Un grande uomo politico , il bavarese Franz-Josef Strauss , manifestò il suo pensiero sull’Europa comunitaria con una affermazione lapidaria e tagliente : “I dieci comandamenti contengono 279 parole, la Dichiarazione americana d’indipendenza 300 e le disposizioni della Comunità Europea sull’importazione di caramelle esattamente 25.911.”
Era la metà degli anni Ottanta, e le normative europoidi sulle caramelle , nel frattempo, si sono certamente arricchite di altri fiumi di parole. Allo stesso modo, i maghi di Bruxelles si sono ampiamente interessati delle misure di piselli e zucchine, ed anche dei profilattici, con tanto di spiegazioni sulla capacità e la forma del più antico degli anticoncezionali, nonché delle dimensioni di forni e stalle, e di tante altre cose ancora.
Si tratta con ogni evidenza di una dittatura minuziosa , diffidente, acribica, pervasiva , alla quale è stata sacrificata la sovranità statuale e popolare di antiche , venerabili nazioni, che colpisce anche per l’apparente contraddizione tra l’ostentato ordoliberismo dei principi e l’occhiuto, sovietico burocratismo dei mezzi.
Contraddizione apparente, invero, giacché tutto l’impianto comunitario ( loro lo chiamano “acquis” ) è al servizio dei grandi gruppi economici e finanziari, gli unici a beneficiare tanto della pignoleria prescrittiva delle norme che delle opportunità aperte dalle quattro fantastiche libertà della scintillante Europa dei mercanti: libera circolazione di merci, uomini, servizi, capitali. Per tutti gli altri, a partire dai piccoli e medi imprenditori, regole astruse, obblighi, trappole, costi . Ma quali sono gli strumenti , quali i mezzi tecnici che consentono a questo potere reticolare di imporsi, fino a soffocare le libertà concretedi ventotto Stati e di poco meno di mezzo miliardo di sudditi ?
Il braccio secolare è la foltissima schiera dei funzionari dell’UE, un agguerrito esercito mercenario di molte migliaia di persone, assai ben pagate, titolari, come ogni casta che si rispetti, di privilegi e guarentigie; il cervello pensante è l’enorme massa di lobbisti – forse ventimila – accampati dalle parte dei palazzi del potere comunitario, che, nell’interesse di ambienti economici, potentati finanziari, commerciali ed industriali, corporazioni di ogni tipo, gruppi di pressione assortiti, dettano di fatto l’agenda dell’Unione, ed in particolare della Commissione UE.
La Commissione – e non sfugga che il termine commissario indica un potere discrezionale totale – è formata da ventotto membri, uno per ogni Stato dell’Unione ( una pacchia, per i ceti dirigenti dei piccolissimi Paesi, come Malta, Lussemburgo o Cipro !) , scelti dai governi sulla base di complicati equilibri intraeuropei, ma obbligati per legge comunitaria a non fare l’interesse del loro Paese. Su di loro, la frase più onesta l’ha pronunciata, con nordica franchezza, la commissaria svedese signora Maelstrom : “Il nostro mandato non deriva dai cittadini europei “. Finalmente, chiarezza: ammettono ormai senza vergogna di NON essere al servizio dei nostri interessi.
La Commissione esercita , al di là dei distinguo e delle contorsioni giuridiche ad uso di chi vuol crederci, tanto il potere legislativo che quello esecutivo. Ben sappiamo che il cosiddetto Parlamento europeo è solo una costosissima vetrina senza poteri reali, notaio condiscendente delle decisioni della Commissione. Per quanto riguarda le spese , ovviamente a carico dei contribuenti , dal circolo polare artico alle isole dell’Egeo, è sufficiente ricordare che il Parlamento ha due sedi, Strasburgo e Bruxelles, e che le riunioni si svolgono alternativamente nelle due città, con interminabili carovane di camion che trasportano documenti e strumenti di lavoro sull’autostrada, scortate dall’esercito belga e da quello francese.
Nella prassi quotidiana, tuttavia, la Commissione è un organo nelle mani dell’onnipotente classe degli “eurosauri”, funzionari che fanno e disfano, e, letteralmente, dettano legge, attraverso un apparato normativo costituito da regolamenti, direttive, decisioni , pareri, raccomandazioni. Ci saremmo dovuti allarmare fin dall’inizio, già dai termini usati, scelti con cura in un vocabolario alla camomilla per mascherare un potere ferreo.
Lo strumento più importante è il regolamento : atto legislativo vincolante, deve essere applicato in immediatamente nell’intera Unione . Ci sono poi le direttive , che stabiliscono un obiettivo che tutti i paesi dell’UE devono realizzare, emanando obbligatoriamente leggi nazionali in materia. Le decisioni vincolanoinvece i soli destinatari – ad esempio un paese dell’UE o una singola impresa .
I regolamenti emanati sono parecchie migliaia ogni anno, e la bulimia legislativa si accompagna alla verbosità, per cui pochissimi riescono a leggere un regolamento per intero ! Del resto, quella è la caratteristica comune di tutti gli atti europei , e Coriolano sfida i lettori a leggere il Trattato di Lisbona, dettoimpropriamente costituzione europea, dopo averlo scaricato dai siti dell’ Unione. Se ne sarà capace, tra rimandi a montagne di altre normative, visti e “consideranda”, avrà in mano un malloppo di centinaia di pagine del quale non capirà nulla: quello era precisamente l’obiettivo, confessato da due padri costituenti del calibro di Giscard d’Estaing e di Giuliano Amato, il superpensionato che ci sfilò dalle tasche il famoso 6 per mille dei conti correnti.
Il fatto è che i Regolamenti solo teoricamente provengono dal Consiglio Europeo ( la riunione dei ministri competenti per settore) o dal parlamento, che NON ha potestà legislativa, ma sono emessi su delega della Commissione, dunque da burocrati, per cui 28 Stati che millantano sovranità e libere istituzioni parlamentari sono tenuti ad applicare norme emanate da un sinedrio di non eletti e non responsabili dinanzi ai popoli, che, su indicazione e direzione di semplici funzionari – perché così è- deliberano poi a maggioranza semplice.
Un regolamento, teoricamente, può essere frutto della volontà di 15 commissari appartenenti ai Paesi più piccoli dell’Unione , quindi non piacere a tre quarti degli europei, ma tutti devono applicarlo dal giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione, e considerarlo, nella gerarchia delle fonti del diritto, superiore ad ogni legge nazionale. Solo la signora Malmstroem ha avuto il pudore – o l’improntitudine – di ammetterlo. La cessione di sovranità, quindi, è “il “ problema.
Per quanto ci riguarda, la fonte giuridica è il mitico art. 11 della Costituzione ( quella più bella del mondo , forse anche della galassia).
Ci torneremo tra un attimo, ma prima si impongono due parole sulle direttive: non sono leggi, ma è vietato non adeguarsi. Due esempi di questi giorni: lo sporco affare delle banche italiane “salvate” dal sistema creditizio ( con denaro finto , quello creato dal nulla dal dottor Draghi con il“quantitative easing” ), e relativa rapina a carico degli obbligazionisti è di stretta matrice europea. Il governo italiano non ha fatto che applicare una direttiva comunitaria che impone di gettare sul groppone di obbligazionisti e depositanti superiori ai 100.000 i debiti dei banchieri incapaci, ladri o insolventi . A Cipro, in corpore vili, avevano già fatto le prove, con lo scopo di punire e derubare i depositanti russi, in Italia applicano disciplinatamente gli ordini. I lustrascarpe all’ingrosso stanno a Bruxelles, gli sciuscià a Palazzo Chigi e Montecitorio .
Un’altra improvvida direttiva, una di quelle tirate fuori per dimostrare che l’Unione , quando vuole è “de sinistra”, ha imposto orari di lavoro massimi per tutti i sudditi europei. Risultato: a Cagliari un poveraccio non ha avuto l’agognato trapianto di rene e probabilmente ci lascerà la pelle perché i medici avevano esaurito l’orario massimo europeo. C’è sicuramente qualche legge italiana idiota, unita all’immancabile circolare esplicativa ed al placet dei sindacati , che ha obbligato l’equipe chirurgica a tornare a casa.
Se ci scappa il morto, peggio per lui, ciò che conta è attenersi alla Direttiva (maiuscola, dottor Blondet), ed alle circolari di qualche dirigente nominato per meriti politici, sindacali o di lenzuola.
L’Italia, peraltro, che ha nel proprio codice genetico il servilismo verso tutto ciò che è straniero, è stata la più diligente nell’assorbire il diritto comunitario, espungendo prontamente da ogni orizzonte giuridico le norme non in linea con quelle europee. La primo colpo venne dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’allora mercato Comune Europeo formato da sei stati, conosciuta come Costa contro Enel. , in cui già nel 1964 si dichiarava la prevalenza del diritto comunitario su quello interno.
Flaminio Costa , avvocato milanese azionista di Edison , società colpita dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica decisa dal primo governo di centrosinistra, rifiutò di pagare una bolletta della luce dell’ammontare di 1925 lire. La lite finì prima alla Corte Costituzionale, poi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La Corte Costituzionale si pronunziò nel marzo del 1964, statuendo che sebbene la Costituzione Italiana permettesse una limitazione della sovranità in favore di istituzioni internazionali come la CEE, questo non impediva di applicare il principio “lexposteriorabrogat priori”: il Trattato di Roma , che diede vita al Mercato Comune Europeo, è del 1957, fu recepito nell’ordinamento italiano nel 1958, dunque non poteva prevalere sulla legge di nazionalizzazione del settore elettrico del 1963.
In sede comunitaria, al contrario si affermò che le leggi dell’Unione Europea non sarebbero efficaci se Costa non avesse potuto impugnare la legge nazionale sulla base della sua presunta incompatibilità col diritto comunitario : ne consegue che il diritto derivante dal Trattato di Roma non può trovare un limite in qualsiasi provvedimento del diritto interno. Sottoscrivendo il trattato, lo Stato ha limitato la sua sovranità, ed ha quindi accettato un corpo legislativo che lo vincola .
Non è senza significato che il colpo alla sovranità statale sia derivato proprio dalla torbida vicenda della nazionalizzazione elettrica, imposta dai socialisti e gestita da Aldo Moro, che produsse un ingentissimo danno alle casse pubbliche e fece la fortuna di uno dei vecchi gestori privati, la Società Idroelettrica Piemontese (SIP) , che si trasformò poi in Società per l’Esercizio Telefonico e dominò per decenni il mercato delle telecomunicazioni.
Venti anni dopo, tanta acqua era passata sotto i ponti, e la sentenza Granital della nostra Corte Costituzionale , la n. 170 del 1984, riconobbe al giudice ordinario italiano il potere di disapplicare direttamente ogni legge contrastante con un regolamento comunitario precedente. La suprema corte stabilì una volta per tutte che, qualora vi sia “una irriducibile incompatibilità fra la norma interna e quella comunitaria, è quest’ultima, in ogni caso, a prevalere”.
In chiusura di argomentazione , tuttavia, la Corte non rinunciò ad affermare una propria competenza residuale nel sindacato dell’ “acquis” comunitario “in riferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana”. Venne dunque riaffermata la preminenza di principi irrinunciabili del diritto interno, che non ammettono cessioni di quote di sovranità. L’affermazione non è per nulla ridotta ad un’eventualità teorica, ove si legga seriamente , come a molti pare opportuno, l’art. 11 della Costituzione italiana, e lo stesso art. 1 .
Coriolano è un contadino, al bisogno un combattente per la Patria, non un giurista o un costituzionalista, ma qualche riflessione in materia la vuol svolgere comunque , alla luce della sentenza Granital e di quanto osservato, a proposito della Costituzione vigente, da commentatori assolutamente allineati con il potere, con la garanzia della prefazione di un Luciano Violante , in un manuale edito da Mursia molto utilizzato nelle scuole della repubblica. A proposito dell’art. 11 , che recita, al comma 2 : [ l’Italia] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; c. 3) promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Il manuale spiega che la norma è stata approvata dai costituenti pensando all’ONU ( ergo, al governo mondiale…) , ma che è considerata il fondamento dell’adesione nostra all’Unione Europea. Ciò comporta la prevalenza del diritto dell’Unione su quello italiano. E comunque, ammettono i costituzionalisti amici di Violante “solo qualora –ma si tratta di ipotesi difficilmente verificabili – gli atti dell’Unione Europea ledano i principi fondamentali affermati nella Costituzione italiana, l’Italia potrebbe recedere dall’impegno assunto con l’Unione Europea, riappropriandosi della sovranità ceduta “.
Un testo scritto in ginocchio, a partire dalle ipotesi per noi non così difficilmente verificabili che l’UE leda spirito e lettera dei primi dodici (sacri!) articoli della Carta, ma che lascia spiragli, esattamente come la sentenza Granital .
I Trattati comunitari, e soprattutto molti regolamenti e direttive, ispirati ad un liberismo ideologico quanto ottuso, probabilmente ledono l’art. 2 , che garantisce i diritti dell’uomo,definiti inviolabili nell’ambito sociale, ed afferma che “la Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Qualunque cosa significhi l’oscura formulazione dei costituenti ( qui si sente chiara l’ispirazione di quelli comunisti ..) , ordoliberismo , solidarietà e diritti sociali vanno d’accordo come guelfi e ghibellini.
Lo stesso articolo 1, che assegna la sovranità al popolo, sia pure nell’ambito della Costituzione, sembra al lettore comune , allo spettatore imparziale di Adam Smith, la negazione dell’attribuzione a burocrazie estere di poterisovrani. Purtroppo c’è la nuova formulazione dell’art. 117, modificato a seguito delle febbri federaliste, che riconosce che la potestà legislativa deve conformarsi “ai vincoli dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali”.
Contradictio in adiecto o voce dal sen fuggita ? Sul punto, il manuale tace, così come sugli obblighi internazionali, che ad un’analisi maliziosa potrebbero sembrare , si fa per parlare, naturalmente, i protocolli riservati dei trattati di pace che relegano l’Italia nel ruolo di sconfitta con oneri imperituri.
Di più: come si giustifica la cessione della sovranità monetaria ad una banca privata, la BCE, giacché non risulta che , almeno in punto di diritto ! , le banche siano Stati e tanto meno che abbiano come scopo la pace e la giustizia tra le Nazioni. Insomma, qui è tutto illegale, ed un giurista del prestigio di Giuseppe Guarino ha dimostrato in un libro come il Patto di Stabilità, quello che ci inchioda al rapporto deficit/PIL del 3% ed al rientro, aritmeticamente impossibile per alcuni secoli, del debito pubblico entro il limite del 60% del PIL , che deroga e viola per certo i principi dei trattati comunitari, non potesse essere stabilito con un semplice regolamento della Commissione, norma di rango assai inferiore ad un Trattato internazionale.
Parole, purtroppo, come parole in libertà, oltreché assai poco dotte , sono le argomentazioni di Coriolano. Però sono vere, e meritano comunque di essere diffuse , a vergogna di questo nuovo totalitarismo che ci opprime , almeno fino a quando la polizia del pensiero non sarà venuta a prenderci: c’è già l’impianto legislativo adatto, nelle pieghe del Trattato di Lisbona, e la polizia internazionale, l’Eurogendfor, per eseguire gli ordini , ed è perfettamente legale essere giudicati da un tribunale straniero per un fatto commesso qui , che non è previsto come reato dal nostro ordinamento.
La Costituzione è qui clamorosamente violata, poiché nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge , principio che, con buona pace degli adoratori della Carta, è stato ereditato dallo Statuto Albertino del 1848 , art. 71 !
Torniamo ai nostri poco amati regolamenti ed alle imperiose direttive: esiste una direttiva comunitaria che obbliga gli Stati a diffondere nelle scuole l’uguaglianza delle diversità sessuali, non sorridete, è davvero così, cioè l’ideologia “gender” e omosessualista. Ecco da chi vengono le peggiori schifezze , e sono diffuse apertamente come pensiero ufficiale dell’Unione, dunque come indottrinamento coatto a pensare ciò che l’illuminata élite d’ Europa pensa, in spregio ai proclamati principi di libertà.
Su un piano diverso, è persino divertente la sorte del regolamento UE n. 450 del 2008, presentato come nuovo codice doganale comunitario, in sostituzione di quello del 1992 ( regolamento CE n. 2913).
Talmente inadeguato è apparso agli stessi gerarchi europoidi, che ne viene posticipata ciclicamente l’entrata in vigore, per evitare il peggio. Ma se lo sono scritto sempre loro, che se la cantano e se la suonano, tanto la croce la portiamo noi.
E guai se decidessimo di sostenere con denaro nostro, le tasse degli italiani, un settore economico, un distretto industriale, un’industria strategica in crisi, un distretto agricolo : ultra vietato, sono biechi “aiuti di Stato”, che però a francesi e tedeschi sono non di rado consentiti !
Provate a parlare agli olivocultori pugliesi della xylella, la malattia che fa morire le piante, e dell’intervento dei padreterni di Bruxelles con tanto di regolamenti e normative urgenti, e sentirete le loro pittoresche valutazioni sul ruolo e la capacità di problem-solving ( adesso si dice così !) dell’allegra brigata comunitaria.
A proposito, la PAC ( politica agricola comune)è ormai agli sgoccioli, ma gli uffici relativi , negli Stati e nei palazzi europei, sono ancora bene aperti e popolati da dirigenti e funzionari.
Per restare ai palazzi, una considerazione su Palazzo Justus Lipsius, sede della Commissione che sforna le sue migliaia di regolamenti, direttive, pareri, decisioni e raccomandazioni, tradotte poi in una trentina di lingue da un battaglione di esperti, in genere in un idioma compresa da pochi iniziati. Il palazzo, di forma circolare e volutamente incompiuta, è chiaramente ispirato alla tradizionale iconografia della Torre di Babele, quella, ad esempio, resa mirabilmente nel quadro di Pieter Bruegel il Vecchio. Non posso credere che sia un caso , ma il preciso segnale che lassù regna Babilonia .
L’indirizzo è ancora più inquietante: rue de la Loi, via della Legge. Davvero, tempi durissimi, che però ci siamo cercati, specie noi italiani, con un europeismo esagerato, sciocco, infantile , servile, la cui unica giustificazione era il disprezzo e la sfiducia nei nostri governanti domestici. Triste cartolina del passato l’entusiasmante battaglia per l’Europa della civiltà e delle nazioni , condotta dalla più generosa gioventù del continente in anni diversi .
Forse è troppo tardi, forse non ancora. Intanto, fare opera di verità è un gesto rivoluzionario , come capì George Orwell al tempo di “1984”.
O forse valgono le invettive scagliate contro Roma dal mio antenato Coriolano, come immaginate da Shakespeare nel dramma a lui intitolato :
“Sporco branco di cani ! Io odio il vostro fiatocome l’aria di una palude infetta e apprezzo il vostro favore quanto una carogna insepolta che mi appesti l’aria . Io, bandisco voi ! Restatevene qui in compagnia della vostra incostanza. Che ogni più piccolo rumore vi faccia tremare, e che piombiate nella disperazione anche solo vedendo di lontano agitarsi le piume sul capo dei vostri nemici ! Conservatelo, questo potere di bandire i vostri difensori: finché la vostra ignoranza – che per capire deve prima provare – non risparmiando neppur voi, eterni nemici di voi stessi, vi consegni, come i più abietti fra i prigionieri, a qualche nazione che vi prenda senza colpo ferire ! Per causa vostra, io disprezzo la mia città e le volto le spalle : c’è un mondo intero, fuori di qui” .