giovedì 13 febbraio 2014

Nibiru e l'Origine della "Luna Vagante"

Ci sono voluti secoli perché la maggioranza degli scienziati concordasse su come andò la creazione della Luna. La versione più accreditata è oggi quella detta dell'impatto gigante, raffigurata in un'illustrazione del numero di luglio della rivista National Geographic. Ma, come ho avuto modo di imparare durante un recente pranzo con Erik Asphaug, scienziato planetario presso l'Arizona State University, la questione è ancora lontana dall'essere risolta.

astronomia,sistema solare

Prima che la teoria dell'impatto gigante guadagnasse popolarità quasi quattro decenni fa, altri tre modelli erano in lizza. Uno sosteneva che la Luna si fosse condensata a partire dalla stessa convulsa nube di polvere che ha creato la Terra, il disco di accrescimento primordiale. Ma questo modello "binario" non spiegava perché la Luna, lungi dall'essere un gemello più piccolo della Terra, sia molto meno densa del nostro pianeta, e senza nucleo di ferro.

Un secondo modello riteneva che la giovane Terra girasse così rapidamente su se stessa che una parte del magma si sarebbe staccato per fissione dalla crosta, gettando quindi un blob gigante nello spazio. Ma il valore di rotazione della Terra e l'orbita della Luna che conosciamo oggi nel dettaglio non si adattano alla cosiddetta teoria della fissione.

Secondo un terzo modello, la gravità terrestre avrebbe preso al laccio la Luna che vagava per il sistema solare. Questo scenario di "cattura" era ritenuto interessante fino a quando gli astronauti della missione Apollo hanno portato le loro rocce lunari a casa. I minerali in esse contenute si sono rivelati simili a quelli del mantello della Terra, e quindi per nulla esotici.

La teoria dell'impatto gigante non incontra nessuno di questi problemi. Quando è stato ipotizzata per la prima volta, nel 1970, questa teoria si inseriva alla perfezione nell'emergente visione della formazione del sistema solare nel suo complesso. Sotto questa nuova prospettiva, infatti, i protopianeti gassosi e rocciosi sono cresciuti all'interno di un disco attorno al Sole giovane, in competizione tra loro per lo spazio, per decine di milioni di anni. In questo quadro le collisioni erano inevitabili.

La Terra, ampliandosi, ha assorbito diversi oggetti delle dimensioni di Mercurio o Marte. Il colpo finale è stato però un impatto così feroce che ha lasciato un ricordo permanente in orbita intorno a noi. Secondo la teoria dell'impatto, la Luna si è formata per lo più a partire dai detriti dalla collisione di un protopianeta roccioso simile alla Terra. E dal momento che, secondo questo modello, il nucleo di ferro del protopianeta è sprofondato e si è fuso con il nucleo della Terra, ecco spiegato perché la Luna è rocciosa, e senza ferro.

Impatto gigante, grandi domande

Sembra una ricostruzione precisa, che è diventata convenzionale sapienza scientifica. "Solo cinque anni fa, questo articolo si sarebbe chiuso qui dicendo che la storia della Luna è stata finalmente ricostruita", dice Asphaug. "Ma non è così".

Oggi gli scienziati concordano sul fatto che qualcosa si sia schiantato contro la Terra per dare luce alla Luna, ma nuove prove hanno messo in dubbio i dettagli della teoria dell'impatto gigante.

Analisi in corso sulle rocce lunari, per esempio, hanno dimostrato che la luna e il mantello terrestre non sono solo simili: sono quasi identici. Elementi come ossigeno, silicio e titanio esistono in diverse varietà, dette isotopi. Le miscele di questi isotopi corrispondono così strettamente nel materiale lunare e terrestre, che è come se la Luna si fosse formata quasi interamente da frammenti di Terra, piuttosto che dai frammenti del protopianeta che l'avrebbe impattata.

Un modo per aggirare questo problema è quello di resuscitare la vecchia idea della fissione, integrandola questa volta con qualche impatto. Piccoli urti ripetuti potrebbero aver dato il via alla rotazione della Terra in espansione, come in una giostra per bambini, finché non ha iniziato a ruotare ogni due ore, una velocità troppo grande per un corpo roccioso di quelle dimensioni. "Sotto quella velocità il pianeta si sarebbe schiacciato", mi ha spiegato Asphaug, facendo roteare un involtino a forma di uovo sopra il tavolo da pranzo.

Un pianeta in furiosa rotazione su se stesso sarebbe stato sottoposto a una tale pressione che un singolo ulteriore piccolo impatto, forse di un corpo appena un decimo delle dimensioni di Marte, l'avrebbe fatto "esplodere", ha continuato a spiegare Asphaug. Un suo collega chiama questo modello Pinto, in riferimento al modello di automobile degli anni Settanta che si dice tendesse a scoppiare in fiamme in caso di semplice tamponamento (a causa del serbatoio posizionato dietro il paraurti posteriore). Seguendo questa teoria, a ogni modo, la maggior parte del materiale lanciato in orbita dopo l'impatto con il "piccolo" corpo celeste sarebbe di provenienza terrestre, e sarebbe così spiegata la composizione chimica della Luna.

Un altro possibile scenario di "toccata e fuga" è la collisione con un corpo più grande e più veloce che ha continuato a viaggiare dopo aver fatto saltare nello spazio enormi pezzi di mantello terrestre; la Luna si sarebbe allora formata a partire da quei pezzi. O forse ancora, la Luna si è formata dal materiale del corpo celeste, ma è stata poi rivestita da uno spesso strato di materiale terrestre rimasto in orbita dopo la collisione.

Una seconda sfida per la teoria dell'impatto gigante è di spiegare perché il lato lontano della Luna è molto più "montagnoso" e con una crosta più spessa rispetto al lato che vediamo noi. Asphaug ha proposto che la Terra abbia avuto per breve tempo un secondo piccolo satellite, che si è fusa come un calco sul lato a noi nascosto della Luna.

"La porta è spalancata, e abbiamo un sacco di idee", ha detto Asphaug. "Probabilmente ci sarà un nuovo momento rivelatore, del tipo 'a-ha, ecco perché' tra cinque anni o giù di lì". 

Ogni volta che sentiamo parlare di "scontri" planetari ci sovviene alla mente il nome di Nibiru... il più noto "pianeta vagante" conosciuto. Ma allora ritornando all'ipotesi, seppur scartata, della Luna 'catturata' dalla Terra, potrebbe essere proprio la Luna il Nibiru che andiamo cercando?! La cui permanenza continuativa nell'orbita terrestre inizia SOLO a partire dal Diluvio Universale (come peraltro citato in alcune leggende polinesiane in cui prima del Diluvio la Luna non esisteva)? 

Provate a pensare quale effetto avrebbe avuto sulle maree e sull'asse terrestre l'influenza gravitazionale di una Luna che viene a 'parcheggiarsi' vicino al nostro pianeta...

Abbiamo già parlato tante volte di Nibiru e siamo costretti a farlo ancora una volta per via di nuove evidenze scientifiche riguardo alle origini del misterioso pianeta. Malgrado Nibiru sia considerato dalla maggioranza delle persone una pura invenzione, continuano ad emergere indicazioni e prove che dimostrano la sua esistenza e la sua orbita molto particolare. 


Si parla tanto di Nibiru e lo abbiamo fatto più volte anche qui su Secretus. Il misterioso Pianeta X è in molte leggende del passato del presente e diverse profezie lo vedono prima o poi tornare con effetti nefasti. Per chi volesse approfondire suggerisco ad esempio il sito a cura dell’associazione Alcione dedicato a V.M. Rabolù e il suo illuminante Hercolubus o Pianeta Rosso.

Ma non vogliamo parlare di leggende o di racconti, in questo articolo dobbiamo affrontare le evidenze scientifiche che dimostrano che Nibiru esiste ed è una realtà con cui occorre confrontarsi. A questo scopo serve una piccola introduzione all’argomento.

Pianeti al confine del sistema solare

Le conoscenze di noi umani riguardo al nostro sistema solare continuano ad aumentare con il passare del tempo man mano che gli strumenti migliorano ed aumenta il tempo passato in osservazioni. In questo modo la ricerca e la scoperta di oggetti orbitanti attorno al nostro Sole ha fatto passi da gigante individuando oggetti che precedentemente erano invisibili e di cui non si sospettava neanche l’esistenza.

Nell’antichità erano noti solo sei pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno. Questi sono i pianeti osservabili senza troppa fatica a occhio nudo e fanno parte da sempre dell’eredità culturale umana ispirando la religiosità degli uomini che gli associavano alle divinità. Grazie all’invenzione del cannocchiale, nel ’600, si sono potuti osservare alcuni dettagli di questi pianeti scoprendo gli anelli di Saturno, la grande macchia rossa di Giove e le lune più importanti di entrambi questi pianeti trasformando i pianeti dall’essere delle luci nel cielo a sfere con una propria dimensione e che seguivano le leggi cosmiche poi descritte dalla scienza. Ancora qualche secolo e alla fine dell’ottocento si è andati oltre scoprendo Urano, Nettuno e Plutone grazie al fatto che la legge di gravità semplicemente li prevedeva, lì dove prima di allora neanche si pensava che ci potesse essere qualcosa.

Nell’era contemporanea, grazie a strumenti di osservazione sempre più potenti e precisi, come l’osservatorio spaziale Hubble, si è arrivati ad individuare tutta una popolazione di pianeti transnettuniani, ovvero al di là di Nettuno, di cui Plutone è solo quello meno lontano. Si sono scoperti oggetti di una certa importanza come Haumea e Makemake, esterni all’orbita di Plutone e di dimensione comparabile a quello che una volta era considerato il nono pianeta. Ma poi si è potuti andare oltre scoprendo Eris che è poco più grande di Plutone e che orbita ad una distanza doppia dal Sole con un tempo di rivoluzione di ben 500 anni!

Ma non basta. All’estrema periferia del sistema solare si è scoperto Sedna, un corpo celeste di mille chilometri di diametro che si trova ad una distanza dal Sole variabile, nel corso della sua rivoluzione attorno alla nostra stella, tra le 76 e 975 Unità Astronomiche (UA), ovvero tra 76 e 975 volte la distanza Terra-Sole. Su quest’orbita così ellittica, e così distante, l’isolato pianeta impiega la bellezza di 12.000 anni per completare un’orbita portandosi, nel punto più distante, ad una distanza che la stessa luce impiega quasi una settimana a percorrere.

La scoperta di questi pianeti non è certo cosa agevole dato che questi corpi celesti sono piccoli e distanti, per cui riflettono una quantità infinitesima di luce. Ma la cosa importante è il fatto che non esistono otto o nove pianeti, ma molti di più, indice del fatto che il sistema solare ha una storia molto più complessa di quella che pensiamo.

Perché manca all’appello un pianeta?

Lo studio del sistema solare non si limita alla sola osservazione. Gli scienziati sono al lavoro da anni per creare un modello matematico che spieghi come mai il sistema solare è così come lo vediamo oggi. Quali erano le condizioni iniziali? Quali fenomeni hanno determinato la creazione dei pianeti? Perché i pianeti sono gli otto che conosciamo? Perché la loro composizione chimica è quella che vediamo? Perché si trovano in quella determinata orbita? Sono queste e molte altre le domande che i ricercatori si pongono e a cui tentano di trovare una risposta avvallata da modelli matematici con cui replicare l’evoluzione del nostro sistema solare.

Gli studiosi impostano quindi delle condizioni iniziali e simulano l’evoluzione del nostro sistema solare nel corso dei suoi poco più di 5 miliardi di anni. È un lavoro complesso in cui ci sono pochi elementi sicuri, ovvero il risultato finale (il nostro presente quindi) e la composizione chimica complessiva del sistema e la sua energia.

La cosa sorprendente è il risultato degli studi più recenti. Gli scienziati al lavoro hanno stabilito che la posizione attuale dei pianeti, in particolare la distanza dei pianeti gioviani (quelli esterni alla fascia di asteroidi, cioè oltre l’orbita di Marte) è spiegabile solo introducendo un nono pianeta tra Marte e Giove. Giove è attualmente troppo vicino al Sole, mentre Urano e Nettuno sono in una posizione in cui non avrebbero potuto aggregarsi.

Si suppone quindi che attorno ai 4,5 miliardi di anni, quando il sistema solare era ancora in uno stato primitivo, un grande pianeta gassoso sia stato espulso dalla sua orbita dall’interferenza gravitazionale di Giove che quindi si è avvicinato al Sole. Il nono pianeta ha quindi influenzato anche Urano e Nettuno portandoli su un’orbita più esterna.

Dato che ci siamo possiamo anche chiamare questo nono pianeta con il suo nome: Nibiru.

Come tutti i pianeti Niburu orbitava sul piano dell’eclittica, che per il piano di riferimento del sistema solare, ed è molto probabile che sia rimasto a questo livello. Allo stesso tempo è molto improbabile che il pianeta sia stato espulso perché l’energia necessaria per questo è troppo alta. L’ipotesi più probabile è quella che si sia posizionato su un’orbita molto ellittica, un po’ come quella, di cui parlavamo prima, di Sedna.

In questo modo Nibiru potrebbe essere un pianeta che periodicamente si avvicina al Sole e poi se ne allontana e potrebbe essere a questo punto realistica la stima di 3.600 anni che si ottiene dall’interpretazione di alcuni testi Sumeri.

Rimane da stabilire quanto Nibiru possa influenzare i pianeti del sistema solare. Sicuramente la sua orbita non dovrebbe poter influenzare più di tanto quella degli altri pianeti, perché vorrebbe dire che il nostro sistema solare non è stabile e in 4,5 miliardi di anni ciò è impensabile.

Questo però non vuol dire che gli effetti mareali di Nibiru non possano avere degli effetti. Una variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre o una rinnovata attività vulcanica sono solo alcune delle possibili conseguenze che possono verificarsi.

Se Nibiru esiste, perché nessuno l’ha ancora visto?

Arriviamo quindi alla domanda che ci porrebbe un qualsiasi scettico: se Nibiru è una realtà, perché non è stato ancora osservato? Perché i ricercatori ci hanno dato le prove dell’esistenza di un oggetto lontanissimo come Sedna e non ci dicono nulla riguardo a Nibiru?

Una delle teorie che circolano è quella che vorrebbe Nibiru nascosto dietro al Sole e pertanto invisibile dalla Terra. Un eclissi che dura da mesi, o forse da anni, che francamente mi sembra molto improbabile e che quindi bollerei come fandonia.

Qualche tempo fa avevamo già riportato la notizia di un misterioso oggetto che si stava muovendo verso la parte interna del sistema solare. Si trattava però di un oggetto troppo piccolo per essere quel gigante gassoso che dovrebbe essere Nibiru.

Molto più interessanti è quell’oggetto comunemente noto come Nemesis (o Ade o Hades) scoperto da Gerry Neugebauer già nel 1983. In molti ipotizzano che si tratti di una stella nana rossa o bruna compagna del Sole visibile solo nell’infrarosso. Però è un oggetto però lontano per essere Nibiru perché si troverebbe a non meno di 50.000 UA.

E Nibiru non è neanche Eris, come qualcuno vorrebbe fare intendere. Nel senso che Eris avrebbe anche le caratteristiche orbitali giuste, ma è solo un pianetoide di un migliaio di chilometri di diametro. Sarebbe abbastanza grande per rimodellare l’intera superficie terrestre se ci scontrassimo con esso, ma se non l’ha fatto fino ad ora è difficile che lo faccia in futuro. Inoltre se anche passasse nel sistema solare interno avrebbe degli effetti veramente minimi sui pianeti. La nostra Luna è solo poco più piccola di Eris e pur essendo astronomicamente parlando appiccicata alla Terra riesce soltanto a indurre le maree dei mari.

Personalmente sono convinto che ci troviamo di fronte ad un’enorme caso di cover-up. Come abbiamo visto nell’articolo l’esistenza di Nibiru è provata dalle simulazioni matematiche degli scienziati, inoltre Nibiru, o pianeti con caratteristiche sovrapponibili anche se con nomi diversi, appartiene al retaggio culturale di molte antiche civiltà, una conoscenza portata evidentemente dalla razza astrale che ci ha contattato nel passato remoto.

Dicevo di una colossale operazione di cover-up atta a nascondere all’opinione pubblica il gravissimo pericolo che corriamo e contro cui non avremmo mezzo di difenderci da soli. Non è possibile deviare un pianeta come Nibiru come potremmo tentare di fare con l’asteroide Apophis. Si sta tentando di minimizzare le informazioni riguardo a questo pianeta e i motivi di tale operazioni sono più che immaginabili.


2 commenti:

  1. Mi chiedo perchè non ha mai nominato Z. Sitchin, al quale si deve l'ipotesi dell'esistenza di Nibiru attraverso la sua interpretazione dell'Enuma Elish sumerico? E' un tabù?

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  2. Nessun tabù amico mio, anzi come potrà vedere molti dei nostri post sono dedicati o riferiti allo scrittore azero e racchiusi sotto il relativo tag

    http://www.progettoatlanticus.net/search/label/Sitchin

    RispondiElimina

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