Sul pavimento di diverse cattedrali, mediante un intarsio di pietre, è raffigurato un labirinto, che spesso distrutto nei secoli successivi, è stato considerato per diverso tempo, dagli studiosi, poco più che una curiosità o un gioco privo di senso.
A volte non era neppure un vero e proprio labirinto, ma un tracciato spiraliforme e tortuoso, che costringeva a girare e rigirare su se stessi, prima di raggiungere il centro.
Nel XVII e XVIII secolo i labirinti furono quasi tutti tolti dalle cattedrali poiché i dignitari ecclesiastici non attribuivano ad essi un significato cristiano; a Reims venne asportato dai canonici, infastiditi dal fatto che i bambini si divertissero eccessivamente a percorrerlo.
Il labirinto si è conservato a Chartres e ad Amiens. Quello di Chartres è sicuramente il più famoso. Quest’opera d’arte medievale costruita in pietra misura esattamente dodici metri e ottantacinque centimentri. Alcune cattedrali avevano labirinti più piccoli, come quello di Bayeux che misurava solo quattro metri; altri non si trovavano nella direzione dell’entrata principale, bensì di fronte alla porta laterale nord oppure ovest della chiesa, come nel Duomo di Lucca.
Il più antico labirinto europeo situato in una chiesa cristiana si trova nella chiesa di San Vitale, a Ravenna, e risale al VI secolo. In Germania, a Colonia, i più antichi labirinti si trovano nelle chiese di San Severino e San Gerone. Le più antiche iscrizioni nella pietra dei labirinti sono state trovate nelle chiese irlandesi e scandinave come quella di Hablingbo in Svezia, Telemark e Geringe in Norvegia e Skive in Danimarca.
Alcuni labirinti avevano al centro un piatto di rame nel quale era incisa la figura di un cavaliere che combatte contro un minotauro.
Nessuno di questi piatti è giunto fino a noi poiché tutto il rame venne fuso durante le guerre napoleoniche per la costruzione di armi. È molto probabile che questo simbolismo si rifaccia al mito di Teseo.
A Creta, nel palazzo del re Minosse, si nascondeva nel labirinto costruito dall’architetto Dedalo, il Minotauro, un essere mostruoso, figlio della moglie di Minosse, Pasifae, e di un toro, che esigeva sacrifici umani.
Teseo, l’eroe fondatore ateniese, con l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse e Pasifae, penetrò nel Labirinto senza perdere l’orientamento grazie ad un filo tesogli da Arianna, e uccise il mostro, liberando così Atene dall’obbligo di fornire giovinetti da sacrificare.
Il labirinto è un archetipo diffuso in tutto il mondo e le culture: nei graffiti della Valcamonica compare spesso inciso e per gli studiosi esso rappresenta l’utero, un simbolo di rigenerazione. Il suo percorso è un viaggio alla ricerca del centro dell’essenza, pericoloso perché può anche non riuscire, dato che esiste il rischio di smarrirsi. Il cammino all’interno del labirinto divenne una danza rituale eseguita nell’antica Grecia che ricordava il mito e che in Etruria era noto come truia, ossia troia.
La danza labirintica è molto antica ed era praticata ancora nel secolo scorso in Italia meridionale: serviva a guarire i “tarantolati”, le vittime della puntura della tarantola. Un rituale simile è presente nella danza dei dervisci sufi della Turchia, che consiste nel girare velocemente su se stessi fino a raggiungere stati di quiete e di estasi.
Nelle cattedrali, in cui sono attive delle correnti telluriche e quindi il magnetismo terreste è in azione, i piedi nudi a contatto con il suolo ne aumentano gli effetti.
Sono noti gli effetti provocati dalle correnti magnetiche sui corpi in movimento, soprattutto sul corpo umano (febbri provocate).
In primavera si usava danzare nelle cattedrali a piedi nudi sotto la guida del vescovo. Queste danze erano chiamate “girotondi di Pasqua” e mimavano i movimenti del serpente, simbolo di rigenerazione: il serpente infatti è il rettile capace di mutare pelle. Nel labirinto quindi l’uomo acquisiva una nuova identità e una nuova coscienza.
L’antico rituale che si nasconde dietro al labirinto diventò un gioco e una curiosità nei giardini delle grandi ville rinascimentali, dove spesso è tracciato e limitato da siepi di arbusti. Il gioco viene ancora proposto in certi Luna Park come labirinto di specchi. A scopo di protezione, alcuni labirinti venivano disegnati sulle porte e sulle facciate di antiche abitazioni nel Mediterraneo: si riteneva infatti che le forze negative fossero capaci di procedere in linea retta. Ecco perchè nelle case cinesi tradizionali si evitano i percorsi retti e si cerca con vari accorgimenti di formare meandri o schermi che impediscano l’accesso diretto all’abitazione.
È interessante notare che i labirinti disegnati sulle case, abbiano preceduto l’uso della serratura; il labirinto infatti non è altro che una serratura ( la tecnologia realizza spesso simboli primordiali): per aprire una serratura occorre una chiave, ma anche per uscire dal labirinto occorre una chiave, come il mitico filo di Arianna, il cui nome greco Ariadne, è lo stesso del ragno, l’insetto che costruisce tele dal disegno labirintico. La realizzazione dei labirinti nelle cattedrali, seguiva precisi calcoli matematici; va inoltre aggiunto che i labirinti potevano avere forme diverse. Antiche iscrizioni ne indicano tre tipi: a pianta circolare, ottagonale e quadrata.
La forma del cerchio corrisponde all’infinito e alla perfezione; il cerchio è eterno senza inizio e senza fine. Esso rappresenta inoltre il Sole, lo Zodiaco e la ruota dell’universo. Pitagora definì il cerchio come la psiche dell’universo.
L’ottagono invece, con i suoi otto lati, rappresenta la trasformazione e la rinascita.
Non è un caso che nelle chiese cattoliche la maggior parte dei fonti battesimali e gli stessi battisteri venivano costruiti con forma ottagonale.
Al labirinto si accedeva attraverso cinque curve: il numero cinque simboleggia l’uomo ma anche la dualità e l’essere androgino perché si ottiene sommando il numero tre, dispari e maschile, al numero due, pari e femminile.
Nelle cattedrali il labirinto assumeva connotati differenti: il percorrerlo equivaleva a un pellegrinaggio in Terra Santa.
Chi non aveva la possibilità di compiere il viaggio a Gerusalemme, poteva seguire questo percorso in miniatura, girando a piedi scalzi o con le ginocchia a terra lungo i meandri circolari di Chartres oppure lungo quelli quadrati di Amiens.
Il tema principale nelle grandi cattedrali è l’Apocalisse. È quindi logico che costruttori e committenti mettessero nelle cattedrali un simbolo, in questo caso un labirinto, per la Gerusalemme celeste descritta da San Giovanni.
Il cammino attraverso il labirinto per giungere al centro viene simboleggiato dal numero dodici ed equivale alla ricerca del Graal.
L’iniziato, come nei tarocchi medievali, comincia il suo viaggio nel microcosmo come un pazzo peccaminoso (il matto) e riesce, dopo lungo errare (l’eremita), a vedere la strada per la Gerusalemme celeste, per il Paradiso (il Mondo). La comprensione arriva quando l’iniziato raggiunge il centro del labirinto, proprio come Teseo che uccide il Minotauro. Il Minotauro rappresenta l’essere indomabile e selvaggio della natura. Poiché Teseo uccide il mostro viene paragonato ad un eroe solare, ad un dio. Il mito di Teseo è una variante del dio Mitra, la divinità persiano-romana che uccide il toro.
I miti medievali di San Giorgio e dell’Arcangelo Michele, rappresentano il medesimo simbolismo. È l’eterna lotta tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male. Il vincitore, puro e virtuoso, riceverà in premio la visione del regno celeste.
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