mercoledì 29 ottobre 2014

Le linee sacre - Gli allineamenti di "Alesia"

Il pastore evangelico tedesco Wilhelm Tendt, contemporaneo di Alfred Watkins (studioso di antichità che nel 1920 rese pubbliche le sue teorie circa un sistema di linee che un tempo aveva contrassegnato tutta la superficie dell’Inghilterra, formando una rete capillare costruita come un’immensa ragnatela geometrica), nella sua opera del 1929, Germanische Heiligtümer, ragguagliava sui collegamenti tra gli antichi luoghi sacri, che chiamava heilige Linien (linee sacre). E le heilige Linien sono pressoché identiche al sistema di linee inglesi. Come Watkins, anche lo studioso tedesco trovò subito un seguito e molti, studiando le carte topografiche, scoprirono parecchie altre linee.


Sostenuta da Heinrich Himmler, questa teoria fu ufficialmente accettata per lungo tempo. Il filosofo francese Xavier Guichard nella sua opera intitolata Eleusis-Alesia scoprì che nell’antica toponomastica europea c’erano tre nomi fondamentali: Burgus, Antium e Alesia, l’ultimo dei quali era però un caso unico perché apparteneva solo alla città della Francia orientale espugnata da Cesare nel I secolo a.C.

La sua forma greca, Eleusi, risaliva, sempre secondo l’autore, a tempi leggendari anteriori ad Omero, inoltre la radice indoeuropea Ales, Alis o Alles significherebbe ‘punto di contatto tra i popoli’. In realtà la radice è limitata all’ambiente greco, ed è elJ-, eluJ-, eleuJ-, donde, col suffisso -siV, 'EleuJsiV, da cui Eleusis con caduta del J, pertanto non vi è probabilmente alcun nesso logico fra Eleusi e Alesia. Guichard si mise a cercare nella toponomastica i termini che si potevano riferire a quella radice, e trovò che, sebbene fossero diffusi per lo più in Francia, anche in Egitto c’era un’Eleusi presso il delta del Nilo: un’antica colonia greca. Guichard continuò a fare ricerche sul vero significato del termine e sulle origini del popolo che lo usò per la prima volta, dedicandovi venticinque anni della sua vita. Se si prendeva come centro un’antica località chiamata Alaise, vicino a Besançon nella Francia meridionale (cartina 1), l’intera Europa veniva divisa in due ‘rose dei venti’ (simili a quelle usate dai geografi greci), la prima, di ventiquattro linee, che divideva l’orizzonte in segmenti uguali; la seconda, di quattro linee, che indicava la linea equinoziale e i solstizi d’estate e d’inverno.


Quando compilarono la mappa complementare (cartine 2 e 3) i cartografi trovarono che alcune città derivate dal nome ‘Alesia’ (notiamo che è inclusa Vercelli e non Alessandria che presenta un’assonanza più completa) che Guichard portava come prova si trovavano in località un po' discoste dai punti che egli indicava accuratamente nelle mappe del suo libro.

  
  

Dobbiamo riconoscere che ci sono evidenti somiglianze tra le sue teorie e quelle di Alfred Watkins. Senza che l’uno sapesse dell’opera dell’altro entrambi giunsero alla conclusione che il traffico del sale alV doveva essere di vitale importanza nelle antiche rotte commerciali e che esistevano (e questo è sancito dall’archeologia ufficiale) delle ‘strade del sale’ che permettevano l’approvvigionamento del prezioso alimento. Fondamentalmente entrambi accettavano la teoria che le antiche sedi dell’uomo primitivo non erano state scelte a caso, ma si inserivano in una complessa figura geometrica. Sul come e il perché fosse concepito un piano strutturale così vasto, né l’uno né l’altro studioso hanno potuto dare risposte precise. Tuttavia hanno messo in luce una delle tensioni che dovettero albergare più tenacemente nello spirito dei primi abitatori dell’Europa, e cioè la ricerca di ciò che, almeno metaforicamente, sta oltre l’orizzonte. Si sono raccolte prove in Europa, in Egitto e in Sudamerica, e, come disse Tohn Micheil, « tutto questo non potrebbe avere come unica motivazione l’esigenza di calcolare il tempo o la data, o un astratto desiderio di raccogliere informazioni astronomiche ».

E allora qual era la motivazione? Qualsiasi supposizione deve tenere conto della scala gigantesca di queste pianificazioni, che sicuramente avevano una finalità pratica. I matematici anteriori a Pitagora hanno lasciato solo pochi, vaghi cenni del loro sapere, ma da quel poco possiamo dedurre che in qualche modo fra l’armonia dei numeri, il movimento dei corpi celesti e i momenti fondamentali dei ciclo annuale di rotazione della Terra gli antichi trovavano dei punti di corrispondenza, dai quali scaturiva un’energia che oggi sentiamo solo indistintamente; la loro era una scienza fondata sull’istinto, ma non per questo meno importante della nostra per lo sviluppo dell’umanità.

Brano (adattato) tratto da "Atlante dei misteri" di Francis Hitching 

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