giovedì 22 agosto 2013

La Morte di Hitler - La Fuga di Hitler

Conosciamo bene, grazie alle fonti d’archivio e alle testimonianze dirette, gli ultimi giorni di Hitler e gli eventi relativi alla sua morte, ma qualcosa realmente sfugge: cosa è successo il 30 aprile 1945? Quale reale fondamento hanno le voci di una fuga del capo del Reich millenario?


1933-1945: dodici anni che hanno sconvolto il mondo. Dodici anni che hanno portato l’umanità ad un passo dalla distruzione del sistema politico globale per ricreare l’età d’oro ariana, il paradiso germanico come concepito dalle distorte visioni metafisiche del Führer e di Heinrich Himmler, il capo supremo delle SS.

Nel corso degli anni sono state verificate le ipotesi storiche più interessanti riguardanti il nazismo ma una delle più inquietanti è senza dubbio la possibilità di una fuga precipitosa di Hitler dai sotterranei del bunker sotto il Reichstag. Facciamo quindi un passo indietro per vedere come si sono svolti realmente i fatti.


LA STORIA CHE CONOSCIAMO

Verso la fine di Marzo del 1945, l’armata rossa aveva stretto Berlino in una morsa, le ultime difese del Reich, affidate ad adolescenti e anziani, cercavano di contrastarne inutilmente l’avanzata. La battaglia di Berlino infuriava fuori dal bunker sotto il Reichstag, durissima, casa per casa, strada per strada, mentre le batterie sovietiche distruggevano quel poco che era rimasto in piedi dopo i bombardamenti a tappeto dei giorni precedenti. 


Hitler e i membri del suo staff si erano ritirati nel bunker, dove secondo le testimonianze dei sopravissuti, regnava un’atmosfera tetra, quasi surreale: si ballava al suono di un fonografo mentre i razzi Katiuscia e i mortai sovietici tuonavano a poche centinaia di metri percepiti come un sordo rimbombo tra i muri di cemento armato, si cercava di rimanere allegri con la morte vicino, con l’odore dei morti non sepolti tra le macerie esterne, mentre un forte tanfo di urina dovuto alla rottura delle fognature permeava l’ambiente.

Hitler era invecchiato di vent’anni in pochi mesi: faticava a camminare e coordinare i movimenti, non riusciva a controllare un fremito continuo alla mano sinistra, era ancora convinto di vincere la guerra, spostava armate inesistenti, comandava a generali già morti, aveva perso completamente il senso della realtà.

Il ventotto aprile Hitler sposò ufficialmente Eva Braun un matrimonio che terminò solo due giorni dopo: il III Reich era ormai finito e fedele alla sua personale dottrina che mescolava grandiosità, violenza e una innegabile tragicità,  il 30 aprile Hitler diede le sue ultime disposizioni riguardanti la cremazione dei cadaveri suo e di Eva Braun e verso le 15:30 si sparò un colpo in bocca, mentre la moglie schiacciava tra i denti una capsula di cianuro.

 
Hitler (Bruno Ganz) in un fotogramma dal film Downfall (La Caduta)

Goebbels, il ministro della propaganda, decise di seguire le orme del suo capo spirituale e si uccise insieme alla moglie, dopo aver avvelenato i suoi sei figli i cui nomi iniziavano tutti con la H, in assurdo omaggio a Hitler.

Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda

Bormann scomparve misteriosamente e non fu mai trovato sebbene vi siano forti sospetti con evidenze non indifferenti a sostegno, di una sua fuga in Sud America. Lo staff di Hitler fu catturato dai russi ed inviato a Mosca dove raccontarono ogni particolare della morte del Führer insieme a notizie approfondite sulla vita privata di Hitler, informazioni da cui Stalin era avidamente attratto.

Berlino maggio 1945, il Führer-Bunker, fotografato dall’ingresso situato nel giardino della Cancelleria.

Planimetria del bunker di Hitler

L’interno del bunker poco dopo l’entrata del KGB russo


LA VERSIONE DEL KGB

Durante la battaglia di Berlino, Stalin aveva dato ordine di sguinzagliare i migliori elementi dello SMERSCH, il controspionaggio russo, alla ricerca di tesori d’arte, documenti o comunque materiale di interesse per i servizi segreti. Tra il due e il quattro maggio lo SMERSH, a cui si unì subito il NKVD 1 esaminò a fondo il bunker scoprendo, a pochi metri dall’entrata, i resti di nove cadaveri carbonizzati adagiati in tombe improvvisate e altri due, un uomo e una donna seppelliti in un cratere di mortaio. I corpi erano stati cremati bruciandoli con benzina. I cadaveri furono immediatamente trasportati a Buch, un sobborgo di Berlino, dove un team di medici procedette all’identificazione; per quanto riguarda i resti di Hitler, in effetti non vi era rimasto molto su cui fare affidamento, le carni erano quasi completamente consumate dal fuoco. ma il ponte dentario e parte della mascella furono confrontati con la documentazione medica sottratta al dentista del Führer e questo fugò ogni dubbio. Il nove maggio, giorno in cui terminò ufficialmente l’autopsia, i russi sapevano che Hitler era morto.

I file, il dossier e le fotografie relative alla morte del Führer furono mantenuti nel più assoluto segreto anche per molti ufficiali dello SMERSCH e fu imposto il veto a chiunque sapesse qualcosa di far trapelare la minima notizia al riguardo, pena una detenzione decennale nelle carceri russe.


LA VERSIONE DI STALIN: OPERAZIONE MITO

Mosca tuttavia non sostenne la realtà dei fatti evidenziata dal rapporto dell’NKDV. Una delle operazioni più bizzarre dell’intelligence sovietica è quella che viene oggi conosciuta con il nome Operazione Mito ed ebbe inizio durante la conferenza di Potsdam (17 luglio - 2 agosto 1945): Stalin raccontò all’allora segretario di stato americano James F. Byrnes che Hitler era vivo e si era rifugiato probabilmente in Spagna o in Argentina. Più volte nel corso degli anni i russi ventilarono questa tesi definendola ufficialmente Operatsiya Mif (Operazione Mito)

Perché Stalin continuava a diffondere la sua versione sulla fuga di Hitler nonostante le prove raccolte dal KGB?

Al termine della seconda guerra mondiale cominciarono ad acuirsi le tensioni tra le superpotenze statunitense e sovietica e il mondo scivolò quasi senza accorgersene nel lungo periodo che definiamo guerra fredda. Possiamo presumere che il dittatore sovietico tentasse di convincere gli alleati della fuga di Hitler con lo scopo di deviare dalle sue operazioni segrete l’attenzione degli intelligence avversari.  Un’altra risposta, altrettanto valida, potrebbe essere motivata dal desiderio di Stalin di entrare di prepotenza nello scacchiere occidentale europeo: con Hitler vivo la Russia avrebbe avuto senz’altro più giustificazioni ad operazioni militari e di spionaggio di fronte all’opinione pubblica mondiale. Ma forse la risposta più convincente è relativa alla simpatia che sia il generale Franco in Spagna, sia Peròn in Argentina, nutrivano per il nazismo: ciò li metteva in aperto contrasto con l’Unione Sovietica e anzi potevano diventare un potenziale nemico. Hitler vivo avrebbe concesso a Stalin la possibilità di agire direttamente o meno, contro i due paesi.

 


NOVITA’ DAGLI ARCHIVI SEGRETI RUSSI

Il governo sovietico mantenne il segreto più assoluto sul file HITLER fino al 1968 quando con un libro del giornalista Lev Bezymensky trapelarono alcuni particolari interessanti (insieme a forzature e deliberate distorsioni della verità): il libro, edito in Usa e in Inghilterra ma non in Russia, era la prima pubblicazione a mostrare i risultati dell’inchiesta sovietica intorno ai resti di Hitler.

In seguito nel 1993, il governo Yeltsin concesse l’accesso ai file del KGB relativi alla morte di Hitler a giornalisti russi e britannici e qualche anno dopo, concesse al mondo intero di visionare i resti del Führer in una mostra organizzata in occasione del cinquantacinquesimo anniversario della cattura di Berlino da parte dell’armata rossa alla sede degli archivi di stato.

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Il dr. Mark Beneke, il medico che ha esaminato il cranio di Hitler negli archivi dell’ex KGB


 
Una fotografia del presunto cranio di Hitler


UNA PROVA INOPPUGNABILE: IL TESCHIO DI HITLER

Nel 2002 il dr. Mark Benecke, eminente biologo forense tedesco che collabora con la polizia criminale e conduce un crime show per una rete televisiva del suo paese, visitò Mosca e decise di dare un’occhiata ai famosi archivi del Cremlino; inaspettatamente, un archivista gli mostrò un piccolo contenitore per floppy disk precedentemente appartenuto al KGB/FSB 2 e ora di proprietà degli Archivi di Stato russi. Al suo interno era conservato una parte di cranio bruciacchiato con un evidente foro di pallottola e parte dei denti con un ponte molto particolare. Benecke osservò: “Hitler aveva una pessima dentatura. Prima della guerra, chiese al suo dentista, il dr. Blaschke, di fissargli definitivamente i denti malfermi. Egli costruì un ponte piuttosto insolito, molto solido ma di proporzioni enormi"

Effettivamente ci sono voci circolanti sull’alito cattivo del Führer, dovuto sia alla sua alimentazione eccessivamente ricca di dolci, sia al carattere collerico che influenzava la digestione, sia alla sua dentatura poco curata, ma con quel ponte così grande gli specialisti che esaminarono i resti del cranio e della dentatura, si chiesero come potesse Hitler baciare Eva Braun.   

Ad ogni modo, Benecke lo mise a confronto con una radiografia dentistica del 1944, recuperata dai servizi segreti russi. Il ponte risultò essere il medesimo. Era la prova finale: quello era davvero il cranio di Hitler, le testimonianze del KGB erano state verificate.

Non avendo a disposizione un trapano sterile durante la sua visita, il medico tedesco non poté procurarsi il materiale genetico necessario per un esame del DNA; ad ogni modo, in base alla sua esperienza di biologo forense egli affermò: “Mi piacerebbe fare un esame del DNA, comunque per quanto mi riguarda, la storia si chiude qui, se per un teschio potrebbero esserci dei dubbi, un ponte dentario è la prova definitiva, Hitler morì suicida sparandosi un colpo di pistola dalla bocca, il caso è chiuso”







UN’INTRIGANTE IPOTESI

Il sosia di Hitler che fu trovato dai russi all’entrata della cancelleria con un pallottola nel cranio

Sappiamo tuttavia che Hitler aveva a sua disposizione diversi sosia che lo sostituivano in occasioni pubbliche in cui la sua vita poteva essere a rischio; anzi il primo corpo che i russi trovarono entrando nel bunker fu proprio quello di un sosia a cui era stato sparato un colpo a bruciapelo sulla fronte; evidentemente usarono l’ultima disperata carta a loro disposizione che avrebbe dovuto convincerli a desistere dall’inseguimento.

Dopo un breve confronto con fotografie alla mano e dopo aver interrogato i membri dello staff del bunker, non passò molto tempo che il KGB si accorse dell’inganno e riprese a cercare il Führer trovando i corpi e i frammenti del cranio e della mascella di Hitler.

Tuttavia nessuno può essere certo che la radiografia con cui fu comparata l’arcata dentaria ritrovata non fosse quella di uno dei suoi sosia, il quale fu poi ucciso e bruciato invece di Hitler; conoscendo la minuziosa preparazione, l’astuzia e lo zelo con cui i servizi segreti tedeschi preparavano in anticipo i piani di fuga alternativi, non sembra esservi nulla che si opponga a questa ipotesi. Anzi lo SMERSH e Stalin fecero di tutto per alimentare tale versione. Tuttavia, una eventuale fuga avrebbe dovuto aver luogo almeno cinque/sette giorni prima del 30 maggio, altrimenti Hitler avrebbe trovato la strada sbarrata dagli alleati in marcia verso Berlino.  

Una fuga in aereo in Svizzera e da lì in paesi neutrali avrebbe trovato non poche difficoltà, l’aereo sarebbe stato immediatamente abbattuto. Sappiamo comunque che in prossimità del bunker sostavano almeno due aerei inglesi che sarebbero partiti dall’arteria principale di Berlino, utilizzata come pista improvvisata. Con tali mezzi a disposizione, la fuga avrebbe avuto discrete garanzie di successo.


HITLER NEGLI USA?

Per almeno trent’anni l’FBI tentò senza successo di penetrare la cortina intorno alla documentazione. Agli inglesi fu concesso di esaminare il bunker pochi giorni dopo i russi e non trovarono né fori di proiettile ne macchie di sangue nella stanza dove Hitler si uccise. In qui giorni, ad alimentare la confusione, circolò anche una voce da un radiogiornale tedesco secondo cui il Führer era morto combattendo alla testa dei suoi soldati. Questa mancanza di notizie certe, alimentò una fobia in tutto il mondo e particolarmente negli States, dove il direttore dell’FBI, Edgar Hoover, persona incline al sospetto fino alla paranoia, diede inizio nel settembre del 1945 a una serie di inchieste, i cui documenti recentemente declassificati evidenziano migliaia di segnalazioni negli USA della presenza di Hitler. Hoover sguizagliò addirittura più di mille agenti contemporaneamente nell’intento di trovare Hitler ma invano.


FUGA IN ARGENTINA

Tra l’agosto e il settembre 1945, i giornali di tutto il mondo riportarono notizie allarmanti e veritiere su U-boot giunti sulle coste argentine e consegnatisi alla marina di Peròn. Secondo Stalin, Hitler aveva raggiunto la Norvegia e da lì si era imbarcato su uno di questi verso l’Argentina.

L’FBI decise di verificare immediatamente la fondatezza di tali ipotesi e inviò un discreto numero di agenti a Buenos Aires con il compito di creare una rete locale e di riferire ogni elemento interessante tramite radiogramma a Washington. Uno dei documenti più convincenti in mano al l’intelligence americano era relativo all’U-boot 977, che secondo la testimonianza (in anni successivi) di Helmut Maros, l’operatore radio di bordo,  tra il sei e il sette maggio era salpato per un lunghissimo viaggio, aggirando Scozia e Irlanda, verso l’America del sud, che raggiunse il diciassette agosto 1945 in condizioni miserevoli, con uniformi fradice e ammuffite, barbe lunghissime e malattie dovute al cibo raffermo. L’equipaggio si arrese e fu fatto prigioniero, accusato di nascondere Hitler. Inoltre, varie segnalazioni a Montevideo e nella parte meridionale dell’Argentina, la Patagonia, convinsero Hoover che la trappola era ormai pronta a scattare.

Tuttavia, degli U-boot che raggiunsero l’Argentina, alcuni fecero perdere le loro tracce in quanto la marina locale non poteva controllare migliaia di chilometri di coste. Senz’altro alcuni U-boot raggiunsero la punta più meridionale del territorio argentino, dove viveva già da tempo una fiorente comunità di tedeschi e organizzazioni come l’Odessa e Die Spinne, i cui membri erano ben inseriti nella comunità politica e aristocratica argentina, aiutavano i criminali di guerra a trovare una nuova vita al sicuro da processi e pene capitali.

In Patagonia vi erano varie fattorie, sperdute nell’immenso territorio, alcune di esse si affacciavano sul mare; un documento del Bureau statunitense a proposito di una di queste menziona proprio tracce di copertoni d’auto che arrivavano sino alla spiaggia, impronte di persone arrivate dal mare e salite sull’auto che aveva portato i misteriosi personaggi ad una nuova vita. L’interpretazione dell’FBI fu chiara: criminali nazisti e probabilmente Hitler avevano raggiunto le coste argentine.

Le successive operazioni negli anni ’50 e ’60 del Mossad, l’intelligence di Israele che portò alla cattura di numerosi criminali nazisti in Argentina e sud America in genere, operazioni cover up tra cui il famoso rapimento di Eichmann, il cui processo fu trasmesso da molte tv di tutto il mondo, convinse l’opinione pubblica che Hitler poteva essere fuggito in Argentina e da lì chissà dove.

Hitler è fuggito in Argentina?

E’ certo che molti criminali nazisti, nell’ordine di varie migliaia, raggiunsero la libertà in Sud America, ma se Hitler fosse nascosto in uno degli U-Boot o meno, non è per il momento possibile affermarlo. Quello che è certo, tuttavia, è la possibilità reale di una via di fuga, che per molti nazisti passò dalla Norvegia, per altri passò dal Brennero a Genova dove si imbarcavano per le coste Argentine. Inoltre, in Patagonia è perfettamente visitabile anche oggi la fiorente comunità tedesca, dove i figli e i nipoti dei criminali nazisti vivono tranquillamente nel meraviglioso scenario montano così simile alla foresta nera. Si tratta di un universo separato fisicamente e culturalmente dalla nazione argentina, dove si parla tedesco, si beve birra tedesca e le case di legno hanno l’inconfondibile aspetto delle case tirolesi. I segnali e le scritte pubbliche sono in gotico e nessuno distinguerebbe questa zona da un qualsiasi villaggio della Baviera o dell’Austria.

Un luogo bellissimo per chiunque ma specialmente per il capo del Partito Nazionalsocialista dove trascorrere gli ultimi giorni della propria esistenza.

Ma sulla base delle prove evidenziate fin ora è da ritenersi poco probabile che Hitler sia riuscito a fuggire, tra l’altro ciò non è compatibile con l’intera sua esistenza votata al successo o alla morte.



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