giovedì 19 febbraio 2015

La catastrofe del vulcano Toba e l'inizio della civiltà antidiluviana

Secondo Stanley Ambrose, professore di antropologia presso l’Università dell’Illinois, una imponente eruzione vulcanica colpì l’India centrale attorno a 73.000 anni fa, causando la distruzione di grandi tratti di foresta e portando all’estinzione le specie umane insediate in quella regione. 

L’eruzione, che sarebbe avvenuta presso Toba -  che si trova nell’isola di Sumatra in Indonesia - avrebbe immesso nell’atmosfera circa 800 chilometri cubi di polveri e ceneri, oscurando la luce del sole con una sorta di velo bianco per circa 6 giorni. Nel momento immediatamente successivo si sarebbe assistito ad una diminuzione della temperatura terrestre di circa 16°C che avrebbe avuto effetti persistenti per circa 1800 anni, trascinando la terra in una sorta di micro-glaciazione. 

La terrible catástrofe de Toba, cuando el Homo Sapiens estuvo en verdadero peligro de extinción

Questo evento catastrofico spiegherebbe, secondo questa teoria, la sorta di collo di imbuto in cui si trova stretta la genetica delle popolazione  umana tra 50.000 e 100.000 anni fa. In effetti, l’uomo moderno presenta una forte diversità genetica con le popolazioni della fase precedente, cosa che si potrebbe spiegare proprio con una sorta di estinzione delle specie di ominidi più antiche: in pratica, l’umanità, in questa fase, sarebbe giunta alle soglie dell’estinzione. 

Per provare la teoria, gli scienziati hanno campionato e studiato gli isotopi di carbonio di terreno fossile raccolto al di sotto della cenere eruttata dal Toba (a circa 3000 miglia dalla bocca del vulcano) per ricostruire la tipologia delle vegetazione che si trovava nell’area prima dell’esplosione. Si è così scoperto che prima di questa eruzione la zona era fittamente coperta di foreste e che dopo l’evento catastrofico essa si era ricoperta di praterie e arbusti. 

Le felci, che si moltiplicano in condizioni umide, si ridussero drasticamente  per il perdurare di un clima freddo e secco; in effetti, è provato che con il diminuire della temperatura si assiste anche ad un ridursi delle precipitazioni. Il genere umano, di fronte a questi cambiamenti, fu costretto a intraprendere nuove strategie  per la sopravvivenza; è possibile che in questa situazione l’uomo di Neanderthal e alcune forme di homo Ererctus abbiano avuto la peggio a vantaggio dell’homo Sapiens Sapiens.  

Ulteriori studi stanno dimostrando che anche presso il Parco di Yellowstone si trovano tracce di una antica caldera; è dunque possibile che un’attività vulcanica molto intensa abbia coinvolto il pianeta più o meno nello stesso periodo .Le ceneri del vulcano americano hanno lasciato tracce geologiche spesse 1 metro.

Le prove di un tale cataclisma sono sia geologiche (lo studio approfondito della caldera di Toba e anche vari carotaggi del ghiaccio della Groenlandia), che genetiche (studiando i geni umani si è giunti alla conclusione che tutta la popolazione attuale del pianeta deriva da un gruppo limitato di umani che visse appunto circa 70 millenni or sono). 

Secondo lo studioso A.J. Coale ed altri eminenti scienziati di genetica applicata all’antropologia e di migrazioni umane come l’italiano Luigi Luca Cavalli Sforza, si può affermare che la consistenza numerica dell’umanità 100 millenni or sono ammontava a circa 30.000 individui (20.000 Homines Sapientes e 10.000 tra Erectus, Neandertal e Floresiensis). 

Circa cento millenni or sono, appunto, iniziò la lenta espansione degli Homines Sapientes, che li portò, in circa 60.000 anni, a colonizzare tutto il pianeta (escluso l’Antartide?). Oltre all’espansione africana che portò alla differenziazione delle lingua primigenia nei quattro arcaici ceppi linguistici africani, (Niger-Kordofaniano, Nilo-Sahariano, Koisan e la lingua dei Pigmei), alcuni gruppi di Sapiens uscirono dall’Africa, probabilmente attraverso l’attuale stretto di Aden (che allora era un tutt’uno con l’Arabia, in quanto in piena era glaciale il livello dei mari era più basso rispetto all’attuale di circa 120 metri), per dirigersi poi verso l’Asia meridionale. 

Sempre secondo l’eminente studioso di demografia antica A.J.Coale, la consistenza numerica dell’umanità 70.000 anni sono era di circa 60.000 individui. Però come erano distribuiti nel pianeta?

Sicuramente una buona parte, diciamo un 40% (24.000), era rimasta in Africa, mentre il restante 59% (circa 35.000 individui), si trovava tra: Arabia, Medio Oriente, India, Indocina, Cina e attuale Indonesia. Secondo l’archeologa Niede Guidon un limitato gruppo di Homines Sapientes si trovava nell’attuale Brasile e proveniva direttamente dall’Africa (si stima che possano essere stati non più di 600, ovvero l’1% dell’umanità di allora).

Bisogna ricordare che, sempre 70 millenni or sono, l’Homo Sapiens non era giunto in Cina (i cui resti più antichi risalgono a 67 millenni fa), e nemmeno in Australia, (50 millenni) o Europa e Nord America (dove arrivò 40 millenni or sono).

Nella parte di mondo che oggi chiamiamo Cina però, vi era già l’Homo Erectus, e, un suo lontano cugino, dalle caratteristiche minute, l’Homo Floresiensis, si trovava nell’isola indonesiana che oggi denominiamo Flores.

Secondo gli ultimi studi di geologia antica si è potuto giungere alla conclusione che proprio 70 millenni or sono, il vulcano che si trovava presso l’attuale lago Toba (nell’isola di Sumatra), esplose con una forza dirompente (fino a 1 gigatone di TNT di potenza). Fu una delle più grandi catastrofi della Storia della Terra (quella che causò l’estinzione dei dinosauri, 65 milioni di anni or sono, fu però molto più distruttiva), e certamente fu la più grande della Storia dell’uomo. 

Durante l’esplosione circa cento milioni di tonnellate di acido solforico furono spinti verso l’atmosfera, e ricaddero poi sul pianeta, distruggendo le piante.

Si calcola che un’immensa nube cinerea ricoprì l’intero pianeta per circa sei anni, non permettendo ai raggi solari di riscaldare il pianeta. 

La temperatura media della Terra, che si trovava già in piena era glaciale, si abbassò di ben 15 gradi celsius nei successivi 3 anni all’esplosione. 

La ricaduta delle ceneri fu anch’essa distruttiva per le piante e gli animali: si calcola che in certi punti dell’India uno strato di 6 metri di ceneri ricoprisse il suolo. 

Eminenti genetisti come Lynn Jorde ed Henry Harpending hanno sotenuto che la popolazione mondiale si ridusse a non più di 5000 persone (altri studiosi hanno proposto che addirittura i sopravvissuti non furono più di 1000 in tutto il pianeta).

Come fu possibile per l’Homo Floresiensis, che si trovava a Flores, isola non lontanissima da Sumatra, e per l’Homo Erectus Soloensis, che si trovava a Giava, sopravvivere a tale catastrofe? Probabilmente la loro ridotta statura e la minuta consistenza fisica suggerisce che poterono nascondersi in anfratti e caverne. Sicuramente avevano bisogno di un ridotto numero di calorie per sopravvivere e probabilmente si alimentarono di piccoli roditori per anni, fino a che non riuscirono, una volta che la situazione climatica migliorò, a tornare a vivere di caccia e raccolta. 

La maggioranza dei Sapiens e degli Erectus (questi ultimi si trovavano nell’attuale Cina), non riuscì a sopravvivere al cataclisma. L’abbassamento della temperatura causò un pauroso effetto a catena: la morte di molti alberi da frutto, oltreché di molti animali, fu la causa indiretta della morte del 90% degli esseri umani. 

Solo 5-6000 sopravvissero, principalmente in Africa, nel Medio Oriente e in India, e, lentamente rincominciarono il lento cammino della colonizzazione del pianeta. 

Cosa ne sarebbe dell’umanità attuale se accadesse una catastrofe di tali dimensioni? Oltre alle persone che morirebbero direttamente in seguito al disastro, un’abbassamento della temperatura mondiale di 15 gradi celsius causerebbe delle terribili crisi alimentari, con conseguenti carestie, che innescherebbero a loro volta epidemie. Forse si scatenerebbero guerre e insurrezioni, allo scopo di dominare le terre ancora adatte all’agricoltura. 

Possiamo, come Progetto Atlanticus, cercare di tirare le prime conclusioni in merito.

I Neanderthal e i Cro-Magnon corrispondono in sostanza agli abitanti di "Atlantide", (discendenti degli Anunnaki?) ovvero della civiltà madre antidiluviana, durante la loro occupazione/colonizzazione secondo la direzione ovest-est dall'Atlantico nell'entroterra europeo incontrano i Sapiens (i figli degli "Uomini") che centinaia di migliaia di anni prima gli Anunnaki avevano creato affinché li servissero nelle loro attività, almeno fino a un certo periodo che potrebbe corrispondere a un grande cataclisma che sconvolse i piani della "Missione Terra" Anunnaka così come se la immaginava Sitchin.

Per esempio l'esplosione del supervulcano Toba, probabilmente il più grande evento eruttivo negli ultimi 25 milioni di anni, che tra 75.000 e 70.000 anni fa rese ancora più rigido il clima del pianeta che già stava attraversando un'era glaciale.

Da studi sul mitocondrio umano alcune ricerche suggeriscono che circa 75.000 anni or sono la specie umana fu ridotta a poche migliaia di individui

Non possiamo dimenticare questo evento nello studio dell'arco temporale che abbraccia la venuta degli Anunnaki, la creazione del Sapiens e gli eventi successivi secondo le logiche dell'Out of Atlantis.

Se pensiamo ad "Atlantide" come culla della civiltà madre non possiamo non individuare un punto zero anche a 75.000 anni fa da cui la civiltà, chiamiamola atlantidea, ha visto la luce sulle ceneri della, chiamiamola, "Missione Terra" Anunnaka sitchiniana.

Così come la nostra si costruisce sulle ceneri di quella atlantidea dopo il diluvio.

In quei 55.000 anni di tempo tra il Toba e il Diluvio, Neanderthal e Cro-Magnon, considerati i rapporti di sangue diretti con gli ex-marziani Anunnaki come ipotizzato nel thread "Anunnaki, Nephilim, Sapiens", sviluppano una civiltà più avanzata rispetto a quella dei Sapiens dai quali vengono visti come divinità per la loro 'tecnologia' e i loro 'saperi' ma anche per particolari caratteristiche fisiche: occhio azzurro, capello biondo o rosso, pelle chiara, mentre il sapiens aveva probabilmente più tipicamente i capelli scuri e la carnagione scura ed ecco perché i sumeri, prima civiltà sapiens post-diluviana istruita dai Nephilim sopravvissuti al Diluvio, mi pare venissero descritti come "dalla testa nera".

Come ci ricorda Sabina Marineo nel suo articolo "30mila anni fa: coesistenza di due specie umane?" dopo aver convissuto con l’Homo sapiens in Europa per almeno 6000 anni, il Neanderthal è scomparso. Sappiamo che vi fu un’ibridazione fra le due specie, il nostro DNA di uomini moderni contiene una percentuale di genoma neandertaliano. Sappiamo che entrambi – Neanderthal e Sapiens – erano grandi cacciatori, fruivano di notevole abilità artigianale e vivevano all’interno di clan ben organizzati. Ma quei 6000 anni di convivenza stretta rendono difficile dire quale delle due specie abbia raggiunto per prima i diversi traguardi culturali.

Immagine
Le ultime tracce del Neanderthal si perdono in Crimea, sul massiccio Ak-Kaya. Qui Neanderthal e Sapiens vissero insieme per un certo periodo, nelle stesse condizioni climatiche e ambientali. Foto: Maximilian Dörrbecker CC BY-SA 2.5

Fu con l'ibridazione che si concretizzò il celebre passo biblico in cui i "figli degli dei" videro che le "figlie degli uomini" erano belle ed ebbero con loro dei figli... e quella fu la "stirpe del graal" di cui però parliamo in un altro thread.




4 commenti:

  1. sapete se gli alberi da frutto che scomparvero nel cataclisma erano nespoli o peri?

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  2. Beh... se sono scomparsi all'epoca del cataclisma difficilmente ne troveremmo traccia oggi... altrimenti non sarebbero scomparsi, non trovi?!

    RispondiElimina
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    1. il che significa che si conoscono quali alberi da frutto sono scomparsi... quali sono quindi?

      Elimina
  3. Si pensava che potesse essere andato scomparso l'albero del frutto del troll... ma purtroppo dobbiamo constatare che troppe persone se ne cibano ancora oggi.

    Per scoprire quale fu l'impatto estintivo del Toba sulla flora e sulla fauna del pleistocene consiglio le letture degli studiosi che se ne sono occupati

    http://www.bradshawfoundation.com/stanley_ambrose.php

    http://www.anthro.illinois.edu/people/ambrose

    Volendo può contattare direttamente il Professor Ambrose per sottoporre all'accademico il suo fondamentale quesito relativamente a quali alberi da frutto siano scomparsi 70mila anni fa... ma onestamente non credo fossero né nespoli né peri...

    Ad ogni modo ci faccia gentilmente sapere la risposta del professor Ambrose... siamo tutti molto interessati

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