Tratto da un articolo di Fulvio Lo Cicero
Colgo l'occasione per introdurre un altro omicidio misterioso che ha colpito uno dei maggiori intellettuali italiani dei passati decenni. Troppo avanti per l'epoca e che forse nel suo ultimo film "Salò" (le 120 giornate di Sodoma) toccò temi che non dovevano essere nemmeno pensati.
Colgo l'occasione per introdurre un altro omicidio misterioso che ha colpito uno dei maggiori intellettuali italiani dei passati decenni. Troppo avanti per l'epoca e che forse nel suo ultimo film "Salò" (le 120 giornate di Sodoma) toccò temi che non dovevano essere nemmeno pensati.
Un po' come accadde a Kubrick con il suo Eyes Wide Shut.
Pasolini e la morte di Enrico Mattei. Il mistero "scandaloso" della storia italiana
di Fulvio Lo Cicero
La tragica morte dello scrittore legata a filo doppio a quella del fondatore dell’Eni Enrico Mattei. Un’inchiesta giudiziaria finita nell’archivio di Pavia e la probabile riapertura delle indagini a Roma. Un filo rosso che lega la “storia criminale” della nostra Repubblica e che ripercorriamo nei suoi aspetti più incredibili
In un’ideale classifica dei misteri italiani più enigmatici e nebbiosi della nostra storia recente, quello che vede protagonisti uno dei più grandi scrittori italiani, Pier Paolo Pasolini e il fondatore dell’Eni Enrico Mattei è, forse, il più impenetrabile e nondimeno uno dei più clamorosi. A dispetto di numerosi articoli di giornale pubblicati negli ultimi anni, si tratta di un caso così incredibile che si stenta a credere che non susciti un interesse maggiore e che non se ne parli se non, in fondo, fra limitati cenacoli di intellettuali e di giornalisti a caccia di scoop. Per questo motivo, è interessante ripercorrerne le tappe e cercare di capire di cosa veramente si tratti.
Il romanzo incompiuto Petrolio
Tutto parte da un’opera incompiuta di Pasolini, il romanzo che lo scrittore friulano stava scrivendo quando fu ucciso, la notte del 2 novembre 1975, in una zona degradata Il romanzo si intitola Petrolio e il “locus” da cui dobbiamo partire è una pagina dell’edizione einaudiana del 1992, curata da Maria Careri, Graziella Chiarcossi (cugina del poeta) e da Aurelio Roncaglia: 93, una pagina bianca e un titolo. “Lampi sull’Eni”. Petrolio è un’opera mancata e del tutto informe, magmatica.
Pasolini vedeva in questo romanzo la sua apodissi politica, il racconto definitivo del potere infinito di un ceto dirigente criminale – quello democristiano, già da lui deprecato nel famoso j’accuse della scomparsa delle lucciole. E il protagonista di questa somma degenerazione, per il grande scrittore, era un personaggio assai noto alle cronache di quei tempi, Eugenio Cefis, grand commis dell’Eni, assurto alla massima carica dopo la misteriosa morte di Enrico Mattei, avvenuta a Bascapè, il 27 ottobre 1962, con l’incidente aereo che costò la vita anche al pilota e al giornalista che lo accompagnava. L'ipotesi sconvolgente fatta propria da Pasolini, era che, dietro l’attentato allo aereo di Mattei si celasse proprio Cefis, desideroso di prendere il suo posto al vertice dell’Eni, cosa che effettivamente avvenne subito dopo.
Ma con l’affresco contenuto in “Petrolio”, più in generale, lo scrittore friulano sembra volgere la sua attenzione a ciò che considera, oramai da qualche anno, il cancro della società civile italiana: il potere democristiano. Il 14 novembre 1974, a poco meno di un anno dalla sua tragica morte, scrive sul “Corriere della sera”: «Io so. Io so i nomi dei responsabili». Una frase misteriosa, che viene generalmente interpretata, con il suo ambiguo avallo, come un’intuizione del poeta, non come il possesso di prove o di indizi su determinati fatti.
Il lavoro di ricerca e documentazione
In realtà, oggi si sa che per scrivere il suo romanzo-fiume Pasolini aveva svolto un rilevante lavoro di ricerca e di documentazione, scoprendo qualcosa che non doveva scoprire. La sua verità confluì in quel famoso capitolo, “Lampi sull’Eni”, una pagina bianca dell’edizione einaudiana, che in realtà sarebbe stato rubato nell’abitazione dello scrittore subito dopo la sua morte (ma su quest’ultimo evento, parenti ed amici dello scrittore non sono d’accordo).
Secondo Gianni D’Elia, uno di coloro che hanno indagato su questi fatti (L’eresia di Pasolini, Effigie, 2005), la fonte principale dello scrittore fu un libro, di un autore che si firma con lo pseudonimo Giorgio Steimetz e dal titolo quanto mai significativo. Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente, pubblicato nel 1972 da un oscuro editore, “Agenzia Milano informazioni”. D’altronde, le fotocopie del libro di Steimetz sono conservate, insieme ad altro materiale su Cefis, nell’archivio pasoliniano del Gabinetto Vieusseux e furono inviate allo scrittore dallo psicanalista suo amico Elvio Facchinelli.
L’opera ebbe un curioso quanto misterioso destino: sparì subito da qualsiasi libreria o banchetto di libri usati, tanto che tuttora è introvabile anche nelle biblioteche pubbliche. Quei pochi che ne sanno qualcosa, spiegano il perché. L’autore racconta la vera vita di Eugenio Cefis, dalla sua esperienza partigiana con Enrico Mattei, fino alla scalata al potere economico. Pare oramai sicuro che Pasolini, nello scrivere il capitolo scomparso, attinse a piene mani da quelle informazioni. Un’affermazione di Steimetz, riferita a Cefis, colpisce: «Ridurre al silenzio, e con argomenti persuasivi, è uno dei tratti di ingegno più rimarchevoli del presidente dell’Eni».
Non si conosce la vera identità di Giorgio Steimetz ma si sa che, dietro la misteriosa casa editrice che pubblicò la sua opera, vi fosse Graziano Verzotto, ras democristiano in Sicilia (corrente di Rumor), capo delle pubbliche relazioni dell’Eni e grande amico dello stesso Mattei. Al giudice Vincenzo Calia che indagava sull’incidente di Bascapè, Verzotto dichiarò che esso non doveva essere attribuito né ai servizi francesi o algerini, né alle “Sette sorelle” (ipotesi fra le più accreditate per lungo tempo) ma che la responsabilità potesse individuarsi rispondendo alla domanda: “A chi è giovato?”.
La verità di Pasolini
Quest’ultima è la convinzione cui arriva Pasolini e lo scrive in un appunto presente nelle carte di Petrolio. Cefis assume, nella “finzione” letteraria, il nome di Troya e Mattei si chiama Bonocore. Nell’appunto, lo scrittore fa riferimento ad un preciso momento in cui «Troya (!) sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore». Questa sua verità sarebbe anche riuscito a scriverla nel famoso capitolo, sparito forse proprio per questo motivo. Il curatore dell’edizione già citata, Aurelio Roncaglia, ha precisato che Pasolini, all’inizio del 1975, asseriva che la stesura del romanzo era oramai arrivata a circa 600 pagine (lui ne prevedeva, in realtà, addirittura 2000). Ma ne sono giunte fino a noi soltanto 400; quindi, a scomparire non sarebbero state solamente quelle di “Lampi sull’Eni” ma molte altre, nelle quali forse si faceva riferimento alle responsabilità di Cefis nella morte di Mattei.
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