La teoria degli equilibri punteggiati, nonostante le interpretazioni rassicuranti, è in forte contrasto con quella dell’evoluzione neo-darwiniana. Un contrasto negato ma che prima o poi doveva manifestarsi.
Che la teoria degli equilibri punteggiati, proposta da N.Eldrege e SJ Gould nel 1972, costituisse un problema per il neodarwinismo della Sintesi Moderna derivava dal fatto che l’evoluzione darwiniana prima, e neodarwiniana poi, avevano come implicazione dei meccanismi proposti (rispettivamente pangenesi/selezione e mutazione/selezione) un inevitabile gradualismo evolutivo. Ricordiamo che la mancanza di gradualismo nei fossili era costata a Lamarck la smentita della sua teoria da parte del fondatore della paleontologia, il suo contemporaneo Georges Cuvier.
Poiché, contrariamente a quanto viene insegnato nelle scuole, anche la teoria di Darwin prevedeva la trasmissione dei caratteri acquisiti tramite il processo della pangenesi, il problema del gradualismo fu aggirato dallo scienziato inglese dando la ‘colpa’ ai fossili stessi, in quanto la loro formazione non è costante nel tempo, cosa che Darwin trattò nel capitolo IX ad essi dedicato e intitolato “Sull’imperfezione delle memorie geologiche“.
E graduale doveva essere l’evoluzione anche nella Sintesi Moderna che sostituiva la pangenesi con le mutazioni casuali, solo che ad oltre un secolo dalla pubblicazione dell’Origine delle specie del gradualismo continuava a non esserci traccia. La cosa fu fatta notare nel 1972 proprio da Gould e Eldredge, e che la mancanza di gradualismo non fosse proprio compatibile con la SM lo si capisce dalle difficoltà incontrate dai due e descritte nei loro libri, anche se poi si preferisce dimenticare e fare finta che non sia mai successo niente.
Ma alla fine gli autori della teoria che sosteneva la “stasi” come norma e l’evoluzione come interruzione della stasi accettarono di ritenere perfettamente compatibile tale realtà con la Sintesi Moderna e così un nuovo caso Cuvier fu scongiurato. Ma adesso i problemi accantonati si ripresentano, così come sempre avviene con le questioni non risolte ma semplicemente accantonate. Ne parla l’articolo intitolato “In difesa degli Equilibri Punteggiati” pubblicato l’8 aprile scorso su Pikaia, un articolo in cui si riporta la controversia aperta al riguardo da M. W. Pennell, L. J. Harmon e J. C. Uyeda, dell’Università dell’Idaho con la pubblicazione nel gennaio 2014 dell’articolo “Is there room for punctuated equilibrium in macroevolution?“.
Cosa contestano i ricercatori dell’Università dell’Idaho è riportato nell’articolo su Pikaia:
La proposta degli studiosi dell’Università dell’Idaho consisteva in un superamento degli Equilibri Punteggiati non tanto attraverso l’abbandono tout court della teoria, ma piuttosto tramite un suo rimodellamento; più precisamente proponevano di scorporare la teoria in quattro domande fondamentali che troppo spesso, a detta degli autori, sono state inutilmente confuse e sovrapposte:
(i) l’evoluzione è puntuazionale o gradualistica?
(ii) la divergenza dei tratti avviene all’occorrere di eventi speciativi (evoluzione cladogenetica) o all’interno di un singolo lignaggio (evoluzione anagenetica)?
(iii) all’interno degli eventi speciativi (speciazioni) i cambiamenti sono adattativi o neutrali?
(iv) qual è l’importanza della selezione agente a livelli superiori rispetto a quello organismico (selezione di specie) nel modellare pattern di diversità?
Le risposte ai punti i e ii vengono accorpate e riassunte nel seguente modo:
Eldredge e Lieberman fanno notare che le domande (i) e (ii) possono in realtà essere accorpate: un’evoluzione gradualistica presuppone processi anagenetici, mentre un’evoluzione puntuazionale generalmente avviene con processi cladogenetici favoriti da un isolamento geografico cui la teoria degli Equilibri Punteggiati attribuisce un ruolo preminente (speciazione allopatrica).
In pratica si decide di dare una non risposta, infatti alla domanda se l’evoluzione sia graduale o puntazionale e se essa avvenga all’interno di una stessa popolazione o quando le popolazioni si sono divise, si sceglie di rispondere che avviene in un modo quando avviene in quel modo e nell’altro quando avviene in quell’altro.
Sul punto iii la risposta non appare molto diversa:
La teoria degli Equilibri Punteggiati contempla la possibilità di un pluralismo di processi in atto, siano questi forieri di cambiamenti adattativi o neutrali. La stessa filosofia pluralista è anche applicabile alle prime due domande: fenomeni anagenetici e cladogenetici coesistono nell’albero evolutivo; ciò che conta è capire con che frequenza relativa e in quali circostanze avvengono gli uni o gli altri…
Come affermato nella risposta, anche in questo caso può accadere di tutto, i cambiamenti possono essere adattativi o neutrali, una filosofia definita ‘pluralista’ che viene riconosciuta applicabile anche ai precedenti due punti affrontati. Di nuovo la scelta è non rispondere. Sul punto iv si fa notare che già Gould ed Eldredge avevano idee differenti, e che comunque si tratta di un punto che non ha importanza in quanto gli equilibri punteggiati non dipendono da esso. Quindi, dopo aver imboccato un percorso netto di quattro risposte eluse su quattro domande, la conclusione a cui si avvia il breve ma significativo articolo è invece molto interessante:
In definitiva l’articolo di Pennell et al. ha prodotto il piacevole effetto di tornare a parlare di una teoria, quella degli Equilibri Punteggiati, tra le più stimolanti nel panorama della biologia evoluzionistica per mole di dibattiti generati e che, tra gli altri effetti, ha avuto il merito di far approdare la Paleontologia alla Tavola Alta delle scienze evoluzionistiche.
La teoria degli equilibri punteggiati avrebbe dunque avuto il merito di “far approdare la Paleontologia alla Tavola Alta delle scienze evoluzionistiche“, un’affermazione che non può che lasciare basiti. La Paleontologia infatti è il “fatto” da cui si parte per elaborare la teoria dell’evoluzione, senza la Paleontologia non ci sarebbe nessuna teoria dell’evoluzione, come si può affermare che è approdato il fatto da spiegare nella teoria che lo deve spiegare?
Un ulteriore elemento in questo senso viene dalle righe che seguono:
È proprio tramite una più attenta rilettura del record fossile che paleontologi come Gould e Eldredge si sono resi conto che l’evoluzione non procede sempre con ritmo uniforme, costante (gradualismo filetico) come gli evoluzionisti della Sintesi Moderna pensavano, ma segue piuttosto un ritmo puntuazionale, in cui periodi di stasi evolutiva sono interrotti da geologicamente brevi periodi in cui si concentrano i cambiamenti evolutivi.
Viene ammesso senza problemi e confermato che gli evoluzionisti della Sintesi Moderna hanno elaborato la loro teoria senza tener conto delle testimonianze fossili, cioè senza tener conto del fenomeno che erano chiamati a spiegare! La Sintesi Moderna ha dunque dato una spiegazione ad un’evoluzione che esisteva solo nella mente dei vari Fisher, Haldane e J. Huxley, non a quella testimoniata dai fossili.
Ma nonostante la mancanza di gradualismo (testimoniata dai fossili) la teoria neo-darwiniana, che invece prevede il gradualismo, viene ritenuta confermata. La mancanza di gradualismo viene nascosta da un periodo contraddittorio da far invidia ad un sofista: “geologicamente brevi periodi in cui si concentrano i cambiamenti evolutivi“, un cambiamento graduale che avviene in periodi concentrati e brevi, un brusco cambiamento graduale insomma. Definire la teoria degli equilibri punteggiati compatibile con il neo-darwinismo è possibile solo a costo di formulare un ossimoro. Se le cose fossero andate così a inizio ’800 la teoria di Lamarck non sarebbe mai stata confutata da Cuvier e forse oggi saremmo tutti lamarckiani… Ma quelli erano altri tempi, e quando una teoria veniva falsificata in un suo punto lo si ammetteva.
La conclusione è poi il punto più significativo:
La macroevoluzione è un tema lungi dall’aver raggiunto un punto di arrivo e un consenso definitivo, pertanto sia Eldredge, sia Pennell, sia Pagel convengono nel sostenere che questo è un ottimo momento per fare ricerca macroevolutiva, in quanto si tratta di un campo di studi che richiede contributi teorici e incrocio di dati provenienti da discipline molto diverse tra loro.
In pratica non esiste una teoria dell’evoluzione!
Proprio così, viene infatti ammesso che la macroevoluzione (sulla micro sono d’accordo pure i creazionisti più accaniti) è lungi dall’essere spiegata!
A questo punto non si può che essere d’accordo con le conclusioni: è il momento di mettersi veramente a cercare di capire come sia avvenuta la macro-evoluzione.
Quello che abbiamo sempre sostenuto.
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