Non molti lo sanno, ma le grandi battaglie tra angeli e diavoli tramandateci dai testi antichi sono almeno due: quella più nota, descritta nell’Apocalisse di Giovanni, dove spiccano i due condottieri avversari, l’arcangelo Michele e Satana (il dragone), e quella meno nota riportata nel Libro di Enoch (“Enoc etiopico”). Poiché la prima già appartiene all’immaginario comune, ci soffermeremo di più sulla seconda. Il Libro di Enoch è, per il Cattolicesimo, un testo apocrifo, cioè non riconosciuto tra i libri canonici. Non è così per i cristiani copti, che lo ricomprendono nel loro canone liturgico.
In esso si narra la discesa dal cielo degli Irin, termine ebraico che sta per Guardiani o Vigilanti, sul monte Hermon in Palestina. Guidati dal loro capo Semeyaza, erano duecento. Tra i colonnelli di Semeyaza il più potente era Azazel. Questi angeli, cui era demandato il compito di vegliare sull’umanità, decisero di unirsi carnalmente alle donne terresti e di trasmettere un bagaglio di conoscenze ai nostri antenati. Similmente a quanto accadde a Prometeo, essi vennero puniti in quanto non era permesso loro fare nessuna delle cose che fecero. Soprattutto, dalla loro unione con le donne nacquero i Nefilim (o Gibborim), esseri giganteschi che iniziarono a devastare il mondo provocando l’ira divina. Gli angeli rimasti fedeli al Signore calarono dunque in guerra contro i fratelli che si erano mischiati con i mortali. L’arcangelo Raffaele sfidò in singolar tenzone Azazel e lo gettò nelle tenebre del deserto di Dudael, Michele annientò invece Semeyaza e gli altri Vigilanti incatenandoli sotto le colline della terra, fino al giorno del giudizio. Gabriele fu inviato contro i Nefilim. In seguito, Dio mandò il Diluvio per mondare ogni nefandezza. Echi di questi eventi si ritrovano nell’apocrifo Libro dei giubilei, nei Rotoli del Mar Morto e perfino nella Genesi (6;2,4), mentre i Vigilanti sono menzionati in Daniele (4;10,14,20).
Un corpus tradizionale, quello sopra accennato, che individua in primis nella lussuria il peccato angelico, a differenza dell’altra caduta, quella di fatto legata all’Apocalisse, in cui i peccati furono di superbia verso Dio e di invidia verso l’Uomo. Due cadute distinte che, però, non escludono alcuni paralleli: Semeyaza sarebbe Satana e Azazel Lucifero. Contro questa ipotesi sta l’ormai acclarata, dalla dottrina, identità tra Lucifero e Satana, la stessa creatura indicata con nome differente prima e dopo l’aver perduto la gloria (“Portatore di luce” prima, l’”Avversario” dopo).
Eppure la stessa tradizione giudeo-cristiana narra che non tutti i Vigilanti si accoppiarono con donne umane: alcuni non peccarono inizialmente ma si rifiutarono poi di punire i propri fratelli, restando neutri durante la battaglia che scaturì per volere divino. Per tale ragione a essi fu imposto un compito faticoso: recuperare e conservare la pietra divelta dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, pietra in seguito lavorata e tramandata ad ordini cavallereschi mortali, meritevoli di tanto oneroso onore. La pietra era il Graal. Ne accenna addirittura René Guénon nel suo Simboli della Scienza sacra (1962) a proposito del lapsit exillis, citato da Wolfram von Eschenbach nel Parzival.
Ecco che s’instaura una relazione tra Vigilanti e Lucifero, fondendo così due storie altrimenti diverse. In ogni caso i “buoni” sono sempre gli arcangeli. La Bibbia cattolica ne cita tre, Michele, Raffaele e Gabriele, ma riporta pure ch’essi erano sette (Tobia 12;15). I testi veterotestamentari apocrifi, nonché altri scritti religiosi, hanno tramandato i nomi degli altri quattro di volta in volta differenti, sì da ricavarne una moltitudine: Uriel, Phanuel, Barachiel, Sealtiel, Raguel, Suriel…
Le correnti esoterico-religiose hanno prodotto nei secoli elenchi diversi di angeli a proprio uso e consumo. L’angelologia è una materia vasta e seria che qui si è solamente sfiorata, confidando di aver però stimolato il lettore interessato ad affrontar da sé studi più estesi.
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