Tratto dal sito seguente presentiamo un trittico di articoli del 2012 il cui autore è noto con il nome di "Alessio"...
https://phoo34.wordpress.com/
Stando alla storia, il medio oriente è la culla della civilizzazione dell’umanità e probabilmente, sotto molti aspetti ciò risponde a verità, soprattutto se si considera che la ricerca storiografica ed archeologica in molti casi è tesa al reperimento di elementi e prove anche se indirette, che convalidino quanto viene riportato nei testi sacri, alcuni esempi di questo li possiamo riscontrare nelle diatribe che si sollevarono circa il ritrovamento dell’Arca di Noè sul monte Ararat o quelle relative all’ubicazione del monte Sinai; controversie che possiamo dire ancora oggi suscitano infervorate discussioni; comunque è evidente che partendo da posizioni ed assunti, non dico preconcetti, ma fortemente polarizzati in una specifica direzione, gli elementi che stonano o comunque non sono il linea con quanto si sta ricercando vengono spesso ignorati se non volutamente nascosti.
https://phoo34.wordpress.com/
Stando alla storia, il medio oriente è la culla della civilizzazione dell’umanità e probabilmente, sotto molti aspetti ciò risponde a verità, soprattutto se si considera che la ricerca storiografica ed archeologica in molti casi è tesa al reperimento di elementi e prove anche se indirette, che convalidino quanto viene riportato nei testi sacri, alcuni esempi di questo li possiamo riscontrare nelle diatribe che si sollevarono circa il ritrovamento dell’Arca di Noè sul monte Ararat o quelle relative all’ubicazione del monte Sinai; controversie che possiamo dire ancora oggi suscitano infervorate discussioni; comunque è evidente che partendo da posizioni ed assunti, non dico preconcetti, ma fortemente polarizzati in una specifica direzione, gli elementi che stonano o comunque non sono il linea con quanto si sta ricercando vengono spesso ignorati se non volutamente nascosti.
Resta il fatto che segni, prove e resti, ci sono e per quanto la loro esistenza venga “omessa”, per quanto inconciliabili siano nei confronti di un contesto precostituito, il loro esser messi da parte, non fa che accrescere l’idea che tutto ciò sia in funzione al mantenimento di una posizione privilegiata di caste sacerdotali/politiche rispetto il volgo; testimoniando l’esistenza di qualcosa di diverso, qualcosa che pur non essendo in contrasto con il vero contenuto e l’essenza di quanto riportato nei testi sacri, potrebbe, però incrinare il potere costituito.
Dunque, la posizione della scienza ufficiale rispetto i petroglifi, geoglifi e graffiti sostiene che si tratti di una forma di comunicazione non verbale ed ante literam del genere umano, con una valenza prettamente religioso-magica propiziatoria; forse per alcuni tipi di graffiti e pitture rupestri, questo risponde a verità storica e scientifica, però facendo il raffronto tra la quantità dei graffiti e delle pitture rupestri con la quantità e la diffusione dei petroglifi e geoglifi, appare evidente che questi ultimi siano un fenomeno ben più esteso e diffuso sull’intero globo e questo già di per se, indica che ci potrebbe essere una incongruenza circa la tempistica della diffusione del genere umano nelle differenti regioni del mondo.
Ma realmente “disegni” realizzati sul terreno e sulle rocce avevano una funzione prettamente religiosa o forse nella loro realizzazione gli intenti erano ben differenti da quelli che gli si attribuiscono?
Prendiamo le famose piste di Nazca, queste è stato accertato, sono visibili esclusivamente a determinate altezze ed è pressoché simile per tutti petroglifi, questo ci dice che chi le ha realizzate doveva avere o possedere se non la capacità del volo, quantomeno l’idea di come queste opere sarebbero apparse da quella determinata posizione e quindi la conoscenza della prospettiva e questo non può eludere una stretta correlazione con la geometria solida e la matematica e sotto l’aspetto tecnologico e strumentale una familiarità con il pantografo o qualcosa di analogo e contrariamente dalla rudimentalità che gli si possa attribuire, dall’accuratezza delle opere sembrerebbe assai più preciso di molti strumenti moderni.
Tornado ai petroglifi, questi costituiscano indubbiamente una forma di comunicazione e ci appaiono indecifrabili o incongruenti al pari qua qualunque altra cosa, se avulsa dal suo contesto, il significato che gli attribuiremo potrebbe essere persino il contrario di quello reale.
Che i petroglifi siano una forma di comunicazione è evidente, ma occorre anche cercare di capire il loro significato e a quale livello è riferito, indubbiamente la forma comunicativa è simbolica e “glifologica” e esprime dei concetti complessi che altrimenti richiederebbero volumi e vlumi piuttosto corposi per essere tramandati nei tempi.
Altra caratteristica dei petroglifi è che si possono ritrovare sparsi per l’intero pianeta, e se pure assai differenti tra loro per conformazione e simbologia o in modo più semplicistico sotto l’aspetto grafico, hanno in comune oltre al fatto che è stata utilizzata della pietra e quindi in pratica con l’intento che i concetti fossero tramandati in tempi assai lontani nel futuro, c’è il fatto che queste opere risalirebbero tutte più o meno allo stesso periodo e quindi con una certa contemporaneità, planetaria, denotando che già nell’era neolitica vi fosse una diffusione del genere umano su tutto il globo; questo significa che occorrerebbe retrodatare molti fatti storici e fare, quantomeno il “tagliando” all’assetto storiografico ed al sistema degli assunti che ne conseguono con tutto ciò che ne deriverebbe (personale considerazione).
Veniamo al tema, sotto il profilo “geoglifico”, la penisola del Sinai, non ha nulla da invidiare ad altre località più o meno note, anzi sotto questo aspetto proprio per l’enorme varietà di forme potrebbe definirsi quale la terra dei petroglifi.
Con l’ausilio delle ormai irrinunciabili e purtroppo uniche funzionalità di Google, possiamo riscontrare queste diversità “grafiche”, ma non contestuali dei petroglifi presenti sul territorio della penisola.
Il primo tipo, (inteso come presentazione e non che siano la prima forma espressiva petroglifi ca) che presento è in funzione sia per la particolare nitidezza della loro realizzazione che per la particolare similitudine che i simboli hanno, perlomeno a mio modo di vedere, con la simbologia della moderna elettronica.
Come si nota, quanto raffigurato, non può che riportarci ad una simbologia familiare per chi ha, perlomeno una infarinatura di elettronica e senza dubbio, almeno seguendo questa linea interpretativa, si distinguerebbero i simboli delle resistenza e la diversa dimensione indicarne la capacità, metrete quelli che a prima vista sembrano essere cerchi con le lettere F e K, in realtà se osservati con attenzione assomigliano al simbolo dell’induttanza e essendo contrapposti sottintendere un trasformatore, mentre quella specie di Y squadrata rappresentare il simbolo di una porta logica.
Anche in questa seconda immagine si nota qualcosa che indubbiamente ha assonanza con il mondo dell’elettronica, la serie dei semi cerchi disposti in linea retta ed equidistanti tra loro ad eccezione dell’ottavo, più spostato rispetto gli altri, ricorda la disposizione di un connettore, in cui per l’appunto il “polo negativo” viene contraddistinto da una particolarità rispetto gli altri, onde evitare l’inversione della connessione; la strana forma a t si potrebbe assimilare per concetto al simbolo di un particolare resistenza similmente a quelle impiegate nei motori elettrici onde evitare sovratensioni e picchi; a destra del suddetto “connettore” si intravvede un’area in cui sembrerebbero disposti in modo organico una serie di “componenti”, per sintetizzare, la rappresentazione di un circuito stampato?
Seguendo l’interpretazione elettronica di quanto si osserva sembrerebbe di si, questo verrebbe ulteriormente confermato dalla serie di linee che si sovrappongono e che collegherebbero i vari elementi e che da questo si estendono in direzione degli altri petroglifi più a Nord ed a Est.
L’immagine sotto sembra ulteriormente avere attinenza con l’elettronica, la disposizione pentagonale dei petroglifi, potrebbe assomigliare alla disposizione di un motore multifase, quella di un alternatore oppure il “connettore”, lo zoccolo, di una valvola termoionica.
Quello che si trova al di sotto e che sembra emanare una certa “radiazione” potrebbe simboleggiare quella che in elettronica è l’induttanza “spuria” del componente o del circuito, che se non opportunamente gestita, può creare problemi di funzionamento del circuito, se non addirittura il mal funzionamento, il fatto che questa raffigurazione sia ad una determinata distanza dal precedente petroglifo, potrebbe indicare, per l’appunto che tale circuito o componente debba essere posizionato in modo tale che non possa interferire con gli altri, questo “schema” si ripete anche in altri “punti” dell’area petroglifi ca, in cui la distanza tra le raffigurazioni è pressoché identica e proporzionale al “irradiamento”.
Dato che l’area interessata da questi specifici petroglifi è di circa otto chilometri quadrati, osservando anche in modo parziale si potrebbe dire che l’insieme di questi petroglifi sia la rappresentazione di un complicato schema elettronico.
La domanda è, se effettivamente si tratta di un ipotetico circuito, aldilà delle funzioni a cui sarebbe servito, chi lo ha realizzato come poteva essere a conoscenza di una tale tecnologia quantomeno a livello teorico?
Da quello che la storia ufficiale ci insegna, presupponendo che i petroglifi siano una forma espressiva dell’era neolitica, a quell’epoca l’essere umano costruiva i primi utensili in pietra, e facendo pure uno sforzo di fantasia, nell’ipotizzare che siano il frutto di “visioni” scaturite da riti sciamanici con l’impiego di erbe allucinogene, applicando il rasoio di Occam, risulterebbe più logico che tutt’al più, tali conoscenze fossero le riminiscenze di conoscenze tecniche antiche, tramandate da generazione a generazione e che in seguito furono ricoperte da un alone magico.
Per spiegare meglio il concetto, immaginiamo che domani, per un qualsiasi evento, la nostra società abbia un tracollo e che quello che per noi è un dato di fatto, una consuetudine, una normalità come la televisione, la radio, il cellulare, il computer, ecc. ecc., e che cento o duecento anni dopo le generazioni a venire possano solo immaginare le mirabolanti capacità di tali meraviglie e a seguito dell’imbarbarimento e della conseguente perdita, delle conoscenze tecniche e scientifiche, di cui ne hanno traccia solo dai racconti tramandati, quindi non conoscendo tutto il know how dietro quella tecnologia, inevitabilmente per loro assume una dimensione magica e mistica e di conseguenza assunta quale principio di fede, poi trasposta in geoglifi magari scopiazzati da qualche brandello dello schema elettrico di un manuale di un televisore o di una lavatrice.
Questa speculazione però inevitabilmente ci porta ad ipotizzare che vi fosse in precedenza una società tecnologica avanzata e con una conoscenza, se non superiore a quella attuale, quantomeno paragonabile, e sempre in questa ottica, ciò stride con gli assunti delle fedi religiose e scientifiche.
Per completezza di informazione l’area in cui si trovano questi geoglifi è: 30°13’33.01″N di latitudine e 33° 7’19.44″E di longitudine sulla penisola del Sinai, in considerazione delle vicende storiche di quel paese ed ancor più rispetto le vicende dell’ultimo anno, dubito, anche se non è da escludere a priori, che questi petroglifi come molti altri presenti nel Sinai, possano essere il frutto del lavoro di qualche burlone, anche in relazione alle conseguenze penali in cui sarebbero potuti incappare se sorpresi nei loro intenti, altra considerazione che mi fa ritenere genuini i petroglifi è che a differenza di chi falsifica i crop circles che necessita al massimo di una buona scorta di corda e tavole di legno, in questo caso, trattandosi comunque di roccia, gli eventuali burloni, dovrebbero aver avuto a loro disposizione dei bulldozer, degli escavatori e sopratutto camion per il movimento della roccia superflua e questo avrebbe comportato costi ben più sostanziosi rispetto una corposa fornitura di cordame e legno; comunque stando alle indicazioni di Google, le immagini risalirebbero al 2005 e per avere una buona visuale impostate una elevazione ad una altitudine di più o meno di 1,500 metri.
Mi sia concesso di fare una congettura, congettura che si riallaccia a quanto detto nell’intervento “La piramide segreta” circa la natura dell’elettricità e il relativo all’elemento complementare della fenomenologia elettrica; se effettivamente questi petroglifi fossero stati realizzati proprio in funzione di questa particolare forma energetica, sconosciuta qualità elettrica alla nostra scienza e quelli fossero dei prototipi, dei banchi di prova per quello che complessivamente si sarebbe concretizzato nel famoso Zed della piramide di Cheope?
Non dimentichiamoci anche il fatto che la struttura dello Zed ricorda o assomiglia fortemente a quello che in elettronica è uno stabilizzatore d’alta tensione o un convertitore d’alta tensione.
Spostandosi a Sud-est di una decina di chilometri delle coordinate segnalate in precedenza, si osserva un ulteriore petroglifo che per conformazione inevitabilmente ricalca il simbolo di un transistore, il triangolo è circondato da quelle che sembrano essere delle bobine o degli elettromagneti i quali sono connessi ai vertici del triangolo e tutta la struttura si collega ad una linea retta di un migliaio di metri su cui sono disposte alcune strutture secondarie, alternate per circa la metà della sua lunghezza.
Più a destra, a circa un chilometro e mezzo un cerchio aperto o forse un abbozzo di spirale, che se paragonato per analogia ai simboli elettronici assomiglierebbe a quello di un microfono, osservando l’area circostante si intravvedono altri particolari e segni indecifrabili che comunque paiono essere in relazione con i due petroglifi più grandi.
Spostandoci ancora verso Est per circa 12/13 chilometri, con una inclinazione verso Sud di poco più poco meno di 5 gradi, ci imbattiamo in quella che, sempre in un’ottica elettronica si potrebbe definire con un dipolo, ossia una antenna filare, lunga complessivamente un paio di chilometri, sul cui lato sud, sono presenti delle forme più o meno regolari che potrebbero indicare una qualche misurazione o forse una scala simile alla sala frequenzimetra delle vecchie radio; spostandoci un centinaio di metri verso sud dalla seconda “piega”dell’ideale w, si osservano una serie di cerchi equidistanti e anch’essi a formare una w, se pure in verticale racchiusi in una sorta di grafico X Y.
Sempre utilizzando una lettura elettronica di quanto emergerebbe dai petroglifi e mettendoli in relazione tra loro, anche se in modo sommario e grossolano, non si può che trasalire di fronte all’ipotesi che si posa trattare dello schema di una trasmittente, una trasmittente? A chi poteva servire, a chi trasmettere e cosa?
Spostandoci ancora verso Est per circa 12/13 chilometri, con una inclinazione verso Sud di poco più poco meno di 5 gradi, ci imbattiamo in quella che, sempre in un’ottica elettronica si potrebbe definire con un dipolo, ossia una antenna filare, lunga complessivamente un paio di chilometri, sul cui lato sud, sono presenti delle forme più o meno regolari che potrebbero indicare una qualche misurazione o forse una scala simile alla sala frequenzimetra delle vecchie radio; spostandoci un centinaio di metri verso sud dalla seconda “piega”dell’ideale w, si osservano una serie di cerchi equidistanti e anch’essi a formare una w, se pure in verticale racchiusi in una sorta di grafico X Y.
Sempre utilizzando una lettura elettronica di quanto emergerebbe dai petroglifi e mettendoli in relazione tra loro, anche se in modo sommario e grossolano, non si può che trasalire di fronte all’ipotesi che si posa trattare dello schema di una trasmittente, una trasmittente? A chi poteva servire, a chi trasmettere e cosa?
Ipotizzando pure che un simile congegno potesse realmente funzionare in un qualche modo e sfruttando il campo geomagnetico terreste quale onda portante e tramite le strutture disseminate nell’area, riuscire a creare una modulazione dell’onda e trasmettere un messaggio, si ripropone l’interrogativo a chi era rivolto tale messaggio, ma sorge anche la domanda del perché qualcuno che dispone delle conoscenze tecnologiche per costruire un trasmettitore abbia preferito costruire un “armamentario” simile e presumibilmente impiegando più tempo che non realizzarne uno ex novo se pure rudimentale e per cosi dire rabberciato con i materiali comunemente conosciuti?
Portandomi in la con le speculazioni; che si trattasse di superstiti di un antichissimo UFO crash verificatosi agli albori dell’umanità e che non avendo a disposizione che la roccia si siano arrangiati applicando conoscenze ignote e trasformando per cosi dire il campo geomagnetico in una sorta di “radiofaro”, analogamente a come un naufrago cerchi di segnalare la sua presenza col fumo di un fuoco?
Ci potrebbe anche stare e questa ipotesi sarebbe in sintonia con le teorie che sostengono che vi sia stata una influenza aliena sull’evoluzione dell’umanità; inoltre potrebbe essere una spiegazione delle tracce di quella tecnologia cosi avanzata, anche rispetto l’attuale tecnologia terrestre.
Questa ipotesi, pur restando una ipotesi potrebbe essere confermata da quanto si osserva dalle due seguenti immagini in cui si potrebbe ravvedere una certa somiglianza con mappe stellari, oltretutto, la mappa sembra riportare anche veri e propri quadranti e forse le differenze cromatiche del suolo potrebbero essere state intenzionali ed essere relative a specifiche aree dello spazio; per completezza e per chi volesse verificare con Google Hearth, va detto che questa ipotetica mappa stellare si trova a circa 77° 97” ad est del petroglifo “triangolare” e per una più incisiva indicazione “stradale” a circa tre chilometri a sud dell’incrocio delle strade Al Boairat Al Mora e Asdr Al Haytan.
Anche nell’area circostante l’aeroporto di Bir Hasanah (circa cinque chilometri di raggio) si possono osservare petroglifi che ricordano, anche se in modo meno appariscente una disposizione stellare, però tra queste si osservano in modo più o meno marcato i segni di insediamenti che potrebbero essere relativi ad un periodo piuttosto recente se non contemporaneo e probabilmente per alcune di queste si tratta di vecchie strutture militari, considerando appunto gli spinosi rapporti che intercorrono tra i due paesi confinanti. (Egitto ed Israele)
Ciò non di meno è possibile che tra le sabbie desertiche dell’area si possano celare insediamenti risalenti a epoche passate e praticamente scomparsi dalla memoria storica.
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