande variabilità nelle altezze), il tipo di sole (o di soli, nel caso di sistemi planetari con più soli), l’atmosfera più o meno ricca di ossigeno (che influisce sul metabolismo di alcuni organi interni ) e così via.
Ci vedo un legame con la dottrina tutta platonica dell’eternità delle idee. In questo caso l’Idea uomo sarebbe eterna ed universale, perfino sul piano fisico.
Se la storia dei W56 fosse vera ne conseguirebbe quindi che avremmo una controprova sperimentale della validità della teoria delle idee di platonica memoria. Trovo questo infinitamente più entusiasmante e dirompente di tutte le possibili ricadute tecnologiche che potrebbero derivare da un contatto con una ipotetica civiltà extraterrestre più evoluta della nostra. Un ordine, un disegno, uno schema, un Logos emergerebbe dalle buie profondità dello spazio, ed avremmo la certezza di non essere più soli, ma di essere uno fra gli infiniti tasselli di uno splendido mosaico progettato da una mente divina, figli di un’idea eterna sparsa un po’ ovunque nel cosmo. Questo è quello che penso io.
Anche se riflettiamo su questa storia da un punto di vista meno filosofico e più pragmatico, direi che l’idea della possibile esistenza di uomini su altri pianeti non dovrebbe apparire così improbabile.
Effettivamente, noi non abbiamo nessun esempio di vita intelligente sotto i nostri occhi ad eccezione della nostra stessa forma di vita, di uomini moderni intendo; sappiamo che in passato ci sono state altre specie umane intelligenti (ma comunque sempre genere Homo, i neanderthal e gli erectus), forse meno di noi; oltre queste il baratro, primitive forme di australopitechi et similia, più simili alle scimmie che a noi. Quindi è innegabile che su questo pianeta la specie Homo Sapiens abbia funzionato, nel senso che (finora) è risultata vincente. Non abbiamo nemici naturali, anzi, siamo talmente "forti" che stiamo distruggendo il pianeta. Ci siamo adattati alla grande, poi abbiamo perfino cominciato ad adattare l'ambiente ai nostri bisogni; le altre specie umane si sono estinte.
Ora, partendo da questo dato di fatto, non è difficile ipotizzare che in altri pianeti simili alla terra, ricchi di ossigeno e di acqua, la stessa forma Homo possa essersi formata ed aver finito per prevalere. Con qualche variante magari, ma il "progetto" Homo potrebbe essere più o meno lo stesso. Non abbiamo motivi per dubitarlo, anzi, la nostra stessa esperienza ci spinge a pensare probabile tutto ciò, io credo.
In fondo se ci si pensa, anche sulla terra abbiamo il caso dei marsupiali, molto diversi dai placentati interiormente, ma spesso simili esteriormente. Pensiamo al caso del tilacino, il cosiddetto "lupo marsupiale", estintosi in Tasmania negli anni '30 a causa della caccia spietatata e delle malattie. Non era un lupo ovviamente, era un parente del canguro, ma ne occupava la stessa nicchia ecologica ed esteriormente gli rassomigliava abbastanza. I casi ci sono.
Quindi perché immaginare per forza nanetti grigi od omini verdi con le antenne? Chissà, un giorno potremmo con nostra grande sorpresa incontrare altri uomini come noi.
Immaginiamo una stanza illuminata dalla luce, con tanti granelli di polvere fluttuanti nell'aria. Su ciascuno di quei granelli ci sono milioni di microbi, ignari gli uni degli altri. Però per noi che riusciamo ad averne uno sguardo d'insieme è palese che quei microbi sono tutti parenti, sparsi nella stessa stanza, che è il loro universo. Solo che loro non lo sanno. Cum grano salis, perché non potrebbe essere, magari in parte, così anche per l'uomo laddove ci siano pianeti adatti a lui?
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=3998
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