mercoledì 30 settembre 2015

E' possibile vedere il futuro?

E' possibile conoscere il futuro? Cosa ha da dire la scienza attuale a proposito di un argomento come questo che da sempre è al centro dell'interesse e dell'immaginazione umana? Se la domanda significa conoscere anticipatamente eventi futuri, prevedere il futuro, allora bisogna ammettere che la scienza (nata in effetti per questo!) riesce a farlo, nei suoi limiti, con notevole efficacia: semplicemente guardando il mio orologio (uno dei tanti gadget accessibili ora all'uomo comune) riesco a sapere la posizione dei pianeti del sistema solare per il prossimo secolo, posso prevedere (e sarei disposto a scommettere su tale previsione) che, ad esempio, il 20 marzo del 2015 ci sarà un'eclissi solare o che, al prossimo passaggio della cometa di Halley, il massimo avvicinamento alla Terra avverrà il 29 Luglio 2061.
 
Tuttavia, pur sottolineando l'importanza e la meraviglia di una tale conoscenza, riconosco che comunemente con la suddetta domanda non si intende conoscere il futuro come prodotto o conseguenza più o meno necessaria del passato e del presente; non si vuole una conoscenza come estrapolazione scientifica dell'informazione che possediamo, ma piuttosto ci si chiede se è possibile acquisire informazioni che provengano direttamente dal futuro: in altri termini, ci si chiede se è possibile vedere il futuro.
 
Certo penseremmo che la scienza, così come il senso comune, risponda decisamente no a tale domanda. In fondo tutti sappiamo che il passato è esistito, è una realtà già attuata di cui conserviamo tracce, memorie etc.; il presente esiste, è la realtà in atto; il futuro non esiste, è solo una realtà in potenza: come potremmo quindi vederlo? (la sola possibilità di un futuro già dato, esistente, porrebbe enormi problemi e pratici e filosofici, basti pensare al "libero arbitrio"). Eppure, anche se sembrerà strano, diversa è la posizione della scienza attuale.
 
Anzi, i possibili modelli di spiegazione di una fenomenologia che comporti acquisizione di informazione dal futuro o addirittura "viaggi" nel tempo sono così numerosi ed intrinseci alle moderne teorie fisiche che un fisico moderno non dovrebbe essere sorpreso se tale fenomenologia fosse provata sperimentalmente.
 
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Voglio essere più che chiaro su questo punto: non sto dicendo che la scienza moderna ha provato l'esistenza di fenomeni come la precognizione, la profezia o i viaggi nel tempo (anche se su questo si potrebbe discutere, vedi dopo); infatti spetta solo all'esperimento fornire una tale prova di esistenza e i pochi lavori seri in questo campo non hanno dato ancora un'evidenza sperimentale netta e indiscutibile di tali fenomeni. Quello che sto dicendo è che, qualora l'esistenza di tali fenomeni fosse provata, le attuali teorie scientifiche sarebbero in grado di fornire non uno ma più possibili meccanismi di spiegazione.
 
Per poter esaminare alcuni di questi possibili modelli esplicativi, è utile che sappiate leggere un "diagramma spazio - tempo". Non spaventatevi! Non è poi così difficile da capire. Immaginiamo che voi siate comodamente seduti sulla vostra poltrona preferita che si trova, diciamo, a 2 metri dalla porta alla vostra sinistra e a 3 metri dalla finestra sulla vostra destra. Bene, tracciamo un asse dello spazio e segniamo il punto P (la porta), poi a 2 centimetri sulla destra (2 metri in scala 1 a 100!) segniamo il punto A che rappresenta voi sulla poltrona e ancora a 3 centimetri sulla destra il punto F, cioè la finestra.

Chiaramente questa raffigurazione è insufficiente: non dice, ad esempio, quanto è alta la porta né che avanti a voi c'è un tavolo; in altre parole non tiene conto che lo spazio "vero" ha tre dimensioni e non una, o, in altri termini ancora, stiamo disegnando solo lo spazio a sinistra e a destra, ignorando il davanti/dietro e il sopra/sotto ma questo sarà sufficiente per i nostri scopi).
 
Ora veniamo all'aspetto tempo. Supponiamo che in questo preciso istante facciate partire il cronometro che avete in mano e aspettiate poi 10 secondi; controllate la Figura 1b:
 
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Se all'istante zero voi eravate rappresentati dal punto A, dopo 10 secondi siete rappresentati dal punto B (la lunghezza del segmento AB dice, in scala, quanto tempo è passato e anche in che direzione: se un punto sta sopra (più in alto) di un altro, rappresenta un evento che è futuro, avviene dopo, rispetto all'evento rappresentato dal punto che sta sotto (e viceversa, ovviamente). Notate che nel diagramma spazio - tempo non si può restare fermi: in effetti voi, seduti sulla poltrona per 10 secondi siete stati sì fermi nello spazio , ma avete viaggiato nel tempo, precisamente vi siete spostati in avanti, verso il futuro, di 10 secondi (1 cm. nella scala usata).
 
Supponiamo inoltre che ora voi vi alziate e camminiate lentamente verso la finestra che raggiungete dopo 15 secondi: bene, spero che vi sarà chiaro che il punto che vi rappresenta ora è C, che si trova esattamente sopra F; l'evento C (in parole: voi alla finestra 25 secondi dopo aver fatto scattare il cronometro) si trova direttamente sopra quindi ha la stessa posizione spaziale dell'evento F (la finestra al momento dello scatto del cronometro stesso) ma è avanti nel tempo di appunto 25 secondi (nella Figura 1b potete ugualmente vedere che C è 3 cm., cioè 3 metri nella realtà, a destra e 1,5 cm., cioè 15 secondi, in alto (nel futuro) rispetto all'evento B - voi in poltrona che state alzandovi -). La linea che congiunge A a B e poi a C si chiama, tecnicamente, linea - universo ( in questo caso è la vostra linea - universo! ); le freccette indicano il verso in cui è percorsa (in questo caso, dal passato al futuro ): notate che il tratto AB, in cui eravate fermi, è verticale ( pendenza zero rispetto alla verticale = velocità zero ), il tratto BC ha invece una certa pendenza rispetto alla verticale che rappresenta la velocità con cui vi siete mossi andando dalla poltrona alla finestra (nella fattispecie, 3 metri in 15 secondi cioè 0,2 metri al  secondo ).
 
E' chiaro che se voi foste andati più velocemente, la pendenza del tratto BC sarebbe aumentata, cioè la retta BC si sarebbe avvicinata di più all'orizzontale. Tuttavia per avere una retta (linea - universo) esattamente orizzontale è necessaria una velocità infinita che, sembra, non può essere raggiunta in natura. Ne segue che eventi simultanei (tipo P, A, F cioè la porta della vostra stanza, voi in poltrona e la finestra nel preciso istante in cui fate scattare il cronometro) non possono essere collegati da nessuna linea - universo e quindi da nessun segnale fisico, neanche dalla luce che, pur essendo velocissima, ha comunque una velocità finita e dunque una linea - universo non orizzontale… detto in altri termini: non è possibile vedere il presente!
 
Ora che siete diventati esperti in diagrammi spazio - tempo, considerate il seguente:
 
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Il diagramma descrive un processo abbastanza comune nei nostri laboratori, precisamente l'annichilazione di una coppia elettrone - positrone. Vediamo di leggerlo: sulla sinistra in basso c'è la linea - universo   [linea blu] di un elettrone (e-) che avanza nello spazio verso destra e in avanti nel tempo (le freccette sono rivolte verso l'alto); nel punto A (cioè nella posizione S e al tempo T) l'elettrone si scontra con un positrone (e+) che proveniva da destra e avanzava anche lui nel tempo [linea rossa]; le due particelle si distruggono nello scontro producendo un quanto di luce (il fotone g) rappresentato dalla linea - universo tratteggiata nella parte superiore del diagramma [linea verde].
 
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L'elettrone è una delle particelle fondamentali della natura e delle più diffuse (in un vostro dito ce ne sono miliardi di miliardi di miliardi di...); il positrone, che pure è quasi identico all'elettrone, è invece un "animale"' raro nel nostro universo, esso costituisce l'antiparticella dell'elettrone stesso. In realtà, per ogni parte di quella che chiamiamo materia esiste una controparte detta antimateria che ha la stessa "dignità" della materia normale, nel senso che un mondo o un universo fatto di tutta antimateria potrebbe esistere e anzi sarebbe a tutti gli effetti indistinguibile dal nostro; è comunque un bene che dalle nostre parti ce ne sia così poca (di antimateria) perché quando materia e antimateria si incontrano, il risultato è piuttosto..."esplosivo": tutta la massa viene convertita in energia! (pensate che in una esplosione atomica solo una piccola percentuale della massa diviene energia).
 
Tutto ciò è interessante, ma cosa c'entra con il tempo ed il nostro quesito iniziale? C'entra; anzi, dopo il lungo preambolo, siamo ora in grado di dare la prima delle risposte promesse. In effetti, il processo sopra descritto potrebbe avere un'interpretazione ben diversa: l'elettrone e-giunto in A, cioè nella posizione S al tempo T , emette un fotone g (luce!) e di conseguenza rincula nel tempo viaggiando verso destra dal futuro verso il passato (vedi Figura 2b: notare le freccette verso il basso nella linea - universo dell'elettrone sulla destra di A!  la linea stessa non è più disegnata in rosso in quanto non è la linea-universo di una diversa particella (il positrone di Figura 2a): a destra di A ora abbiamo ancora lo stesso elettrone e quindi la sua linea universo è in effetti la continuazione di quella blu a sinistra solo che va verso il basso, cioè indietro nel tempo). 
 

Questa descrizione non solo è compatibile con le leggi fisiche note, ma, alla luce delle teorie fisiche attuali, è del tutto indistinguibile dalla precedente: in altri termini, possiamo dire che l'antimateria non esiste, ciò che vediamo come antimateria non è altro che materia normale che però viaggia indietro nel tempo (!). Quindi, almeno nel mondo microscopico, i viaggi nel tempo sono, nel senso sopra specificato, una realtà. Almeno in linea di principio: in pratica, la relativa rarità di tali inversioni temporali anche a livello microscopico (ossia, se volete, la scarsezza di antimateria) unitamente alla piccolissima durata di questi viaggi indietro nel tempo, fanno sì che nessuna applicazione "macroscopica" sia finora ipotizzabile.

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Una seconda possibilità di vedere il futuro ci è fornita da certe strane particelle denominate tachioni. La parola tachione deriva dal greco; una brutta ma efficace traduzione in italiano suonerebbe come "velocione" o "rapidone" e metterebbe in risalto la caratteristica fondamentale di tale particella: il tachione infatti si muove con velocità maggiore di quella della luce e questo implica strane conseguenze riguardo al tempo. Le caratteristiche osservabili del tempo, così come lo concepiamo in Fisica, sono durata e sequenza.
 
Ritornando al diagramma in Figura 1b, la durata è data (in scala) dalle lunghezze in verticale delle linee - universo (la lunghezza del segmento AB dice che siete rimasti seduti in poltrona per dieci secondi dallo scatto del cronometro). L'orientamento delle linee-universo (le freccette!) danno invece la sequenza o successione temporale (percorrendo la vostra linea - universo in Figura 1b nel senso indicato dalle frecce, si vede che l'evento A precede l'evento B che a sua volta è seguito da C).
 
Il punto è che finora abbiamo tacitamente ammesso che la scena descritta dal diagramma spazio - tempo in Figura 1b sia stata osservata da qualcuno fermo rispetto alla stanza: come sarebbe descritta la stessa scena da qualcuno che, per esempio, sia su di una astronave in rapido allontanamento dalla terra?
 
Ebbene la Teoria della Relatività e il cosiddetto "paradosso dei gemelli" ci dice che più velocemente viaggia la nave, più corti sembrerebbero,  misurati con un orologio sulla nave!, gli intervalli di tempo: il nostro ipotetico astronauta, viaggiante ad una discreta percentuale della velocità della luce, potrebbe dire che in realtà noi siamo restati seduti solo per un secondo ed abbiamo raggiunto la finestra in un secondo e mezzo; al limite, se la nave potesse (ma non può...) raggiungere la velocità della luce, gli intervalli di tempo tra i vari eventi sarebbero zero, cioè la durata sarebbe completamente annullata.
 
Ricapitolando, all'aumentare della velocità dell'osservatore (o delle cose osservate) gli intervalli di tempo tra gli eventi diminuisce (cioè mentre sulla  Terra tra A e C sono trascorsi 25 secondi, sulla nave sono trascorsi solo 2.5 secondi: sulla terra si invecchia più rapidamente! - paradosso dei gemelli: se di una coppia di gemelli uno rimanesse sulla terra e uno partisse per un viaggio a velocità prossima a quella della luce, il gemello astronauta al suo ritorno sarebbe più giovane di quello rimasto a casa…).
 
Tuttavia la sequenza degli eventi stessi rimane invariata: l'astronauta vedrebbe pur sempre prima voi seduti far scattare il cronometro, poi vedrebbe voi alzarvi e poi ancora, camminando, raggiungere la finestra. Ma se la nave fosse fatta di tachioni e viaggiasse quindi a velocità superiore a quella della luce, anche la sequenza potrebbe cambiare: il nostro astronauta (anche lui fatto di tachioni!) potrebbe ben vedere la stessa scena così: ecco, voi siete vicini alla finestra [Figura 1b, evento C], quindi camminate lentamente all'indietro e vi sedete in poltrona [B] e poi, dopo un pò di tempo, fate fermare (!) il cronometro (A). Ovviamente a questo punto vi starete domandando: perché non è in vendita un qualche aggeggio (telescopio, televisione...] a tachioni per poter sbirciare la schedina vincente della prossima settimana?
 
Certo lo vorrei anch'io, ma sfortunatamente finora nessuno ha mai trovato un tachione! Sto dicendo che i tachioni sono oggetti possibili secondo le nostre teorie fisiche e, se esistessero, si comporterebbero necessariamente come sopra descritto: epperò, benché essi siano ricercati con varie tecniche da molti anni in molti laboratori di molti paesi, a tutt'oggi la ricerca, la caccia, è stata infruttuosa. Tuttavia la storia e l'esperienza ci hanno insegnato che gli oggetti previsti dalle teorie prima o poi vengono trovati anche sperimentalmente: a.e. il positrone (l'elettrone che viaggia indietro nel tempo!) previsto dal fisico teorico P.M. Dirac fu trovato sperimentalmente solo due anni dopo la previsione, mentre per il neutrino, un'altra affascinante ed elusiva particella, prevista teoricamente negli anni '30, sono stati necessari quasi trenta anni di infruttuosi tentativi prima di poter aver la conferma sperimentale della sua esistenza.
 
Sembra proprio quindi che ciò che può esistere, alla fine effettivamente esista: quindi, anche se non abbiamo ancora strumenti che interagiscano con i tachioni, se i tachioni esistono, potremmo ben avere tali strumenti in un futuro più o meno prossimo. Secondo la fisica attuale, c'è ancora almeno un'altra possibilità di vedere il futuro (tra l'altro la mia preferita); ma dovremo allora addentrarci nel complesso Universo dell'eterno presente!
 

martedì 29 settembre 2015

Pagato per falsificare crop circles

Da oltre 60 anni il fenomeno è diventato particolarmente complesso e diversificato. I famigerati e controversi Crop Circle sono stati segnalati avere le dimensioni di un centinaio di metri di diametro e forme geometriche particolarmente elaborate tipiche di quelle che si potrebbero ottenere tramite complesse elaborazioni computerizzate attraverso progetti 3D e disegni frattali .
 
David Clayton,
 
Molti attribuiscono la loro origine alla tecnologia HPM (High Potenza Microonde) utilizzata dai militari per la distruzione di apparecchiature elettroniche nemiche.

Un'altra versione ci viene fornita da George Tenence Meaden, un ex professore di fisica, il quale ritiene che i Crop Circle potrebbero essere generati da un particolare fenomeno conosciuto come "vortice di plasma", che egli ritiene essere "una fitta massa d'aria che ha accumulato una porzione significativa della materia elettricamente carica."

Secondo Meaden, l'effetto è simile a quello del fulmine globulare, ma più grande e più duraturo.

Alcuni hanno anche suggerito che i che cerchi sono il risultato di esperimenti militari top secret facendo notare che potrebbe essere possibile proiettare un fascio di microonde ad alta intensità da una notevole distanza le cui scariche di energia sono sufficienti per vaporizzare l'acqua presente nelle piante determinandone il collasso.

Ad infittire il mistero ci si mette anche un EX ingegnere della RAF che ha clamorosamente affermato di essere stato pagato dal M15 per creare falsi cerchi nel grano e screditare gli avvistamenti UFO genuini come parte di un progetto "Men in Black" il cui scopo era quello di distorcere e occultare l'autenticità del fenomeno.

David Clayton, che è un esperto di cerchi nel grano e mutilazioni di animali ha dichiarato durante l'annuale conferenza internazionale organizzata da UFO Magazine che la verità si potrebbe nascondere dietro a un sinistro complotto pianificato da oscure Agenzie affinché la verità venisse tenuta nascosta.

Cayton ha aggiunto che i cerchi nel grano apparsi nel 1980, non avrebbero potuto essere opera di burloni, e, pertanto, la loro origine deve essere attribuita a un intervento esterno, perché le piante all'interno dei cerchio non erano state rase al suolo con la forza fisica, ma da un forte calore.

Molti sostenitori UFO affermano che alcuni cerchi nel grano sono ciò che resta dopo il volo o l'atterraggio di dispositivi volanti non identificati.  Clayton ha ammesso che la maggior parte dei cerchi nel grano che erano stati evidenziati dal 1990 erano falsi, anche se tra questi figuravavano alcune formazioni apparentemente genuine .

Egli ha sostenuto che le agenzie di intelligence britanniche erano responsabili della creazione della maggior parte dei falsi cerchi nel grano il cui intento mirava a ridicolizzare il fenomeno in moto da essere attribuito all'opera dell'uomo e non a un intervento extraterrestre.
 

lunedì 28 settembre 2015

La Basilica di Collemaggio e i Templari

La Basilica di Collemaggio nasconde segreti leggendari ed inaccessibili, essendo destinata a custodire qualcosa di particolarmente importante per la Cristianità, forse proprio gli oggetti più sacri del Tesoro del Tempio, che non era uno scrigno tempestato di gemme, pieno di monete d’oro, ma delle reliquie eccezionali, scomparse nel nulla e che fino a qualche secolo fa venivano mostrate ai pellegrini durante la Perdonanza celestiniana, come la spina della corona poggiata sul capo di Gesù, o l’indice della mano destra di San Giovanni, che Baldovino, Re di Gerusalemme, aveva consegnato all’Ordine, come ricorda una tavoletta in latino e come ha confermato una mostra intitolata “Il Giubileo prima del Giubileo”, organizzata dall’Archivio di Stato, con i documenti in essa custoditi.
 
Ebbene queste reliquie erano state donate dall’Ordine dei Templari all’eremita Pietro da Morrone (sopranome legato alla montagna, dove per anni si era ritirato a meditare) che aveva mostrato una tempra non comune, spostandosi in pieno inverno a piedi dall’Aquila fino a Lione, con un viaggio durato oltre 4 mesi, per incontrare il Papa, Gregorio IX, e convincerlo a non sopprimere il piccolo ordine monastico sorto nell’Abruzzo, alle pendici del Monte Morrone, dove all’epoca erano già stati costruiti 16 conventi, in cui molti eremiti si erano installati anche per sfuggire alle persecuzioni ed alle accuse infondate e pretestuose mosse loro dall’inquisitore francescano di Spoleto, non a caso  subito rimosso dal Suo incarico da Celestino V, una volta assurto al Soglio Pontificio.

A Lione Pietro Angeleri - questi era il suo vero cognome -venne ospitato nella commenda locale ed ebbe modo di incontrare i più alti esponenti dell’Ordine Templare riunitosi per assistere al Concilio, i quali intervennero con tutto il  loro peso diplomatico, convincendo il Papa a  desistere dalla sua decisione, cosa che consentì ai  futuri monaci celestiniani di non dover tornare a vivere e nascondersi nelle caverne, in cui  erano vissuti in precedenza, restando nei conventi, ricoveri più consoni ed adatti ad affrontare le rigide temperature invernali e ad accogliere ed assistere un numero sempre crescente di pellegrini che giungevano da ogni parte dell’Abruzzo, attratti dalla fama di Pietro, da tutti venerato come un Santo per i suoi indiscussi poteri, che portavano a repentine e miracolose guarigioni.

Alle stesse conclusioni erano giunti il Gran Maestro dell’Ordine e i suoi più stretti e fidati collaboratori quando decisero di dargli un completo e disinteressato sostegno tecnico ed economico, progettando e finanziando la costruzione di una Basilica templare in una località all’epoca assolutamente non frequentata, anzi pressoché  inaccessibile, ma  proprio per questo rivelatasi il luogo più adatto al raggiungimento degli scopi reali, che i più alti gradi dell’Ordine si erano prefissi, che non erano certo -come si sostiene da parte di alcuni storici- quello di costruire una nuova Cattedrale in un luogo non facilmente accessibile al fine di nascondere e preservare alcune delle reliquie più importanti della cristianità.

Pietro da Morrone era stato infatti riaccompagnato a L’Aquila da un drappello di cavalieri templari per garantirgli un ritorno senza ostacoli e pericoli, ma soprattutto per consentire ad alcuni maestri costruttori, esperti nell’arte regia, accodatisi alla comitiva, di individuare la località più adatta alla costruzione di una grande Cattedrale, area che venne indicata dallo stesso futuro Celestino nella collina di Collemaggio, che si era rivelata un sito capace di amplificare le forze geomagnetiche (ley lines), anche per il passaggio di un fiume sotterraneo, in cui scorreva un’acqua di particolare qualità e potenza.

Era una tecnica molto antica, messa a punto dai Sumeri, dai Babilonesi e dagli Egiziani, il cui insegnamento è confluito nel Cristianesimo delle origini attraverso gli Esseni. Tecnica fatta propria dagli Ebrei con la cabala, dai Greci (Pitagora e Platone), dai Romani ed in tempi più recenti dall’Ordine monastico guerriero dei Templari - voluto da Bernardo da Chiaravalle -, che, entrato in contatto, durante le crociate, con Ordini iniziatici mussulmani, ne aveva acquisito le tecniche più segrete.
 
Certo si possono rilevare diversi punti di contatto fra i Cavalieri Templari e gli Assassini sotto il comando di "Sheikh-el-Jebel", il famoso all'epoca "Signore della Montagna", dai Crociati sopranominato  "Vecchio della montagna",ovvero il Gran Maestro e capo carismatico di una misteriosa setta ismaelita, i cui membri, i "Fidawi" , erano noti appunto con il l nome di "Assassini".

Le prime crociate non furono infatti solo motivo di scontri, ma anche di incontri tra la cultura cristiana e quella mussulmana. Non è certo un caso che l'organizzazione dei Templari fosse identica a quella dell'Ordine ismaelita degli Assaci o Assassini (da assads, guardiano, custode, sott.: della Terra Santa e non già da hashishiyyen, mangiatore di  hashish). La costituzione dei due Ordini era infatti identica ed i gradi coincidevano  esattamente.  I colori della Cavalleria mussulmana e cristiana erano
> il rosso ed il bianco <

I Cavalieri di San Giovanni erano rossi crociati di bianco.
 
 
I Templari, bianchi crociati di rosso.
 
 
Jean de Payns ed i suoi otto crociati non si limitarono solamente a scavare per nove anni (numero sacro) sotto le rovine del Tempio di Salomone alla scoperta del tesoro nascosto dal Grande Sacerdote prima che il Tempio venisse raso al suolo dall’esercito romano, ma ebbero contatti segreti e riservati con i Maestri Sufi della "Setta degli Assassini", da cui appresero non solo le tecniche che portarono alla costruzione delle Cattedrali gotiche, ma soprattutto quelle yoga e di respirazione profonda, che rendono possibile attivare forme metaboliche, che influenzano il ritmo cardiaco e lo stesso processo di ossigenazione del sangue, facendo aumentare metabolicamente i livelli di CO/2 (anidride carbonica), senza rischi di avvelenamento secondo processi linfatici simili a quello dei vegetali, tecniche, meglio conosciute come "Esicasmo" seguite anche dai monaci del Monte Athos in Grecia.
 
Al di là dell'esteriorità della guerra, che li contrapponeva durante le crociate, è proprio ai due Ordini che si deve quell'evidente connubbio trascendente tra Cristianesimo ed Islamismo, che portò a racchiudere certi > segreti < nelle "pietre" delle enigmatiche Cattedrali gotiche, in cui gli architetti, iniziati all'Arte Regia, più che su "pergamene" erano adusi lasciar > messaggi simbolici < in codice su "pietra".
 
C’è quindi un motivo preciso del perché "le pietre" delle Basiliche di Assisi e di Collemaggio richiamino proprio questi > due colori <e riproducono le tipiche “croci templari” e queste due chiese, come del resto le altre Cattedrali gotiche, non furono certo erette con il solo fine dell'estetica, come è convinzione della maggioranza di coloro che ogni anno a migliaia le vanno a visitare.
 

 
Nella loro pianta e nella sapiente distribuzione delle loro proporzioni numeriche si ritrovano gli stessi segreti di geografia sacra e la sapiente diffusione controllata dell'energia tellurica, sprigionata dal suolo, e di quella che permea l’intero Universo, scelta mai casuale.

Sullo schema del Tempio di Salomone, raso al suolo dai romani nel 70 d.c. o del Tempio a Tholos, costruito nel 360 a.c ad Epidauro, e prima ancora delle Piramidi, si sfruttava non solo l’energia tellurica, ma anche quella solare, realizzando, come a Gerusalemme nella Moschea di Al Aqsa (casa madre dei templari) un sistema eliocentrico, capace, alla stregua di un superconduttore, di concentrare queste energie per riprodurre un ambiente idoneo all’iniziazione del neofita ed all’elevazione progressiva di coloro che erano già nel cammino della ricerca interiore.

I Templari, durante la lunga permanenza in Terra Santa, oltre a mantenere stretti e segretissimi rapporti con gruppi esoterici mussulmani, entrarono in contatto anche con i rinomati “maestri della pietra”, architetti progettisti di luoghi sacri, ai quali trasmisero l’arte di costruire ambienti idonei all’iniziazione, in cui si creavano particolari campi di energia sotto l’effetto di un’alta frequenza e di un basso magnetismo, che consentivano di sottoporre il corpo dei partecipanti al rito di iniziazione ad energie adatte ad aprire progressivamente i centri vitali.

Per costruire questi “Centri di iniziazione ai Misteri” si dovevano appunto sfruttare, come a Chartres ed a Collemaggio le vene energetiche della terra, esaltate dal passaggio sotterraneo dell’acqua, come spiega la moderna  geobiologia, e concentrarle intorno a un "Labirinto", che serviva da accumulatore e da stimolatore delle energie, come nelle Cattedrale di Amiens e di Saint Quintin in Francia.

o nella chiesa di San Vitale a Ravenna (Italia)


 
Secondo storici attendibili alcuni di questi "maestri della pietra" , detti "Cagot" appartenenti ad una tribù di nomadi palestinesi, si erano trasferiti in Europa al  seguito dei 9 cavalieri templari, capitanati da Jean de Payns di ritorno dalla 1° crociata, dopo 9 anni passati a scavare sotto le rovine del Tempio di Salomone, dove si erano installati  su concessione di Baldovino, Re di Gerusalemme.

I Cagot si  sarebbero insediati tra le montagne dei Pirenei, godendo dell’appoggio e del sostegno dei Catari, dei Cistercensi e dei Templari e sembra che fu appunto ad uno di loro, a cui venne affidato il delicato compito di  progettare e costruire la Basilica  di Collemaggio, ultimo esempio di questa raffinatissima arte iniziatica.

Entrambi gli Ordini coniugavano la loro matrice mistico-religiosa ad un carattere militare e ad una prassi politica spesso spregiudicata; entrambi avevano una rigida organizzazione gerarchica ed anche i colori dei loro abiti, il bianco e il rosso, erano simili. Inoltre, gli aspetti segreti ed iniziatici della setta del Signore della Montagna, il loro capo indiscusso, non possono non far pensare a quegli aspetti occulti e misteriosi che, pur non essendo mai stati confermati da prove sicure, sono sempre stati attribuiti al Templarismo
 

L'intento dei più sensibili ed attenti esponenti dell’Ordine, forse presagendo l’inevitabile e rapida estinzione, era infatti quello di riuscire a creare anche in Italia un baluardo contro lo strapotere del Papato, che aveva già annientato i Catari e gli Albigesi, un "Centro” completamente diverso da quelli costruiti in Francia. Centro che doveva essere all’avanguardia per l’intensità e la potenza, onde portare il sito agli stessi livelli dell’energia che permea l’intero Universo.

Per ottenere tale risultato era necessario adottare alcuni accorgimenti, che in altri siti si erano rilevati esenziali ed indispensabili. Bisognava garantire la presenza attiva di alcune “reliquie consacrate”, rivelatesi le più adatte ad essere inserite in questi complessi meccanismi di pietra e vetro, in quanto altamente energizzate e in diretta  sintonia con l’energia prima.

Non è infatti un caso che in tutte le chiese cristiane venga posto al centro dell’altare maggiore una piccola “reliquia consacrata” del Patrono a cui è dedicato il luogo di culto, reliquia sulla quale l’officiante il rito della messa poggia il calice con le ostie consacrate e che è usanza antichissima asportare e portare via in luogo sicuro, quando la chiesa viene sconsacrata ed abbandonata.  E non è un caso che quasi sempre, sulle rovine di un  tempio abbandonato, viene ricostruito un altro tempio di un culto spesso diverso. Su molti templi dell’antica Roma, della Grecia, dei Druidi e dei Celti sono state costruite chiese cristiane.

Gerusalemme era caduta nel 1244, riconquistata e definitivamente persa nel 1291, ed i suoi  strenui difensori si erano ritirati  portando via da tutti i templi e chiese sconsacrate queste particolari reliquie. E proprio le più importanti di queste reliquie, anche  per il  loro particolare significato simbolico, furono scelte  e destinate al potentissimo Sito di Collemaggio.

L’Ordine si era convinto infatti che bisognasse trovare un nuovo "Centro vitale", spostando l’epicentro della cristianità  da Roma inguaribilmente corrotta ed ormai in mano alle famiglie più importanti dell’aristocrazia romana.

Pensavano infatti che fossero giunti i tempi di preparare  le basi dell’Ecclesia Spiritualis, in sostituzione dell’Ecclesia carnalis.

Nella seconda metà del XII secolo c’era infatti una grande attesa per l’ormai imminente Età dello Spirito, profetizzata da Giocchino da Fiore, abate del Convento di San Giovanni in Fiore in Calabria, morto nel 1202, che aveva previsto l’inizio  di quest’età dell’umanità a partire dal 1260 e molti individuarono in Pietro Angeleri “il Pastor Angelicus”, il Pontefice della Chiesa Spiritualis e dell’Universalis renovatio.

L'Aquila era stata costruita sull’immagine speculare della pianta di Gerusalemme e queste e altre considerazioni, non ultima e decisiva la presenza in loco dell’uomo giusto, dovettero convincere i Templari dell’opportunità, assolutamente improcrastinabile, di costruire questa particolarissima Basilica, completamente diversa dalle altre cattedrali gotiche. E furono sicuramente le stesse valutazioni geopolitiche ad indurli  a dare l’appoggio incondizionato al futuro Celestino V, spinto sul soglio pontificio da due re templari, Carlo Martello e Carlo II d’Angiò che molto probabilmente portarono all’Aquila, proprio durante la celebrazione di insediamento, le più sacre reliquie della cristianità per completare l’opera alchemica e predisporre un percorso iniziatico e di purificazione spirituale, unico nel suo genere, che doveva   lasciare  una profonda ed indelebile traccia nel pellegrino.
 

 
Il percorso, inserito  nella navata centrale della Basilica attraverso Otto Porte Eteriche, Cinque Prati e Due Campi, diventava, proprio grazie alle reliquie consacrate, un simbolo vivo in piena attività, a disposizione di chiunque entrasse nella Basilica e passasse anche inconsapevolmente ed incoscientemente attraverso queste tappe, come se n’è reso personalmente conto Eddy Seferian, attraverso un’esperienza che potete leggere in un capitolo a parte, in cui questo ottantenne sensitivo armeno ci ha mostrato, che, nonostante i blocchi creati ad arte, questa Via alla Luce è ancora percorribile ed attivo, anche se dopo il terremoto, tutto si è nuovamente fermato, ma non  certo spento.

http://www.soscollemaggio.com/it/dove-nascosto-il-tesoro-dei-templari.html

domenica 27 settembre 2015

Visite da altri mondi abitati

Due articoli su una delle principali domande, a mio parere, che caratterizzano l'ufologia contemporanea ... parliamo di extraterrestri in carne ed ossa provenienti da altri pianeti o parliamo di esseri metafisici provenienti da altri piani dimensionali?

GLI ANZIANI DEI NATIVI AMERICANI RIVELANO CENTINAIA DI ANNI DI CONTATTI ET

Per 10 giorni nel Giugno 1996, la Yankton Sioux Reservation sui ventosi altipiani del Sud Dakota fu il luogo d’incontro per i leader di varie tribù indigene provenienti da tutto il mondo e centinaia di ascoltatori nativi ed occidentali. L’occasione in cui ciò si verificò fu la Star Knowledge Conference and Sun Dance, convocata dal leader spirituale Lakota (Sioux) Standing Elk, in risposta a una visione. La visione mostrava all’indiano d’America che la conoscenza spirituale riguardante le Star Nations andava condivisa. La Conferenza era anche l’occasione di raccontare le antiche profezie Hopi e Lakota.

Parteciparono sciamani da tutte le tribù americane (Lakota, Oglala, Dakota, Blackfoot, Nakota, Iroquois, Oneida, Seneca, Choctaw, Hopi, Yaqui, Maya), il capo degli sciamani Maori della Nuova Zelanda e uno studioso della gente Saami, in Scandinavia.

nativi

Tutti loro si riunirono in quanto notarono segnali che richiamavano antiche profezie. Questi segni significavano che era arrivato il momento di condividere apertamente le loro tradizioni orali, fino a quel momento mantenute all’interno delle loro tribù. Queste tradizioni includevano le origini dalle stelle, l’influenza delle Star People nella formazioni della loro cultura e del loro credo spirituale, compreso il ritorno imminente delle Star Nations.

Fu una riunione senza precedenti, richiesta da Standing Elk mediante un annuncio pubblico dedicato a tutti gli anziani. Esso dichiarava che la loro conoscenza sacra “andava condivisa con i nostri fratelli delle quattro direzioni” (il mondo non-nativo). Inoltre, egli invitava alcuni dei più famosi esperti europei e americani a parlare a questo incontro di anziani. Tra di essi si son presentati personaggi come l’ex sergente maggiore Bob Dean della NATO Intelligence, il professore di Harward John Mack, l’autore Whitley Strieber, l’assistente del direttore del CSETI Martin Keller, il chirurgo e Generale Finlandese Rauni Kilde, il professore Leo Sprinkle, il ricercatore e psicologo Richard Boylan, il professor Courtney Brown, lo stigmatizzato italiano Giorgio Bongiovanni, il ricercatore tedesco Michael Hesemann, gli ex agenti del paranormale per la CIA Dea Martin e Derrel Sims, i contattisti Marilyn Carlson e Randolph Winters, e altri.

Standing Elk, Protettore Lakota dell’Altare a Sei Punte della Nazione Stellare, alla sua introduzione ha rimarcato come gli uomini di medicina hanno l’abilità di comunicare con le entità spirituali della Madre Terra, come l’Aquila, il Cervo, il Coyote e le Nazioni Stellari.

“Le Nazioni Stellari erano la più cruciale delle entità, a causa del pensiero delle altre razze. Comunicare con gli indigeni creerebbe una grande minaccia per i sistemi religiosi, economici ed educativi di ogni governo. La più grande paura nelle strutture governative è la conoscenza che ogni forma di “Governo Stellare” non abbia un sistema monetario. 

I loro sistemi sono basati sulle leggi mentali, spirituali ed universali e loro sono troppo intelligenti mentalmente e spiritualmente per violarle. Il crollo del sistema monetario del Governo degli Stati Uniti e delle Denominazioni Religiose è diventato un problema di Sicurezza Nazionale, così è diventato più facile far sì che i sistemi di credenza Lakota e Dakota fossero illegali, sia in pratica che in partecipazione”. Ha aggiunto che “I medici Lakota/Dakota stanno ora venendo istruiti nella condivisione della conoscenza spirituale delle Nazioni Stellari, a causa della contaminazione di Madre Terra e dell’inquinamento dell’aria.”

Incontri con esseri extraterrestri sono presenti nel passato e nel presente di queste tribù, con diversi incontri con diverse razze anche negli anni recenti.

Lo stesso Standing Elk ha raccontato della vista di diverse navi e dell’incontro con un essere di 7 piedi (2,13 mt) che l’ha accolto nella sua nave. Un altro medico Sioux ha confermato la presenza di Visitatori dalle Stelle: alcuni sono come insetti, con grandi occhi neri e dita molto lunghe. Alcuni vivono nel cosmo e altri sono dietro la Luna. Le leggende Sioux raccontano della presenza di esseri delle Pleiadi, di Sirio e di Orione. Sono state presenti anche visite da parte di Grigi Zeta. Anche Standing Elk ha avuto una visita da parte di un essere di 7 piedi (1,53 mt), con pelle arancione e larghi occhi. Ha raccontato anche della presenza di esseri blu e verdi e di “centinaia di altre razze di cui non siete a conoscenza”. Ha aggiunto che “la via delle Stelle è presente in ogni cultura.”

Ha infine aggiunto che diversi profeti da cui sono iniziate diverse religioni erano in realtà esseri extraterrestri e ciò è stato ribadito anche da Floyd Hand degli Oglala.

L’anziana Paula Underwood ha fornito la prospettiva Iroquese sulla vita off-planet. Ha descritto molte forme e apparizioni di extraterrestri. In risposta alla questione sulla possibilità di formare una comunità con loro, ha replicato che “tutti quelli che camminano su due gambe sono nostri fratelli e sorelle. Veniamo per l’unità dell’Universo.” Underwood ha detto che una tradizione iroquese parla di un messaggio telepatico delle Star Nations al suo popolo: “Stiamo arrivando” – “Non venite, non siamo preparati” – “Preparatevi.”

La rappresentante finlandese dei Saami ha raccontato di incontri di visitatori stellari anche in Scandinavia, alcuni vissuti da lei in prima persona. Ha raccontato che i piccoli Zeta non sono molto presenti in Europa e che l’atteggiamento verso i contatti ET è molto migliorato. In Russia, invece, molti cosmonauti hanno ricevuto minacce di morte nel caso in cui avessero rivelato dei loro incontri con visitatori extraterrestri.

Steve Red Buffalo (Lakota) ha raccontato di incontri con i Pleiadiani, che sono direttamente collegati con la Terra.


Quando gli indigeni parlavano con gli alieni

Solo alla fine degli anni 1940 si è sentito parlare di avvistamenti UFO, una data storica per l'ufologia una pseudo scienza nata dopo il famoso crash di Roswell, anche se da qualche tempo, una nuova teoria mira a sostenere che la questione UFO è molto più antica.

Aliens et Aborigènes

L'Australia è una Nazione in gran parte inospitale a causa della suo territorio desertico e isolato dal mondo

Eppure queste terre non sono del tutto disabitate poiché gli aborigeni vivono in questi luoghi da oltre 70 000 anni.Fu durante gli scavi archeologici che sono stati scoperti alcuni disegni che sembrano descrivere esseri provenienti da un altro pianeta.Tra leggende e disegn rupestri molti indigeni sono convinti che gli alieni sono venuti sulla terra e per loro, con lo scopo di allacciare una sorta di comunicazione. Inoltre, nel corso degli ultimi due secoli, le terre aborigene furono profanate da una moltitudine di predicatori della fine del mondo.

E 'nel sud dell'Australia che nel 1988, una donna e suo figlio di tre anni attraversando il Nullarbor Plain osservarono il 28 gennaio una strana luce nel cielo. La donna la seguì con la sua autovettura fino a trovarsi di fronte a un dispositivo completamente sconosciuto.

Dopo averlo superato la donna si accorse con stupore che l'oggetto volante era atterrato sul tettuccio dell'autovettura provocandone la perdita del controllo a seguito dello scoppio di un pneumatico. La famigliola dopo essere scesa dal veicolo fuggì terrorizzata nei vicini boschi ove rimase nascosta fino alla scomparsa dell'UFO. 

Per le autorità, la madre avrebbe perso il controllo della sua auto a causa di una pioggia di meteoriti nonostante che sull'autovettura furono rinvenute tracce di fuliggine scura. 

Già in precedenza si erano verificati casi simii. Secondo le leggende degli aborigeni il mondo sarebbe nato grazie all'intervento di alcuni Dei in un epoca conosciuta come il tempo dei sogni. Nel Nullarbor Plain, c'è una grande montagna dove molti credono che gli alieni si sarebbero insediati migliaia di anni prima della della creazione degli esseri umani. Alcuni dipinti aborigeni tentano di dimostrare un incontro con questi esseri provenienti da altrove i quali erano considerati pionieri dell'astronomia così come la conosciamo oggi oltre a essere responsabili di alcuni rapimenti alieni. 

Per molti, questa connessione speciale avrebbe protetto gli aborigeni dagli attacchi alieni e da antichi test nucleari. Inoltre, su tutti i rapimenti registrati, solo le persone di origine europea sarebbero state vittime di questo fenomeno ad eccezione della popolazione autoctona. In Australia vi è una base che richiama l'area 51 da cui prende il nome la quale è localizzata nella zona di Woomera.Questo è il luogo dove sarebbero stati condotti dei test nucleari britannici il cui programma avrebbe costretto i nativi ad abbandonare i loro villaggi. I testimoni raccontano che gli alieni sarebbero arrivati in questi luoghi per offrire il loro aiuto. Gia'in quel periodo si parlava di luci rosse e di avvistamenti UFO .

Da non confondere con gli Anunnaki... quelli sono altra cosa, molto, ma molto, ma davvero moltissimo, più simili a noi di quanto non possiamo immaginare



sabato 26 settembre 2015

La massa mancante

Una parte consistente della materia ordinaria che forma la nostra galassia è finora sfuggita all'osservazione degli astronomi. Alcune recenti rilevazioni del telescopio spaziale Hubble nella regione della Grande Nube di Magellano indicano che questa massa formi un'enorme alone gassoso attorno alla Via Lattea

L'enigma della massa mancante della Via Lattea

Le galassie giganti come la Via Lattea e Andromeda sono costituite principalmente dall'esotica materia oscura. Ma anche la materia ordinaria della nostra galassia rappresenta un enigma perché la maggior parte di essa non si trova ed è ancora sconosciuta agli scienziati. Ora, però, setacciando una regione periferica della Via Lattea, gli astronomi hanno potuto stimare la quantità di gas che circonda il brillante disco della nostra galassia, scoprendo che questo materiale supera tutto il gas e la polvere interstellare nella nostra regione della Via Lattea.

Le misurazioni della radiazione cosmica di fondo – il bagliore residuo del big bang - indicano che un sesto di tutta la materia nell'universo è ordinaria, o barionica, e contiene protoni e neutroni ("barioni"), proprio come le stelle, i pianeti e le persone. Sulla base del movimento di oggetti distanti che orbitano intorno alla Via Lattea, gli astronomi stimano che la nostra galassia sia circa mille miliardi di volte più massiccia del Sole. Se cinque sesti di questo materiale è materia oscura, allora la massa di questa sostanza esotica nella nostra galassia è pari a 830 miliardi di masse solari; la materia barionica dovrebbe dunque spiegare i restanti 170 miliardi.

Il problema è che tutte le stelle note della nostra galassia e la materia interstellare arrivano ad appena 60 miliardi di masse solari circa: 50 miliardi attribuibili alle stelle e 10 miliardi ai gas e alle polveri interstellari. (La Via Lattea ha più di 100 miliardi di stelle, ma la maggior parte di esse sono più piccole del Sole.) E questo lascia un enorme buco di 110 miliardi di masse solari di materiale ordinario mancante. Se la Via Lattea è ancora più massiccia di quanto attualmente stimato, il problema dei barioni mancanti peggiora, e lo stesso enigma affligge anche altre galassie giganti.

Dove sono i barioni mancanti? Forse in un alone di gas diffuso attorno alla Via Lattea. I satelliti a raggi X hanno rilevato nella nostra galassia atomi di ossigeno che hanno perso la maggior parte dei loro otto elettroni, segno che si trovano in ammassi di gas milioni di gradi più caldi della superficie del Sole. Ma dal momento che non sappiamo quanto distano da noi questi atomi “fritti” di ossigeno, non possiamo valutare con precisione le dimensioni di questa componente della galassia. Se sono abbastanza vicini al disco, questo “mezzo circumgalattico" non è molto esteso, e quindi non conta molto. Ma se sono lontani, diffusi in un gigantesco alone, questo materiale gassoso potrebbe superare per massa tutte le stelle della galassia, fornendo carburante per la formazione stellare per miliardi di anni a venire.

L'enigma della massa mancante della Via Lattea

Fortunatamente per gli astronomi, la Via Lattea è così possente da governare uno stuolo di galassie più piccole che le ruotano attorno come le lune orbitano attorno a un pianeta. La galassia satellite più splendente è la Grande Nube di Magellano, a 160.000 anni luce dalla Terra. Come tutti gli altri satelliti galattici, si muove intorno alla Via Lattea, ma a differenza della maggior parte dei suoi simili è ricca di gas, che le viene strappato quando si scontra con il gas dell'alone. La quantità di gas persa dipende dalla velocità con cui questo nostro vicino si muove e dalla densità del gas dell'alone. E partendo da questa densità si può stimare la massa del gas dell'alone.

Recentemente, il telescopio spaziale Hubble ha misurato la velocità della galassia. Questo ha permesso agli astronomi Munier Salem (della Columbia University), Gurtina Besla (della Università dell'Arizona) e ai loro colleghi di studiare il gas strappato e stimare che la densità del gas dell'alone della Via Lattea nei pressi della Grande Nube di Magellano è 0,0001 atomi per centimetro cubo.

Non è molto – è circa 10.000 volte più rarefatto del gas interstellare all'interno del disco della Via Lattea disco - ma l'alone si estende per un volume enorme. In uno studio inviato per la pubblicazione a “The Astrophysical Journal”, gli astronomi ipotizzano che la densità del gas diminuisca con la distanza dal centro della Via Lattea, e calcolano che il gas ammonti a 26 miliardi di masse solari, circa la metà della massa di tutte le stelle della Via Lattea. Matthew Miller, uno specializzando all'Università del Michigan che sta completando la sua tesi sul mezzo circumgalattico, dice che questo valore corrisponde alle stime precedenti, ma si basa su una misurazione più diretta della densità.

Tuttavia, la massa dell'alone di gas appena calcolata costituisce solo il 15 per cento dei contenuto barionico atteso per la Via Lattea. Besla dice che la quantità reale del gas dell'alone è probabilmente maggiore perché la sua densità può diminuire con la distanza in misura minore di quanto presupposto dai modelli standard. Miller sospetta che barioni mancanti potrebbero non trovarsi affatto nella Via Lattea, non essendo mai ricaduti nella nostra galassia insieme alla materia oscura, nel qual caso sarebbero alla deriva nel vasto spazio tra le galassie giganti.

Besla prevede che in futuro si potranno fare misurazioni migliori. Un'altra galassia ricca di gas - la Piccola Nube di Magellano, a 200.000 anni luce dalla Terra – orbita attorno alla Grande Nube di Magellano. La loro danza ha fatto fluire il gas in un fiume lungo più di mezzo milione di anni luce. La maggior parte di questa Corrente di Magellano si estende ben oltre la Grande Nube di Magellano e quindi – dice Besla - dovrebbe permettere di sondare la densità del gas dell'alone anche altrove, permettendo un'ulteriore definizione della massa del mezzo circumgalattico.

In effetti, gli astronomi della Terra sono fortunati: abitano una delle poche galassie giganti che vanta due galassie satelliti vicine e ricche di gas. "E 'incredibile quante informazioni ci offra questo sistema", afferma Besla. Tutti i satelliti che orbitano alle altre tipiche galassie giganti sono poveri di gas: gli eventuali astronomi di quelle galassie possono guardare i loro colleghi della Via Lattea con una certa invidia.

venerdì 25 settembre 2015

Le due mogli di Adamo e il fascino di Lilith

«Perché ridi? Certo che non ci credo, ma queste storie mi piace raccontarle, mi piaceva quando le raccontavano a me, e mi dispiacerebbe se andassero perdute. Del resto, non ti garantisco di non averci aggiunto qualcosa anch’io: e forse tutti quelli che le raccontano ci aggiungono qualche cosa, e le storie nascono cosi» (Lilit e altri racconti, Primo Levi)

Inizierò da questa citazione di Primo Levi per parlare di uno dei miti più antichi della storia occidentale: il mito della creazione. Tutti noi, credenti e non, siamo cresciuti con un bagaglio di immagini tratte dai testi sacri cristiani. Che ci piaccia o no, il testo del Genesi, con la narrazione della creazione della donna da una costola dell’uomo ha per secoli condizionato il modo di percepire il rapporto tra i generi. Il mito che voglio introdurre si colloca proprio tra il racconto della nascita dell’uomo e della nascita della donna, che come sappiamo è avvenuta in modo differente.

Michelangelo, Peccato originale e cacciata dal Paradiso
Michelangelo, Peccato originale e cacciata dal Paradiso

Per millenni il racconto biblico delle origini ha incanalato su i suoi binari tutto ciò che concerne i rapporti tra uomo e donna e le identità di genere, ha permesso di giustificare e rendere necessarie le gerarchie tra maschile e femminile, imprimendo a fondo una forma mentis che rimane indiscussa per qualche millennio.

Fino al XVIII secolo nessuno aveva mai avanzato il dubbio che l’antico testamento fosse stato scritto da mani diverse e durante un lungo arco di tempo, anzi, la tradizione più ortodossa ritiene che esso sia stato scritto interamente da Mosè circa 1500 anni prima di Cristo. Il primo a formulare dei dubbi a riguardo fu Baruch Spinoza, nel 1670, accendendo la miccia di quella che oggi viene definita come Ipotesi documentaria.

Per fare un po’ il quadro della situazione bisogna ricordare che il testo della Genesi è il primo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, è suddiviso in 50 capitoli, di cui i primi 11 narrano la preistoria biblica, ovvero la creazione, il peccato originale e il diluvio universale. I primi due in particolare narrano della creazione del mondo e dell’uomo, con una versione diversa in ognuno dei due capitoli.

Per intenderci, il primo libro narra della creazione di uomo e donna a immagine di Dio:
«E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.»

Nel secondo capitolo la storia della creazione però si ripete nella versione che più conosciamo, quella di un Adamo creato da solo, troppo solo, al punto che Dio se ne rattrista e vuole dargli una compagna: «Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo».

Sembra quasi una bestemmia la scena in cui dio fa sfilare tutti gli animali davanti ad Adamo sperando che questi peschi da quel mucchio una compagna idonea, eppure è quello che descrive il secondo libro del Genesi.

Il creatore, vista l’insoddisfazione dell’uomo, quasi che Adamo capisse meglio di Dio che gli altri esseri erano profondamente diversi da lui, fa calare sulla sua creatura un profondo sonno e gli sottrae una costola. Da qui creò la donna: Eva, femmina dell’uomo. Nasce così, da un furto, l’altra metà del genere umano, da una rapina perpetrata nel torpore del sogno.

Nella donna l’uomo riconosce la sua specie:

«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».

È qui importante sottolineare la presenza di un aggettivo dimostrativo ad apertura della frase messa in bocca ad Adamo. «Questa volta» è in contrapposizione a un altro evento? Vi è già stata una volta precedente, o l’uomo si riferisce semplicemente al tentativo di Dio di cercargli una compagna tra gli animali?

Come è possibile che nel primo libro si parla di una creazione di «maschio e femmina» a immagine e somiglianza di Dio e plasmati nello stesso istante?

A questi interrogativi le interpretazioni bibliche dell’ebraismo antico hanno dato risposta con un altra storia: quella di una donna creata prima di Eva.

In queste due versioni contraddittorie della creazione affonda le radici un mito oggi poco conosciuto, quello della prima moglie di Adamo, Lilith, creata come lui a immagine e somiglianza di Dio.

Questa figura risale ai miti e le leggende antiche della Mesopotamia, che molti studiosi fanno risalire addirittura al 3000 a. C, e appare come un insieme di demoni legati al vento e alla tempesta. A differenza delle popolazioni a cui erano assoggettati, gli Ebrei adottarono una religione monoteista e la stretta convivenza con le civiltà assire e Babilonesi fece si che alcuni elementi della loro religione fossero accolti anche nei testi ebraici. Probabilmente assimilata all’interno della religiosità ebraica intorno al 700 a. C., la figura di Lilith si mostrò funzionale a colmare il vuoto letterario tra il primo e il secondo libro del Genesi.

Secondo i tradizionali commenti alla Torah ebraica Dio diede ad Adamo una prima compagna, ed entrambi vissero nel giardino dell’Eden finché non si scontrarono a causa del rifiuto della donna di stare sottomessa all’uomo. A seguito del litigio Lilith fugge dall’Eden e si rifugia tra i demoni, ma Dio manda una schiera di angeli a cercarla e a intimarle di tornare indietro. Lilith rifiutò, determinata a non tornare.

Ribellatasi a Dio, ella si stacca dalle origini, prende consapevolezza di sé e sceglie di vivere la propria vita.

Le fonti ebraiche che parlano di lei sono numerose, spesso viene descritta come una donna di una bellezza ammaliante, ma terrificante, con lunghi capelli rossi o blu, con coda di serpente o con ali di uccello. Insomma, nei secoli il mito si è arricchito di ogni sorta di fantasia e dettagli, invadendo spesso anche il mondo dell’arte.

Numerose sono le figure di riferimento con caratteristiche simili: le Arpie, le Sirene, Echidna e la sua stirpe (Sfinge, Medusa, Scilla), Idra, le Strigi, le Nereidi. Nelle tradizioni europee ed arabe troviamo invece Melusina, Oumm es Sibyan, Lorelei. Alcuni azzardano ad accostare la figura di Lilith a quella del vampiro e del lupo mannaro, ma queste al momento possono risultare solo vane speculazioni.

Dante Gabriele Rossetti, lady Lilith
Dante Gabriele Rossetti, lady Lilith

Tra i tanti pittori affascinati dal mito demoniaco di Lilith non si possono non citare John Collier e Dante Gabriele Rossetti, così come viene spontaneo pensare a testi poetici che ne parlano esplicitamente, come Il ritorno di Lilith di Joumana Haddad.

Trasformata dalla mitologia ebraica in un furioso demone che tormenta le notti degli uomini, Lilith raccoglie in sé tutti i tratti oscuri e distruttivi che sembrano raccogliere la testimonianza di un’antica paura, ovvero quella del sovvertimento degli schemi tradizionalmente imposti. Lilith rappresenta l’archetipo della donna riluttante alla sottomissione e si carica nel tempo di tutti gli aspetti negativi della femminilità presenti nell’immaginario popolare: adulterio, stregoneria e lussuria.  

Tra le famiglie ebree ortodosse esiste ancora l’usanza di appendere degli amuleti alle culle dei bambini maschi per proteggerli da questo demone, che potrebbe ucciderli negli otto giorni che intercorrono tra la nascita e la circoncisione.

Un’interpretazione di tipo antropologico tende a mostrare come Lilith e altre figure femminili legate alla divinità siano state demonizzate dalle religioni di impianto maschile, probabilmente come risposta alla necessità di sgomberare il campo dai residui di preistorici culti di tipo matriarcale e femminili. Queste teorie non si basano però su fonti storiche o archeologiche, ma su interpretazioni di stampo psicoanalitico, promulgate tra gli altri anche da Carl G. Jung, che non si riferiscono a un’entità realmente esistente nello spazio e nel tempo, ma a un’immagine interiore che agisce sulla psiche umana, a un archetipo.

Lilith, John Collier
Lilith, John Collier

Anche la letteratura non strettamente religiosa ha subito il fascino di questo mito e lo ha fatto proprio accentuandone alcuni caratteri, come la sensualità e la pericolosità, soprattutto nella letteratura dell’età Romantica.

La Lilith del Faust di Goethe corrisponde in pieno a questo paradigma:

«FAUST: ma quella chi è?
MEFISTOFELE: quella è Lilith
FAUST: Chi?
MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo,
Sta in guardia dai suoi bei capelli
Da quello splendore che solo la veste.
Fai che abbia avvinto un giovane con quelli,
E ce ne vuole prima che lo lasci».

La manifestazione letteraria più interessante in Italia è quella che abbiamo con Primo Levi, in Lilit e altri racconti, anch’esso ambientato in un campo di concentramento nazista. Nel racconto in questione è l’ebreo “Tischler” a parlare di Lilith e a metterne a conoscenza Primo Levi:
«Se tu avessi letto bene la Bibbia, ricorderesti che la faccenda della creazione della donna è raccontata due volte, in due modi diversi: ma già, a voialtri vi insegnano un po’ di ebraico a tredici anni, e poi finito… Si, è raccontata due volte, ma la seconda non è che il commento della prima»,
e poi più avanti: «nel primo racconto sta solo scritto “Dio li creò maschio e femmina”: vuoi dire che li ha creati uguali, con la stessa polvere. Invece, nella pagina dopo, si racconta che Dio forma Adamo, poi pensa che non è bene che l’uomo sia solo, gli toglie una costola e con la costola fabbrica una donna… c’è chi crede che non solo le due storie, ma anche le due donne siano diverse, e che la prima non fosse Eva, la costola d’uomo, ma fosse invece Lilit. Ora, la storia di Eva è scritta, e la sanno tutti; la storia di Lilit invece si racconta soltanto.

La prima storia è che il Signore non solo li fece uguali, ma con l’argilla fece una sola forma, anzi un Golem, una forma senza forma. Era una figura con due schiene, cioè l’uomo e la donna già congiunti; poi li separò con un taglio, ma erano smaniosi di ricongiungersi, e subito Adamo volle che Lilit si coricasse in terra. Lilit non volle saperne: perché io di sotto? non siamo forse uguali, due metà della stessa pasta? 

Adamo cercò di costringerla, ma erano uguali anche di forze e non riuscì, e allora chiese aiuto a Dio: era maschio anche lui, e gli avrebbe dato ragione. Infatti gli diede ragione, ma Lilit si ribellò: o diritti uguali, o niente; e siccome i due maschi insistevano, bestemmiò il nome del Signore, diventò una diavolessa, parìi in volo come una freccia, e andò a stabilirsi in fondo al mare. C’è anzi chi pretende di saperne di più, e racconta che Lilit abita precisamente nel Mar Rosso, ma tutte le notti si leva in volo, gira per il mondo, fruscia contro i vetri delle case dove ci sono dei bambini appena nati e cerca di soffocarli. Bisogna stare attenti; se lei entra, la si acchiappa sotto una scodella capovolta, e non può più fare danno».

primo levi

Fino a un secolo e mezzo fa i due modelli di donna dominanti erano quello della moglie e della cortigiana, i quali ripropongono la contrapposizione dei profili tradizionalmente attribuiti ad Eva e Lilith. La figura biblica di Eva si identifica con quella di madre e di donna che vive per la coppia, con l’ideale della donna come “angelo del focolare”, in voga fino all’Ottocento. Il suo sesso serve per procreare e per dare soddisfazione all’uomo.

Adamo non volle una compagna alla pari, ma una creatura sottomessa, a metà tra gli animali e se stesso, che era sovrano di ogni bestia che pascolava nell’Eden e tale voleva restare. Al di la del mito, al di la della tradizione, la storia di Lilith è soprattutto la storia della metamorfosi di un mito arcaico: donna, ma non madre, le vengono preferite per millenni le figure di Eva e Maria, spose sottomesse e ubbidienti.

Il mito di Lilith finisce per condensare in sé molte delle negazioni patriarcali della figura femminile, in quanto non rispetta lo stereotipo di “produttrice di figli” spogliata di ogni aspetto di autonomia e sensualità.

Con l’avvio dei processi di emancipazione, la donna si spoglia dell’abito che le era stato cucito dalla tradizione religiosa. In parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al potere maschile, prima femminista della storia (mitologica).

giovedì 24 settembre 2015

Le leggende medievali del Graal

Le leggende del Graal rappresentano una fusione di elementi Cristiani e pre-Cristiani. Motivi comuni delle varie versioni della storia date da Chrétien de Troyes (ca. 1150-1190), Wolfram von Eschenbach (c. 1170-1220), ed altri, comprendono un castello magico, abitato dal castrato Re Pescatore, una vergine che porta il Graal, e un eroe maschile che ricerca il Graal. Il testo irlandese precristiano ''Adventures of Art, Son of Conn'' (Avventure di Art, figlio di Conn) già contiene la maggior parte dei temi della ricerca del Graal. Il Graal stesso è variamente identificato come una coppa luminosa, una boccia, un gioiello e (da Wolfram) una pietra, in grado di donare un'infinità di cibo e bevande. 

E' una fonte di giovinezza e salute, sorgente di saggezza e verità. Durante una visita con il dio Manannan, il re Cormac (figlio di Art) e la sua famiglia si trovano ad un tavolo coperto da una tovaglia che - all'improvviso - inizia a produrre cibi e bevande a volontà. Nella sua forma cristianizzata, il Graal è stato identificato con la coppa usata da Cristo durante l'Ultima Cena, il contenitore in cui il suo Sangue è stato raccolto da Giuseppe d'Arimatea, e la coppa eucaristica. Il re Pescatore è generalmente associato ad una lancia sanguinante (che lo avrebbe ferito), a sua volta collegata con la lancia del dio celtico Lug e con la lama che ha trafitto il fianco di Gesù in croce.

Riflettendo su questi motivi, Roger Sherman Loomis ha concluso che la tradizione del Graal è celtica in origine, poiché "viola le più elementari regole dell'etica e dei rituali cristiani", e per questo "non sarebbe sorta in ambienti cristiani". Per sottolineare il concetto, egli chiede: ''Come è possibile che una sacra reliquia, o anche solo una comune patena o un ciborio, possa essere affidata ad una amabile fanciulla, e non ad un prete o un sacrestano?"

Rispondendo alla sua retorica domanda, egli conclude: "Non c'è da meravigliarsi se la Chiesa non ha mai riconosciuto i romanzi del Graal come autentici, anzi, ha mostrato sempre sospetto per il loro background non molto ortodosso".

Ovviamente, la storia del Graal, particolarmente nelle sue origini celtiche e secondo la versione di Wolfram, si sposa bene con una teologia che insiste sull'assoluta mascolinità di Dio, l'inferiorità della donna e su una morale che esalta l'ascetismo sessuale. La moderna tradizione cattolica, tuttavia, esalta il ruolo di Maria come "Madre di Dio" (con un termine greco theotokos o "Portatrice di Dio"), e le sue caratteristiche materne, che in passato erano viste nella antica Magna Mater. Ed oggi, trent'anni dopo il II Concilio Vaticano, le donne possono servire come ministri eucaristici.

I modi di interpretare e descrivere il Graal sono molti e controversi; ciò può essere giustificato dal fatto che il tema del Graal cominciò a diffondersi durante il Medioevo, periodo di intenso fermento in fatto religioso e agitazione intellettuale. Il Graal è un potente simbolo che rappresenta insieme la fecondità femminile, la saggezza, la divinità. 

Non soltanto la portatrice del Graal è quasi sempre una giovane fanciulla, ma il Graal stesso contiene la luminosa immagine di un bambino su di sé o sopra l'ostia che vi è contenuta. Ci vuole un po' di immaginazione per vedere in questa immagine l'archetica connessione tra il Graal-grambo materno, e la storia cristiana dell'Incarnazione-Annunciazione, simboleggiata dalla coppa eucaristica. In questo contesto è interessante notare che Henry e Renée Kahane sostengono che Graal derivi dalla parola greca krater, concetto chiave per gli ermetisti.

E' sicuramente più di una semplice coincidenza il fatto che le leggende del Graal siano nate proprio in un periodo in cui i dibattiti più accesi dell'epoca concernevano il mistero dell'Eucarestia, una controversia che culminò nella promulgazione del dogma della transustanziazione del IV Concilio Laterano del 1215. 

Nella liturgia, l'Eucarestia diventa "Comunione", il sacro pane sacramentale, cibo spirituale nella forma di pane e vino. Questo sottolineò l'importanza dell'Incarnazione, e della presenza di Dio-nel-mondo, in contrasto con la posizione dei Catari, i quali sostenevano che il mondo e qualsiasi cosa in esso, compreso il matrimonio e la procreazione, erano il "male", e il corpo di Cristo soltanto un'illusione. Per loro. come nelle leggende l'importante era vedere il Graal, così anche solo assistere all'elevazione dell'Ostia consacrata aveva lo stesso effetto di grazia della partecipazione alla Comunione. Dopo una durissima persecuzione, i Catari (anche chiamati Albigesi) furono sterminati. Ironicamente, la loro dottrina dualista non si estinse completamente, ma influenzò la frangia Neo-Platonica dei cattolici con la sua visione negativa della vita e del mondo.

Tra le numerose versioni medievali della Ricerca del Graal, Mircea Eliade considerò il Parzival di Wolfram von Eschenbach come ''la più completa storia e coerente mitologia del Graal''. Eliade fu colpita in particolare dal fatto che deliberatamente Wolfram incluse numerosi motivi orientali, e fece ciò con molto rispetto. Wolfram sostenne che la fonte originaria del suo racconto era una saga Ebraico-Musulmana; il padre di Parzival visse per un po' di tempo in Africa, dove si sposò con una musulmana ed ebbe un figlio; questi viaggiò a lungo in Asia ed Africa; il fratello di Parzival sarebbe presto diventato il celebre prete Gianni, monarca Indiano.
In breve, Eliade nota che

[...] è evidente che il simbolismo del Graal dell'opera di Wolfram e dei suoi successori e lo scenario da loro dipinto, rappresenta una sintesi spirituale che va oltre i contributi delle diverse tradizioni. Dietro il suo interesse nei confronti dell'Oriente, si può intravvedere la profonda disillusione causata dal fallimento delle Crociate, l'aspirazione ad una tolleranza religiosa che avrebbe incoraggiato un avvicinamento al mondo dell'Islam, una profonda nostalgia di una "cavalleria spirituale" [...]

Nella tradizione celtica originaria, tuttavia, e nel racconto di Wolfram, l'amore umano e l'aspirazione alla sessualità sono trattati come valori positivi. In contrasto con il Galahad di Chrétien (che raggiunge il Graal attraverso una vita di ascesi e di rinuncia ai piaceri della carne, mantenendosi un cavaliere vergine - e proprio per questo considerato perfetto), Parzival raggiunge il Graal spirituale pur con la sua amata Condwiramurs. Wolfram considera l'amore nuziale come un misterioso ed potentissimo sacramento.

Inoltre c'è un preciso passo in cui si evidenzia che proprio tramite il suo amore coniugale Parzival diventa degno del Graal. Il ricordo di sua moglie Condwiramurs non solo lo sostiene nel suo vagabondare, ma la sua elezione a Re del Graal è immediatamente seguita da una notte d'amore con la sua Condwiramurs in una tenda della foresta. Wolfram scrive: ''Così, io credo, si prese piacere fino a mezzo il mattino. 

Da ogni parte l'esercito si fece da presso a guardare [...] Ora non era più tempo di dormire. Il re e la regina si alzarono. Un prete cantò la messa" (Wolfram 802). Dal passo pare ovvio che Wolfram consideri un atto d'amore tra il re e la regina come una valida ragione per ritardare la celebrazione. Qui, come in altre opere epiche, Wolfram rifiuta il fatto che la Chiesa sia la sola mediatrice tra Dio e l'umanità. Proprio questo anticlericalismo può spiegare l'insinuazione che Wolfram fosse in realtà un Cataro.

Così Wolfgang Spiewok, il traduttore tedesco, scrive nel suo commento: ''Wolfram trasforma l'amore romantico cortese (Minne) nel genuino amore coniugale: fondamento del matrimonio, che in questo trova compimento'' e, per Wolfram ''Dio non si incontra (come sostenuto da alcuni chierici) attraverso l'ascetismo e il rifiuto del mondo, ma attraverso le relazioni sociali vissute al servizio di Dio." Secondo Spiewok, è proprio questa visione non dualistica del mondo materiale l'elemento che assicurò a Wolfram una immensa popolarità delle sue opere durante i successivi secoli che precedettero la Riforma. Se Spiewok ha ragione, allora la storia raccontata da Wolfram rappresenta un antidoto popolare al prevalente dualismo del tardo Medioevo.

mercoledì 23 settembre 2015

I Sumeri e l'evento di Kofels

Un disastroso evento avvenuto 9800 anni fa sconvolse le Alpi austriache. Due ingegneri sono convinti che il cataclisma cosmico era conosciuto dai Sumeri e registrato su un reperto definito “Mappa Stellare Sumera”.

mappa-stella-sumeri

L’Evento di Köfels è una gigantesca frana verificatasi sulle Alpi austriache circa 9800 anni fa, spessa oltre 500 metri e con un fronte lungo almeno 5 chilometri.

Le caratteristiche enigmatiche dell’evento hanno sconcertato gli archeologi per un bel po’ di tempo.

L’ipotesi è che la gigantesca frana sia stata causata dall’impatto di un asteroide (di qui anche l’espressione “Impatto di Köfels”), anche se non tutta la comunità scientifica è concorde su questa teoria.

Le ragioni dell’impatto vengono trovate dalla presenza di roccia fusa. Al momento, gli unici processi noti in grado di generare questo fenomeno sono l’attività vulcanica o l’impatto di corpi celesti con la superficie terrestre.

Tuttavia, i ricercatori che non concordano con l’ipotesi dell’impatto avanzano la possibilità che la roccia fusa sia il risultato del calore generato dall’attrito opposto dalla parete montuosa all’avanzata della frana.

Questo non ha impedito a due ingegneri britannici di pubblicare un libro nel quale sostengono che l’Evento di Köfels sia stato causato da un meteorite, che abbia ispirato numerosi miti nelle culture antiche e che sia stato registrato su un’antica tavoletta d’argilla sumera.

Alan Bond e Mark Hempsell, nel loro libro “A Sumerian Observation of the Kofels’ Impact Event”, sostengono che la tavoletta sumera documenti l’impatto di un asteroide avvenuto il 29 giugno 3123 a.C., divenendo la fonte di numerosi miti, tra cui la distruzione di Sodoma e Gomorra e del mito greco di Fetonte, il figlio del dio del Sole Apollo che mentre faceva un giro sul carro del padre, prese fuoco schiantandosi al suolo.

evento-di-Köfels

I due ingegneri, ritraducendo la tavoletta scritta in caratteri cuneiformi, si sono persuasi che l’evento documentato dai sumeri sia da collegare all’Evento di Köfels.

Però, la loro teoria presenta dei problemi, il più importante legato alla cronologia. La datazione al radiocarbonio eseguita su alcuni tronchi d’albero sepolti dalla frana hanno restituito un’età di circa 9800 anni, circa 4 mila anni prima che venisse scritta la tavoletta sumera.

Inoltre, non sembra esserci nessun cratere sul sito di Köfels. Tuttavia, tutti ammettono che mancato prove definitive per escludere o affermare in maniera definitiva la causa dell’evento.

Allora, qual è la connessione tra la sofisticata mappa stellare dei sumeri e l’enigmatico evento avvenuto in Austria?

La tavoletta cuneiforme si trova nella collezione del British Museum, nota come “Il planisfero” e registrata con il codice K8538. Ancora in fase di studio, la tavoletta fornisce la straordinaria prova dell’avanzatissima astronomia sumera.

La tavoletta fu recuperata nel tardo 19° secolo nella biblioteca sotterranea del re Assurbanipal a Ninive, Iraq.

Per molto tempo si è pensato che fosse un reperto dell’impero assiro, ma il confronto computerizzato tra l’inscrizione e la volta celeste della Mesopotamia del 3300 a.C. ha dimostrato la sua più antica origine sumera.

Si tratta di un vero e proprio “Astrolabio”, il primo strumento astronomico conosciuto. Si compone di un cerchio segmentato con le marcature di misura dell’angolo per calcolare la posizione delle stelle.

Purtroppo, parti considerevoli del planisfero sono mancanti (circa il 40%), conseguenza dwi danni che risalgono al saccheggio di Ninive. Ll’esame della tavoletta d’argilla rivela la presenza delle costellazioni e dei relativi nomi.

Grazie all’utilizzo di un software in grado di simulare le traiettorie e le posizioni dei corpi nel cielo di migliaia di anni fa, i ricercatori hanno concluso che il planisfero sumero registra gli eventi astronomici avvenuti entro il 29 giugno 3123 a.C. (calendario giuliano).

L’aspetto che ha incuriosito i ricercatori è la presenza su una metà della tavoletta di un oggetto abbastanza grande da farsi notare.

L’osservazione suggerisce che possa trattarsi di un asteroide di tipo Aten, ovvero un asteroide facente parte del gruppo dei near-Earth caratterizzati da un’orbita con semiasse maggiore inferiore ad un’unità astronomica. Il nome del gruppo deriva da quello dell’asteroide Aten, il primo oggetto di questo tipo ad essere scoperto; fu individuato il 7 gennaio 1976 da Eleanor Helin.

astrolabio-sumeri

L’oggetto riportato sulla tavoletta sumera, in proporzione, misurerebbe più di un chilometro di diametro e la sua traiettoria sarebbe coerente con l’impatto di Köfels.

Infatti, secondo i due ingegneri, la peculiare traiettoria dell’asteroide spiegherebbe perché non vi sono segni d’impatto sul sito. L’angolo di arrivo sulla Terra sarebbe stato molto stretto (circa sei gradi), il che significa che l’asteroide, più che impattare sul terreno, avrebbe tagliato la cima di una montagna chiamata Gamskogel, a circa 11 chilometri da Köfels, causando la catastrofica valanga.

Nonostante i presupposti delle teoria di Alan Bond e Mark Hempsell siano in gran parte accettati, rimane il dubbio sulla discrepanza cronologica: secondo il radiocarbonio, l’Evento di Köfels è avvenuto circa 9800 a.C., mentre la tavoletta sumera risale al IV millennio a.C. Come spiegare questa incongruenza?

mappa-stellare-sumeri

Le possibili soluzioni sono : 1) la teoria dei due ingegneri britannici e sbagliata e la tavoletta sumera registra un evento differente non ancora compreso; 2) i risultati al radiocarbonio potrebbero essere stati viziati da difetti nei campioni; 3) i sumeri sapevano del catastrofico impatto avvenuto 4 mila anni prima, tramandandolo sulla tavoletta prodotta nel 3123 a.C.

Ad ogni modo, le analisi e gli studi sul Planisfero sumero e del sito di Köfels non sono conclusi. La comprensione di queste due storie del passato terrestre potrebbero svelare agli studiosi sorprendenti conseguenze.

martedì 22 settembre 2015

Il problema del Tempo

Mettiamo nel giusto ordine le seguenti frasi: un uomo muore, più tardi si sposa e finalmente nasce.
 
Grazie al nostro senso della percezione del tempo, si tratta di un gioco da ragazzi: “la morte segue sempre la nascita” e non accade mai il contrario. Tuttavia, ad un livello più fondamentale, il problema sull’origine del tempo rimane ancora un mistero.
 
“È uno dei problemi più profondi della scienza di frontiera”, spiega Nima Arkani-Hamed, un fisico teorico dell’Institute of Advanced Studies (IAS) a Princeton. “Che cos’è il tempo? Da dove proviene? Non è nemmeno chiaro se queste parole abbiano, o meno, un senso. A stento riusciamo a pensare a un mondo, o alla stessa fisica, senza tempo”. Confusi da ciò che implicherebbe l’assenza stessa del tempo, c’è però una sempre più crescente evidenza che al livello più fondamentale della realtà il tempo sia davvero una mera illusione. Cosa ancora più strana è il fatto che alcuni test di laboratorio, realizzati con il laser, e certi progressi nell’ambito della teoria delle stringhe, quel quadro matematico secondo cui le particelle sono composte da stringhe vibranti di energia, portino indipendentemente all’idea che in definitiva il tempo non esiste.
 
Nella concezione di Einstein, lo spazio e il tempo sono interconnessi tra loro. Essi formano un’unica entità a 4 dimensioni. Spazio e tempo non sono più assoluti ma sono relativi al sistema di riferimento dell’osservatore.
 
Credit: Astrocultura/UAI/C. Ruscica
 
Più di un secolo fa, la nostra idea di tempo e spazio era molto meno complicata. I fisici seguivano il moto degli oggetti rispetto ad un sistema di riferimento fisso, indicato dalle tre dimensioni spaziali, e segnavano la loro velocità sulla base di un singolo orologio, una sorta di “cronometro di dio” che essi credevano misurasse il tempo allo stesso modo, non importa il luogo in cui ci si trova nel cosmo.
 
Ben presto, però, agli inizi del XX secolo, questa idea venne ribaltata da due rivoluzioni scientifiche. Con la prima rivoluzione, la teoria della relatività mise insieme lo spazio e il tempo in un sistema “elastico” quadridimensionale. Questo nuovo concetto, che Einstein chiamò “continuo spaziotemporale”, sosteneva che tale sistema poteva “piegarsi” attorno ad oggetti massivi creando una curvatura del “tessuto” dello spaziotempo.
 
Lo spaziotempo quadridimensionale della relatività generale può essere rappresentato dal cosiddetto ‘tessuto di Eddington’, una sorta di lenzuolo di gomma, dove la presenza di un corpo dotato di massa ne determina la deformazione geometrica in quella regione.
 
Nel caso di un buco nero, la distorsione dello spaziotempo diventa estrema e in questo caso si forma una specie di ‘pozzo gravitazionale’, circoscritto da una linea di non ritorno, detta orizzonte degli eventi, al di là della quale la gravità è talmente intensa che niente può sfuggire, nemmeno la luce.
 
Credit: Astrocultura/UAI/C. Ruscica
In questo modo, gli oggetti più piccoli possono rotolare lungo seguendo linee curve verso gli oggetti di massa più grande, grazie alla loro maggiore attrazione gravitazionale. In questa nuova teoria dell’Universo, il tempo non era più a lungo uno “spettatore immutabile” bensì una vera e propria dimensione interconnessa con lo spazio. Anziché essere quella dimensione non ambigua da prendersi come riferimento assoluto, ora il tempo diventava relativo. Dunque, la teoria della relatività di Einstein mostrò che gli orologi avrebbero segnato il tempo con un ritmo diverso in funzione del loro moto nello spazio e della posizione rispetto agli oggetti più massivi, che li attraggono a causa dell’azione esercitata dalla gravità.
 
La relatività generale descrive uno spaziotempo continuo, liscio senza alcuna irregolarità. Se consideriamo scale piccolissime, dell’ordine delle dimensioni atomiche, ci accorgiamo che esistono una serie di fluttuazioni quantistiche, dovute alla creazione spontanea di coppie particella/antiparticella, che danno allo spaziotempo una forma alquanto spigolosa e irregolare. Credit: Astrocultura/UAI/C. Ruscica
 
La seconda rivoluzione, invece, che introdusse una nuova visione del tempo fu la meccanica quantistica, la fisica che descrive il mondo degli atomi. La teoria dei quanti suggerì ben presto che su scale molto piccole, la realtà diventava alquanto strana e bizzarra. Ad esempio, due particelle possono diventare “correlate” (via entanglement quantistico) in modo tale che esse agiscono in tandem. In altre parole, un esperimento che viene eseguito su una particella influenzerà immediatamente l’altra, non importa quanto esse siano distanti. Dunque, le particelle distanti “comunicano istantaneamente”, un fatto che apparentemente viola non solo la regola in base alla quale nulla può viaggiare più veloce della luce ma anche lo stesso concetto di tempo.
 

Credit: NIK SPENCER/NATURE; Panel 4 adapted from Budd, T. & Loll, R. Phys. Rev. D 88, 024015 (2013)
 
Il vero “problema del tempo”, così come è diventato poi noto, emerse negli anni ’60 quando i fisici tentarono di conciliare la meccanica quantistica, che governa le leggi fisiche del microcosmo, e la relatività generale, la teoria del macrocosmo.
 
La ricerca di una “teoria del tutto”, che permetta di descrivere le leggi fisiche degli oggetti su tutte le scale, era già in atto. Una delle ipotesi più famose, sebbene controverse, emerse da due fisici del New Jersey: John Wheeler della Princeton University e Bryce DeWitt dell’IAS. Wheeler e DeWitt cercarono di descrivere l’intero Universo con la meccanica quantistica, cioè tentarono di applicare leggi della fisica del microcosmo ai pianeti, alle stelle, alle galassie e alle strutture cosmiche. “Molti fisici si domandarono se il loro approccio funzionasse, dato che non c’era stata alcuna evidenza che suggeriva il contrario”, dice Marco Genovese, un fisico quantistico presso l’ Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) a Torino.
 
Tuttavia, sembrava ragionevole almeno provare ad unificare la matematica delle due teorie per vedere che cosa accade. Quando i due fisici provarono a combinare le equazioni di Einstein con quelle della meccanica quantistica, essi si trovarono di fronte ad una sorpresa: i due insiemi di leggi fisiche mostravano indipendentemente il tempo come una variabile rispetto alla quale evolvevano gli eventi. Ma quando le due teorie erano combinate per produrne una, la variabile del tempo veniva letteralmente cancellata dalle equazioni matematiche.
 
 
Gli scienziati avevano derivato una nuova equazione che descriveva come si comportava l’Universo e non c’era più una quantità nella loro formulazione matematica che potesse essere utilizzata per indicare lo scorrere del tempo. “L’equazione di Wheeler-DeWitt dice che l’Universo è stazionario e nulla evolve nel tempo”, fa notare Genovese. “Ma, naturalmente, tutti noi percepiamo lo scorrere del tempo”. Questa conclusione fu chiaramente errata. Ad ogni modo, i fisici non trovarono niente di sbagliato nel percorso matematico che era stato intrapreso da Wheeler e DeWitt. Per prima cosa, sembrava che essi avevano erroneamente ritenuto che l’intero cosmo potesse essere descritto in termini delle leggi del mondo dei quanti.
 
Ma ci fu un’altra possibilità intrigante, proposta negli anni ’80 da Don Page ora all’University of Alberta, in Canada e da William Wooters del Williams College a Williamstown, nel Massachusetts. Page e Wooters decisero di applicare questo concetto dibattuto assumendo che l’intero Universo potesse essere trattato come una sorta di “oggetto quantistico gigantesco” soggetto cioè alle stesse leggi fisiche delle particelle subatomiche. Essi immaginarono di suddividere il cosmo in due “sezioni”. Dato che in questo modello dovevano prevalere le leggi della fisica quantistica, queste due sezioni sarebbero state “correlate” via entanglement.
 
Di fatto, gli scienziati hanno trovato che due particelle connesse mediante entanglement quantistico possono avere valori uguali ma opposti: ad esempio, se una particella ruota in senso orario, l’altra ruoterà in senso anti-orario così che le loro proprietà si cancellano quando vengono sommate. Page e Wooters affermarono che allo stesso modo ogni sezione del loro cosmo poteva evolvere indipendentemente, ma dato che tali sezioni erano correlate dall’entanglement quantistico, qualsiasi cambiamento che accadeva in una sezione sarebbe stato controbilanciato nell’altra sezione. Ad un osservatore all’interno di una delle due sezioni il tempo appariva trascorrere, ma ad un osservatore esterno l’intero cosmo sarebbe apparso statico.
 
Mentre Page e Wooters avevano proposto un quadro teorico, basato appunto sull’entanglement quantistico, sembrava che non ci fosse alcun modo di confermare o smentire la loro idea sul fatto che il loro cosmo sarebbe apparso stazionario a qualcuno che vi entrasse dall’esterno.

Nel 2013, Genovese e colleghi realizzarono un esperimento per verificare se, almeno in laboratorio, fosse possibile creare un modello di universo in miniatura costituito da due particelle di luce (fotoni) generate da un laser. Lo scopo dell’esperimento era quello di provare che è possibile creare una situazione in cui un sistema quantistico appare immutabile quando viene osservato dall’esterno, mentre quando viene analizzato dall’interno sembra evolvere.
 
Per realizzare l’esperimento, Genovese e colleghi dovevano monitorare la polarizzazione dei fotoni, che indica la direzione lungo la quale essi oscillano. Se una particella polarizzata viene fatta ruotare con una velocità costante, allora la sua posizione può essere utilizzata in qualsiasi momento per segnare gli intervalli di tempo, un po’ come la lancetta dei secondi di un orologio. I ricercatori hanno così “correlato” i due fotoni in modo tale che le loro polarizzazioni seguano due tratti opposti: ad esempio, se la polarizzazione di una particella viene misurata in direzione “su e giù” quella dell’altra vibra nella direzione “destra a sinistra”. Dunque, per mettere in moto i loro fotoni “indicatori del tempo”, i ricercatori hanno fatto passare le due particelle attraverso delle piastre di quarzo in modo da causare la rotazione della loro polarizzazione.
 
È stato osservato che la rotazione della polarizzazione è correlata col tempo trascorso all’interno delle piastre di quarzo, il che dà una misura del passaggio del tempo. I fisici hanno ripetuto diverse volte l’esperimento, fermandosi in ogni test in un momento diverso per misurare la polarizzazione di uno dei due fotoni. “Nel momento in cui misuriamo il primo ‘fotone-orologio’ diventiamo ‘correlati’ con la particella”, dice Genovese. “Ciò significa che siamo divenuti parte di quell’universo e possiamo monitorare l’evoluzione del secondo fotone rispetto al nostro fotone-orologio”. Armati di questa capacità, il team ha poi confermato che un fotone sembra modificarsi quando viene misurato rispetto al suo partner, allo stesso modo con cui Page e Wooters ritenevano che una parte del loro universo potesse essere osservata evolvere se misurata rispetto all’altra sezione del cosmo.
 
Ad ogni modo, Genovese deve ancora confermare la seconda parte della sua ipotesi: in altre parole, che quando l’intero sistema correlato mediante entanglement quantistico viene osservato nel suo insieme, e dall’esterno, esso appare statico. In questa parte dell’esperimento, il team ha assunto la posizione di una sorta di “super osservatore” che sta al di fuori dell’universo. Questo osservatore esterno non sarà mai in grado di osservare il singolo stato dei due fotoni perché facendo così diventerebbe correlato con loro e perciò sarebbe un osservatore interno. Invece, l’osservatore può misurare lo stato congiunto dei due fotoni.
 
Il team ha eseguito il test molte volte, fermando l’esperimento in punti differenti e osservando i due fotoni come un sistema unico per cui è stato possibile misurare la polarizzazione totale. In ogni test, i ricercatori si sono accertati che i due fotoni correlati per via dell’entanglement quantistico fossero polarizzati in modo eguale ma opposto. Non importa quanto tempo trascorreva perchè i due fotoni si trovavano sempre esattamente in una sorta di “abbraccio quantistico”. Insomma, quel mini-universo appariva statico e completamente immutabile per un osservatore esterno. Perciò, il cosiddetto “problema del tempo”, scoperto da Wheeler e DeWitt, può essere risolto se si assume che il tempo sia una sorta di “artefatto” creato dall’entanglement quantistico.

Nel corso degli ultimi decenni, un certo favore a supporto della natura illusoria del tempo è emerso dalla teoria delle stringhe, formulata negli anni ’60 per spiegare l’interazione nucleare forte che lega le particelle elementari all’interno dei nucleoni e degli atomi. Man mano che essa veniva studiata sempre più in dettaglio, i fisici proposero l’idea secondo cui le particelle subatomiche fossero in definitiva composte da minuscole stringhe vibranti di energia.
 
Questo nuovo modo di percepire i mattoni fondamentali della natura ebbe una serie di conseguenze importanti. Si trovò, infatti, che la teoria delle stringhe poteva essere alquanto utile per quelli che come Wheeler e DeWitt avevano tentato di unificare le leggi della meccanica quantistica con quelle della relatività generale.
 
Questa unificazione si rendeva necessaria per spiegare come appariva l’Universo subito dopo il Big Bang, quando cioè tutta la materia era compressa in un volume infinitamente piccolo. Non solo, ma una teoria unificata avrebbe inoltre permesso di rivelare ciò che accade nei buchi neri. Prima della scoperta della teoria delle stringhe, i fisici si trovarono di fronte ad enormi problemi quando tentavano di combinare le equazioni della relatività generale con quelle della meccanica quantistica.
 
La matematica risultante da questo processo di combinazione suggeriva che punti infinitamente piccoli nello spazio che ci circonda avrebbero contenuto quantità infinitamente grandi di energia: in altre parole, ciò significava che siamo circondati da buchi neri da ogni direzione, il che non è vero. La teoria delle stringhe superò questo problema assumendo che nulla può essere più piccolo delle dimensioni di una stringa, implicando che le equazioni della teoria non si sarebbero mai preoccupate di quelle regioni dello spazio che sarebbero state più piccole di questo limite fondamentale, eliminando così la matematica complessa e le sue predizioni di energie infinite o di altre situazioni impossibili. Con la teoria delle stringhe, sembrò che la fisica del microcosmo e del macrocosmo potevano coesistere davvero, almeno una volta che la teoria delle stringhe venne affinata. Inoltre, il problema della dimensione della stringa sollevò nuove domande sulla natura dello spazio e, a sua volta, del tempo.
 
Questo perché la teoria afferma che nessun esperimento, non importa quanto esso sia elaborato, sarà mai in grado di mostrarci ciò che accade su scale di lunghezza più piccole della dimensione della stringa. “Ciò che succede su scale di lunghezza molto piccole è un concetto mal posto”, spiega il teorico delle stringhe Nathan Seiberg dell’IAS. “Forse lo spazio esiste ancora, ma non possiamo misurarlo, oppure molto probabilmente non c’è assolutamente niente che possiamo misurare”. Questo vuol dire semplicemente che lo spazio potrebbe non esistere al di sotto di un certo limite. Poiché Einstein ha già dimostrato con la sua teoria che il tempo è proprio un’altra dimensione, come lo spazio, allora “se lo spazio diventa ambiguo, anche il tempo deve essere altrettanto ambiguo”, dice Seiberg.
 
“La gente spesso chiede: ‘Che cosa accadde prima del Big Bang?’ Ma ciò che vediamo è che nel momento in cui ebbe inizio l’Universo, la nozione di tempo cessa di esistere”. Quando si ha a che fare con gli “ingredienti cosmici”, l’entanglement quantistico diventa più fondamentale dello spazio e del tempo. “Questo tipo di ambiguità diede ai teorici delle stringhe il primo sentore sul fatto che il tempo potrebbe non esistere ad un livello fondamentale”, nota Seiberg. La nostra esperienza del tempo potrebbe essere costruita a partire dai mattoni fondamentali, un po’ come la temperatura che emerge dal moto collettivo degli atomi.
 
 
Un singolo atomo non ha una temperatura. Il concetto di caldo o freddo ha solamente significato quando si misura la velocità media di un grande numero di atomi: particelle che si muovono velocemente hanno una temperatura più elevata e viceversa. Allo stesso modo, potrebbero esistere dei “granelli fondamentali” che insieme generano la nostra esperienza di tempo. Che cosa poi siano quei “granelli” è una domanda che non ha ancora una risposta.
 
All’interno del modello di ‘universo-zuppiera’ di Juan Maldacena, stringhe e buchi neri sone governati dalla gravità, mentre sulla superficie le particelle subatomiche ordinarie interagiscono attraverso le leggi della meccanica quantistica. Si tratta di un esempio concreto di olografia che suggerisce come tutta l’informazione contenuta all’interno di una certa regione della ‘zuppiera’ è in realtà presente sul suo bordo.
 
Cosa ancora più strana è che alcuni recenti progressi nell’ambito della teoria delle stringhe suggeriscono che i “semi cosmici” da cui ha origine il tempo sono, per così dire, “seminati” nelle parti più estreme della realtà. Questa idea fonda le sue radici in uno strano modello che descrive un ipotetico universo formulato verso la fine degli anni ’90 dal fisico teorico Juan Maldacena dell’IAS, all’epoca alla Harvard University dove studiava le relazioni matematiche che avrebbero permesso di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale. Egli allora decise che questa conciliazione tra le due teorie era possibile se si utilizzavano le stringhe.
 
Il cosmo immaginario di Maldacena ha la forma di una “zuppiera” le cui pareti sono infinitamente distanti. All’interno di questa “zuppiera-universo”, egli considera stringhe e buchi neri il cui comportamento è governato dalla gravità, mentre sulla superficie esistono le particelle subatomiche ordinarie che interagiscono attraverso le leggi della meccanica quantistica. Sebbene la “zuppiera-universo” di Maldacena non appare molto simile al nostro Universo, il suo modello lo aiutò a visualizzare come le leggi più profonde della natura potevano essere in qualche modo correlate. In questo modello, la relatività generale “vive” nell’immenso spazio tridimensionale all’interno della “zuppiera-universo” mentre la meccanica quantistica governa il comportamento delle particelle che si muovono sulla superficie bidimensionale.
 
L’intuizione di Maldacena fu quella di considerare che i due insiemi di leggi fisiche fossero in qualche modo equivalenti, dove gli eventi di natura gravitazionale all’interno della “zuppiera-universo” corrispondessero ai processi quantistici sulla sua superficie, come una sorta di ombra proiettata sulle pareti della zuppiera. Utilizzando questo modello matematico, Maldacena trovò che per ogni processo quantistico che si ha sulla superficie del suo “universo-zuppiera” si ha un evento equivalente al suo interno. Alcuni modelli teorici sviluppati da Maldacena e da altri teorici indicano che le particelle correlate per entanglement quantistico sulla superficie della “zuppiera-universo” possono “comunicare” le loro azioni attraverso tunnel o “wormholes” nelle regioni più interne di questo particolare “universo-zuppiera”. Tutto ciò suggerisce che sia proprio l’entanglement quantistico a rappresentare quel processo cosmico fondamentale che genera le proprietà emergenti dello spazio e del tempo.
Mark Van Raamsdonk immagina che l’entanglement crei lo spaziotempo in maniera graduale. Nella parte più esterna della figura, le singole particelle (puntini) diventano correlate le une con le altre.
 
Queste coppie di particelle correlate diventano poi correlate a loro volta con altre coppie. Man mano che più particelle diventano correlate, emerge la struttura tridimensionale dello spaziotempo (al centro).
 
Entanglement
Credit: Olena Shmahalo/Quanta Magazine
 
Inoltre, l’idea che lo spazio e il tempo siano creati dall’entanglement quantistico è stata indipendentemente esplorata dal teorico delle stringhe Mark van Raamsdonk dell’University of British Columbia in Canada, che ha studiato lo stesso modello a zuppiera di Maldacena. Il modello matematico proposto da van Raamsdonk suggerisce che nel momento in cui l’entanglement quantistico sulle particelle inizia gradualmente a esaurirsi sulla superficie della “zuppiera-universo”, anche il tessuto dello spaziotempo all’interno della “zuppiera-universo” inizia a disintegrarsi. Ciò implica che l’entanglement quantistico gioca in qualche modo un ruolo importante nel connettere insieme lo spazio e il tempo, senza il quale il tessuto stesso dello spaziotempo non potrebbe esistere.
 
Il modello di Maldacena fornisce un supporto maggiore al fatto che l’entanglement quantistico è più fondamentale dello spazio e del tempo quando si ha a che fare con gli “ingredienti cosmici”. Dunque, la conclusione è che non solo il tempo non esiste al livello più fondamentale della realtà ma è la fisica moderna a suggerire che il tempo è una mera illusione. “La mia intuizione è che occorrerà più di una riformulazione della fisica quantistica, servirà una vera e propria svolta. Dunque, solo il tempo ci dirà quale sarà la vera rivoluzione”, conclude Seiberg.
 

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