venerdì 6 marzo 2015

Il Lapis Exillis e Wolfram von Eschenbach

Parlando del simbolismo della "pietra angolare", abbiamo avuto occasione di menzionare incidentalmente il lapsit exillis di Wolfram von Eschenbach; può essere interessante tornare più dettagliatamente su tale questione, per i molteplici accostamenti ai quali dà luogo. Formulata in modo così strano, questa espressione può racchiudere più di un significato: è certamente, anzitutto, una specie di contrazione fonetica di lapis lapsus ex coelis, la "pietra caduta dai cieli"; inoltre, questa pietra è, per la sua stessa origine, come "in esilio" nella dimora terrestre, da cui essa deve del resto, secondo varie tradizioni che parlano di tale pietra o dei suoi equivalenti, risalire infine ai cieli.

Per quanto concerne il simbolismo del Graal, è importante notare che, benché quest’ultimo sia comunemente descritto come un vaso e sia dunque questa la sua forma più conosciuta, esso viene anche talvolta rappresentato in forma di pietra, come nel caso particolare in Wolfram von Eschenbach; d’altronde il Graal può essere nello stesso tempo l’uno e l’altra, poiché si dice che il vaso è stato intagliato in una pietra preziosa che, staccatasi dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, è anch’essa "caduta dai cieli".

D’altra parte, quanto stiamo per dire sembrerà aumentare ulteriormente la complessità di questo simbolismo, ma può in realtà dare la "chiave" di certe connessioni: come abbiamo già spiegato altrove, se il Graal è un vaso (grasale), è anche un libro (gradale o graduale); e in certe versioni della leggenda si tratta non propriamente di un libro, ma di una iscrizione tracciata sulla coppa da un angelo o da Cristo in persona. 

Ora, queste iscrizioni, di origine ugualmente "non-umana", appaiono anche in certe circostanze sul lapsit exillis; esso era dunque una "pietra parlante", cioè, se vogliamo, una "pietra oracolare" poiché, se una pietra può "parlare" emettendo dei suoni, essa può anche farlo per mezzo di caratteri o di figure visibili sulla sua superficie (come lo scudo della tartaruga nella tradizione estremo-orientale). 

Ora, da questo punto di vista è anche assai notevole che la tradizione biblica menzioni una "coppa oracolare", quella di Giuseppe, che potrebbe, almeno sotto questo profilo, essere considerata una delle forme del Graal stesso; e, fatto curioso, è detto che proprio un altro Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, divenne il possessore o il custode del Graal e lo portò dall’Oriente in Bretagna; è incredibile che non si sia mai prestato attenzione, a quanto sembra, a queste "coincidenze" piuttosto significative.

Per tornare al lapsit exillis, segnaleremo che alcuni l’hanno accostato alla Lia Fail o "pietra del destino"; infatti, anche questa era una "pietra parlante", e, inoltre, poteva essere in qualche modo una "pietra venuta dai cieli", poiché secondo la leggenda irlandese i Tuatha di Danann l’avrebbero portata con sé dalla loro prima dimora, cui è attribuito un carattere "celeste" o almeno "paradisiaco". 

È noto che la Lia Fail era la pietra della consacrazione degli antichi re d’Irlanda, ed è divenuta in seguito quella dei re d’Inghilterra, essendo stata portata da Edoardo I nell’abbazia di Westminster, secondo l’ipotesi più comunemente accettata; ma può sembrare almeno singolare, da un lato, che questa stessa pietra venga identificata con quella che Giacobbe consacrò a Bethel.8 Non è tutto: quest’ultima, secondo la tradizione ebraica, sembrerebbe essere stata anche quella che seguiva gli Ebrei nel deserto e da cui usciva l’acqua che bevevano, e che, secondo l’interpretazione di san Paolo, non è altro che Cristo stesso; essa sarebbe in seguito divenuta la pietra shethiyah o "fondamentale", posta nel Tempio di Gerusalemme sotto l’ubicazione dell’arca dell’alleanza, e che segnava quindi simbolicamente il "centro del mondo", così come lo segnava, in un’altra forma tradizionale, l’Omphalos di Delfi; e, dal momento che tutte queste identificazioni sono evidentemente simboliche, si può dire con sicurezza che, in tutti questi casi, si tratta in realtà sempre di una sola e identica pietra.

Bisogna tuttavia notare, per quanto concerne il simbolismo "costruttivo", che la pietra fondamentale di cui si è parlato in ultimo luogo non deve assolutamente essere confusa con la "pietra angolare", poiché questa è il coronamento dell’edificio, mentre l’altra si situa al centro della sua base.

Abbiamo detto che nelle pietre di base dei quattro angoli c’era quasi un riflesso e una partecipazione della vera "pietra angolare" o "pietra del vertice"; qui si può certo parlare ancora di riflesso, ma si tratta di una relazione più diretta rispetto al caso precedente, poiché la "pietra del vertice" e la "pietra fondamentale" in questione sono situate su una stessa verticale, di modo che quest’ultima è quasi la proiezione di quella sul piano della base.

Si potrebbe dire che la "pietra fondamentale" sintetizza in sé, pur rimanendo sullo stesso piano, gli aspetti parziali rappresentati dalle pietre dei quattro angoli (questo carattere parziale è espresso dall’obliquità delle linee che le uniscono al vertice dell’edificio). 

Di fatto, la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" sono rispettivamente la base e il vertice del pilastro assiale, che quest’ultimo sia raffigurato visibilmente oppure esista soltanto "idealmente"; in quest’ultimo caso, la "pietra fondamentale" può essere una pietra di focolare o una pietra d’altare (che sono poi la stessa cosa nel loro principio), la quale, comunque, corrisponde in certo modo al "cuore" stesso dell’edificio.

Abbiamo detto, a proposito della "pietra angolare" che essa rappresenta la "pietra discesa dal cielo", ed ora abbiamo visto che il lapsit exillis è più propriamente la "pietra caduta dal cielo", il che può del resto esser messo ancora in relazione con la "pietra che i costruttori avevano gettato via", se si considerano, dal punto di vista cosmico, questi "costruttori" come gli Angeli o i Dêva; ma siccome non ogni "discesa" è necessariamente una "caduta", è opportuno fare una certa distinzione fra le due espressioni. 

In ogni caso, l’idea di "caduta" non potrebbe assolutamente più applicarsi quando la "pietra angolare" occupi la sua posizione definitiva al vertice; si può parlare ancora di "discesa" se si riferisce l’edificio a un insieme più esteso (in corrispondenza al fatto, abbiamo detto, che la pietra può essere posta solo dall’alto), ma, se si considera soltanto l’edificio in sé e il simbolismo delle sue diverse parti, la stessa posizione può esser detta "celeste", poiché la base e il tetto corrispondono rispettivamente, secondo il loro "modello cosmico", alla terra e al cielo. 

Ora, bisogna aggiungere ancora, e su questa osservazione concluderemo, che tutto ciò che è situato sull’asse, a diversi livelli, può essere in certo modo considerato rappresentare le posizioni diverse di una sola e identica cosa, posizioni a loro volta in rapporto con diverse condizioni di un essere o di un mondo, a seconda che ci,si ponga dal punto di vista "microcosmico" o da quello "macrocosmico"; e a tale riguardo indicheremo solo, a titolo d’applicazione all’essere umano, che le relazioni fra la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" del vertice non mancano di presentare un certo rapporto con quel che abbiamo detto altrove sulle diverse "localizzazioni" del luz o "nocciolo d’immortalità".

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