venerdì 24 maggio 2013

Il Manoscritto 512

Grazie al meraviglioso contributo del ricercatore Yuri Leveratto possiamo leggere il contenuto di un documento che a nostro parere rappresenta la prova della presenza di Occidentali in Sud-America millenni prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo.

(per le immagini vi consiglio di visionare direttamente il sito dell'autore riportato in fondo al post)

Il Manoscritto 512, un documento inedito risalente al 1753, ma rinvenuto solo nel 1839, è conservato nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro.

Vi si narra di un gruppo di avventurieri portoghesi che cercarono a lungo le leggendarie miniere di Muribeca, viaggiando per ben dieci anni all’interno del Brasile. Durante il loro rocambolesco viaggio, trovarono le rovine di una grande città perduta, la cui architettura ricordava lontanamente lo stile greco-romano.

Dobbiamo considerare innanzitutto che l’interno del Brasile di circa 260 anni or sono era completamente diverso da come è ora. La penetrazione dei coloni era ancora inesistente e di conseguenza le foreste erano ancora allo stadio originario, esattamente come erano prima dell’arrivo degli Europei in America.

L’immenso “sertao” sommato agli sconfinati territori del Mato Grosso e dell’attuale Bolivia orientale rappresentavano una formidabile barriera contro la colonizzazione europea. Gli uomini che viaggiarono nella spedizione, che durò per ben dieci anni, sono rimasti anonimi (per il fatto che il documento è danneggiato), anche se alcuni studi effettuati in Brasile sui capitani dell’epoca hanno suggerito che probabilmente i capi della cosidetta “bandeira” (ovvero viaggio di esplorazione), erano Joao da Silva Guimaraes e Francisco Raposo.

Ecco la traduzione integrale del documento (dal portoghese antico, copyright della traduzione Yuri Leveratto):

Relazione storica di una grande città, occulta, antichissima e disabitata, che scoprimmo nell’anno 1753

In America….
Nel suo interno…
Vicino a …
Il comandante di reggimento…
E la sua comitiva, essendo circa dieci anni che viaggiava in territori inesplorati, perché voleva scoprire le miniere d’argento del grande esploratore Muribeca, che per colpa di un governatore non furono rese pubbliche, in quanto volle usurpargli la gloria della scoperta e lo tenne prigioniero [a Muribeca], nella città di Bahia, e così rimasero perdute, nascoste…vedo questa notizia a Rio de Janeiro all’inizio dell’anno del Signore 1754.

Dopo un lunghissimo viaggio attraverso il sertao, inebriati dalla ricerca insaziabile di enormi ricchezze, e quasi persi dopo molti anni di viaggio in questo enorme sertao, scoprimmo una cordigliera le cui montagne erano così elevate che sembrava arrivassero alla regione eterea, servendo così da trono al vento e alle stesse stelle.

Il luccichio che si ammirava da lontano, proprio quando il Sole illuminava i cristalli della quale era composta la cordigliera, formava una vista così bella e gradevole, che stranamente non dava fastidio agli occhi: presto iniziò a piovere prima che ci avvicinassimo alla meravigliosa e cristallina cordigliera e rimanemmo attoniti ad ammirare le cascate che cadevano da picchi rocciosi, tanto che l’acqua da lontano ci sembrava neve, ferita dal sole….

Quando la pioggià cessò e il cielo si fece nuovamente terso, decidemmo di esplorare quella cordigliera, quel meraviglioso prodigio della natura, e così ci direggemmo alle pendici della montagna, per nulla intimoriti dalla selva intricata e dai fiumi che dovemmo attraversare, quindi tentando di aggirare le montagne non trovammo un passaggio facile per poter accedere a questi Pirenei o Alpi Brasiliane, e ciò ci rese tristi e disillusi.

Accampammo senza entusiasmo e con il desiderio di retrocedere il giorno sucessivo, quando uno schiavo negro si allontanò seguendo un cerbiatto e nell’intento di fare legna.

Scoprì un piccolo camino tra due versanti, che sembravano essere artificiali e non frutto della Natura; con l’entusiasmo di questa novità iniziammo a salire, trovando molte pietre ammontonate in monticoli pertanto pensammo che facessero parte di una mulattiera che con il corso del tempo si era disfatta. Ci volero circa tre ore per la salita anche perché perdemmo tempo nell’osseravre alcuni cristalli, e una volta giunti nella cima del monte ci fermammo e guardammo tutt’intorno a noi, vedendo in un campo attiguo altre cose che richiamarono la nostra ammirazione.

In lontananza si vedeva una grande città abbandonata, inizialmente pensammo che fosse una città di proprietà della corte reggente il Brasile, per la sua grandezza: quindi scendemmo nella valle con prudenza, trovando alcuni vasi di terracotta. Inviammo due dei nostri uomini in avanscoperta.

Rimanemmo due giorni in attesa che tornassero e durante la notte sentivamo cantare dei galli, segno evidente che quella città era popolata. Quando tornarono i nostri due uomini ci dissero che la città era abbandonata e questo dato ci confuse: quindi inviammo un indigeno che faceva parte della nostra spedizione, ma quando tornò anche lui affermó di non aver trovato segno di alcuna persona. Tutto ciò ci confuse ancora di più in ogni caso decidemmo di avanzare tutti insieme ripercorrendo i passi del nativo.

Visto che la testimonianza dell’indigeno era che non vi fosse popolazione alcuna, iniziammo il cammino armati, all’alba del giorno seguente, e percorremmo il sentiero diretto che ci portò alla città., la cui entrata era delimitata da tre grandi archi di pietra, essendo quello di centro maggiore e quelli esterni minori; sull’arco principale vi erano alcune strane incisioni, forse lettere, ma vista l’altezza non potemmo renderci conto cosa indicavano.

Al di là dei tre archi vi era una strada, larga come i tre archi, con fondamenta di case da una parte e pietre scolpite dall’altra. Alcune di queste case avevano due piani, con terrazze, alcune costruite di mattoni, altre di lastroni di pietra.

Spaventati percorremmo quella strada e ci rendemmo conto che non vi era ceramica ne mobili, per mezzo dei quali avremmmo potuto conoscere le caratteristiche della gente che vi viveva: le case erano tutte scure nel loro interno, vi entra poca luce e siccome gli stanzoni erano così grandi, le nostre voci risuonavano formando strani echi, e tutto ciò ci terrorizzava.

Terminata la strada principale che era abbastanza lunga, giungemmo ad una piazza quadrangolare, al centro della quale vi era una colonna di pietra nera di altezza straordinaria e sulla cima della stessa vi era una statua di un uomo di altezza normale, che aveva il braccio destro teso come ad indicare il polo nord.

In ogni angolo di quella piazza vi erano aluni grandi aghi, simili a quelli utilizzati dagli antichi Romani, e altri gia danneggiati per il tempo.

Nel lato destro di questa piazza vi era un superbo edificio, come fosse la residenza principale di qualcun re o signore importante, aveva un grande salone nell’entrata, e timorosi non siamo riusciti a percorrere tutte le stanze, essendo moltissime….

I pipistrelli erano così tanti che a volte colpivano la faccia di alcuni di noi e facevano tanto rumore. Sul pórtico principale della strada vi era una figura umana in bassorilievo adornata con corone d’alloro: rappresentava una persona giovane, senza barba; al di sotto di tale figura vi erano incisi nel muro alcuni strani caratteri danneggiati in parte dallo scorrere del tempo, pero si potevano distinguere in parte:

Nella parte sinistra della stessa piazza vi era un altro edificio totalmente in rovine, e per la sua forma e il suo stile ci rendemmo conto che aveva potuto essere un tempio, perché conservava ancora una parte del suo magnifico frontespizio, e alcune colonne di pietra massiccia: il tempio era molto grande e nelle sue pareti in rovina potevamo scorgere alcune figure e ritratti scavati nelle pietra con croci di varia forma, uccelli, e altre piccole strane forme per le quali non disponevamo di sufficente tempo per ammirarle.

Dopo questo edificio vi era una grande parte della città quasi totalmente in rovine e parzialmente interrata, in grandi cavità della terra senza che vi crescesse erba o alberi o altre piante. Solo si potevano vedere lastroni di pietre scolpite……forse questa distruzione fu causata da qualche terremoto…

Di fronte a questa piazza vi scorreva un fiume abastanza largo, circa undici o dodici braccia, i cui margini erano scevri da rami o tronchi, che di solito le inondazioni portano a valle; volemmo renderci conto della sua profondità e verificammo che le sue parti più profonde erano di quindici fino a diciassette braccia.

Dall’altra parte del fiume vi sono dei vasti campi ameni, etutt’intorno vi sono vari laghi e moltissimi torrentelli d’acqua fresca e pura con molte oche, facili da prendere anche con le mani. Camminammo tre giorni seguendo il corso del fiume, e trovammo una grande cascata dove le acque al cadere facevano tanto rumore da rivaleggiare con le bocche del Nilo, dopo questo salto il fiume si allarga così tanto che sembra un Oceano, e ci sono così tante penisole, coperte di selva e tanti alberi dispersi che galleggiano. In queste praterie abbiamo trovato molti animali che ci hanno corso dietro, ci hanno perseguito.

Nella parte orientale di detta cascata vi erano varie gallerie sotterranee e molte caverne, cosicché abbiamo tentato di calcorare con delle corde la loro profondità, ma quasi mai riuscivamo a toccarne il fondo. Trovammo inoltre varie pietre nel terreno, con vene d’argento come fossero state tirate fuori da una miniera. Tra queste pietre ne vedemmo una che aveva delle strane iscrizioni molto misteriose.

Lontano dalla città, ad un tiro di cannone vi è un edificio, come fosse una casa di campo, con un lato lungo duecentocinquanta passi, e attraverso il quale si entra per un gran portico e si sale per uno scalone di pietre di vari colori, che porta a una grande piazza e tutt’intorno vi sono quindici casupole abbandonate in rovina, ognuna di esse con porte rivolte verso la piazza, e nelle vicinanze abbiamo trovato una colonna con alcune strane lettere incise nella pietra. 

Dopo aver ammirato queste cose iniziammo acamminare lungo il fiume allo scopo di cercare oro, e trovammo alcuni segni incoraggianti della presenza di oro fin da subito, e d’argento. Pensammo che il popolo che viveva nella città doveva aver abbandonato tutta la zona molto tempo addietro infatti non trovammo nessuna persona in tutto il territorio che ci possa aver raccontatodi chi fosse stata questa città e ci pssa aver mostrato le sue rovine e la grandezza che aveva, e quanta popolazione avesse e la sua opulenza nei secoli en el suo periodo di massimo splendore, essendo oggi invece popolata solo da pipisstrelli, topi, oche e altri piccoli animali. I topi hanno zampe così corte che quasi saltano come fossero pulci.

Da quel luogo si appartò uno dei nostri insieme ad altri, che dopo nove giorni di cammino, avvistarono la sponda di una grande ansa che fa il fiume, e in lontanaza videro due persone bianche in una canoa, vestite all’europea, con capelli neri, e spararono un colpo di fucile per vedere la loro reazione ma……

Uno dei nostri chiamato Joao Antonio, trovò vicino alle rovine di una casa, una moneda d’oro, dove c’era impressa una figura sferica, maggiore delle nostre monete da seimilaquattrocento, da una parte vi era la figura di un ragazzo, e dall’altra parte un arco, una corona e un dardo, ma pensammo che nell’interno della città fosse difficile trovarne altre, perché probabilmente tutto fu semidistruuto da un potente terremoto, sarebbe necessario scavare a fondo per poter trovarne altre….

Queste notizie le invio a V.M. da questa zona della Bahia, e dei fiumi Paraguassú, Uná, sicuri di non aver trovato alcuna persona, perché pensammo che si erano spopolate le città e i contadi, inoltre a Voi vi consegno le miniere che abbiamo trovato, ricordandovi del molto che vi devo.

Supposto che dalla nostra Compagniaè uscito uno di noi con un pretesto differente…tuttavia chiedo a V.M. che abbondoni le penurie e venga a utilizzare queste grandezze, usanto alcuni modi per attirare quell’indio, che si è dato per perso, e condurre V.M. a trovare detti tesori…

Secondo alcuni ricercatori brasiliani è possibile che il governo portoghese dell’epoca, rappresentato dal Viceré che stava a Rio de Janeiro, tentò di occultare la scoperta di una grande e antica città nell’interno del suo territorio, per un motivo molto particolare: in quel periodo la Corona portoghese aveva appena negoziato con la corona di Castiglia i limiti dell’impero (trattato di Madrid del 1750); questo trattato si basava sul fatto che le immense terre dell’interno del Brasile, anche se appartenevano ufficialmente alla Spagna (trattato di Tordesillas del 1494), non erano state colonizzate e quindi sarebbero passate di fatto alla proprietà del Portogallo come ius possidentis, infatti i “bandeirantes” (esploratori ed avventurieri portoghesi), le avevano percorse e avevano fondato piccoli avamposti a partire dal 1650. Se però la notizia di una grande città antica di origine pre-greca fosse stata divulgata, i termini del trattato di Madrid avrebbero potuto essere rivisti in quanto sarebbe stata provata la colonizzazione e permanenza di un popolo del Mediterraneo o del Medio-Oriente in Brasile nei secoli o millenni passati e sarebbe caduto pertanto lo ius possidentis (che in realtà apparteneva agli indigeni americani).

Da un analisi attenta del manoscritto risulta che gli avventurieri terminarono la loro lunghissima spedizione presso il Rio Paraguassú, nell’odierno Stato di Bahia. Il fatto però che viaggiarono per circa dieci anni ci fa dubitare sul fatto che la città perduta dovesse trovarsi per forza nell’attuale Stato di Bahia.

Probabilmente durante la loro lungissima esplorazione giunsero negli attuali stati di Tocantins, Goias, Mato Grosso, fino ai limiti dell’attuale Bolivia.

In quel periodo esistevano le mappe e le bussole però bisogna considerare che gli avventurieri “bandeirantes” erano perlopiù analfabeti e non avevano le conoscenze geografiche e geometriche per ubicare correttamente un sito archeologico in un territorio così vasto, immenso, ci riferiamo a vari milioni di chilometri quadrati. Questo fatto supporta l’ipotesi che la città perduta si trovasse molto piu a nord ovest rispetto allo Stato di Bahia, verso i limiti attuali del Paese, mi riferisco alla frontiera con la Bolivia.

Il fatto che antichi popoli medio-orientali abbiano ragginto il Sud America prima dell’Era di Cristo, rappresenta ancora un tabù se si ascoltano studiosi accademici specializzati.

Le evidenze reali di questi viaggi occasionali che portarono prima i Sumeri e quindi i Fenici e i Cartaginesi oltre che probabilmente alcuni gruppi di Celti ad approdare ed esplorare le coste e l’interno del Sud America sono però tante: innazitutto il petroglifo di Ingá, di chiara origine pre-Fenicia, quindi l’immane tesoro della Cueva de los Tayos, di origine medio-orientale, e i ben conosciuti reperti conservati a La Paz come la Fuente Magna e il Monolito di Pokotia, risalenti all’epoca dei Sumeri. Inoltre il misterioso Cromlech di Calcoene (Amapá), probabilmente costruito da un gruppo di megalitici Celti giunti occasionalmente in Sud America.

La città che però viene descritta nell’enigmatico Manoscritto 512 sembra che fosse stata costruita da antiche genti del Mediterraneo.

L’architettura descritta richiama al modo di costruire dei Romani, (per esempio il triplice arco delle rovine di Lambesis o Timgad, città romane edificate in Algeria, vedi foto sulla destra).

Anche il particolare della statua di un uomo che con il braccio teso indicava il Polo Nord richiama ad alcune statua romane, come per esempio quella di Cesare Ottaviano Augusto che è conservata nei Musei Vaticani a Roma.

Gli strani segni incisi nella pietra che sono stati descritti nel manoscritto 512, invece, sono stati individuati da alcuni studiosi come “greco tolemaico”.

Lo studioso che diede questa interpretazione tuttavia, non era un linguista, ma un biologo marino: si trattava di Barry Fell, conosciuto scrittore statunitense, che sostenne nei suoi libri la tesi del contatto tra il mondo europeo/medio-orientale e il Nuovo Mondo ben prima di Cristoforo Colombo.

Srcondo altri ricercatori l’alfabeto utilizzato nelle iscrizioni del “manoscritto 512” potrebbe essere il punico, il fenicio antico o l’aramaico antico.

Nella mia personale interpretazione potrebbero essere stati i Cartaginesi a giungere in Brasile intorno al V secolo prima di Cristo. Il navigatore cartaginese Annone infatti, intorno al V secolo a.C. raggiunse le coste del Camerun in un viaggio avventuroso. E’ possibile che pochi anni più tardi un altra flotta cartaginese giunse in Brasile, come sappiamo infatti dalle isole di Capo Verde soffiano costantemente gli alisei verso l’America del Sud, e questo è il motivo che alcune navi giunsero occasionalmente in Brasile.

Una volta giunti presso le coste brasiliane gli antichi navigatori potrebbero aver cercato metalli preziosi con l’aiuto degli indigeni. Fu così che giunsero presso la misteriosa cordigliera dove fondarono la loro città. E’ solo un ipotesi che attende di essere provata sul campo.

A questo punto sorge la domanda: che fine ha fatto la città perduta descritta nel manoscritto 512?

Si possono avanzare varie ipotesi: la prima è che sia stata deliberatamente smontata pezzo per pezzo per occultarne la scoperta, in modo che non creasse problemi proprio in seguito al Trattato di Madrid (1750), in modo che la Corona del Portogallo non perdesse il diritto di possesso (ius possidentis).

La seconda è che la città perduta sia ancora nascosta da qualche parte anche se gravemente danneggiata da terremoti o bradisismi.

L’esploratore inglese Percy Harrison Fawcett la cercò per vari anni sia nello stato di Bahia che nel Mato Grosso, (indicandola come città Z), ma scomparve presso il fiume Culuene mentre si stava dirigendo verso la Serra del Roncador nel 1925.

I territori del Mato Grosso e della Rondonia sono ancora oggi scarsamente popolati (si pensi che il Mato Grosso, esteso piú di 900.000 chilometri quadrati, ha solo 3 milioni di abitanti, la maggioranza concentrati nella capitale Cuiabá, mentre la Rondonia, estesa 238.000 chilometri quadrati, ha solo 1,5 milioni di abitanti, perlopiú concentrati nella capitale Porto Velho), e le zone di selva intricata pressoché inesplorate sono ancora tante.

Un altra possibilità è che la misteriosa città perduta si trovi nell’aspra cordigliera di Huanchaco (Bolivia orientale), all’interno del Parco nazionale Noel Kempff Mercado, un enorme area spopolata e protetta situata al confine tra la Bolivia e il Brasile.

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