sabato 25 maggio 2013

Sim-Universe 2.0

In ogni epoca storica la visione dell’universo è, in qualche modo, dettata dal contesto. I miti arcaici narravano l’origine e l’evoluzione del cosmo con i soli strumenti che avevano a disposizione: l’azione di dèi, l’antropomorfizzazione dei fenomeni naturali. Agli albori della scienza moderna le descrizioni del cosmo erano più rigorose, facevano uso della matematica e della fisica conosciuta. 


Le metafore usate erano diverse, l’universo era visto, in un certo senso, come un congegno meccanico, una specie di orologio. Oggi, nell’epoca dell’informatica e della computazione, qualcuno ha cominciato a descrivere il cosmo come un computer. 

Nel libro "Il programma dell'universo", Seth Lloyd del MIT, uno dei pionieri della computazione quantistica, divulga l’idea che ogni componente fondamentale dell’universo, ogni particella elementare, sia in ultima analisi un bit di informazione. 

Un bit quantistico, per l’esattezza, cioè non uno 0 o un 1, come in un computer digitale normale, ma contemporaneamente uno 0 e un 1, secondo l’idea della sovrapposizione di stati della meccanica quantistica. Proprio perché lo stato di una particella in meccanica quantistica non è definito fino al momento in cui lo si misura, poche particelle elementari possono essere usate per compiere un numero enorme di operazioni “in parallelo”, cioè contemporaneamente, e possono essere usate per simulare sistemi fisici complicati, cosa che richiederebbe tempi lunghissimi per un computer ordinario. 

La possibilità di usare singoli elettroni per compiere semplici calcoli (per esempio la fattorizzazione di numeri primi) è stata già dimostrata da Lloyd e da altri ricercatori, e c’è grande attività per fare in modo che la computazione quantistica diventi una realtà tangibile nei prossimi anni. Spingendo molto oltre la faccenda, Lloyd è convinto che l’universo stesso non sia niente altro che un enorme computer quantistico, e che la riformulazione di alcuni concetti della fisica in termini di teoria computazionale (un esempio ben noto è il parallelo tra entropia di un sistema e quantità di informazione) possa spiegare fenomeni come l’emergere della complessità che osserviamo nel cosmo, a partire da condizioni iniziali estremamente semplici. Un bell’esempio è quello delle scimmie calcolatrici. 

Fu Boltzmann a far notare che l’emergere per puro caso della complessità nell’universo sembra una cosa estremamente improbabile, più o meno come se alcune scimmie, battendo dei tasti a caso su una macchina da scrivere, scrivessero l’intera Divina Commedia. Ma Lloyd fa giustamente notare che l’universo potrebbe funzionare in modo diverso: le scimmie batterebbero sui tasti di un calcolatore, non di una macchina da scrivere, e la probabilità di scrivere casualmente sequenze di software, anche molto brevi, che diano risultati sensati, diventa non trascurabile. 

A loro volta, i compiti svolti da queste sequenze sensate potrebbero includere la produzione di ulteriori sequenze, in una complessità via via crescente, che una volta creata verrebbe auto-preservata. Una specie di meccanismo di selezione naturale per frammenti di informazione, che dà vita alla ricchezza e alla differenziazione di strutture che osserviamo nel cosmo. Lloyd pensa che dietro la visione computazionale dell’universo possa esserci addirittura la soluzione al problema della gravità quantistica: la ricerca, finora senza successo, di una teoria che unifichi le quattro interazioni fondamentali in un unico modello.



E se vivessimo in una simulazione? Dopo aver visto il film Matrix, tutti abbiamo riflettuto almeno per un po' su questa fastidiosa eventualità. 

La cosa sorprendente è che, mentre noi riprendevamo la vita di tutti i giorni come se niente fosse, qualcuno ha continuato a rimuginare seriamente sulla questione. Quali sono le probabilità che l'universo che conosciamo non sia altro che una complicata messa in scena, un mondo virtuale estremamente ben realizzato? 

Sembrano chiacchiere da dopocena, ma dietro c'è Nick Bostrom, un filosofo dell'università di Oxford. Nel 2003 ha pubblicato un articolo che, in estrema sintesi, sostiene che le probabilità di vivere in una simulazione sono piuttosto alte. Essenzialmente, l'argomento di Bostrom fa leva sul fatto che noi stessi siamo ormai in grado di produrre simulazioni molto realistiche di aspetti più o meno complessi della realtà: simulazioni usate per scopi scientifici (ad esempio quelle che tentano di riprodurre l'evoluzione della struttura su grande scala dell'universo) oppure per intrattenimento (nei film di animazione, oppure in videogiochi come The Sims o Second Life). 

Potremo mai essere in grado di spingere le simulazioni a livelli di realismo tale da contenere al loro interno entità autocoscienti? Questo è evidentemente un quesito senza risposta, per il momento. Ma se avremo mai questa possibilità, la quantità di mondi simulati inizierebbe a moltiplicarsi con un ritmo molto rapido. Secondo il ragionamento di Bostrom, allora, un osservatore (cioè un'entità autocosciente) scelto a caso avrebbe molte più probabilità di trovarsi in una simulazione, piuttosto che nel mondo reale.

L'articolo di Bostrom ha scatenato un certo dibattito, e c'è una pagina web che segue tutti gli sviluppi. Si tratta, ovviamente, di speculazioni filosofiche, che coinvolgono campi molto complessi come la logica, la computazionabilità, il calcolo delle probabilità, e persino la natura della realtà e delle leggi fisiche. 

Secondo il cosmologo John Barrow, ad esempio, se davvero vivessimo in una simulazione dovremmo notare strane variazioni nelle leggi fisiche o nelle costanti di natura, scaturite dalla necessità di aggiornare le simulazioni per mantenerle ben funzionanti (nello stesso modo in cui un programma di computer ha bisogno di manutenzioni periodiche e di interventi di upgrade che non erano stati previsti al momento del suo lancio).

Ma se tutto questo vi disturba, sappiate che Bostrom suggerisce che, fino a che non dovesse comparirvi davanti una finestra che vi avvisa che siete davvero in una simulazione, la strategia migliore è continuare a vivere come se niente fosse.

http://www.keplero.org/2007/04/il-programma-delluniverso.html
http://www.keplero.org/2006/11/universi-simulati.html

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