Abbiamo già discusso del fatto che all'inizio Gesù era considerato come un profeta che piano piano fu divinizzato. La cosa non è però così semplice ed infatti sorsero vari problemi teologici non da poco. Che rapporto c'è tra Gesù e Dio? Sono due dei? sono cioè distinti? sono coesistenti? e se sono distinti, vi è una gerarchia tra loro?
Occorreva risolvere la cosa altrimenti il prezzo sarebbe stata una totale frantumazione delle comunità cristiane che già avevano problemi grossi con l'introduzione del culto dei santi (ad imitazione del culto pagano degli eroi e del politeismo) e del culto della verginità di Maria (preso di sana pianta da miti pagani).
Anche nella soluzione dei problemi posti vi era la presenza delle tradizioni pagane che avevano tutte una trinità da venerare (Iside, Osiride e Horus; Zagreo, Fane e Dioniso; Giove, Giunone, Minerva; ...).
Sulla divinizzazione di Gesù molto contribuì Paolo anche se non lo considerava identico al padre, iniziando la teoria subordinazionista (il padre è più importante del figlio). Per Paolo solo il padre è Dio (JeoV), mentre il figlio è Signore (kurioV). La cosa si ritrova nel Vangelo di Giovanni, dove Gesù dice: Il Padre è più grande di me (Giovanni 14, 28). E la cosa venne accettata da tutte le comunità cristiane e da tutti i pensatori (Ireneo, Tertulliano, Origene, ...) almeno fino al IV secolo. Fu allora che Ario sostenne le stesse cose di precedenti Padri della Chiesa e venne trattato da idolatra ed eretico. Ciò che era accaduto era solo che il processo di divinizzazione di Gesù era avanzato grandemente.
Fu Teofilo di Alessandria il primo a condannare la posizione subordinazionista e con essa Origene (che verrà condannato definitivamente dal V Concilio della Chiesa nel 553) ed Ario.
Ma vi erano altre complicazioni. Certamente Dio era puro spirito (come si legge in Giovanni) ma la Chiesa operò una divisione ulteriore, introdusse lo Spirito Santo ad imitazione dello Spirito Santo dell'Iran (spenta manju) che dovette aspettare per un adeguato riconoscimento.
Gesù non conosceva la Trinità: l'ordine che in Matteo viene posto sulla bocca del «risorto» di battezzare «in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» è unanimemente considerato un falso dalla ricerca critica. Se Gesù pensò a uno Spirito di Dio, lo fece forse nel senso della concezione veterotestamentaria dello «Spirito di Jahve» (ruach Jahve), menzionato nel Vecchio Testamento ben 378 volte .
Neppure Paolo conosce una dottrina trinitaria o contiene allusioni trinitarie; lo «Spirito» di cui scrive è completamente collegato a Cristo, il che Paolo esprime persino con l'equivalenza: «Ma il Signore è lo Spirito» (2 Cor. 3, 17); anche quando parla dello Spirito di Gesù Cristo, dello Spirito del Figlio e simili, parla insieme dello «Spirito del Signore» e del «Signore dello Spirito» .
Nel N.T. esiste anche la formula trinitaria o piuttosto la giustapposizione di Dio, Cristo e gli Angeli e in verità assai spesso, dato che nel Giudaismo essa si era già costituita.
Nell'Apocalisse incontriamo la trinità Dio padre, i Sette Spiriti e Gesù Cristo (Apocalisse 1,4 sg.); in seguito si manifestano persino accenni a una quaternità: intorno al 150 Giustino parla della quaternità formata da Dio Padre, il Figlio, le schiere degli Angeli e lo Spirito Santo (Just.Apol. 1,6).
Gli antichi cristiani trovarono il dogma della trinità attestato tanto esiguamente nella Bibbia, che nel IV secolo si pervenne a una delle più celebri interpolazioni neotestamentarie, al Comma Johanneum, un falso insinuato in parecchi Codici. Per l'esattezza il passo della Prima Lettera di Giovanni
«Sono tre che generano: lo spirito, l'acqua e il sangue, e i tre sono uno», venne modificato in : «Sono tre che generano nel ciclo: il Padre e il Verbo e lo Spirito Santo; e i tre sono uno» .
La dottrina della fede nello Spirito Santo sorse gradualmente nel II secolo nella Confessione di fede apostolica. Ma anche in seguito le concezioni intorno allo Spirito Santo tradirono una confusione terribile: spesso lo si equiparò a Cristo o si vide in lui un Angelo o addirittura la madre di Gesù, la quale lo afferrò «a uno dei capelli» e lo portò sul monte Tabor, oppure lo si identificò semplicemente con l'interiorità dell'uomo .
Alla fine del II secolo e nei primi anni del III teologi come Ireneo e Tertulliano ritennero lo Spirito Santo un'entità interna alla divinità; invero Tertulliano lo subordinò al Figlio, come già il Figlio al Padre. Del pari Origene dichiarò lo Spirito Santo come una creatura subordinata al Figlio e proibì, come mima di lui il Padre della Chiesa Clemente, la preghiera alla terza persona divina.
Generalmente nelle loro speculazioni sulla trinità divina i Padri della Chiesa di questo periodo spesso si dimenticarono dello Spirito e parlarono solo di due Persone . Lo Spirito Santo ottenne la divinità piena solo nel 381 in occasione del Secondo Sinodo ecumenico di Costantinopoli.
In un Sinodo, quello di Antiochia, convocato e guidato da Osio di Cordoba nel 324-325, si condannò Ario per sostenere la subordinazione del figlio al padre. A tale Sinodo parteciparono 56 persone e le decisioni furono prese da ben pochi fratelli esperti in faccende di fede ecclesiastica.
Il sinodo d'Antiochia fu solo una sorta di preludio all'assemblea chiesastica prevista da Costantino in un primo tempo in Ancira (l'odierna Ankara), poi tenuta nel 325 nella sua residenza estiva di Nicea (oggi Iznik, a 130 Km da Istanbul), nell'Asia Minore nordoccidentale, il primo Concilio ecumenico, vale a dire universale, cui presero parte circa trecento vescovi provenienti da ogni parte del mondo.
In verità la massima parte dei delegati proveniva dall'oriente; l'occidente fu rappresentato solo da un vescovo gallico, uno calabrese e uno pannonico, inoltre erano presenti il vescovo spagnolo Osio di Cordoba, Ceciliano di Cartagine e due preti romani delegati in rappresentanza del vescovo di Roma Silvestro, che era ammalato.
Il livello intellettuale di molti padri sinodali era oltremodo basso; un contemporaneo, sicuramente a torto, parla maliziosamente di un «sinodo di veri e propri cretini».
La grandissima parte dei chierici cattolici nemmeno oggi ha grande dimestichezza con la teologia storico-critica, ma per altre ragioni. A Nicea, in ogni caso, come già in Antiochia, solo pochi padri sinodali si mostrarono capaci di autonomia di giudizio, ma neppur essi riuscirono a concludere nulla.
Da maggio o giugno fino all'agosto ospiti dell'imperatore, restarono impressionati dalla pompa, dalle adulazioni del monarca, da come egli baciava le cicatrici dei martiri e dall'appellativo di «amici» e «amati fratelli», col quale si rivolgeva ai presenti; così il credo niceno fu esattamente la formulazione che l'imperatore voleva: nulla accadde contro la sua volontà.
Costantino aprì il concilio, intervenne nel dibattito e ne determinò l'andamento. Non furono approntati protocolli oppure essi furono fatti sparire ad opera della Chiesa. Quando gli Ariani lesserò il loro credo, al portavoce fu strappato di mano il foglio e ridotto in mille pezzi, prima ancora che avesse finito.
Oltre la questione ariana, si tentò di regolamentare anche altre questioni che in definitiva riguardavano il portare la concordia nella Chiesa perché una chiesa divisa non gli serviva.
Assecondando i desiderata imperiali, alla fine ai vescovi venne proposta una formula che non era stata sostenuta da nessuno dei due gruppi contendenti, che affermava l'uguaglianza di sostanza del Figlio col Padre, l'identità di una sostanza divina in entrambe le persone (la cosa era stata già rigettata da un altro Sinodo - Antiochia 268 - e anche nella Bibbia non era prevista).
In tal modo furono poste fuori gioco tutte le concezioni subordinazionistiche in relazione al rapporto Padre-Figlio. Da dove proveniva questa idea ? La Chiesa non ce lo ha fatto mai sapere esplicitamente fino agli inizi del Novecento.
Da allora sappiamo che l'idea è di derivazione gnostica. Anche il concetto numerico di «triade», che si trova alla base del dogma trinitario, come concetto dogmatico è di derivazione gnostica.
Il Valentiniano Teodoto fu il primo cristiano a definire Trias Padre, Figlio e Spirito Santo, mentre la Chiesa non aveva assolutamente inventato nulla di simile nella sua tradizione più antica. E così un imperatore, per giunta neppure battezzato detta dogmi alla chiesa.
E questo è solo l'inizio del vero miracolo non di Gesù o Dio ma della Chiesa: la completa distruzione del messaggio del Cristo delle origini. E la Chiesa continuò per secoli ad essere governata da imperatori e, come accennato, nel 381, nel sinodo ecumenico di Costantinopoli, nacque la Trinità come legge dello Stato.
Una invenzione che l'antica comunità cristiana non si sarebbe mai sognata, che non compare nei Vangeli dove semmai il dogma viene contraddetto.
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