A partire dagli anni ottanta, quando Margaret Thatcher aprì in Inghilterra la stagione del neoliberismo, ci viene ripetuto continuamente, con ossessiva costanza che c’è bisogno di mercato, del mercato, di più mercato. Il mercato deve essere libero, libero di privatizzare i ricavi dividendoli agli azionisti, e di nazionalizzare le perdite facendole ricadere sulla collettività.
Il mercato deve essere libero di pagare i manager decine di milioni di euro nonostante le aziende siano in perdita, nonostante licenzino migliaia di dipendenti. Il mercato deve essere libero, libero di permettere alle banche di produrre derivati spazzatura, e di proporli liberamente e consapevolmente ai propri correntisti.
Il termine mercato e le sue varie derivazioni sono diventate un mantra, un incantesimo potentissimo, un rimedio onnipotente, che i politici di tutti gli schieramenti hanno proposto come la panacea di tutti i mali. I risultati di trent’anni di questa mirabilante cura, sono sotto gli occhi di tutti. Gli stati rischiano il fallimento, mentre lo stato sociale è già fallito.
Ma i banchieri europei, e la finanzia internazionale continuano a proporre la loro cura. Meno stato, più mercato. Usare i fondi per salvare le banche a costo di tagliare la specie sociale, la sanità, l’istruzione il welfare.
Ma a quale fine?
Permettere all’uno per cento della popolazione di avere barche sempre più lunghe, case sempre più grandi, disponibilità economiche sempre più esasperate, mentre la restante parte della popolazione deve vivere di stenti e miseria? Senza prospettive? Senza possibilità di miglioramento?
Può una società permettersi di ribaltare il ruolo del mezzo con quello del fine? Perché è questo che sta facendo il capitalismo finanziario, sacrificando il benessere collettivo in nome del sacro mezzo della finanza.
Ma la finanza dovrebbe servire la popolazione; non dovrebbe essere la popolazione a servire la finanza. Ma viceversa. Perché se la finanza non è utile a migliorare il benessere collettivo, allora è bene che fallisca!
E fallisca al più presto.
Poiché in fondo il capitalismo finanziario non ha fatto altro che impoverire l’economia reale, il lavoro, le aziende, la politica, in nome di una minuscola elite, che come un cancro, si è arricchita sulla distruzione e la rovina di realtà produttive e laboriose costrette a cedere il passo alla speculazione.
Questo ribaltone sociale, questa trasformazione del mezzo in fine è vergognosa ed insostenibile.
La metafisica finanziaria, e le sue menzogne sono oramai divenute insostenibili.
Il capitalismo finanziario ha portato l'occidente al fallimento ed il mondo alla catastrofe ecologica!
Per questo sono vicino a chi si indigna.
L’essere umano prima di tutto.
E a chi chiede quali siano le proposte concrete del movimento, invito gli amici indignati a rispondere alla maniera di Protagora: “L’uomo torni ad essere la misura delle cose”. Che siano i capitali ad essere sacrificati per il benessere degli esseri umani, e non viceversa!
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