Giovanni Paolo II è stato senz’altro un grande papa, anche sotto l'aspetto politico, non staremo qui a ripeterlo, e le grandi manifestazioni di popolo, di ogni nazionalità e credo religioso e politico, che da ultimo hanno accompagnato gli ultimi giorni della sua malattia e il suo trapasso e i suoi funerali testimoniano quanto la sua figura avesse inciso e improntato di sé non solo il suo pontificato ma anche tutto l’ultimo quarto del secolo scorso del nostro mondo.
Ma papa Giovanni Paolo II era anche – e forse “innanzitutto” – una grande figura spirituale e un grande mistico. Ho sottolineato “innanzitutto” perché ritengo che nel suo operare si siano espressi e abbiano agito proprio questa spiritualità e l’assistenza dello Spirito Santo – o comunque, per chi dovesse credere diversamente, il collegamento col Mondo Superiore e l’opera di quel Mondo nel mondo nostro, attraverso di lui. Uno “strumento”, dunque, ma attivo e consapevole, perché si è mosso lui, con intelligenza e in prima persona, un uomo di Dio.
Giovanni Paolo II è stato senz'altro riconosciuto come una delle figure più eminenti del XX secolo
Qui è a New York, nel suo viaggio in America e all'O.N.U.
Ma non siamo qui per fare panegirici, dicevamo del suo profondo misticismo. Lo testimoniano quel suo motto “Totus tuus” e la devozione mariana – verso quella figura che tutto il mondo cristiano dell'Europa orientale chiama la "Madre di Dio" - che hanno sempre informato il suo cuore e la sua azione. Il pathos di quelle Via Crucis del Venerdì Santo, con la Croce portata in braccio fino all’ultimo, anche quando le forze del suo corpo non c’erano più; gli instancabili viaggi per predicare la Buona Novella e la salvezza ma anche la difesa dell’uomo di fronte alle ingiustizie; la forza con cui, pur nella sua normale pacatezza d’animo, sapeva tener testa di fronte ai contestatori quando era necessario (ricordiamo, ad esempio, i suoi discorsi e messaggi di incoraggiamento alle folle immense della sua Polonia soggiogata dai sovietici e ai tempi del generale Jaruselski; o anche il suo viaggio in Guatemala e le sue ferme parole ai sandinisti che disturbavano la Messa che egli stava celebrando).
Una grande Figura, dunque; ed è naturale, quindi, che l’opinione pubblica del mondo e i mass media abbiano seguito la sua vicenda, in ogni momento e in tutto quello che faceva, con grande attenzione, ogni suo gesto, ogni sua presa di posizione aveva un significato e una risonanza. Ed è comprensibile, con questo carisma che lo accompagnava, che l’attenzione su di lui sia addirittura esplosa come è esplosa, e con calda partecipazione, soprattutto negli ultimi giorni, molto dolorosi, della sua vita, con la malattia che lo immobilizzava – una persona così attiva e vitale! -, i ricoveri all’ospedale Gemelli, le operazioni, il volersi esprimere, parlare, stare vicino alla gente fino all’ultimo, quando gli era divenuto impossibile anche il solo parlare e poteva fare solo qualche gesto di benedizione.
Tutto questo ha destato una grande impressione e perciò sappiamo tutto di questi suoi ultimi giorni, anche oltre ogni discrezione e rispetto che un uomo – ogni uomo - in sofferenza e nei momenti terminali meriterebbe. Gli occhi di tutti erano fissati là, verso quella finestra, verso l’appartamento papale, verso la stanza dove il papa moriva; soprattutto quelli impietosi delle telecamere e dei giornalisti e sui media, alla radio, sui giornali ci sono stati dibattiti, discorsi, fiumi di parole, un presenzialismo di tanti “addetti ai lavori” ed “esperti” molto stancante e molto discutibile. L’umana pietà avrebbe invece richiesto riserbo e un seguire sommesso la vicenda e preghiere.
Comunque, in questo modo abbiamo saputo tutto di quelle ultime ore e una notizia, un fatto che è accaduto in quegli ultimissimi momenti ci ha molto colpito e fatto sussultare; ne parleremo tra poco.
Era un grande mistico, come dicevamo. Non ci meraviglia, quindi, se il Mondo Superiore, come diremo, abbia dato in quei momenti una manifestazione di sé vicino a lui, anzi, che si sia presentato a lui, a quella grande anima che era, per accoglierlo.
Sappiamo tutto. E così sappiamo che negli ultimi due giorni, quanto meno nell’ultimo giorno e mezzo, dalla notte del 31 marzo, dopo che la mattina gli era stata impartita l’estrema unzione, papa Giovanni Paolo II era in coma, non parlava, non rispondeva più, non reagiva alle attenzioni e alle sollecitudini che si tenevano verso di lui; insomma non aveva alcuna coscienza e non era assolutamente presente a quello che gli accadeva intorno, dei medici e delle persone che lo assistevano e degli altri grandi prelati che erano ammessi per un momento a vederlo. Figuriamoci poi se poteva sapere di quello che c’era fuori, sul piazzale di S. Pietro, pieno di folla silenziosa, addolorata, in attesa e in preghiera, espressione del caldo e sincero affetto che il popolo aveva per lui.
Sappiamo tutto. E così sappiamo di alcune parole, assolutamente le ultime da lui pronunciate, anzi che sono uscite da lui; uscite non si sa come dalla sua bocca, ricordiamoci che aveva la cannula alla trachea per facilitare la respirazione, aveva iniziato la rieducazione per parlare qualche giorno prima ma non gli era riuscito, non aveva pronunciato più parole nelle sue ultime faticose comparse alla finestra dell’appartamento papale ma solo piccoli, stentati gesti di benedizione con la mano.
Non parlava più, era assopito nel torpore del coma da molte ore, ed ecco, all’improvviso, queste sue ultime parole e poi più nulla; il papa è rimasto fino alla sua morte in quell’incoscienza in cui era assopito e dalla quale non era più uscito. Cioè, non è che lui fosse tornato per un attimo cosciente, di nuovo in grado di poter parlare e così avesse pronunciato quella frase consapevolmente e poi fosse di nuovo ricaduto nel coma. Un tale ritorno di coscienza, sia pure per un attimo, viene escluso in modo assoluto da tutti quelli che in quei momenti fatali gli erano accanto. Quei suoni sono dunque usciti da una persona in coma, una persona sulla soglia della morte e di quell'oscuro passaggio in cui "gli occhi", cioè tutti i sensi e tutta la sensibilità sono immersi, fissi e rivolti al nuovo mondo che si apre davanti..
Essi dunque non possono essere, dunque, che il frutto di un “vissuto” (se così vogliamo chiamarlo) elaborato nello stato di coma; quelle parole sono state senz'altro un derivato da percezioni, da "un qualcosa" che è stato "visto" in quello stato di incoscienza e inconsapevolezza del mondo esterno. Devono necessariamente essere stati l'espressione - diremmo noi studiosi del paranormale, nel nostro linguaggio - di percezioni extrasensoriali e di un vissuto ESP e NDE..Queste ultime parole emesse da papa Giovanni Paolo II la mattina del 1 aprile sono state raccolte con difficoltà ma con sufficiente sicurezza dal portavoce ufficiale del Vaticano, l’onnipresente Gioaquim Navarro Valls e dal segretario del papa monsignor Stanislaw Dzwisz che erano presenti, e poi sono state da loro ricostruite e interpretate concordemente e concordemente ci sono state riferite. Loro stessi ci hanno detto di questa estrema difficoltà di riconoscere quello che veniva detto in quel mormorio di parole, in quei pochi rauchi suoni emessi dal papa in stato di incoscienza ma concordemente hanno convenuto che quelle parole erano – che il papa aveva detto –
“Vi ho cercato, adesso siete venuti da me, per questo vi ringrazio”.
Sempre il portavoce del Vaticano ha spiegato queste parole – ne ha dato la “sua” lettura e spiegazione – dicendo che con esse papa Wojtyla voleva riferirsi alle migliaia di ragazzi, i “papa boys”, che, accorsi da tutto il mondo, riempivano la sottostante piazza S. Pietro e pregavano per lui. Il papa amava i suoi ragazzi, dei quali tante volte si era circondato. I papa boys amavano il loro papa, che così tanto si era occupato di loro e li considerava la speranza del futuro. Nulla di strano dunque - verrebbe da pensare - che il papa, sapendo di quelle migliaia di giovani presenze verso cui si indirizzava la sua sollecitudine, avesse rivolto a loro il suo pensiero e le sue parole e li avesse ringraziati per la loro presenza e per quella loro estrema dimostrazione di affetto.
Nulla di più improbabile, nulla di più inverosimile, nulla di più sbagliato - a mio modesto avviso - di una tale interpretazione. Nulla di strano "se" il papa, sapendo di quelle migliaia di giovani presenze .... Ma il papa era in stato di incoscienza da tante ore, nulla poteva sapere di quella folla in silenziosa trepidazione per lui e in preghiera; se anche gliene avessero parlato, se anche glielo avessero detto prima, quando aveva ancora qualche barlume di coscienza, una persona in coma non poteva esprimere delle considerazioni al riguardo. Papa Giovanni Paolo II non aveva più avere il riflesso cosciente e non poteva parlare per un tale riflesso cosciente; la folla e i giovani non potevano essere oggetto di una sua attenzione, di un suo pensiero e di sue parole consapevoli in quel momento, nello stato di coma in cui si trovava. Neanche come risonanza subliminale di un vocio, perché la folla, di sotto, era silenziosa. Nello stato di coma quelle parole dovevano essere invece il riflesso e la risposta a un vissuto di coma.
“Vi ho cercato, adesso siete venuti da me”. A che, a chi si riferiva, cosa vedeva, a chi parlava il mistico papa Wojtila, il mistico del "totus tuus"? Doveva trattarsi di un qualcosa, quelle parole dovevano riferirsi a "qualcuno" ("qualcuno" al plurale, perché le parole erano al plurale) che stava davanti a lui, che lui “vedeva”, che era presente nella sua mente (e non ai suoi occhi fisici), nella sua psiche, nel suo spirito. Altrimenti, se si fosse voluto riferire ai giovani sottostanti venuti per lui, avrebbe piuttosto detto “Li ho cercati, sono venuti da me, li ringrazio”.
No, no, si riferiva a qualcosa che la sua mente, nello stato modificato di coscienza del coma, vedeva; a qualcosa che la sua coscienza, esteriorizzata dal corpo e dai canali sensoriali, percepiva nella dimensione diversa di quello stato di coscienza diverso. Non poteva trattarsi che di “Esseri” immateriali, spirituali, percepibili (solo) in stato di coscienza modificato; Esseri di Luce - perché papa Giovanni Paolo II era stato lui stesso, in vita, una Figura luminosa – che si erano presentati a lui in quel momento terminale, in quel momento di crisi di passaggio. E si trattava di “Esseri” che lui ha riconosciuto, sapeva chi erano, erano stati l’oggetto del suo amoroso pensiero e della sua costante ricerca durante la sua vita - altrimenti non avrebbe detto “Vi ho cercato”, “siete venuti”. “Esseri” che erano una promessa di speranza e di gioia – perciò le sue parole “vi ringrazio”.
Il fenomeno verosimilmente accaduto a papa Giovanni Paolo II deve essere stato uno di quelli che appartengono alla classe fenomenica ben conosciuto dalla ricerca psichica che va sotto il nome di “visioni sul letto di morte” oppure “visioni dei morenti”. La letteratura sul paranormale ne descrive tantissimi episodi e vi sono molte raccolte specializzate che parlano specificamente di questi di casi.
Molto spesso chi si trova accanto a una persona che sta per morire ha notato – e poi ha riferito – che il morente, ancora cosciente ovvero già incosciente, diceva di vedere – vicino a sé, accanto al letto, per aria, nella stanza – dei parenti o amici premorti che riconosceva e chiamava per nome ovvero dei personaggi a lui sconosciuti - tutte figure che nessun altro dei presenti accanto al morente vedeva - e parlava con loro; ovvero, se il morente era in stato incosciente e non poteva parlare, dava segni e teneva una mimica come se si vedesse o ci fosse accanto a lui qualcuno, invisibile agli altri presenti, e parlasse con lui.
Gli stessi defunti, nelle loro comunicazioni spirituali inviate attraverso i medium, molte volte hanno detto che, al momento del trapasso, sono venuti ad accoglierli o comunque hanno visto – e si sono salutati, ci hanno parlato – parenti o amici già morti, o Esseri di Luce o Angeli o altre figure.
Sono notissimi, poi, i casi di N.D.E., Near Death Experience, in cui la persona malata o in pericolo di vita e in condizione perimortale e spesso in coma, una volta che si è risvegliata dal coma e si è salvata dalla morte, ha raccontato che, in quella condizione e in quei momenti, si è visto di fronte o ha incontrato quelle figure fantomatiche di cui si è detto (parenti e amici premorti, Esseri di Luce ecc.), che lo hanno poi rimandato indietro, dicendogli o facendogli capire che non era ancora giunto per lui il momento di venire là dove stavano loro.
Il fenomeno paranormale delle “visioni dei morenti” rientra nella più vasta categoria delle “apparizioni”, che si hanno quando viene percepita, per via extrasensoriale, la presenza psichica di una persona che fisicamente (cioè con il suo corpo fisico) non c’è. Questa percezione avviene perché (quando) la mente è in uno stato di coscienza diverso da quello normale (in cui si percepisce attraverso i sensi) e invece percepisce direttamente con la mente le realtà mentali. La mente percipiente e le realtà mentali percepite (Esseri o informazioni) hanno una natura (psichica, spirituale) analoga, si trovano su una stessa lunghezza d’onda, e così la prima può “sentire” le seconde (e viceversa), ne avverte la presenza e l’esistenza nel suo campo di percezione, le conosce e le riconosce e può comunicare con loro.
L’analisi di quanto è accaduto a papa Giovanni Paolo II mostra con sufficiente evidenza che si sono verificati tutti gli elementi per un fenomeno del genere: stato di incoscienza e premortale, per cui quello che papa Giovanni Paolo ha detto non è riferibile a un elaborato cosciente; percezione, da parte sua e in questo stato, di "qualcosa", personaggi e figure, che hanno determinato la sua reazione con quelle parole e che gli altri non vedevano; riferibilità di queste parole (per il senso, anche grammaticale, che hanno) a una presenza invisibile e non a una realtà materiale del momento; piena corrispondenza con gli altri casi del genere di apparizioni ai morenti sul letto di morte.
Dunque, tutto lascia ritenere che papa Giovanni Paolo II abbia avuto una visione del genere nel momento della sua morte.
Del resto, i casi di fenomeni paranormali – tipici, come tipologia del fatto accaduto, a quanto già conosciuto, studiato e catalogato dalla parapsicologia - che avvengono in corrispondenza con il trapasso di un papa non mancano. E così, è noto che quando morì Palo VI, l’orologio della sua stanza suonò da solo, come riferì, a suo tempo, il suo segretario.
S. Alfonso de’ Liguori stava nel suo palazzo ad Arenzo, nell’allora Regno di Napoli, quando d'improvviso, stava seduto su un seggiolone, cadde in torpore di sonno e vi rimase immobile per ventiquattro ore. Nello stesso tempo fu visto in Vaticano vicino al letto di papa Clemente XIV, che era malato, e gli prestava assistenza. S. Alfonso si risvegliò da quel torpore alle sette del mattino del giorno dopo, proprio nel momento in cui il papa era morto.
Un sacerdote, Gaetano Dall’Olio, che era anche professore presso l’Università di Bologna, una notte dell’agosto del 1921 sognò un suo antico insegnante, che da tempo era morto. Questi nel sogno, tra le altre cose, fece una predizione, gli disse che papa Benedetto XV, allora regnante, aveva nominato il cardinale Achille Ratti, che presto sarebbe stato il suo successore, perché il papa sarebbe morto tra il 20 e il 25 del gennaio successivo. Il giorno dopo, Gaetano Dall’Olio raccontò il sogno a diversi sacerdoti della sua parrocchia, che sono stati dunque i testimoni del racconto e del fatto. Effettivamente, Benedetto XV, che allora stava ancora bene, morì il 22 gennaio seguente e gli successe proprio il cardinale Ratti col nome di Pio XI
Ma la domanda che più sentiamo urgerci dentro è chi possano essere stati quegli Esseri di Luce che sono comparsi a papa Giovanni Paolo II sul suo letto di morte. Questo rimarrà un mistero, nessuno ce lo dirà mai; e forse non è neanche lecito domandarselo, curiosare.
Ma un indizio, uno sì, lo abbiamo. Una possibile (e che a noi piace) risposta su queste visioni si può avere mettendo insieme la sua devozione e quelle sue ultime parole. Queste sono state “Vi ho cercato…”. Chi ha cercato, a chi si è sempre rivolto papa Wojtyla? Quale la sua invocazione, il suo richiamo, a chi lui si affidava, in chi soprattutto confidava, specie negli ultimi tempi, quando sentiva tutta la gravità della sua malattia? Ci tornano a mente - non possono non tornare a mente - a questo punto e a questo proposito, quelle altre sue parole “Totus tuus” che sempre sono state il suo viatico, il suo "affidarsi".
E poi chi potevano essere gli altri Esseri di Luce – perché il papa, nelle sue parole “Vi ho cercato, siete venuti, vi ringrazio” parlava al plurale - soprattutto Chi poteva essere l'altro Essere di Luce che accompagnava la Figura del “Totus tuus”? Fermiamoci alla domanda.
A parte queste ultime considerazioni, che restano delle pure illazioni, dei presentimenti che ci lasciano senza fiato, per tutto il resto penso che quanto ho sopra detto basti per ritenere che l’interpretazione sopra data alle parole del papa e l’ipotesi avanzata di una sua della presumibile "visione sul letto di morte" siano qualcosa di più, di molto di più di una semplice congettura.
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