Il grande deserto del Rub al-Khali, il Quarto vuoto, uno dei più terribili deserti del mondo. A un giorno di fuoristrada si giunge alla città morta di Barrakesh, una rocca alta una trentina di metri sul piatto assoluto del deserto circostante. Era la capitale religiosa del regno di Main. Da Barrakesh, attraverso il bacino di Wuadi al Jawf, arriviamo a Marib, nel regno della regina di Saba.
Qui a Marib le leggende si sprecano e l'ambiente che la circonda, le giustificano.
I resti di un antichissimo ed enigmatico palazzo, di cui rimangono otto colonne sporgenti dalla sabbia, è attribuito alla regina di Saba, Bilqis, da sempre celebrata per la proverbiale bellezza che sedusse il re Salomone avendo poi da quel rapporto un figlio che divenne il primo re di Etiopia.
Di questo storico incontro ne parlano i testi ebraici, cristiani ed islamici. Poco distante, chiude un secco wadi, la diga di Marib costruita nell'VIII secolo a.c. e che probabilmente cadde in disuso solo nel VI secolo d.c. causando la fine della civiltà sabea.
Vagabondando nei dintorni incontriamo i resti più vari, da una muraglia ellittica lunga 300 metri, alta 10 e larga 4, a pezzi di pilastri, a lastre coperte di iscrizioni nel tipico alfabeto dei sabei.
Tutto fa pensare che qui ci sarebbe da scavare ancora una ricchezza archeologica immensa, ma la situazione politica della regione rende il progetto inattuabile, per la continua guerriglia in atto ormai da più di trent'anni.
Noi proveremo a scavare tra le dune di questo deserto per estrarre una verità sconcertante.
Cinquecento chilometri ad est, in pieno deserto del Rub al-Khali, si apre una profonda voragine costituita dal wadi di Hadramawt; dal color ocra si passa al verde intenso degli orti e dei palmeti, dalla solitudine assoluta alla vita festosa di caratteristici paesini costruiti con mattoni di fango crudo, dipinti di calce bianca.
Questo luogo ricco di acqua e riparato dai forti venti che periodicamente spazzano il deserto, ha visto nascere in tempi antichissimi una favolosa civiltà stanziale. Si racconta che i primi abitanti, gli Aditi, fossero una razza di giganti che non aveva rivali in fatto di ricchezza.
Invece di essere grati a Dio per la loro fortuna, vivevano in dissolutezza e adoravano dei profani come viene descritto nella sura coranica dedicata al profeta Hud. La punizione divina arrivò con tempeste di sabbia che spazzarono via tutto e formiche grandi come cani che fecero a pezzi i giganti.
Una storia già sentita molte volte nel corso delle nostre ricerche, culturalmente declinata a seconda del popolo che ne ha elaborato facendo proprio il mito.
Nel Corano, Hūd è il profeta della tribù degli ʿĀd, nipote di Noè (Nuh in Arabo). La loro città sarebbe stata Iram, una misteriosa città scomparsa nell’antichità che il romanziere dell’occulto H.P.Lovecraft descrive così:
“… una città antichissima, abbandonata, "remota nel deserto d'Arabia", "le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite", senza nome perché "nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno… Era già vecchia quando Babele l'antica sorgeva; e non si sa quanto a lungo ha dormito nel cuore del colle ove i nostri picconi insistenti frugando le zolle, i suoi blocchi di pietra portarono a luce primeva. V'erano grandi locali e ciclopiche mura e lastre spaccate e statue scolpite di esseri ignoti vissuti in ere perdute, di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora...”
e la cui storia, nell’immaginifico universo lovecraftiano, si intreccia con quella dell’autore del Necronomicon Abdul Al-Alhazred il quale non segue la religione islamica, ma adora strani dèi dai nomi inquietanti, come Yog e Cthulhu.
Demonologo e poeta pazzo, Al-Alhazred nasce a Sanaa, in Yemen al tempo dei califfi omayyadi, all'incirca nell'VIII secolo della nostra era. Egli esplora le rovine di Babilonia e i cunicoli nascosti di Menfi. Vive per dieci anni isolato nel deserto di Rub' al-Khali circondato da spiriti malvagi (jinn). Durante queste peregrinazioni Alhazred afferma d'aver visitato Irem (Iram dhāt al-ʿImād, la città "dalle Mille Colonne") e di aver scoperto fra le rovine di un villaggio innominabile le prove dell'esistenza di una razza pre-umana, di cui apprende i segreti e le cronache.
Conosciuta anche come “Iram delle Colonne”, Aran o Ubar, si trovava nella Penisola Arabica ed era una città mercantile edificata nel deserto del Rub’ al Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo.
La tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio; successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché, come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu ‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre islamico che osò sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici.
Le rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Questa storia rimase una delle tante tradizioni orali raccontate intorno al fuoco, almeno fino a quando non giunse in Occidente in seguito alla traduzione del famoso “Le mille e una notte”.
Durante il II secolo d.C., Claudio Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar. In tempi più recenti il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto ai più come Lawrence d’Arabia, mostrò spesso un notevole interesse per questa città, che lui stesso definiva come l’Atlantide delle Sabbie.
Forse spinto anche da questo interessamento, un gruppo di ricercatori si affidò nel 1980 ai satelliti della NASA nel tentativo di ritrovare la Città delle Mille Colonne; una possibile collocazione venne individuata nella provincia di Dhofar, in Oman. La spedizione includeva anche l'avventuriero Ranulph Fiennes, l'archeologo Juris Zarins, il regista Nicholas Clapp e l'avvocato George Hedges ed è descritta nel libro “Ubar, l’Atlantide nel Deserto” di Nicholas Clapp.
L’esplorazione si concentrò su un antico pozzo chiamato Ash Shisa, nelle immediate vicinanze, infatti, venne alla luce un sito costruito molto più anticamente; nessuna prova di una certa importanza venne comunque rinvenuta. A questo tentativo seguirono altre quattro campagne di scavo, ma anche in questo caso l’ubicazione di Iram delle Colonne rimase avvolta nel mistero. Ma torniamo al profeta Hūd e alla sua storia.
Hud è da alcuni storici delle religioni individuato nel Patriarca biblico Heber, discendente di Sem. è anche il titolo della Sura XI del Corano. In quanto nipote di Noè Hud è sicuramente antecedente ad Abramo.
Nella Sura a lui dedicata, Allāh promette tremendi castighi a chi mette in dubbio la Sua parola e a quanti reclamano prove circa la verità di quanto da Lui rivelato nel Corano. Il testo sacro islamico afferma che Mūsā, Nūḥ (Noé), Hūd, Ṣāliḥ Ibrāhīm, Lūṭ, Shuʿayb e lo stesso Maometto sono stati rifiutati dalle genti cui essi erano stati inviati per le ragioni più diverse, ma che Dio punirà tutte queste genti ribelli, sterminandole, se esse non si pentiranno, anche per impartire un esemplare ammonimento per le comunità che, sciaguratamente per loro, volessero imitarle.
Gli ʿĀd rifiutarono di sottomettersi alle ingiunzioni di Hūd. Furono perciò sottoposti a una dura siccità. Qāʾil, il loro capo, si decise allora a celebrare un sacrificio a Dio per il ritorno della pioggia, ma era ormai troppo tardi, visto che Dio aveva deciso di punire gli ʿĀd per la loro incredulità. Qāʾil, che era non credente, condusse le vittime sulla cima di una montagna per sacrificarle egli stesso.
« Girando allora il suo volto verso il cielo, disse: “O Dio del cielo, io ti chiedo la pioggia per il mio popolo: sii il nostro protettore”. Nello stesso istante apparvero tre nuvole; la prima era rossa, la seconda nera e la terza bianca. Da queste nuvole uscì una voce che diceva: “Quale vuoi che si diriga verso il tuo popolo?” Qāʾil si disse tra sé e sé: “Se questa nuvola rossa si dirigesse verso il mio popolo, non ne scaturirebbe pioggia, del pari la nuvola bianca, restasse anche tutto un giorno, non ne uscirebbe pioggia. è la nuvola nera che assicura la pioggia”. Allora Qāʾil disse ad alta voce: “Chiedo che questa nuvola nera vada verso il mio popolo” » - Ṭabarī, Dalla creazione a David in op. cit., 116. Storia del profeta Hūd.
La nuvola si fermò sopra la testa degli Aditi, e il vento sterile che essa conteneva ne uscì, come è detto nel passaggio del Corano citato da Ṭabarī:
« E anche fra gli ʿĀd fu un Segno, allorché mandammo contro di loro il vento devastatore » - Corano, LI:41
Questi Aditi erano probabilmente gli abitanti di Atlantide o Ad–lantis. "Sono impersonati da un monarca a cui tutto viene attribuito, e che si dice sia vissuto per diversi secoli". (Lenormant e Chevallier, "Ancient History of the East", vol. II, p. 295).
Ad proveniva dal nord–est. "Sposò un migliaio di mogli, ebbe quattromila figli e visse milleduecento anni. I suoi discendenti si moltiplicarono notevolmente. Dopo la sua morte i suoi figli Shadid e Shedad regnarono in successione sugli Aditi. Al tempo di quest’ultimo, il popolo di Ad era composto da un migliaio di tribù, ognuna composta di diverse migliaia di uomini. Grandi conquiste sono attribuite a Shedad, e si dice che gli fossero sottomessi, tutta l’Arabia e l’Iraq. La migrazione dei Cananei, il loro insediamento in Siria, e l’invasione dei Pastori in Egitto sono attribuiti, secondo molti scrittori arabi, a una spedizione di Shedad". (Ibid., p. 296).
Shedad costruì un palazzo ornato di colonne superbe, e circondato da un magnifico giardino. Si chiamava Irem. "Era un paradiso che Shedad aveva costruito a imitazione del paradiso celeste, delle cui delizie che aveva sentito parlare". ("Ancient History of the East", p. 296).
In altre parole, un’antica, potente razza conquistatrice, che praticava il culto del sole, invase l’Arabia agli albori della storia, erano i figli di Adlantide: il loro re cercò di creare un palazzo e un giardino dell’Eden come quelli di Atlantide.
Gli Aditi sono ricordati dagli Arabi come una razza grande e civile. "Essi sono rappresentati come uomini di statura gigantesca, la loro forza era pari alle loro dimensioni, e spostavano facilmente enormi blocchi di pietra". (Ibid.) Erano architetti e costruttori. "Innalzarono molti monumenti al loro potere, e quindi, fra gli arabi, nacque l’usanza di chiamare le grandi rovine "costruzioni degli Aditi". Ancora oggi gli arabi dicono "vecchio come Ad". Nel Corano si fa allusione agli edifici costruiti su "alti luoghi per usi vani", espressioni che dimostrano che si ritiene che la loro "idolatria fosse stata contaminata con il Sabeismo o culto delle stelle". (Ibid.)
"In queste leggende," dice Lenormant, "troviamo tracce di una nazione ricca, che erigeva grandi costruzioni, con una civiltà avanzata, analoga a quella della Caldea, che professava una religione simile a quella babilonese, una nazione, in breve, nella quale il progresso materiale si congiungeva ad una grande depravazione morale e a riti osceni. Questi fatti devono essere veri e strettamente storici, perché si ritrovano dappertutto tra gli Etiopi, come tra i Cananei, i loro fratelli per l’origine comune".
In tutte queste cose vediamo rassomiglianze con gli Atlantidei.
Il grande Impero Etiope o Cuscita, che nei primi secoli prevalse, come dice Rawlinson, "dal Caucaso all’Oceano Indiano, dalle sponde del Mediterraneo sino alla foce del Gange", era l’impero di Dioniso, l’impero di "Ad", una nuova nazione atlantidea da aggiungere sulla nostra mappa dell’età dell’oro.
El Edrisi chiama la lingua parlata ancora oggi da parte degli arabi di Mahrah, in Arabia Orientale, "la lingua del popolo di Ad," e il Dr. J.H. Carter, nel Bombay Journal di luglio 1847, dice: "E’ il linguaggio più morbido e dolce che abbia mai sentito". Sarebbe interessante confrontare questa lingua primitiva con le lingue del Centro America.
El Edrisi chiama la lingua parlata ancora oggi da parte degli arabi di Mahrah, in Arabia Orientale, "la lingua del popolo di Ad," e il Dr. J.H. Carter, nel Bombay Journal di luglio 1847, dice: "E’ il linguaggio più morbido e dolce che abbia mai sentito". Sarebbe interessante confrontare questa lingua primitiva con le lingue del Centro America.
Il dio Thoth degli Egiziani, che proveniva da un paese straniero e che inventò le lettere, era chiamato At–hothes.
In sanscrito Adim significa in primo luogo. Tra gli indù il primo uomo si chiamava Ad–ima, la moglie era Heva. Essi si stabilirono su un’isola, che si dice essere Ceylon; lasciarono l’isola e raggiunsero la terra ferma, quando, a causa d’un sommovimento terrestre di grande importanza, la loro comunicazione con la terra madre fu tagliata per sempre.
Ritroviamo così i figli di Ad alla base di tutte le razze più antiche di uomini, cioè gli Ebrei, gli Arabi, i Caldei, gli Indù, i Persiani, gli Egizi, gli Etiopi, i Messicani e i Centroamericani; testimonianza che tutte queste razze facessero riferimento per le loro origini ad un vago ricordo di Ad–lantis.
E forse fu proprio a questi, prima che agli ebrei, che Yahweh/Allah volse la sua attenzione in luogo della scelta del suo popolo prediletto per i suoi piani di conquista secoli prima della chiamata di Abramo.
Dalla Bibbia sappiamo a un certo punto che “…Abramo uscì dalla città di UR dei Caldei…” (Keltoi?) per raggiungere la terra promessa, la terra di Canaan, su indicazione diretta di Dio/Yahweh/Enlil. Possiamo collocare temporalmente nel XVIII sec. a.C. la partenza della tribù di Abramo verso Canaan, ovvero 3800 anni fa, esattamante alla fine dell’azione Kurgan nel continente europeo.
Questo avvenne perché dopo il Diluvio nazioni e popoli superstiti dell’antica età dell’oro atlantidea salvatisi grazie all’intercessione di Enki vennero spartiti tra gli Elohim per promuovere la cosiddetta Rinascita Enkilita ovvero il sogno del fratello “buono” di ricostituire l’età dell’oro antidiluviana ricominciando con una umanità riformattata.
Ma Yahweh, probabilmente imparentato con Enlil come si evince dalle ricerche dei De Angelis schematizzate nella seguente tabella venne escluso da questa spartizione.
Per visualizzare a risoluzione maggiore:
A un Elohim fu assegnato l’Egitto, a un altro la valle dell’indo, a un terzo la zona europea dove sorsero le prime società gilaniche, ad altri le nazioni mesopotamiche e ad altri ancora le regioni del continente nord e sudamericano e così via. A Yahweh non fu assegnato nulla… se lo prese da solo.
Ma al contrario di quanto abbiamo sempre pensato non fu la stirpe di Abramo dei Caldei di Ur la sua prima scelta. La Sura XI del Corano illustra un’altra storia, la storia di Hud, precedente ad Abramo, in visita presso i superstiti del potente popolo “gigante” degli Aditi i quali rifiutarono l’offerta di Yahweh.
Un offerta, quella di Yahweh, che non poteva essere rifiutata e che costò loro la vita.
Il popolo degli Aditi venne così cancellato, facendo entrare nel mito la città di Iram delle mille colonne, Ubar e l’intera storia del popolo Adita dalle cui ceneri sorse nei successivi secoli il potente regno della Regina di Saba, alleata questa volta del Regno di Israele, il popolo prescelto da Yahweh… come seconda scelta!
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