venerdì 1 novembre 2013

L'Universo che Pensa - S.Mugnos

È evidente come ogni interrogativo che si pone intorno al significato della nostra esistenza ruoti intorno a due punti fondamentali: il meccanismo di origine della vita e la sua ricerca fuori del nostro pianeta.

Ma come compiere questa indagine? E cosa cercare?

Parliamo del mondo, parliamo di scienza.

Essa non è un dogma, non è un atto di fede e neppure un’opinione. È uno strumento di indagine efficiente e affidabile, finalizzato alla ricerca di una verità unica che possa valere per ogni forma vivente che conosciamo.

La scienza è cresciuta con l’uomo, con le sue inquietudini e la sua curiosità, ma anche con le sue conquiste, che hanno assunto la forma di un formulario atto a descrivere ed esplorare l’ambiente circostante.

Naturalmente non è infallibile, ma ciò che enuncia è dimostrabile da chiunque, in qualunque luogo e momento. Se affermiamo che un oggetto lanciato in aria ricade al suolo attratto da una forza chiamata gravità, chiunque può constatare il fenomeno ripetendo l’esperienza ovunque e in ogni istante: questo è il punto di forza del metodo scientifico, quello che i ricercatori definiscono “procedura sperimentale”.

Tuttavia le potenzialità di uno strumento d’indagine sono definite proprio dalla presa di coscienza dei suoi limiti. E quali sono questi “talloni d’Achille”?

Innanzitutto la scienza indaga nell’ambito di un universo costruito sulle percezioni forniteci dai nostri cinque sensi; nulla si sa, quindi, su ciò che sta realmente al di fuori. Mi spiego: immaginate, per esempio, di sfregarvi un occhio (anzi lo potete fare all’istante). Non una semplice grattatina, ma quegli interventi possenti, magari dettati dalla smania di un prurito allergico, quando il dito penetra così tanto nell’occhio, che sembra quasi volerlo cavare dall’orbita!

Nel momento in cui cominciate a fare le prime pressioni le immagini tendono a sdoppiarsi sovrapponendosi le une alle altre e, quando finalmente chiudete l’occhio, appaiono una serie di macchie luminose.

Se ci fermiamo un attimo a riflettere, questo banale gesto presente dei risvolti inquietanti: il mondo circostante solido, reale, in realtà si è rivelato solo un’immagine ottica fornitaci dal nostro sistema visivo che, una volta alteratosi momentaneamente, l’ha distorta. Un massiccio grattacielo, una lunga file di alberi e perfino le auto in corsa in un istante traballano, si spostano come un’illusione. Un po’ come guardare un paesaggio riflesso su un lago, pronto a dissolversi alle prime increspature dell’acqua per poi ricomparire al tornare della calma.

Ma allora se la visione che abbiamo dell’universo circostante è solo quella fornitaci dai nostri sensi, qual è il so volto reale? Quanto ciechi e sordi siamo nei confronti di altri aspetti dell’ambiente circostante che la nostra fattezza biologica ci impedisce di percepire?

La storia è testimone di quanto il progresso ci ha permesso di estendere le nostre percezioni sia verso l’infinitamente piccolo che verso l’infinitamente grande in ambiti prima interdetti, mostrandoci un volto insolito dell’universo, fondamentale ai fini della comprensione della sua dinamica. Ma un binocolo resta sempre un occhio, e un’antenna resta sempre un orecchio. Sofisticato che sia, il progresso rimane un prolungamento della nostra natura, un ampliamento dei confini del nostro territorio d’indagine.

E se occhi e orecchi non bastassero per accedere ai quesiti fondamentali della nostra esistenza, come il significato della nostra vita, le sue origini e il suo fine ultimo?

Che ci piaccia o no siamo immersi nel nulla e ignota è la direzione verso la quale ci stiamo muovendo. Ostinarsi, quindi, ad attribuire al raziocinio più potenzialità e responsabilità di quelle che effettivamente possiede è renderlo attaccabile da varie forme di mistificazione che si insinuano sotto forma di para-scienze, alla stregua di parassiti che sfruttano le conquiste scientifiche solo per avvallare la legittimità del proprio credo, spesso privo del benché minimo fondamento.

Ecco perché deve essere ben evidente il dominio della ricerca scientifica, il cui valore è definito proprio dalla presa di coscienza delle sue limitazioni. Parlare di misteri non è un tabù, anzi è un atteggiamento dignitoso e soprattutto scientifico, perché mistero è semplicemente tutto ciò che attualmente esula dalla comprensione dei nostri strumenti d’indagine.

Il mondo è letteralmente costellato di enigmi irisolti; alcuni antichi quanto la civiltà umana, altri fioriti di recente a seguito del potenziamento delle nostre tecniche di ricerca che spesso creano più dubbi di quanti non ne eliminino.

Tutto ciò non è dannoso: è una continua lezione di umiltà, preziosa per imparare ad interpretare correttamente il nostro passato e costruire le fondamenta della conoscenza futura.

Tratto da L'Universo che pensa di Sabrina Mugnos (Macro Edizioni, 2005).

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