domenica 12 luglio 2015

E se il Demiurgo fosse la nostra stessa Volontà?

Il demiurgo per gli gnostici è il creatore di questo universo ma soprattutto dell'illusione della materia nella quale le anime risultano essere imprigionate.

Questa visione è corretta, ma a mio parere limitante, in quanto riduce l'intera esistenza a una forma di prigionia dalla quale dobbiamo scappare... invece io, pur aderendo molto all'interpretazione gnostica della cosa, ritengo l'esistenza non una prigione da cui fuggire, ma una scuola in cui apprendere, evolvere attraverso l'esperienza.

Detto questo, e forse dall'articolo karma e reincarnazione potrebbe evincersi, ciascuno di noi si autodefinisce una esistenza non priva di ostacoli a livello materiale, al fine di avere l'opportunità di evolvere.

Quindi noi siamo, inconsapevolmente, demiurghi di noi stessi poiché abbiamo definito consapevolmente a livello metafisico (ma non a livello materiale) questa realtà materiale all'inizio della nostra esistenza attuale.

Di fatto recitiamo un copione che noi stessi ci siamo definiti ancora prima di nascere... ma non considerarlo un copione... più che altro un canovaccio, o meglio ancora, noi abbiamo definito la scenografia e il ruolo da svolgere... il come verrà svolto è ancora tutto da definire e dipende solo ed esclusivamente da noi.

A supporto di questa conclusione riporto un estratto di un testo ripreso dalle esperienze medianiche del Cerchio Firenze 77.

CERCHIO FIRENZE 77: GLI EVENTI STORICI E I CONTENUTI PIU' SIGNIFICATIVI NELLE PAROLE DI UN TESTIMONE.

Di Renato Del Favero - Articolo apparso sul N.96 di Luce e Ombra gennaio-marzo 96

http://www.cerchiofirenze77.org/Articoli/01articolo%20Renato.htm

Il concetto fondamentale infatti è il concetto di evoluzione. C’è un legame evolutivo tra mondo minerale, mondo vegetale e mondo animale. Ma soprattutto c’è evoluzione all’interno del mondo umano.

Non si vive una sola vita, ma tante. Esiste cioè la Reincarnazione e proprio reincarnandosi più volte ciascun essere umano è in grado di raggiungere la maturità e la saggezza a cui tutti sono destinati.

Essi hanno così ribadito che la morte è un fenomeno solo apparente. Alla morte noi deponiamo semplicemente il "vestito di scena" che ci è servito per recitare una certa parte in quel teatro drammatico e comico che è la vita.

Si depone il corpo fisico e dopo un periodo di riposo si riflette lungamente e seriamente sulla vita che si è appena conclusa. Se ne analizzano i comportamenti: debolezze, cattiverie, pigrizie, ma anche slanci coraggiosi e magari eroici. Non è Dio che interviene a premiare o a castigare, è il nostro Spirito che ne può ricavare una sensazione di rimorso, di angoscia o viceversa di serenità. E proprio queste esperienze interiori, vissute insieme da tanti esseri umani, nel linguaggio semplificato delle Religioni (e solo in quelle ndr) sono state codificate e reificate con i nomi di Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Dopo un periodo di sosta più o meno lungo, a seconda dei problemi individuali, ciascuno si reincarna.

Come già abbiamo detto la vita non si configura come una prova in cui chi sgarra dalla Legge riceve una condanna eterna, la vita invece è una scuola, una palestra dove a poco a poco, vita dopo vita, l’essere umano si arricchisce e raggiunge livelli di coscienza sempre più ampi.

Uno degli aspetti più originali e più sconcertanti di questo insegnamento è che quando i livelli di coscienza risultano del tutto identici essi si fondono tra loro e si unificano. Questo significa che noi e gli altri esseri umani non siamo solo occasionali compagni di strada, ma siamo destinati a fonderci fino a diventare una cosa sola. E questa è l’argomentazione che giustifica razionalmente l’evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso".

Non si tratta di una pia esortazione, fatta propria del resto da tutte le Religioni, ma di una realtà metafisica. La nostra personalità psicologica umana è destinata a scomparire, la nostra saggezza invece andrà a fondersi con la saggezza di tanti altri e insieme costituirà uno stato di coscienza più ampio, più completo che a sua volta confluirà in stati di coscienza sempre più vasti fino a raggiungere lo stato di coscienza chiamato Dio.

Dio infatti, per questo insegnamento, non è una persona, ma uno stato di coscienza, precisamente lo stato di coscienza che li comprende tutti e che pertanto si configura come Unità nella molteplicità, come Immutabilità nell’apparente divenire, come Eternità nell’apparente nascere e morire di tutto ciò che in lui è contenuto.

Può sembrare freddo e riduttivo, osservano le Guide, dire che Dio non è una persona la quale amorevolmente ci guarda dall’alto, ma se si riflette attentamente ci si rende conto che è ben più coinvolgente affermare che Egli ci ha in sé, come uno degli stati di coscienza di cui è costituito, che la nostra esistenza come individui separati e distinti vale solo nell’apparenza illusoria creata dai sensi, ma che nella realtà metafisica esiste solo lui e che noi siamo in lui, divisi da lui per una distinzione che è solo virtuale e non reale.

Sono concetti affascinanti e sconvolgenti. Anche perché applicati alla realtà di tutti i giorni comportano delle conseguenze rivoluzionarie.

Eccone una: il tempo e lo spazio esistono solo per noi che essendo limitati non possiamo vedere la realtà tutta distesa e presente com’è, ma la vediamo scorrere davanti ai nostri occhi un po' alla volta. Per afferrare questo concetto si pensi ad una persona seduta sulla sponda di un fiume che vede l’acqua passare e trascinare con sé gli oggetti più vari.

Si pensi ora che la stessa persona dall’alto di una cima possa vedere con un solo sguardo tutto il fiume dalla sorgente alla foce con tutti gli oggetti contemporaneamente presenti. Questo esempio, limitato come ogni esempio, ci può aiutare a capire in che senso chi è senza limiti, come Dio, vive in uno stato di eterno presente mentre chi ha una percezione limitata, come noi, crea la realtà apparente del tempo e dello spazio.

I Maestri del Cerchio hanno usato un esempio ancora più significativo per spiegare un altro concetto essenziale. Per spiegare che nulla può realmente divenire, che il divenire è solo apparente hanno usato l’esempio dei fotogrammi.

Si tenga presente che, se davvero esistesse il divenire Dio non sarebbe più l’Assoluto perché muterebbe, cambierebbe di stato, avrebbe domani qualcosa in più che non aveva ieri. Bisogna dunque che quanto a noi appare come divenire, come futuro, come probabilità che non è realizzata ma che si realizzerà, esista già. Immaginiamo dicono i Maestri la pellicola di un film. In essa tutto il film esiste già.

Quando però il film scorre sullo schermo le persone che lo guardano vedono invece lo svolgersi di una storia, vedono ad esempio il protagonista che è bambino, cresce, si sposa, fa dei figli, muore ecc.

Questo è ciò che sembra accadere nell’esperienza umana. Noi vediamo che tutto scorre e diviene, ma in realtà, dicono i Maestri, tutto è presente e il cosmo intero è come una pellicola che noi percorriamo di fotogramma in fotogramma ma che contiene sia l’inizio, sia lo svolgimento, sia la conclusione del cosmo stesso. Il cosmo è come un grande schedario, come un dossier che contiene tutte le schede relative alle civiltà, ai popoli, fino ai minimi particolari della vita dei singoli individui umani e non umani.

Naturalmente la prima obiezione che chiunque farebbe a questo discorso è quella sulla libertà: esiste allora la libertà umana oppure esiste soltanto un ferreo determinismo?

La loro risposta è che esiste una libertà per gli esseri umani ma che non è una libertà totale, è solo parziale. Vi è, essi affermano, una storia generale che sostanzialmente è già tutta scritta, esiste cioè il cosiddetto destino e questo spiega perché qualche sensitivo, che abbia genuine facoltà paranormali, riesce in qualche caso a predire avvenimenti futuri.

All’interno però di una storia generale che è già predeterminata, perché conseguenza delle cause mosse in vite precedenti, esiste un ampio spazio di libertà per i singoli esseri umani. La libertà per gli esseri umani è garantita dalle varianti. Sono previste infatti delle varianti, cioè delle storie alternative e parallele, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva.

Ma perché queste varianti non contraddicano l’affermazione che in Dio tutto esiste già presente e dispiegato bisogna concepire queste varianti come realmente esistenti entrambe cioè non solo quella che l’uomo sceglierà, ma anche quella che non viene vissuta.

Quindi, per continuare l’esempio della pellicola, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva esistono due spezzoni di pellicola diversi ed egli decide se vivere l’uno oppure l’altro. Può così accadere che la storia generale segua un suo corso e che il singolo invece viva una variante in cui egli sperimenta una storia diversa e magari opposta.

Ma veniamo ora ad illustrare altre conseguenze significative della loro visione sulla nostra realtà di tutti i giorni.

Intanto colpisce il fatto che la vita, come loro la descrivono, risulta invece che incomprensibile ed irrazionale, come tutti più o meno siamo tentati di pensare, profondamente giusta e razionale. Viene in mente il noto esempio del tappeto. Se noi guardiamo il rovescio di un tappeto vediamo solo un intrico incomprensibile e sgradevole di fili colorati, ma non appena giriamo il tappeto dal verso giusto tutto acquista senso e nulla più risulta casuale.

Questo è un po' quello che ci dicono della nostra vita anche se ben pochi di noi troveranno l’esempio credibile e calzante. Tuttavia è impressionante riflettere come il concetto di Reincarnazione da loro esposto implichi in effetti un grosso contenuto di giustizia. Nel senso intanto che ognuno ha la certezza di arrivare alla meta, nessuno si perde, e questo non per una romantica concezione di Dio, ma per il semplice fatto che Dio non può mancare di una parte, non può rimanere privo di qualcosa che si collocherebbe come esterna ed estranea a lui.

Nel senso poi che il percorso reincarnativo per gli esseri umani diventa non tanto una prova, una punizione, una fatica, quanto invece una nascita spirituale con cui, faticosamente ma gloriosamente, il bruco diviene farfalla. Si pensi poi come diventa affascinante, da un punto di vista psicologico, l’idea che ciascuno di noi abbia la possibilità di sperimentare direttamente le più varie situazioni umane per comprenderle dal di dentro vivendole in tutta la loro ricchezza e drammaticità. Si pensi soltanto alla sconvolgente possibilità di vivere alternativamente la mascolinità e la femminilità.

Questa sì, e solo questa si rivelerebbe la soluzione radicale dell’evidente sperequazione storica tra potere maschile e femminile. Perché esiste naturalmente una legge detta di causa ed effetto che costituisce una forma di compensazione per cui ad esempio un uomo che si comporta in modo arrogante e persecutorio nei confronti delle donne, se non arriva a correggere da solo il proprio atteggiamento potrebbe ritrovarsi, in una vita seguente, a sperimentare su di sé, come donna, l’effetto devastante di una prevaricazione maschile (e viceversa eventualmente).

E questa osservazione ci introduce al problema del dolore. Il dolore, dicono questi maestri, è l’ultimo strumento che usa l’evoluzione per farci proseguire nella crescita quando ci rifiutiamo di capire, quando ci cristallizziamo e rifiutiamo di uscire dal nostro narcisismo e dal nostro egoismo. Il dolore ci costringe ad affrontare un problema esistenziale, un aspetto della nostra personalità, che magari per molte vite abbiamo cercato di evitare, di ignorare, spesso barando e manipolando altri esseri umani per riuscire nello scopo.

Di per sé è possibile evolvere e maturare anche senza dolore, ma in pratica in tutti noi c’è una tendenza fortissima a cristallizzarci nelle abitudini, a rifiutare il nuovo, l’estraneo, a rifiutare in sostanza di crescere, di diventare realmente adulti.

Il dolore che ci cade addosso dunque non ci colpisce mai per semplice casualità, la quale semplicemente non esiste e nemmeno perché un altro essere umano arbitrariamente possa scaricare su noi la sua aggressività e modificare così il nostro destino. Al contrario è il destino, il Karma, che si serve eventualmente di un essere umano immaturo o inevoluto per fare arrivare su noi le conseguenze di cause che noi stessi abbiamo mosso in questa vita o in vite precedenti.

E qui mi si permetta un’osservazione ad uso degli psicologi. In questa visione l’inconscio esiste ed è smisuratamente più vasto di come l’ha concepito Freud perché nascosti in esso vi sono tutti gli eventi della lunga evoluzione dell’essere umano e le mille esperienze fatte in tante vite, prima nel regno minerale, vegetale, animale, poi in quello umano.

Si pensi allora quale complessità verrebbe a raggiungere l’analisi psicanalitica di un essere umano i cui problemi non trovano più origine nei primi anni di vita o nel trauma della nascita, ma possono anche radicarsi in traumi antichi di secoli, accaduti in una delle vite precedenti. In questa visione, comunque, tutto ciò che è inconscio è destinato a sparire e a diventare pienamente consapevole.

Possiamo dire quindi che si tratta di un’analisi terminabile e non interminabile.

Anzi, aggiungiamo un ulteriore elemento di grande fascino. Il fatto che la storia del passato non è più qualcosa di estraneo, che studiamo dall’esterno per farci una cultura, ma diventa la nostra storia personale, diventa il nostro passato, diventa carne e sangue di ciascuno di noi. In questa visione gli Egizi, i Sumeri, i Greci, i Romani ci riguardano pienamente perché tutti noi abbiamo certamente vissuto qualche vita in quelle civiltà e forse oggi tante problematiche sociali e individuali si ricollegano ad eventi e circostanze di allora.

Tra l’altro questo spiegherebbe le simpatie istintive che molti provano per certi periodi storici o certi luoghi e naturalmente anche le antipatie istintive e viscerali. Se poi accettiamo l’idea espressa con l’immagine dei fotogrammi allora possiamo affermare che tutte queste civiltà del passato non sono scomparse, dato che nulla trascorre o sparisce ma ogni cosa rimane per l’eternità nei fotogrammi che la riguardano e può essere quindi ripercorsa nei minimi particolari. Questo naturalmente vale anche per ogni singola azione individuale, per ogni singolo gesto che risulta fissato per sempre.

Mi rendo conto che quanto ho detto risulterà per molti assurdo e pazzesco, ma mi auguro che i cenni riassuntivi da me esposti spingano qualcuno a verificare di persona i contenuti di questo insegnamento dipanatosi per ben 37 anni.

Per fortuna il pensiero dei Maestri del Cerchio Firenze 77 non è geloso patrimonio di alcuno ed è pienamente disponibile a chiunque voglia conoscerlo poiché è stato pubblicato in una decina di libri che hanno già raggiunto una ragguardevole tiratura in Italia e che saranno presto tradotti in altre lingue.

A questi libri rimando per quanto qui è stato troppo sinteticamente esposto o troppo maldestramente riassunto.

http://www.esoterismoemisteri.com/files/guenon_rene_-_il_demiurgo.pdf

http://www.cerchiofirenze77.org/Articoli/01articolo%20Renato.htm

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