domenica 31 gennaio 2016

In che modo state affrontando la fine del consumismo?

Molti anni fa si pensava che in futuro avremmo lavorato di meno, che il tempo libero a disposizione sarebbe stato maggiore e ciò avrebbe di conseguenza apportato un miglioramento alla qualità della nostra vita.

Coloro che avevano presagito un futuro così roseo, resterebbero oggi sbalorditi dinnanzi ad una simile involuzione, che tristemente affligge la vita dell’uomo contemporaneo. Oggi lavoriamo molto di più e siamo più stressati dei nostri genitori e dei nostri nonni. Camminiamo velocemente, comunichiamo in modo essenziale e dormiamo meno delle generazioni che ci hanno preceduto.

I giorni volano via velocemente e spesso non ne conserviamo nemmeno la memoria. Nonostante lo sviluppo della tecnologia, che avrebbe dovuto aiutarci a risparmiare tempo, il potersi dedicare alle nostre passioni è diventato un lusso per pochi privilegiati. Guadagniamo meno dei nostri genitori e ci lamentiamo continuamente della vita che conduciamo.

Stress da lavoro

L’argomento di discussione più diffuso riguarda la crescita, vista come un obiettivo irrinunciabile. Basta infatti sfogliare un giornale o accendere la televisione, per sentire il solito disco rotto che parla con tono mesto di “calo di consumi”, come se si trattasse di una notizia catastrofica. Che cosa ha di così apocalittico una constatazione del genere? Perché nessuno dice che proprio una delle cause principali dell’imbarbarimento della nostra società, deriva dal consumismo?

Alexis de Tocqueville, nel 1835, aveva profetizzato una subdola dittatura che avrebbe dominato il mondo: «Se cerco d’immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla di innumerevoli uomini uguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri». Inquietante profezia che, sfortunatamente, si è avverata e che oggi, a causa di una grave crisi economica, mostra agli osservatori più acuti l’insostenibilità del nostro sistema economico-sociale.

Questi studiosi, ritengono sia giunto il momento di comprendere che la società dei consumi gioca un ruolo decisivo nell’infelicità umana e che il consumismo è ormai al collasso. Sorge spontanea una domanda: cosa ha provocato nell’uomo questa necessità cronica di acquistare continuamente sempre più cose, realizzate appositamente per durare poco e per passare di moda in breve tempo?

Siamo stati e siamo (oggi un po’ meno di ieri… solo perché i salari sono più bassi) dei consumatori infelici e poche sono state le voci ribelli riguardo a questo sistema. Gli stessi partiti politici, che siano di destra, di sinistra, che si facciano chiamare “movimenti” per far credere agli ingenui di essere “diversi dagli altri”, sono da tempo asserviti al potere economico e sarebbe perciò stupido meravigliarsi di fronte al crescente disinteresse verso la politica.

Che le masse siano facilmente manipolabili non è affatto una recente scoperta. Basta studiare la storia per rendersi conto di quanto sia semplice controllarle, anche in periodi di non belligeranza e di democrazia. Chiediamoci allora cosa sia il consumismo e in che modo si sia impossessato della nostra vita.

Il consumismo è un comportamento volto ad aumentare l’acquisizione di beni di consumo individuale, molto al di là dei bisogni primari dei fruitori. Tale fenomeno non ha origini molto antiche: in passato infatti contrassegnava solo una parte dei ceti sociali. Già alla fine dell’Ottocento, Thorstein Bunde Veblen, noto economista e sociologo statunitense, aveva individuato nei ceti ricchi la tendenza ad accumulare beni di consumo “appariscenti”, acquistati non in funzione del loro intrinseco valore, ma con lo scopo di esibire la ricchezza del proprietario.

Consumismo al collasso

Con il passare del tempo, questo tipo di consumismo è andato ad estendersi anche al ceto medio e ad una parte delle classi popolari: un prodotto costoso viene usato come strumento finalizzato ad alludere ad una reale o presunta superiorità economica e sociale. L’avvento della televisione e di altri mezzi di comunicazione di massa, hanno completato l’opera manipolativa, facendo crescere in modo elevato, il numero di persone di qualsiasi ceto sociale che intravede nello sviluppo dei propri consumi, non solo un mezzo per impossessarsi di status symbols, quanto soprattutto una finalità da rincorrere nel convincimento, attuato in maniera più o meno subdola dai mass media, che certi beni superflui siano necessari.

Uno dei più moderni esempi di falso bisogno creato dalla società dei consumi, è costituito dal cellulare: indubbiamente uno strumento di comunicazione molto utile in caso di emergenza oppure per chi svolge una professione ove sia prevista la necessità di essere sempre reperibili. In una società in cui il benessere e la sicurezza dell’uomo dovrebbero essere al centro degli interessi dei governanti, si sarebbe provveduto a fornire ogni abitante del pianeta di uno strumento così utile.

Così come si sarebbe provveduto a fornire tutti di una casa e di tanti altri oggetti e servizi che rappresentano veri bisogni per l’essere umano. Ma questo è un altro discorso che investe l’egoismo umano e si andrebbe fuori tema. Torniamo al discorso del telefonino: un’invenzione indubbiamente straordinaria, che, tuttavia, se fosse stato dato a tutti, avrebbe significato un guadagno esiguo per chi li produceva e, soprattutto, non sarebbe diventato un oggetto di consumo e quindi di dipendenza.

E allora via con la produzione di telefonini sempre più sofisticati e con innumerevoli funzioni di cui non abbiamo alcun bisogno. File interminabili per essere i primi a possedere l’ultimo modello di telefonino, soprattutto se il costo è abbastanza elevato, pur di sfoggiarlo continuamente con colleghi e amici, o presunti tali. E chi non ha alcuna intenzione di uniformarsi alla massa, viene considerato un ‘alieno’ oppure un semplice ‘perdente’ che non può disporre della quantità di denaro necessaria per tale acquisto.

Siamo veramente caduti in basso nel seguire bovinamente un consumismo che di certo non ha migliorato la nostra vita, visto l’aumento delle ore di lavoro, dello stress, della depressione e del consumo di psicofarmaci. Nei miei contatti quotidiani ho potuto constatare, infatti, che la maggioranza della gente parla solo ed esclusivamente di soldi che non bastano mai, di debiti da pagare e di mutui da estinguere.

Usa e Getta di Serge Latouche  Tiziano Terzani: la Forza della Verità di Gloria Germani  Generazione Decrescente di Andrea Bertaglio

Un’altra domanda sorge spontanea: per quale ragione si continua a parlare di crescita dei consumi, quando si è pienamente consapevoli che l’ambiente non può sopportare più questo sfrenato consumismo? La risposta è molto semplice e si chiama neoliberismo. Presentato come una dottrina politica e adottato dai governi di tutto il mondo, il neoliberismo è riuscito, anche attraverso la politica e i mass media, a far sì che il nuovo vangelo fosse proprio il consumismo. Ed è riuscito anche a stimolare uno degli istinti più bassi e deleteri dell’essere umano: l’avidità.

A tal proposito consiglio, per chi non l’avesse visto, la visione del film di Oliver Stone: “Wall Street, il denaro non dorme mai”, di cui riporto una citazione molto significativa. Nel film, Il cinico Gordon Gekko, interpretato da Michael Douglas, tiene una lezione di economia all’università, parlando anche di avidità:
«Qualcuno mi ha ricordato qualche sera fa che una volta ho detto “l’avidità è giusta”… a quanto pare è diventata legge. Perché, vedete, è l’avidità che spinge il mio amico barista a comprare 3 case che non può permettersi, senza dare l’anticipo; ed è l’avidità che spinge i vostri genitori a chiedere un mutuo di 250,000$ sulla casa che ne vale 200. E con quei 50 correre al centro commerciale a comprare la TV al plasma, l’ultimo cellulare, il computer e già che ci sono anche un Suv. E perché non anche la seconda casa, in effetti conviene… È chiaro come il sole, basta fare un po’ di attenzione: la madre di ogni male di oggi è la speculazione, il debito indotto. In conclusione, il vero nemico è il prestito, è ora di riconoscere che è un biglietto sicuro per la bancarotta, senza ritorno. È sistemico, maligno, ed è globale come il cancro.»
Subiamo oggi un martellamento continuo da parte dei mass media, e quindi dei nostri governanti assoggettati alla finanza, che ci dice che si deve acquistare per far crescere l’economia e evitare che molti uomini restino senza lavoro. Sembra, dunque, di essere entrati in un circolo vizioso senza uscita.

E adesso che il potere di acquisto è crollato, dopo anni e anni di pubblicità che spingevano i consumatori a possedere sempre di più e a circondarsi di oggetti inutili, ci si accorge, come per incanto, che quel sistema è crollato e con esso il consumismo. Prima di quanto pensiamo, anche il più incallito consumatore capirà che dobbiamo essere pronti a vivere con serenità una decrescita, che sicuramente migliorerà i rapporti umani e l’ambiente.

Volenti o nolenti, dobbiamo disintossicarci da questa droga, soprattutto per lasciare ai posteri un ambiente non dico incontaminato, visto che ormai il danno è stato fatto, ma almeno un po’ migliore di quello che abbiamo oggi. Non sarà facile, ma bisogna almeno essere pronti a combattere quella mentalità che hanno cercato di inculcarci e che ha convinto i più a nutrire insoddisfazioni per ciò che possiedono, e far loro desiderare oggetti che non hanno.

“Troppe persone spendono soldi che non hanno guadagnato, per comprare cose che non vogliono, per impressionare persone che non amano”. Così Will Rogers aveva ben sintetizzato una delle caratteristiche umane più masochiste e disastrose. Prendiamo invece esempio dal piccolo regno del Buthan, per intraprendere un percorso innovativo e resistere ad un’informazione che ci parla sempre di felicità intesa come crescita economica. Tale paese ha adottato un nuovo strumento volto a misurare il successo economico di uno stato, prendendo come riferimento la percezione che hanno gli abitanti della loro vita e della salubrità dell’ambiente.

Fine del consumismo

Sicuramente i magnati dell’economia cercheranno di ostacolare in tutti i modi possibili tale processo, ma prima o poi noi consumatori capiremo che lo shopping spudorato di un tempo sarà solo un ricordo, anche perché mancano le risorse ambientali necessarie per sostenere quell’obsoleto sistema e stile di vita. Per evitare il trauma che seguirà la caduta del consumismo, è quindi meglio esser pronti. I cambiamenti non avvengono mai in modo indolore.

E voi, in che modo state affrontando la fine del consumismo? Credendo forse ciecamente a chi promette il ritorno di shopping spensierato, pensionamenti anticipati e nascita di nuovi posti di lavoro? Oppure già da tempo avete modificato il vostro stile di vita con serenità? O, meglio ancora, non siete mai stati vittime del consumismo sfrenato?

http://www.fisicaquantistica.it/miscellanea/l-inizio-della-fine-del-consumismo

sabato 30 gennaio 2016

Stiamo uccidendo nostra Madre...

Se la Natura è Madre, l'umanità si è macchiata del crimine più indicibile... ha ucciso e sta uccidendo la sua stessa madre...

Lo stupro, l’abuso, la violenza perpetrata ogni giorno sulla Crosta di Madre Terra, per mano dell’uomo, è l’apice manifesto di una società che alberga altrove, una società senza dimora, una società che ha abbandonato la sua storia.

Come Vandana Shiva anche io ho più volte sostenuto che lo stupro della Terra e lo stupro delle donna sono intimamente connessi.

L’idea di una crescita illimitata in un mondo limitato può mantenersi solo attraverso il furto delle risorse del debole da parte del potente. E il furto di risorse, essenziale per la crescita, crea una cultura dello stupro: lo stupro della terra, delle economie locali autosostenibili, lo stupro delle donne.

Dobbiamo cambiare il paradigma dominante: porre fine alla violenza contro le donne significa anche superare l’economia violenta a favore di economie pacifiche e non violente, capaci di rispettare le donne e il Pianeta.

Agli albori della civiltà la prima Dea ad essere venerata fu La Grande Madre, la femmina procreatrice che donava la vita, consentiva la sopravvivenza dell'essere partorito nutrendolo col suo latte. Il grande mistero della procreazione colpì la fantasia dei nostri progenitori che fecero della donna una dea e l'adorarono. 

donna, femminile, principio femminile

La Donna in grado di mettere al mondo nuovi esseri viventi era considerata portatrice di un potere misterioso; l ' uomo primitivo non aveva spiegazioni per questo 'miracolo' pertanto creò il mito e, come sempre accade di fronte ad un mistero , di cui non si conosceva il significato e la necessità del contributo maschile, l' uomo primitivo costruì la sua religione. 

Ella rappresentava la Terra che dava frutti, la Luna con le sue fasi, le stagioni, la vita e la morte. La grande Madre impersonava la Natura e le Stagioni: la primavera col fiore, l'estate col frutto l' autunno con gli ultimi doni, l'inverno che nasconde il seme all' interno del grembo della Terra, seme che darà il suo frutto nell' eterno ripetersi delle stagioni legate alla rotazione della Terra, alla presenza del Sole, all' influsso della Luna.

Scavi archeologici hanno rivelato siti abitati da esseri umani risalenti ad epoche preistoriche nell' isola di Malta: in un monumento che si estrinseca in parte sul terreno e in parte nell' ipogeo è stata rinvenuta una zona segreta dove veniva praticato il culto della ' Grande Madre ' 

Nella parte più interna era scavata una grotta al cui centro, su una specie di altare in pietra era semicoricata una statuetta raffigurante questa dea che era venerata dai nostri avi agli albori dei tempi. Si tratta di una scultura tridimensionale rappresentante una figura femminile con un ventre molto accentuato, grosse mammelle gonfie con capezzoli ben evidenti. 

Rappresentava l' origine e la fecondità: il suo ventre capiente e dilatato stava a significare la capacità di donare la vita trattenendo dentro di sè il frutto fino alla sua maturazione. Le mammelle gonfie rappresentavano il dono della sopravvivenza: il latte che era capace di continuare l' esistenza dell' essere partorito: dopo avergli dato la vita, gli donava il cibo, il suo stesso succo di vita. 

Il mistero del concepimento e dell'allattamento era evidentemente considerato tanto importante e tanto profondo e misterioso da determinare in questi uomini primitivi il bisogno di onorare e di venerare Colei che dava non solo la vita partorendo un essere umano, ma poteva anche nutrirlo e permettergli di continuare a vivere fuori dal suo grembo.

La luna e' considerata nella MTC femminile: il flusso mestruale ha un ciclo di 28 giorni, presso alcuni popoli il periodo mestruale è detto della 'luna rossa', la gravidanza si calcola in cicli lunari. La luna ha una luce dolce, non è sfolgorante, il carattere femminile è introverso perchè la missione della donna è la preservazione della specie: l' apparato femminile è chiuso, protetto, l' apparato maschile è esterno, aggressivo, 

La figura femminile è la vestale della casa, la custode del fuoco, la madre amorosa che cura i figli... l' uomo esce, affronta il mondo, procaccia il cibo, combatte..... Nella religione indù la Devi, dalle mille forme, dai mille nomi rappresenta l' equivalente della Grande Madre: lo shaktismo infatti adora la Shakti o Devi che è l' energia femminile creatrice dell' Universo. 

Presso i celti una divinità rappresentata dalla ' scrofa lanuta' era adorata come creatrice: la scrofa infatti era considerata simbolo di fecondità. Se ne sono trovate tracce nella zona di Milano. ( I Celti al tempo di Tarquinio Prisco fondarono Mediolanum, dopo aver vinto i Tusci nelle vicinanze del Ticino, giunsero nel territtorio degli Insubri e lì fondarono la città ).

Presso gli egizi è Iside sposa di Osiride, madre di Horo quindi del Fararone, essa incarna la dispensatrice di Vita. Dice il mito che Seth il fratello cattivo di Osiride, geloso dell' amore che Iside gli portava, lo uccise e smembratolo gettò i suoi resti nel Nilo, Osiride, disperata e piangente raccolse i resti del suo sposo, ma non trovo' il pene ed Osiride, avendo perso la facoltà di procreare, divenne protettore dei morti. 

Un' immagine di Iside è quella che la ritrae con le ali aperte a proteggere Osiride e i defunti.. come la Madonna che col suo manto protegge Gesù e i Santi. Il mito della nascita di Iside, incoronata di fiori e emergente dalle onde del mare venne poi recepita dai Greci che la chiamarono Venere, dea dell'Amore. Nel Rinascimento divenne la dea Fortuna. 

Nell' antica Grecia la figura della Grande Madre è impersonata da Gea - Demetra - Rea (a Creta), presso i Romani era Cerere dea delle messi, in suo onore venivano festeggiati dal 12 al 19 aprile i Cerealia. Divenne poi Cibele dea importata a Roma dall' Asia Minore dopo la seconda Guerra Punica. ''Personalmente sono sono sempre rimasto particolarmente colpito dalla dalla cosiddetta Venere di Willendorf'' scrive Wolfang Ledere, psichiatra e psicoanalista viennese in -Ginofobia- (Feltrinelli 1973), che aggiunge: '' Il potere di generare, di nutrire, di popolare il mondo, identifica la donna con la terra con la quale ha, sia il potere di generare sia l' imprevedibiltà catastrofica che fa parte del ciclo di momenti evolutivi, ma che l' uomo definisce con il termine di crudeltà.

La Terra, dunque, con tutta la sua potenza è il femminile, l' origine, il principio, dell' umanità, la Grande Dea dalla quale discende ogni cosa. Tornando indietro nel tempo, troviamo negli scavi effettuati in Mesopotamia la dea che assunse il nome di Nammu, in epoca assira divenne Tiamat, che presiedeva il flusso delle maree, governate dalla Luna: infatti alla dea era associato il ciclo lunare (qui troviamo assonananza con il ciclo Jin e Yang della tradizione cinese: la donna è Jin come la luna. 

Il Tao cinese rappresenta il cosmo, nella cosmogonia cinese è la rappresentazione dell' universo e quindi dell' uomo (microcosmo in macrocosmo) in continuo divenire: nel bianco c'è il seme nero e viceversa.

Il Tao rappresenta il mondo nei suoi due elementi antagonisti, ma nessuno di due lo è compiutamente: esso esprime la dualità. Jin e Yang: maschio-femmina, sole-luna, dolce-amaro, luce-buio, dall' unione dei due scaturisce il tre cioè l' Essere compiuto. I cicli lunari sono assimilati alle età della donna: la luna nuova rappresenta la fanciulla in boccio la luna piena la maturità, quindi la donna feconda la luna calante, il declino, la donna si avvicina alla morte cioè entra in luna nera.

La società matrilineare riconosceva alla donna il diritto di congiungersi con i membri maschi della sua tribù e con i maschi di altre famiglie, non esistendo il potere dell' uomo, la matriarca rappresentava il capo famiglia e si faceva carico di tutti i figli. Non esistevano regole od imposizioni in quanto la donna sapeva che la prole era il frutto della sua femminilità e non era necessaria la certezza della paternità. 

Certezza che non aveva il padre e neppure la matriarca in quanto non era importante conoscere il donatore del seme. Suo il compito di provvedere alle necessità familiari, cibo, acqua, le sue conoscenze delle erbe ne fecero una guaritrice aumentandone il potere che faceva ancora paura al tempo della Santa Inquisizione quando tante donne con cultura di guaritrici e di ostetriche vennero messe a morte sul rogo, tacciate di stregoneria. 

Il potere della donna durò molti secoli: nell' antico Egitto l' ultimo Faraone impalma la sorella Cleopatra per assumere il potere, in Grecia Edipo uccide il padre re e sposa la madre per impadronirsi del trono. Ma già presso i babilonesi si cominciò ad intaccare il potere della Dea: venne instaurato il mito del dio Marduk, che divenne sempre più potente fino ad essere adorato come Creatore del mondo.

Con l' avvento del dio maschio, la civiltà divenne sempre più maschilista: nacquero le dee-demoni. 

La struttura della società era cambiata, da una società di uomini cacciatori e di donne raccoglitrici di erbe e bacche, dedita al nomadismo, divenne stanziale e nacquero gli artigiani e gli allevatori. 

La grande madre era Ishtar, nuda perchè dea della Verità, con le insegne della Luna sul capo e in mano una coppa contenente l' elisir della Vita, ma è anche dea della morte, e qui troviamo somiglianze col mito di Proserpina romana. Durante l' inverno Ishtar si portava nel mondo dei morti e sulla terra non albergava il sole, non cantavano gli uccelli.. si digiunava in segno di lutto: forse questa è l' origine del digiuno nelle due grandi religioni monoteiste. 

Con l' avvento di Marduk, la donna venne relegata in casa, proprietà del maschio che voleva la certezza che la prole provenisse dal suo seme: comparve Lilith, ancora bellissima, ma al posto dei piedi aveva artigli, affiancata da due civette, creature della notte, apportatrice di tempeste, sopratutto dei sensi, tentava gli uomini, uccideva i bambini, lussuriosa, ma sterile.

Presso i greci la donna era relegata in casa, doveva essere moglie e madre, mentre una posizione distinta era riservata alle 'etere' cui era devoluto il compito di.....accudire l' uomo fuori casa. 

Compaiono le Chere alate che straziavano i corpi con gli artigli, rappresentavano l' ultimo destino: la morte. Nell' Iliade Zeus pone sulla bilancia, da una parte la Chera di Ettore e dall' altra quella di Achille: la bilancia pende dal lato di Ettore...il suo destino è segnato e inappellabile: Ettore morirà! le Lamie dèmoni che adescavano i giovani per succhiare loro il sangue, bellissime avevavo volti e seni femminili, ma anche l' organo maschile. Fiorisce il rapporto omosessuale: il battaglione sacro di Sparta aveva tra i suoi valorosi combattenti coppie di guerrieri- amanti. 

Giove, re degli dei, si innamora di Ganimede, Ercole conquista la regina delle amazzoni Ippolita, ma ama anche l' affascinante efebo Ila. A proposito delle Amazzoni, nonostante la loro esistenza fosse stata messa in dubbio dallo storico Strabone che non potendo accettare l' esistenza di donne guerriere e, per giunta valorose, ne scrissero come di un mito (Erodoto): ma,si sono trovate tombe ( kurgan) nei pressi di Rostov, ( Russia ) che si fanno risalire proprio a quel popolo di donne guerriere (IV-III sec.a.C.)

Valorose, combattevano sia a piedi che a cavallo, si batterono contro i migliori eroi greci, Achille, Teseo, Ercole, si privavano del seno destro per non essere impedite nel tiro con l' arco in cui eccellevano. Società esclusivamente femminile, si narra accogliessero gli uomini una volta all' anno per essere fecondate, mentre allevavano le bambine come guerriere, i bambini venivano adibiti a compiti che sarebbero stati, in altre società, femminili Pentesilea regina combattè sotto le mura di Troia, avendo portato le sue armate in aiuto dei troiani contro Achille, campione dei greci che la uccise, ma se ne innamorò perdutamente tanto che sembra si sia macchiato di necrofilia. 

Ercole, nella nona fatica combatte e vince la regina Pentesilea,e con lei si congiunse, Teseo sconfisse le amazzoni che avevano attaccato Atene e ne sposò la condottiera Santippe. I greci non potevano accettare una società matrilineare e matriarcale come quella delle Amazzoni pertanto inviarono contro le guerriere i più valorosi tra i combattenti: la società patriarcale trionfa, la 'polis' è salva! Le Erinni, romane erano rappresentate come orribili esseri con serpi al posto dei capelli e fruste tra le mani.

Come si vede, nei secoli gli uomini si sono sbizzariti a creare figure chimeriche per demonizzare la donna e farle perdere il potere che temevano indebolisse il loro: le donne vennero considerate proprietà maschile prima del padre, poi del marito.. vogliamo ricordare la cintura di castità che la donna era costretta ad indossare in assenza dello sposo partito per guerreggiare in Terra Santa al tempo delle Crociate? 

La costumanza di mostrare il lenzuolo nuziale macchiato del sangue virginale per attestare la verginità della sposa? Lo '' jus primae noctis',' le mutilazioni dei genitali femminili, ancora in uso oggi presso molti popoli? 

Dopo la 2nda guerra mondiale, nel mondo occidentale il potere della donna è cresciuto a dismisura: la possibilità di evitare gravidanze indesiderate con presidi meccanici o biochimici, la legge che consente alla donna di decidere autonomamente l' interruzione della gravidanza è, in pratica, un potere di vita e di morte.. niente più editti, niente più roghi, ma nel silenzio asettico delle sale operatorie la donna esercita un potere immenso. 

La chimica moderna può cancellare il flusso mestruale, le donne hanno a disposizione ogni opportunità nel mondo del lavoro, della politica, delle scienze, ma, a volte, pretendono di offrire la vista del loro corpo in luoghi e momenti incongrui: si sa che l' essere umano non ha come gli altri esseri viventi, il periodo in cui la natura permette l' accoppiamento, questo porta l' uomo ad esercitare la propria supremazia fisica e muscolare e si sottovaluta l' impulso maschile che si serve del proprio membro come di una spada per ferire, per sottomettere.

venerdì 29 gennaio 2016

I Templari ed il Tempio di Salomone - Duemila anni di scavi ed i misteri celati dal tempo (di E.Baccarini)

In un periodo di profondo mutamento culturale e sociale, come fu l’Europa tra l’XI ed il XII secolo, nacque un ordine religioso-monastico che consacrò la propria esistenza alla riscoperta ed alla difesa dei Luoghi Santi e dei pellegrini contro le incursioni degli infedeli. L’aura di mistero che da sempre circonda l’Ordine dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, conosciuto anche con il nome di Ordine Templare o dei Poveri Cavalieri di Cristo, affonda le proprie radici storiche nel XII secolo dopo Cristo.

Un gruppo di nove cavalieri si riunì intorno ad un nobile originario dello Champagne, Ugo de Paganis, o di Payns, o di Payens. Insieme a questo giovane aristocratico, il manipolo partì per la Terra Santa con il nobile intento di difendere la cristianità e di riportare la sovranità del suolo palestinese, caduto sotto il giogo mussulmano, alla chiesa cattolica romana. 

Tra il 1118 ed il 1120, la data è tutt’oggi fonte di accese discussioni, re Baldovino II di Gerusalemme lasciò a questa fraternitas il luogo che fino ad allora era stato adibito a sua reggia, la moschea di Al-Aqsa nel lato meridionale dell’antico Tempio di Salomone (conosciuto come il nobile recinto o Haram esh-Sharif). Fino al 1129, anno in cui al concilio di Troyes vennero riconosciuti come ordine religioso-militare ufficiale, la loro permanenza nei recinti del Tempio rimane un mistero. Nessuna persona sarebbe stata ammessa, in questo periodo, all’interno dell’ordine, e nessun compito specifico sarebbe stato loro assegnato se non quello di proteggere i pellegrini. 

Ma come potevano nove cavalieri proteggere migliaia di pellegrini? Esisteva già l’ordine Ospitaliero che assolveva a questo compito. Non lo possiamo sapere, anche se fonti differenti da Guglielmo di Tiro (considerato uno dei maggiori storiografi dell’ordine, nonché tra i suoi maggiori detrattori) indicherebbero che il gruppo iniziale non fosse di nove persone bensì di 30.[1] Questo non è l’unico mistero che si lega all’Ordine del Tempio. Perché Baldovino II, fratello di Goffredo di Buglione, dovette concedere un luogo tanto importante come la propria reggia all’interno del recinto del Tempio ad un gruppo di nove, o più, cavalieri che venivano da regioni lontane? Esistono forse alcune risposte a tali domande, ma non le prove oggettive sui reali intenti dell’ordine.

In questo nostro studio cercheremo di concentrare la nostra attenzione ai nove anni in cui l’ordine rimase, apparentemente, con pochi compiti all’interno del recinto del Monte Moriah, il monte del Tempio.

Raffronti Storici & Dati Recenti

Le leggende che sono scaturite dalla loro permanenza su questa montagna sacra sono forti ancora ai nostri giorni e sono velate da un alone di segretezza e mistero ancora duraturo. La Bibbia ci racconta, insieme ad altre fonti ebraiche, come il monte Moriah fosse utilizzato in periodi di guerra, o di pericolo, come bunker per tesori e documenti importanti. 

La Mishnah ebraica (opera contenuta nel Talmud, il corpo religioso sacro per la religione ebraica) ci dice che la “tenda del Convegno” era custodita nelle cripte del tempio con tutte le tavole di legno, i sostegni, le traverse, le colonne e gli anelli. Altre tradizioni ebraiche sostengono che l’Arca dell’Alleanza, l’altare dell’incenso, il bastone di Aronne, l’urna con la Manna e le Tavole della Legge (queste ultime contenute nell’Arca dell’Alleanza) sarebbero state nascoste, in uno dei periodi di guerra, in un vano segreto sotto una legnaia sul lato occidentale del Tempio, vicino al Santo dei Santi. 

Anche nel medioevo diverse tradizioni ebraiche ci parlano di luoghi nascosti, cunicoli e tunnel sotterranei al di sotto dell’antico recinto del Tempio di Salomone. Jehudah Ha Levi, medico e filosofo spagnolo a noi noto con il nome di Giuda Levita, non solo scrisse numerosi versi sull’Arca dell’Alleanza, ma in un trattato intitolato Cuzarì, completato intorno al 1140 d.C., raccontò anche come questa fosse stata nascosta sotto il Monte del Tempio. “Nel secondo Tempio – scrisse – fu posta una pavimentazione di pietra nel luogo in cui doveva essere l’Arca, e fu celata dietro una cortina, poiché i sacerdoti sapevano che l’Arca era stata sepolta in quel luogo”. Tra le fonti documentarie che abbiamo rinvenuto esiste anche la testimonianza di un medico e filosofo spagnolo, Maimonide (1135-1204), nato sei anni prima che Giuda Levita morisse, nel 1141. 

Nell’ottavo libro della sua Mishneh Torah (la Seconda Legge, diventata una delle opere fondamentali della Legge ebraica), egli discute dei riti officiati anticamente nel Tempio e riflette sul destino che l’Arca sacra avrebbe subito, basandosi su di un versetto del Secondo Libro delle Cronache [ 2Cr 35,3 ] che tanto aveva sollecitato l’interesse dei primi rabbini. “C’era una pietra presso il muro occidentale del Santuario interno – dice Maimonide – sulla quale era portata l’Arca. Davanti ad essa c’erano l’urna contenente la manna ed il bastone di Aronne. 

Quando costruì il tempio, Salomone sapeva che era destinato alla distruzione, perciò predispose anche delle stanze segrete in cui l’Arca avrebbe potuto essere nascosta, in cunicoli profondi e tortuosi”. Maimonide riferisce le sue affermazioni ad un ebreo di nome Arabaita. Tali stanze e cunicoli sembrerebbero essere quindi confermate da antiche fonti autorevoli. Come vedremo successivamente è possibile che, insieme ai paramenti e agli oggetti sacri per il culto, fossero stati nascosti sotto il Tempio anche documenti e tesori di altro genere. Il profeta Giosia, sempre secondo Maimonide, avrebbe ordinato ai Leviti di nascondere l’Arca e gli altri paramenti in una delle stanze che Salomone aveva fatto costruire appositamente, durante uno degli attacchi a Gerusalemme.

Altre indicazioni di possibili scavi, ad opera dei Templari, sotto il Tempio di Salomone ci vengono da un pellegrino del XII sec, che si era recato in Terra Santa. Johan Von W ürzburg, descrisse una sua visita alle stalle di Salomone, appartenute ai Templari, e ci descrivere che “erano abbastanza ampie per ospitare duemila cavalli”. Le fonti ufficiali ci raccontano come tali scuderie potessero contenere non oltre mille cavalli, quindi o siamo in questo caso davanti ad un errore di interpretazione da parte di Würzburg, o la confraternita templare aveva condotto dei lavori all’interno delle stalle. Le varie ricostruzioni della spianata del Tempio e l’insediamento successivo di Baldovino II, avevano richiesto l’impiego di ampie scuderie, ma quelle che si trovavano nel tempio non sarebbero state in grado di ospitare il seguito di cavalieri del Re di Gerusalemme. 

Ma i dettagli che ci potrebbero indicare lavori di scavo, da parte dei Templari, nella spianata del tempio non finiscono qui. Charles Wilson e Charles Warren, due studiosi dell’800, effettuarono delle planimetrie e degli studi archeologici estremamente dettagliati, per quanto gli fu reso possibile da parte del governo mussulmano, che sono tutt’oggi fondamentali. 

Da queste rilevazioni possiamo vedere come il Monte Moriah sia percorso in quasi tutte le sue direzioni da tunnel e cisterne d’acqua. Buona parte di queste gallerie sono state studiate e visitate, ma rimangono ancora molti altri condotti non ancora scoperti e altri non ancora esplorati. La prova di tali affermazioni deriva anche da alcuni rilevamenti radar che vennero condotti nel Giugno del 1990. L’esame di una parte delle mura perimetrali della spianata del Tempio produsse dei risultati estremamente interessanti. Sotto lo strato di terreno del cancello di Hulda, nelle immediate vicinanze delle antiche Stalle di Salomone, sono stati identificati dei vuoti le cui sommità erano state ricoperte da terrapieni di macerie. 

Quindi, secondo numerosi ricercatori che si interessarono al caso, si potrebbe trattare di possibili stanze sotterranee occultate da uno strato superiore di detriti. Analisi dettagliate hanno escluso l’origine naturale di tali cavità, propendendo per una possibile origine artificiale. Questa scoperta potrebbe portarci a concludere che esistano tutt’ora sotto il Monte del Tempio gallerie, stanze e tunnel forse inesplorati da secoli. 

Le strumentazioni che sono state impiegate per questi rilevamenti videro l’impiego di georadar molto sofisticati che irradiavano nel terreno onde ad una frequenza tra i 90 e i 900 Mhz. Le differenze dielettriche della roccia indicarono così la presenza, in un caso specifico, di una stanza sotterranea. Esiste infatti una costante nelle cavità presenti nelle rocce che corrisponde a circa 1.0 mentre nel restante letto di roccia il valore si aggira tra 9 e 11. 

Attraverso il vantaggio di queste discontinuità dielettriche gli studiosi sono stati in grado di identificare graficamente cavità e strutture al di sotto della corte del Monte Moriah. I georadar sono strumenti estremamente sofisticati, che grazie all’emissione nel terreno di onde riescono a ricostruire, con un minimo margine di errore, la situazione presente negli strati inferiori del suolo e quindi ad identificare eventuali resti fossili, cavità o qualsiasi cosa che si distingua rispetto alla costituzione del suolo in esame.

Le zone oggetto di tale studio sono state quelle perimetrali, o adiacenti al Tempio, quindi interne ma sotterranee. Si tratta dei muri Ovest, Sud e parte del muro Est. Questi dati ci portano davanti ad interrogativi estremamente interessanti. Chi e perché costruì tali tunnel? Quanti ce ne sono? Pur se nel corso dei decenni numerosi tunnel, gallerie e stanze sotterranee sono venute alla luce sicuramente altre saranno ancora celate, come quella identificata sotto il cancello di Hulda.

Una curiosità ci viene anche da una scoperta casuale fatta nel 1994 nella città di Acri, città sede fino al 1291 di un’importante commanderia Templare. Rilievi prospettici identificarono nei sotterranei della città un tunnel della metà del XII,  successivamente identificato di matrice templare, che si estendeva per oltre 350 metri dal porto del forte (ad est della città) fino alla parte ovest di Acri. 

Questo sistema di gallerie, secondo gli studiosi, sarebbe stato impiegato come riserva speciale d’acqua, ma anche come strumento preferenziale di fuga in caso di pericolo. Vediamo quindi come questo ordine  non fosse totalmente all’oscuro di scavi sotterranei, e anzi come li utilizzasse per diversi fini. La presenza di tunnel, stanze e gallerie sotto il Tempio di Gerusalemme ormai è confermata. 

Archeologi e ricercatori, per quanto è possibile, stanno conducendo ed hanno condotto interessanti ricerche all’interno delle stesse. Ma cosa potrebbero avere trovato i Templari sotto il Tempio di Salomone? La domanda incuriosisce ancora oggi ricercatori e curiosi. L’unico dato oggettivo a cui ci possiamo riferire con una certa sicurezza, ma vagliandolo in maniera critica, è costituito dal famoso Rotolo di Rame rinvenuto tra i manoscritti ritrovati nel Mar morto, a Qumran. Questo rotolo, in base ai dati oggi in possesso dei ricercatori, venne redatto dalla setta degli Esseni, un gruppo religioso ortodosso ricco di fascino e di misteri. La setta degli esseni aveva vissuto per circa 210 anni, dal 140 a.C. al 70 d.C., in un insediamento vicino al Mar Morto. 

La loro decisione di abbandonare Gerusalemme era stata dettata dalla corruzione e dalla devianza religiosa che imperversa tra la gente. La loro comunità si ritrovò quindi a continuare una pretesa linea di purezza religiosa lontano da distrazioni e devianze. Nel rotolo in esame, curiosamente, si menzionano nascondigli contenenti documenti e tesori sepolti, anche dagli stessi esseni, poco prima della distruzione della loro comunità, nel 70 d.C. Alcuni di questi nascondigli si riferiscono proprio al Tempio di Salomone.

Ma le prove non sembrano finire, come abbiamo visto precedentemente almeno tre diverse spedizioni condussero scavi nei pressi, e in alcune parti, della spianata del Tempio ritrovando cunicoli e gallerie di cui si era persa traccia o non si aveva conoscenza. Purtroppo, a causa delle secolari prescrizioni mussulmane oggi non è possibile compiere scavi all’interno del Monte Sacro, è possibile però farlo dall’esterno. Questo ha permesso di identificare, come precedentemente presentato, nei pressi del cancello di Hulda stanze sotterranee prima sconosciute.  

La storiografia templare stessa ci conferma che furono effettuate delle modifiche quando l’ordine si stabilì all’interno del recinto sacro. Secondo il monaco, e pellegrino, Theodoricus per mano dell’ordine l’haram  aveva subito alcune modifiche. A seguito di numerosi lavori il complesso avrebbe avuto a disposizione grandi cisterne sotterranee piene d’acqua e l’area sovrastante il tempio sarebbe stata “ricca di luoghi di passeggio, prati rasati e sale di consiglio”. Una vera e propria rivoluzione effettuata nell’arco di qualche decennio[2]. 

I Templari, secondo altre fonti[3], avrebbero messo in funzione una serie di camere sotterranee utilizzandole come “lavanderie, magazzini, granai, legnaie e depositi di altro genere”.  E’ altrettanto curioso notare come tra le opere di restauro condotte dall’ordine nell’haram, anche la stessa sede madre avesse subito forti modifiche. 

L’attuale moschea di Al-Aqsa non differisce notevolmente da come la progettarono e restaurarono  i Cavalieri Templari. Le modifiche architettoniche ed i restauri operati presentarono per quei tempi uno stile totalmente nuovo ed originale, che da vari ricercatori è stato paragonato ad un proto-gotico. Lo stile introdotto infatti evidenzia forti correlazioni, nonché veri e propri parallelismi, con quelli che divennero successivamente i dettami di questo stile. Questo ha condotto diversi ricercatori, tra cui Graham Hancock e Louis Charpentier, ad ipotizzare che proprio ai Templari si debbano le conoscenze utilizzate successivamente nella costruzione delle cattedrali gotiche in Europa.

Tutto questo ci può portare a credere che effettivamente qualcosa di misterioso sia realmente accaduto durante la permanenza dell’ordine templare dentro il recinto del Tempio di Salomone. Ai dati storici si sommano però quelli mitici e leggendari. I problemi dell’attuale ricerca consistono infatti in una depurazione dei dati che nel corso dei secoli movimenti neotemplari e leggende hanno sommato alla reale storia.

Le ultime spedizioni

La storia ha celato, nei suoi recessi, un italiano che fu il primo ricercatore ad avventurarsi all’interno del Monte Sacro per compiere delle ricerche. La storia di questo uomo, di nome Ermete Pierotti, è molto travagliata e potrebbe in alcuni casi sembrare semplicemente il frutto di un’opera mistificatoria. Pierotti era un ingegnere militare di grande esperienza e talento, accusato di diserzione e di complicità nel furto di beni militari, nel 1849 venne cacciato dall’esercito dal tribunale di Genova. 

Nel 1856, a trentacinque anni, si trovava a Gerusalemme cercando di sbarcare il lunario con vari lavori e cercando di coronare il sogno di una vita, cercare di svelare i misteri del monte del tempio. Avendo una forte necessità di lavorare, nell’estate del 1856 Pierotti assistette un ingegnere turco, Assad Effendi, nel restauro del principale acquedotto dell’haram e del resto della città. 

Questo impiego permise al giovane ricercatore italiano di avventurarsi all’interno del monte del tempio, in cui si trovano tutt’ora importanti riserve d’acqua per la città, e di compiere importanti ricerche. Gli inverni del 1858 e del 1859 furono per Gerusalemme estremamente aridi e ciò indusse le autorità mussulmane ad impiegare il più ampio numero di ricercatori per cercare di risolvere questo problema. 

Questi lavori permisero a Pierotti di completare anche un altro progetto a cui stava lavorano da diverso tempo e che vide la luce con la pubblicazione nel 1864 in Inghilterra del libro Jerusalem Explored (La Gerusalemme Esplorata). Purtroppo i fatti accaduti nel 1849 lo bollarono per il resto dei suoi giorni.

Successive ricerche vennero condotte da Charles Warren  conclusero che alcune delle carte disegnate da Perotti, dei passaggi sotterranei e delle cisterne presenti sotto il Tempio, erano state redatte in maniera errata, in seguito ad alcuni sopralluoghi sbrigativi (giustificabili con l’enorme attenzione con cui venivano controllati i non mussulmani dalle autorità della moschea del Tempio). 

Le mappe di Pierotti, pur se in alcuni casi approssimative e imprecise, erano però unicamente contestabili per le dimensioni delle strutture sotterranee visitate. Sorprendentemente  nelle sue mappe[4] sono indicati canali sotterranei misteriosi e passaggi segreti, a tutt’oggi non ancora esplorati. Lo stesso ricercatore, ed autore, Richard Andrews durante le ricerche per la redazione del Libro Il Monte del Tempio ( Sperling & Kupfer, 2001) ha sorvolato la spianata del Tempio di Gerusalemme e fotografato la stessa con una pellicola a raggi infrarossi identificando numerosi canali sotterranei, visibili grazie alle differenze termiche, sconosciuti o non ancora esplorati.

I due  più importanti ricercatori che si assecondarono sul Monte del Tempio furono due militari britannici,  Charles Warren e Charles Wilson. Foraggiati da un ente di ricerca britannico, il Palestinian Eploration Fund (P.E.F.), le loro ricerche furono rivolte subito verso il luogo sacro per le tre religioni più importanti del pianeta. Le motivazioni che indussero il governo britannico a creare il P.E.F. devono essere viste nell’ampio movimento di interessi archeologici iniziato durante le campagne di Napoleone. 

A seguito infatti delle guerre e delle esplorazioni compiute da questo impavido combattente, in Europa si risvegliarono profondi interessi per le antichità che portarono alla costituzione di numerosi movimenti e centri per lo studio del passato. Il P.E.F. nacque proprio da questi propositi, ma con l’intento  principale di studiare l’archeologia biblica. Il primo studioso ufficiale a recarsi all’interno dell’haram per scopi di ricerca fu il capitano Wilson. Il suo Ordinance Survey of Jerusalem del 1864, venne focalizzato proprio allo studio del Monte Sacro e delle sue camere sotterranee. Per identificarle, le strutture sotterranee vennero genericamente identificate come cisterne, non compiendo una distinzione accurata tra quelle che lo erano state realmente e quelle che avevano svolto funzioni diverse. 

Gli studi che Wilson effettuò all’interno dell’haram, sono ritenuti tutt’oggi fondamentali. La sua maniacale precisione e dedizione alla causa, lo videro impiegato per diversi anni in scavi e ricerche. Per conto del P.E.F. stilò dettagliatissime cartine della spianata del Tempio e dei suoi livelli sotterranei. Grazie alla sua opera oggi possiamo studiare e conoscere un luogo purtroppo reso inaccessibile. Richiamato in patria per questioni militari, a Wilson fece seguito un altro personaggio fondamentale per la nostra ricerca, l’ingegnere e militare Charles Warren. 

A conoscenza degli incredibili risultati raggiunti dal predecessore, Warren prima di recarsi a Gerusalemme aveva servito per sei anni nell’esercito britannico a Gibilterra, dove aveva imparato ad apprezzare il fascino e la bellezza dei manufatti e della storia antica. Giunto  nel febbraio del 1857 a Gerusalemme, Warren non perse tempo nel  dedicare i propri sforzi agli scavi sotto il Tempio. Servendosi dei precedenti lavori di Wilson, Warren identificò ben 33 strutture sotterranee al di sotto del monte del tempio (identificabili da cisterne a vere e proprie stanze, a tunnel che erano ostruiti o che non erano stati esplorati). Queste strutture sotterranee vennero studiate per la redazione di planimetrie, ma non tutti i tunnel e tutte le stanze vennero visitate. 

Sotto la moschea di Al-Aqsa (ex quartier generale dei Templari), per esempio, vennero rinvenuti due livelli sotterranei di gallerie, che si estendevano ulteriormente ma che non vennero indagati per vincoli imposti dalle autorità mussulmane. Se da un lato Warren e Wilson furono guidati, nelle loro esplorazioni, dal Palestine Exploration Fund (http://www.pef.org.uk/) e dall’interesse britannico per l’archeologia biblica, esiste un personaggio meno noto che indirizzò le proprie forze verso la scoperta dell’Arca dell’Alleanza sotto il Monte del Tempio.

Montagu Brownlow Parker, era il secondogenito del terzo conte di Morley, e proveniva da una ricca famiglia terriera del Devon Meridionale, Inghilterra. Parker iniziò le proprie ricerche dal museo turco del Topkapi, ad Istàmbul,  dove un esperto[5] di studi biblici, lo svedese Walter H. Juvelius lo indirizzò verso una meta sicura. 

Juvelius affermò di aver trovato un codice sacro all’interno di un manoscritto del Libro di Ezechiele, nel quale si affermava che l’esatta collocazione  dei tesori perduti era proprio sotto la montagna del Tempio di Gerusalemme, in un punto cui si accedeva attraverso un complesso sistema di cunicoli sotterranei. Intenzionati a riportare alla luce, dopo quasi due millenni di oscurità, la reliquia più sacra per la religione ebraica e cristiana, Parker e Juvelius si associarono e grazie agli ingenti finanziamenti della duchessa di Marlborough e di altri finanziatori americani (stimati in circa 125,000 $), iniziarono il loro viaggio verso la città santa. 

Arrivati a Gerusalemme i due avventurieri si resero subito conto dei problemi che l’autorità mussulmana avrebbe potuto creargli, quindi iniziarono a compiere una sequenza incredibile di corruzioni per assicurarsi il silenzio e la fiducia delle autorità. Fu grazie, però, a queste corruzioni che il gruppo venne a conoscenza, tra il 1909 ed il 1911, di diversi passaggi. 

La spasmodica ricerca di tesori, documenti e soprattutto dell’Arca dell’Alleanza sotto il Monte del Tempio fu però interrotta il 17 Aprile del 1911, quando Parker e i suoi collaboratori cercarono di compiere il gesto più sacrilego che l’autorità islamica potesse concepire. Parker, insieme ad un piccolo manipolo di uomini tentarono di entrare nel sSakhra , una grotta di presunta origine naturale situata al di sotto della Roccia Sacra, nel Sancta Sanctorum della moschea mussulmana. 

In questo luogo anticamente veniva disposta, durante il periodo del Primo Tempio, l’Arca dell’Alleanza. Lo spavaldo avventuriero inglese, insieme al suo gruppo, riuscirono a calarsi nel silenzio della notte all’interno della grotta e a togliere delle pietre che bloccavano l’ingresso di una antichissima galleria. La fortuna non fu propensa a Parker, che infatti si fece scoprire da una guardia notturna posta a protezione del recinto sacro. Scoperti i sacrileghi profanatori della moschea, la guardia si diresse in città riuscendo a raccogliere, in meno di un’ora, una folla inferocita. 

Pronti a linciarlo i mussulmani di Gerusalemme non furono altrettanto veloci come Parker che riuscì a fuggire definitivamente non riuscendo più a rimettere piede nella Città Santa. Questo è un altro esempio di come la ricerca di tesori e documenti nascosti sia sempre stata normale all’interno del recinto del Tempio.
  
Conclusioni

Da quanto abbiamo esposto in questa nostra ricerca, parte di un lavoro ben più ampio,  risulta evidente che vari misteri e vari personaggi si sono assommati nel corso di molti secoli sul Monte Moriah, il monte dell’antico Tempio di Gerusalemme. 

Stanze segrete, tesori perduti e documenti incredibili sono state solo alcune delle motivazioni che hanno spinto nel corso dei secoli, avventurieri e ricercatori. Un posto privilegiato oggi viene dato ad un ordine monastico, quello templare, che ha assommato nei secoli misteri e leggende dietro la propria esistenza e i propri compiti. Abbiamo cercato, in questo nostro studio, di muoverci attraverso i percorsi della ricerca storica, cercando di rimanere saldamente ancorata a terra ma riportando i dati e le informazioni così come fonti storiche e documentarie ce le hanno tramandate nel corso dei secoli. 

Se in questo nostro cammino abbiamo trovato materiale inedito o non considerato dalla storiografia ufficiale abbiamo cercato di verificarlo e quindi di riportarlo da un piano leggendario ad uno maggiormente reale, non abbiamo voluto inserire nostre opinioni di parte, ma riteniamo che una profonda verifica e una nuova revisione della storia di questo ordine debba essere compiuta. 

La leggenda, ci è stato insegnato, nasce da fatti reali che per molteplici motivazioni trovano più spazio,  e più cambiamenti, entrando nel mito. Dobbiamo cercare di riportare la storia templare ad una realtà terrena, fatta di prove, verifiche e fatti. Quello che l’ordine fece sotto la spianata del Tempio di Gerusalemme, rimarrà per sempre un mistero, ma sappiamo che il loro ruolo ufficiale di protettori della fede non fu l’unico assolto durante la loro presenza nella Città Santa. 

Siamo riusciti a raccogliere alcune prove di un loro coinvolgimento in piani probabilmente ben più ampi, che videro il Monte Moriah come sede di scavi e studi per la ricerca di qualche cosa. Abbiamo cercato di muoverci attraverso i binari della correttezza, cercando di presentare i dati nella loro realtà storica, senza imporli come verità assolute.

giovedì 28 gennaio 2016

Simona Kossak. La Strega dei Boschi

Simona Kossak (1943 – 2007), polacca, era una scienziata, un’ecologista che ha lottato per la protezione delle più antiche foreste d’Europa, una documentarista pluripremiata e una conduttrice radiofonica, nonché una zoopsicologa. Per più di trent’anni ha vissuto in una capanna nella foresta di Białowieża, senza elettricità o accesso all’acqua corrente. 

La chiamavano strega, perché parlava con gli animali, aveva allestito un rifugio per loro e uno studio veterinario per curarli: una lince dormiva nel suo letto e una femmina di cinghiale, Żabka, visse con lei per 17 anni; allevò una cucciolata di cervi che la ritenevano la loro madre e strinse amicizia con il famoso corvo-terrorista che faceva dispetti a tutto il mondo, fuorché a lei.

simona e zabka

I brani seguenti sono tratti dal libro di Anna Kamińska “Simona. Opowieść o niezwyczajnym życiu Simony Kossak”, uscito nel luglio 2015. Le immagini sono di Lech Wilczek.

“La gente chiamava il corvo un villano domestico e un ladro. Terrorizzò metà dell’area di Białowieża. Rubava pacchetti di sigarette, spazzole per capelli, forbici, arnesi da taglio, trappole per topi e blocchetti per appunti. Attaccava i ciclisti e quando cadevano faceva a pezzi i sedili delle biciclette. Rubava le salsicce ai taglialegna nei boschi e faceva buchi nelle borse delle spesa. La gente pensava che Korasek – perché così si chiamava – fosse una forma di castigo per i peccatori”. Agli amici di Simona rubò di tutto, chiavi della macchina, documenti, eccetera ma bastava promettergli un uovo e insistere un po’ e Korasek, anche se di malavoglia e con ben poca grazia, restituiva il bottino.

simona e il corvo terrorista

"Simona raccontò: Un giorno i cervi, che avevo allevato con il biberon e che per molti anni mi seguirono nei boschi, manifestarono segni di paura e non vollero entrare nella foresta a pascolare. Come mi ci diressi io si fermarono, le orecchie rizzate e il pelo diritto sul fondoschiena. 

In apparenza doveva esserci qualcosa di assai minaccioso nella foresta. Attraversai metà dello spazio aperto e mi fermai, perché i cervi stavano producendo un terribile coro di latrati alle mie spalle. Mi voltai e ce n’erano cinque, rigidi sulle zampe, che mi guardavano e chiamavano: Non andare, non andare, c’è la morte laggiù! Devo ammetterlo, restai di stucco ma alla fine andai. E trovai che c’erano tracce di una lince, una lince aveva attraversato la foresta. 

simona e i cervi

Trovai le sue feci più avanti. Cos’era successo? Un carnivoro era entrato nella fattoria, i cervi lo avevano notato ed erano spaventati. Poi hanno visto la loro “madre” andare verso la morte, completamente inconsapevole, e dovevano avvisarla – per me, lo dico onestamente, quel giorno fu una conquista. Avevo attraversato il confine che ci divide dagli animali, un muro che non sembrava possibile abbattere. Se mi avevano avvisata voleva dire una sola cosa: sei un membro del branco, non vogliamo che tu sia ferita. Ho rivissuto questo momento molte volte e persino oggi, quando ci penso, provo un senso di calore al cuore”. 

La madre cerva si era avvicinata alla capanna, aveva accettato lo zucchero offertole da Simona e poi aveva partorito i suoi cuccioli in quel luogo ospitale.“Con il tempo, altri animali apparvero nel rifugio di Simona accanto alla casa. Una cicogna nera per cui Simona allestì un nido nella propria stanza, un bassotto e una lince femmina che dormivano con lei, pavoni. Li curava, li abbracciava, li osservava. Allevò due alci orfani. Portava il ratto femmina Kanalia nella manica, perché la bestiola temeva gli spazi aperti. Ospitava i grilli in un contenitore di vetro. Prediceva che tempo avrebbe fatto studiando i pipistrelli che abitavano in cantina. Il serraglio aumentava ogni anno”.

“Nell’inverno del 1993, Simona cominciò la sua battaglia per salvare linci e lupi di Białowieża dall’estinzione. I ricercatori dell’Accademia polacca delle Scienze avevano in mente di effettuare studi telemetrici, mettendo collari con trasmettitori radio agli animali. 

Ma prima dovevano catturarli. Si scoprì che i ricercatori avevano messo trappole per lupi e linci, del tipo proibito dalla legge polacca. Simona Kossak mostrò ai giornalisti ciò che aveva trovato nei boschi: pesanti ganasce metalliche. Ci volevano due uomini per aprirle. Poco dopo la denuncia di Simona e la rimozione delle trappole, un branco di lupi si avvicinò alla sua casa nella foresta, ululando tremendamente. “E’ stato un inno di gratitudine per aver salvato le loro vite. – disse l’ecologista ai giornalisti – I lupi non si avvicinano mai agli edifici se possono evitarlo, sono troppo spaventosi per loro. Forse hanno percepito l’aura amichevole che emana dalla capanna.”
 

mercoledì 27 gennaio 2016

Come il Capitale si prende la nostra vita. L'esaltazione nefasta della Competizione

Il telelavoro, internet, i dispositivi portatili e la tecnologia mobile promettevano di emancipare l’uomo dalla schiavitù della presenza in ufficio. La narrazione dei lavoratori come imprenditori di se stessi, all’inseguimento del grande sogno americano del successo personale, prometteva di trasformare tutti in novelli Bill Gates.
 
La realtà è che grazie alla tecnologia il capitalismo si è preso anche gli spazi della nostra vita familiare, mentre la frammentazione dei lavoratori, schiavi di contratti di collaborazione occasionale e di certificati di Partita Iva, li ha isolati, messi gli uni contro gli altri e ha impedito che potessero aggregarsi per migliorare la propria condizione di vita e lavorative.
 
Il capitale, finalmente libero di amministrare la forza lavoro senza scontrarsi con il muro dei sindacati, ha riorganizzato le masse in grandi nuclei uniformi di individui, facilmente governabili. È l’era della “Bioeconomia”, l’economia che entra nella nostra vita privata e si prende tutto. Ne parliamo con il filosofo Diego Fusaro.
 
Diego, qualche anno fa ci promettevano che, grazie a fenomeni come il telelavoro, avremmo potuto ridurre drasticamente il numero di ore lavorate, aumentare l’efficienza e – addirittura – si fantasticava della possibilità di lavorare con un lap-top sulle ginocchia da un’isola caraibica, magari con i piedi nell’acqua. Ecco, in realtà quello che si sperimenta è esattamente il contrario, cioè l’aumento delle ore di lavoro e forse la riduzione dell’efficienza dovuta allo stress tecnologico.
 
È un tema decisivo per capire il nostro presente ed è un tema che si può inscrivere nella categoria della “bioeconomia“, che è una categoria che ha utilizzato recentemente l’economista Fumagalli, riprendendone una che era di Foucault, quella della “biopolitica“. Allude essenzialmente al fatto che l’economia si sta prendendo anche la vita. Il mondo capitalistico diventa vita e la vita diventa essa stessa capitale.
 
Perché in effetti si sta producendo, in maniera sempre più marcata, quello che vorrei definire “il superamento della distanza fra la vita e la razionalità economica” o, se preferite, la completa disarticolazione tra i tradizionali tempi dell’esistenza e i tempi del lavoro, che ora sono portati a coincidere con quelli dell’esistenza.
  
Ecco allora che compaiono i fenomeni a cui tu poc’anzi alludevi, e sono fenomeni che, per un verso, promettono emancipazione e libertà perché ti smarcano dal luogo di lavoro tradizionale: ufficio o fabbrica che sia. E che in realtà, dietro a questa promessa illusoria, fanno sì che venga meno, si cancelli, diventi labile la linea tra tempo libero e tempo lavorativo, perché di fatto anche il tempo libero viene invaso e colonizzato dal tempo di lavoro. Ti trovi a dover rispondere alle e-mail agli orari più impensati, ti trovi a dover svolgere attività lavorative direttamente da casa tua.
 
Gli studiosi di economia e di sociologia hanno coniato anche una nuova formula, che è quella di “domestication” o anche di lavoro svolto da casa, che è quella forma di lavoro con cui, appunto, ti promettono di non dover essere più vincolato al tuo ufficio, alla tua fabbrica. In realtà, poi, lavorando da casa viene totalmente meno il confine fra tempo libero e tempo di lavoro.
 
Anzi, potremmo dire che il lavoro stesso si disloca direttamente negli spazi più intimi della propria vita privata, cioè nella propria dimora. Viene meno il confine più sacro che separava il lavoro dal tempo libero, che è quello della casa domestica. Pesa il fatto che un tempo, quando scriveva Marx, ad esempio, il capitale e l’economia si fermava davanti ai cancelli della fabbrica, non poteva andare a occupare il tempo libero dell’operaio: si arrestava ai cancelli della fabbrica.
 
Ora invece ne è uscito, li ha valicati, e si occupa della totalità del reale e del simbolico, della totalità del tempo dell’esistenza umana e non conosce più alcun “hic sunt leones“. Perfino la casa, che è il luogo più intimo, deputato alla vita familiare, viene profanato dalle logiche della produzione flessibile, logiche che finiscono appunto per invadere anche il tempo del relax, degli hobbie, del divertimento e quant’altro. C’è un paradosso, oltretutto, in tutto questo: Aristotele nella politica distingueva due tipi di economie.
 
Diceva: “c‘è la crematistica téchne“, che letteralmente è la tecnica di produrre ricchezza, che è per sua natura tendente all’infinito e che Aristotele, come figlio della cultura greca, demonizza dicendo che produce dissoluzione della comunità perché promuove solo l’individualistico ed egoistico appropriamento della proprietà privata e della ricchezza.
 
Poi c’è, invece, un’economia buona – dice Aristotele -: “Oikonomike téchne“, la tecnica dell’oikos, della casa, che è quella volta a soddisfare bisogni finiti della propria casa e, per estensione, della società in cui si vive. Ecco, oggi sembra che l’oikonomike téchne, la tecnica domestica, si sia ridefinita come “bioeconomia“, che occupa anche la vita domestica e casalinga, e questo effettivamente è un aspetto interessante che mostra come, ancora una volta, la società di tipo economicistico continui a fondarsi in quello che Marx, nel capitale chiamava “furto di tempo di lavoro altrui“.
 
Questo non dipende anche dall’esasperazione della competitività?
 
Sono d’accordo con quello che dici, perché in nome della concorrenza, che è il grande dogma del nostro tempo, e della condizione neoliberistica, tutto diventa economia, perché tutto deve essere in competizione. Tutto il tempo della vita deve essere tempo della competitività e quindi del mercato: in base alle leggi della competitività, ad esempio, spariranno i giorni dedicati al riposo, spariranno gli orari lavorativi, bisognerà fare concorrenza lavorando 24 ore su 24.
 
Del resto la tendenza del capitale è proprio questa, impadronirsi della totalità della vita umana e del tempo. C’era un passaggio molto bello che Marx scriveva in “Miseria della filosofia“: “Gli uomini scompaiono davanti al lavoro“, vengono cioè risucchiati completamente. Il problema è che occorre anzitutto decolonizzare il nostro immaginario, perché siamo succubi delle retoriche neoliberistiche che promuovono tutti questi processi come se fossero entusiasmanti forme di emancipazione perché ti permettono di lavorare a casa, di essere imprenditore di te stesso, che è l’altra grande ideologia neoliberistica. In questo modo si rimuove il fatto che si va a violare ulteriormente lo spazio dell’esistenza.
 
È un processo che porta alla frammentazione della società, perché più gli individui si riuniscono e si riconoscono in valori da difendere collettivi, più sono forti; invece più li spezzetti, li frammenti, li separi, li isoli, ognuno a casa sua, ognuno col suo piccolo sogno, col suo piccolo progetto, ognuno in competizione con l’altro, “divide et impera”, e più hai una società frammentata facilmente governabile.
 
Certo che sì! Infatti è questa esattamente la logica neoliberistica: riuscire a fare in modo che anche il servo adotti le grammatiche del signore.
 
Questa espressione, questa dicotomia hegeliana, “servo – signore”, cioè che anche il servo si illuda di essere un imprenditore e quindi, in qualche modo, veda nell’altro servo non un compagno con cui solidarizzare e creare un’opposizione corale al mondo che li vede servi, ma veda invece un competitore a cui guardare con diffidenza, cercando di scavalcarlo nelle leggi della concorrenza. In questo modo paradossalmente non c’è più un rapporto classista fra un servo e un signore, ma si viene a instaurare un rapporto fra un servo e un signore che credono tutti e due però di essere signori e imprenditori e che scambiano fra loro una merce.
 
In realtà in questo modo viene occultato il rapporto di classe che in realtà persiste e, anzi, è più forte che mai oggi perché poi se vai a vedere questi finti imprenditori che in realtà sono il grande schieramento delle partite IVA o dei para-subordinati, in realtà sono dei precari che sono costretti, tramite la finzione giuridica della libertà, a vendere le loro braccia, i loro neuroni e il loro capitale cognitivo per poter campare.
 
Notare, per inciso, che anche il fatto che oggi in termini economici si vada verso la distruzione del contratto nazionale di lavoro e si proceda verso forme di contratti individualizzati, procede esattamente in questa logica, perché quando c’era il contratto nazionale si creava evidentemente una solidarietà dei lavoratori e c’era anche la possibilità, peraltro, per il sindacato, di intervenire e gestire, come dire, gli interessi del servo.
 
Oggi, invece, tramite l’individualizzazione del lavoro, ciascuno è un atomo imprenditoriale di sé stesso che deve, per così dire, rapportarsi direttamente con il padrone, con il signore. Il sindacato sparisce, siamo in un’epoca di de-sindacalizzazione e, complici le retoriche neoliberistiche davvero pervasive, anche i servi sono contro il sindacato: hanno metabolizzato questa ideologia efficientistica e produttivistica e lottano in difesa delle loro stesse catene dimenticando il fatto che coi contratti nazionali e con il sindacato era possibile difendere una classe, un gruppo di persone e non atomi individuali.
 
Tra l’altro, per inciso, questa ideologia dell’uomo imprenditore di sé stesso è interessante anche perché se sei tu imprenditore di te stesso, se fallisci, se sei disoccupato, se fai naufragio nella tua esperienza lavorativa individuale, ciò non dipende dalle contraddizioni sistemiche classiste del rapporto “servo-signore” ma dipende…
 
…dipende dalla tua inadeguatezza.
 
Dipende dalla tua incapacità di essere portato al successo, di far fruttare il tuo talento. Ecco perché oggi non si parla più, se ci pensi, di sfruttati, ma si parla di esclusi, esclusi che sono essi stessi responsabili, così nelle retoriche dominanti, della loro esclusione, e non è un aspetto secondario, credo.
 

martedì 26 gennaio 2016

Fiamme Gemelle

Ci sono casi di fiamme quando la mente razionale oppure altre persone suggeriscono e favoriscono, alle volte premendo fortemente, per la separazione e la chiusura definitiva dei rapporti tra loro.

Amici, parenti, la tua mente o altri “esperti vari” ti diranno di non incontrarla più, ti diranno che tu meriti di meglio, che devi dimenticarla, che non è la tua fiamma o che la sua anima non è più meritevole di fiducia e del tuo amore. Il tuo cuore ti dirà che è impossibile fare ciò, proverà a gridarti di fare l’opposto, nonostante la tua fiamma non ti ha riconosciuto.

Oppure, pur avendoti pienamente riconosciuta come sua fiamma, non ha saputo onorare l’Unione e magari si è comportata con superficialità, superbia, indifferenza, cattiveria ecc.

La tua voce silenziosa dell’anima ti suggerisce sempre di non voltare mai le spalle alla tua fiamma.

Devi rispettare i suoi tempi e le sue crisi, dai e perdona sempre, queste sono le vere prove delle FIAMME.

Scoprirai che sei sempre innamorato della tua fiamma nonostante tempo, distanza o situazioni assurde impediscono il vostro amore.

Scoprirai che non riesci a dimenticarla, anche perché sarebbe come dimenticare l’altra parte di te o l’altra metà del cuore.

Sentirai la gioia e il bisogno di amarla e di darle tutta quell'energia tua. Scoprirai che non è un innamoramento come tutti gli altri; la senti come veramente una parte di te e l'intimità che avete vissuto insieme non è nemmeno paragonabile a quella che hai sperimentato con qualsiasi altra persona, perché in effetti è una fusione dello spirito e del corpo, qualcosa di impareggiabile...

Se hai tantissima pazienza e non rinunci a quello che è la certezza del tuo cuore, se continui ad onorare e rispettare la tua fiamma, anche quando lei fa tutt’altro, se continui a focalizzare su ciò che sai giusto e vero, avrai risultati gioiosi.

Rispettala e onorala giorno per giorno, non provare mai rabbia, gelosie o altra negatività nei suoi confronti, amala e pensala con amore. Non pensare alla ricompensa, pensa solo alla gioia e al grande dono di poterla amare, di averla riconosciuta.
 

lunedì 25 gennaio 2016

L'Amore secondo Krishnamurti

Cosa è l'AMORE... dal pensiero di Krishnamurti...

La parola è talmente falsata e contaminata che non mi va granché di usarla. Tutti parlano di amore – ogni rivista e ogni giornale, ogni missionario parla incessantemente di amore. Amo il mio paese, il mio re, qualche libro, quella montagna, il piacere, mia moglie, Dio.


L’amore è una idea? Se lo è può essere coltivata, nutrita, accarezzata, comandata a bacchetta, alterata come volete. Quando dite di amare Dio cosa significa? Significa che amate una proiezione della vostra immagine, una proiezione di voi stessi sotto certe spoglie di rispettabilità, secondo quello che credete sia nobile e santo. (…)

L’amore può essere l’ultima soluzione a tutte le difficoltà, i problemi e le pene dell’uomo, dunque come faremo a scoprire cos’è l’amore? Limitandoci a definirlo? La chiesa lo ha definito in un modo, la società in un altro, e c’ è una gran quantità di deviazioni e di interpretazioni sbagliate.

Adorare qualcuno, dormirci insieme, lo scambio emotivo, l’amicizia – è questo quello che intendiamo per amore? (.)

L’amore può essere diviso in sacro e profano, umano e divino, o c’è solamente amore? L’amore appartiene a uno e non a molti? Se dico, “Ti amo”, esclude forse ciò l’amore dell’altro? L’amore è personale o impersonale? Morale o immorale? E’ qualcosa di intimo, o no? Se amate l’umanità potete amare il particolare? L’amore e un sentimento? E’ una emozione? E’ piacere e desiderio?

Tutte queste domande indicano – non è vero? – che abbiamo delle idee sull’amore, idee su ciò che dovrebbe e non dovrebbe essere; un modello, o un codice maturato nella cultura in cui viviamo.

Così per approfondire la questione di cosa sia l’amore dobbiamo come prima cosa liberarci dalle incrostazioni dei secoli, mettere da parte tutti gli ideali e le ideologie su ciò che dovrebbe, o non dovrebbe essere. Dividere qualsiasi cosa in quello che dovrebbe essere e in ciò che è, è il modo più ingannevole di vivere.

Dunque, come farò a scoprire cos’è questa fiamma che chiamiamo amore – non per esprimerlo a qualcun altro ma per sapere cosa esso sia in se stesso?

Come prima cosa devo respingere quello che la chiesa, la società, i miei genitori e amici, quello che ogni persona e ogni libro ha detto su di esso, perché voglio scoprire da solo cos’ è.

Il governo dice: “Va’ e uccidi per amore del tuo paese”. È amore questo?

La religione dice: “Dimentica il sesso per amore di Dio”. E’ amore questo?

L’ amore è desiderio? Non dite di no. Per la maggior parte di noi lo è – desiderio e piacere, il piacere che è derivato dai sensi, dalla attrazione sessuale e dalla soddisfazione. Non sono contrario al sesso, ma cercate di vedere cosa in esso sia implicato. Quello che il sesso vi dà momentaneamente è il totale abbandono di voi stessi, poi finite per ritornate alla vostra confusione e così volete ripetere e ripetere quello stato in cui non c’è preoccupazione, problema, io.

L’appartenere a un altro, l’essere psicologicamente nutrito da un altro, dipendere da un altro – in tutto ciò deve esserci sempre ansietà, paura, gelosia, colpa, e finché c’è paura non c’è amore; una mente oppressa dal dolore non saprà mai cos’è l’amore; il sentimentalismo e l’emotività non hanno assolutamente niente a che fare con l’amore. E così l’amore non ha niente a che fare con il piacere e il desiderio.

L’amore non è un prodotto del pensiero che è il passato. Il pensiero non può assolutamente coltivare l’amore. L’amore non è limitato o intrappolato dalla gelosia poiché la gelosia appartiene al passato. L’amore è sempre attivo presente. Non è “Amerò” oppure “Ho amato”.

Se conoscete l’amore non seguirete nessuno, l’amore non obbedisce. Quando amate non c’è rispetto, né irriverenza. Non sapete cosa realmente vuol dire amare qualcuno – amare senza odio, senza gelosia, senza rabbia, senza volere interferire con quello che l’altro fa o pensa, senza condannare, senza far paragoni – non sapete cosa vuol dire?

Dove c’è amore c’è paragone? Quando amate qualcuno con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto il corpo con tutto il vostro essere c’è paragone? Quando vi abbandonate completamente a quell’amore allora non c’è l’altro. Forse che l’amore ha delle responsabilità e dei doveri e ne fa uso?

Quando fate qualcosa al di fuori del dovere, c’è amore? Nel dovere non c’è amore. La struttura del dovere in cui l’essere umano è intrappolato lo va distruggendo.

Finché sarete costretti a fare qualcosa perché è vostro dovere non amerete quello che fate. Quando c’è amore non c’è dovere o responsabilità.  Se ci fate caso potete vedere che tutto ciò accade dentro di voi, potete vederlo con pienezza, completamente, in uno sguardo, senza sprecare tempo a farci su delle analisi. Potete vedere in un momento l’intera struttura e natura di questa piccola cosa senza valore chiamata “io”, le mie lacrime, la mia famiglia, la mia nazione, la mia fede, la mia religione – tutte queste brutture sono dentro di voi.

Quando ve ne renderete conto con il cuore, non con la mente, quando ve ne renderete conto dal più profondo del cuore, allora avrete la chiave che potrà mettere fine al dolore.

Quando chiedete cos’è l’amore, potreste essere troppo spaventati per vedere la risposta. Essa potrebbe significare un cambiamento radicale; potrebbe frantumare la famiglia; potreste scoprire di non amare vostra moglie, o vostro marito, o i vostri bambini – no? – potreste dover distruggere la casa che avete costruito, potreste non tornare più al tempio.

Ma se volete ancora scoprirlo, vedrete che la paura non è amore, che dipendere non è amore, la gelosia non è amore, la possessività e il desiderio di dominare non sono amore, la responsabilità e il dovere non sono amore, l’autocommiserazione non è amore, l’angoscia di non essere amato non è amore, amore non è l’opposto di odio più di quanto umiltà non sia l’opposto di vanità.

E così siamo arrivati al punto: può la mente incontrare l’amore senza bisogno di disciplina, pensiero, sforzo, senza alcun libro o maestro o guida – incontrarlo come si incontra un bel tramonto?

Una mente che ricerca non è una mente appassionata e incontrare l’amore senza cercare è l’unico modo per trovarlo – incontrarlo ignari, e non come risultato di uno sforzo o di una esperienza. Questo amore, scoprirete non appartiene al tempo; questo amore è sia personale che impersonale, appartiene sia ad uno che a molti.

Come per un fiore profumato che voi potete odorare o trascurare. Quel fiore è lì per chiunque, anche per colui che si prende la pena di odorarlo profondamente e di guardarlo con piacere. Sia egli molto vicino nel giardino o molto lontano, per il fiore è la stessa cosa, essendo ricco di quel profumo lo distribuisce a tutti.

L’amore è qualcosa di nuovo, fresco, vivo. Non ha ieri né domani. E’ al di là della confusione del pensiero. Solo la mente innocente sa cosa sia l’amore, e la mente innocente può vivere nel mondo che innocente non è. E’ possibile scoprire questa cosa straordinaria che l’uomo ha cercato eternamente, nel sacrificio, nell’adorazione, nel rapporto, nel sesso, in ogni forma di piacere e di dolore, solamente quando il pensiero arriva a comprendere se stesso e giunge naturalmente a fine.

Potete leggere queste parole ipnotizzati e incantati, ma andare al di là del pensiero e del tempo realmente – cioè andare al di là del dolore – vuol dire essere consapevoli che c’è un’altra dimensione chiamata amore. Ma non sapete come raggiungere questa straordinaria sorgente – cosa fate dunque? Se non sapete che fare, non fate niente, non è vero? Assolutamente niente.

Allora intimamente voi siete nel più completo silenzio. Capite cosa vuoi dire? Vuol dire che non cercate non volete, non andate a caccia di qualcosa; non c’è assolutamente un centro.

Allora c’è amore.

domenica 24 gennaio 2016

Cambiare le Città

Il capitalismo delle rendite immobiliari prima e il neoliberismo dopo, hanno peggiorato le condizioni di vita nelle nostre città e favorito piani urbanistici speculativi che hanno costruito il degrado che osserviamo in diverse città.
 
La deindustrializzazione e la delocalizzazione produttiva hanno innescato un lungo processo di cambiamenti sociali e ambientali. La nostra classe dirigente, anziché favorire programmi per trovare soluzioni e prevenire danni sociali e ambientali, ha scelto di ignorare tale fenomeno. Nonostante la stagione dei “programmi complessi”, le nostre città non offrono luoghi urbani adeguati ai cambiamenti sociali; per aggiustare le aree urbane ci vogliono interventi ben più corposi, poiché bisogna porre rimedio alle cattive espansioni urbanistiche cominciate sin dal secondo guerra.
 
Mentre il paradigma dominate distrugge economie locali e il futuro di diverse generazioni di persone, l’inerzia del legislatore è criminogena. Il territorio è la risorsa principale del Paese, noi dipendiamo dall’energia della campagna e dalle relazioni nelle aree urbane, ma la città è completamente ignorata e assurge all’attenzione dei media solo quando la natura si manifesta con calamità che recano morti e danni ai suoli antropizzati.
 
Il crimine dell’indifferenza è tipico degli idiotes, soprattutto quando l’inerzia politica riguarda la risorsa che ci tiene in vita. Una priorità del genere non dovrebbe neanche essere oggetto di dubbi o discussioni, ma i nostri dipendenti, se fossero persone dotate di un banale buon senso, dovrebbero agire per conservare il nostro patrimonio, unico al mondo, senza fiatare. A questo fenomeno di deindustrializzazione la classe dirigente non ha voluto proporre nuovi paradigmi per governare il territorio e prevenire la disgregazione sociale che assistiamo. La recessione sta facendo abbassare i livelli della qualità di vita.
 
In quasi trent’anni, le città sono cambiate con una velocità inimmaginabile per i secoli passati. Questa velocità è direttamente proporzionale all’evoluzione del capitalismo che si sta sganciando dal lavoro. La degenerazione culturale dell’Occidente è favorita dall’informatizzazione piegata ai capricci del capitale, basti osservare il fenomeno dell’immorale mondo offshore collegato anche all’attività dei piani di riqualificazione urbana a debito, poiché così si nasconde la corruzione, mentre emergono e si diffondo prezzolati servi e adoratori d’internet.
 
Ovviamente internet è l’ennesima tecnica, e non rimane indifferente di fronte alle ingiustizie sociali e alla fame dei popoli, semplicemente le sfrutta poiché rispecchia il nichilismo dell’epoca moderna. Grazie alle giurisdizioni segrete e l’evoluzione dei sistemi informatici, il sistema bancario ha corrotto persino le mafie, e attrae i peggiori criminali del pianeta che possono compiere le proprie transazioni grazie a internet, e i Governi lo sanno benissimo. I politici preferiscono favorire l’industria del grande fratello – google e facebook – per raccogliere informazioni sugli stili di vita dei cittadini e sfruttarle per l’industria delle merci inutili, piuttosto che cancellare le giurisdizioni segrete e incriminare le banche che comprano e vendono armi.
 
Il contesto urbano e territoriale che ereditiamo è complesso, contraddittorio. Abbiamo tutte le principali città italiane – ben 26 – che sono in contrazione (perdita di abitanti) e le rendite hanno favorito la crescita della cosiddetta regione urbana, poiché hanno espulso i ceti meno abbienti dai principali centri urbani e si sono trasferiti nei comuni limitrofi. Questi abitanti usano e vivono un territorio più vasto della città, facendo crescere il volume degli spostamenti pendolari, che realizzati con mezzi privati aumentano l’inquinamento.
 
I piccoli e medi comuni sono cresciuti, deliberando piani urbanistici espansivi hanno consumato suolo agricolo. Nonostante i principali centri urbani siano stati coinvolti dal fenomeno della contrazione hanno approvato piani espansivi con la speranza di incassare soldi attraverso gli oneri di urbanizzazione contribuendo a consumare suolo agricolo. In questo contesto drammatico si intuisce che nessun comune italiano, ripeto, nessuno ha deliberato piani urbanistici rigenerativi secondo i paradigmi della bioeconomia.
 
La rigenerazione urbana è auspicata da tutte le categorie professionali che si occupano di urbanistica ma viene proposta una tecnica che ricade nell’obsoleta cultura delle crescita (perequazione e premi volumetrici), anziché compiere un’evoluzione dettata dalla bioeconomia. Esempi di rigenerazione si trovano soprattutto nel mondo anglosassone che ha conservato una propria sovranità monetaria. La letteratura straniera è molto vasta e mostra aspetti contraddittori poiché da un lato si sono favorite le rendite e dall’altro c’è stata una sensibilità a conservare le risorse naturali.
 
Le tipologie insediative sono generalmente caratterizzate da tessuti urbani con densità che imitano la città classica europea. In Italia ci si è limitati, dove è stato possibile, a recuperare le aree industriali dismesse senza avere il coraggio di intervenire nei tessuti urbani esistenti e costruiti male dalla speculazione. Tutti gli urbanisti sanno bene che la soluzione del problema si trova nella proprietà dei suoli e nella rendita immobiliare, tutti sanno che la cosiddetta municipalizzazione dei suoli avrebbe ridotto i rischi della speculazione capitalista ma il legislatore italiano preferì favorire la lobby degli immobiliaristi. Ci sono proposte di riforma che auspicano la separazione fra la proprietà dei suoli e il diritto alla casa, all’alloggio. Separando il suolo dall’alloggio possiamo immaginare di scomporre e ricomporre parti di città per realizzare una corretta morfologia urbana.
 
E’ fondamentale che il disegno urbano si liberi di discipline negative come la finanza e la proprietà. Fatto ciò, bisogna portare l’urbanistica nell’alveo della bioeconomia poiché ci consente di misurare correttamente i flussi di energia e materia. In tal senso l’edilizia è ormai matura, un pò meno l’urbanistica, ma l’approccio della scuola territorialista che fa uso della bioeconomia riempie il vuoto culturale, anche se l’ambito d’intervento è quello territoriale vasto e non la città.
 
L’unico ambito finora rimasto scoperto è quello che riguarda i piani regolatori generali in vigore e gli strumenti giuridici finanziari che valutano i piani. I criteri di valutazione, cioè gli indici finanziari ed economici non servono a nulla per giudicare la qualità progettuale, e pertanto le decisioni politiche sono condizionate da orientamenti fuorvianti e persino dannosi. E’ la qualità urbana e dei progetti che bisogna imparare a valutare ed è necessario sostenere criteri bioeconomici, di bellezza e di decoro. E’ necessario partire da un approccio conservativo, partendo da analisi dirette, funzionali, morfologiche, percettive e bisogna avere l’ambizione e l’obiettivo di riportare la bellezza e il decoro nelle città.
 
Dobbiamo abbattere le rendite immobiliari e di posizione, trasformare le leggi introducendo il concetto di bene nell’accezione bioeconomia per togliere dal mercato i valori del nostro patrimonio e poi favorire interventi di trasformazione urbana che hanno il coraggio e la virtù di aggiustare i tessuti urbani costruiti dalla speculazione. Secondo l’economia neoclassica tali trasformazioni che hanno il coraggio di recuperare standard, non sarebbero economicamente sostenibili ma attraverso l’aumento di carichi urbanistici, cioè speculando, potrebbero esser convenienti poiché si offrono al mercato le superfici che ricoprono i costi delle trasformazioni.
 
Questa logica della crescita figlia dell’ossimoro sviluppo sostenibile è fallita anche nelle città, e contraddice il concetto stesso della rigenerazione.
 
Nel Novecento la città di Ulm tagliò la testa al mostro del capitalismo. L’Amministrazione acquistò i suoli per costruire alloggi e poi li cedette a prezzo di costo ai ceti meno abbienti; “a prezzo di costo“!!!
 
Il Comune di Ulm non fece alcun profitto e agevolò persino le famiglie che non potevano pagare il prezzo di costo, vendendo gli alloggi a rate ma applicando un interesse del 3%. Quando esiste una volontà politica per aiutare le persone più povere, politici seri e civili prendono le giuste decisioni.
 
Le nostre città, cresciute dagli anni ’50 fino agli anni ’80, hanno costruito anche periferie orrende e anziché prendere le giuste decisioni e aiutare i più poveri, i politici hanno favorito le speculazioni e le rendite di posizione. Bisogna porre rimedio con soluzioni radicali e favorire la rigenerazione urbana bioeconomica che come l’esempio di Ulm ignora il profitto ma favorisce la tutela dei diritti e lo sviluppo umano. Il denaro è un mezzo, un banale strumento di misura, l’obiettivo è rigenerare le aree urbane favorendo nuova occupazione, rilocalizzando servizi e attività.
 
Il punto di partenza sono i progetti secondo l’approccio bioeconomico cioè concentrarsi nelle zone omogenee B, cioè i tessuti urbani esistenti, e studiarli secondo “l’unità di vicinato” (cellula urbana), cioè verificare se sussistono le regole della corretta composizione e inserire le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, raggiungendo una maggiore qualità urbana, la bellezza e il decoro, e una sostenibilità duratura nel tempo. Già negli anni ’70 a seguito del DM 1444/68, i Comuni furono costretti a deliberare piani per recuperare gli standard mancanti, ma il risultato in generale, fu che i consiglieri comunali non si schierarono contro le rendite e vinse il disegno urbano speculativo. Fortunatamente ci furono anche casi ove i Comuni progettarono un corretto equilibrio fra spazio pubblico e privato costruendo i servizi in maniera adeguata, ma ciò avvenne ove esisteva una corretta cultura urbanistica a tutela dell’interesse generale.
 
In questi anni 2000, le città hanno accelerato la propria crisi poiché il capitale si trasferisce nei Paesi emergenti e innesca la recessione che colpisce il potere d’acquisto dei lavoratori salariati. La soluzione alla recessione è sul piano dei nuovi paradigmi culturali col ripristino della sovranità monetaria. Per avviare questa transizione nelle nostre città, e anche nelle città europee, non servono le mance proposte dal Governo ma una seria riforma del sistema economico europeo.
 
Bisogna cambiare i Trattati e le funzioni della BCE per uscire dall’economia del debito. L’aborto politico chiamato UE è un sistema idiotes che sta danneggiando i popoli e adotta un’agenda urbana fatta di indicazioni e buoni propositi sotto il profilo energetico ma culturalmente carente sotto il profilo urbanistico e territoriale. Lo stesso Governo italiano manifesta una carenza culturale per governare il proprio territorio e i centri urbani, nonostante la creazione del Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane.
 
I documenti pubblicati dalle agenzie istituzionali manifestano diverse carenze circa le forme urbane che si sono sviluppate e trasformate negli ultimi trent’anni. E le proposte legislative, come il DDL sulla riforma urbanistica, sono addirittura pericolose per la tutela del nostro patrimonio poiché lasciando intuire un certo incentivo per progetti criminali privati. Possiamo comprende che al di là della carenza culturale chi ha il potere di decidere preferisce favore un capitalismo da rapina piuttosto che applicare la Costituzione.
 
Dal punto di vista di una politica urbana seria e responsabile, è necessario ampliare i principi di tutela e conservazione ed estenderli a tutta la progettazione urbana, cioè fare l’opposto di quello fatto finora attraverso i piani espansivi per trasformarli in piani rigenerativi. E’ necessario incentivare il sistema dei parchi e ampliare gli ambiti territoriali circa la tutela della biodiversità, portando il concetto di “bio distretto” nelle aree urbane.
 
Solo per l’Italia servirebbero circa 60 miliardi per intervenire e risolvere definitivamente problemi rimasti insoluti negli ultimi quarant’anni, questo solo nelle 26 città in contrazione. Ovviamente bisogna fissare un orizzonte temporale, ad esempio 20 anni, e distribuire la programmazione economica per gli anni che fissano obiettivi intermedi e a lungo termine.
 
Quest’atteggiamento cambia la politica nazionale ed europea, cambia la visione e costruisce un presente e futuro fatto di prosperità poiché rigenerare i centri urbani per i prossimi 20 anni significa risolvere i problemi occupazionali, riequilibra il rapporto uomo e natura in quanto tutela l’ambiente e favorisce lo sviluppo umano. La cifra di 60 miliardi è solo un’indicazione ricavata da scenari progettuali di rigenerazione, che tengono conto di una certa quantità demolizioni e ricostruzioni; arredo urbano; conservazione; ristrutturazione; riattamento; servizi (verde pubblico, scuola, teatro, biblioteca); sufficienza energetica e mobilità dolce.
 
La cifra può giustamente variare rispetto ai singoli progetti, ma l’indicazione è utile a capire le dimensioni della programmazione economica che si discosta dai ridicoli spiccioli stanziati da una classe dirigente a dir poco, dannosa, inutile e immatura. E’ fondamentale che i cittadini stabiliscano la priorità di riprendersi le città, poiché sono la nostra casa. Bisogna farlo riportando l’architettura e l’urbanistica al centro della politica, come avvenne nel mondo classico della magna Grecia, nel Rinascimento e nell’Ottocento, e stabilire l’uscita dal becero consumismo sostituito dalla cultura e dalla bellezza.
 

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