Gli studi di Jan Assmann confermano una vecchia ipotesi basata su un inno del XIV secolo avanti Cristo. Il monoteismo del personaggio biblico deriva da quello del sovrano egizio
«Quando tramonti all' orizzonte d' occidente/ la terra è al buio/ in stato di morte/ Tutti i leoni escono dalla loro tana/ tutti i serpenti mordono (...) Gli uomini si svegliano e si mettono in piedi/ Tutto il paese si accinge al lavoro».
Così recita l' Inno ad Aton scritto durante i 18 anni del regno di Akhenaton, il re che fondò una religione monoteistica nell' Egitto del XIV secolo a. C.; religione le cui tracce furono distrutte dalla reazione di principi e sacerdoti. Nella Bibbia, il Salmo 104 recita:
«Tu distendi le tenebre/ allora sbucano fuori tutte le bestie della selva/ ruggiscono i leoncelli in cerca di preda/ Sorge il sole ed essi si ritirano/ si accovacciano nelle loro tane/ Allora esce l' uomo al suo lavoro/ all' opera sua fino a sera».
Non c' è testo egizio posteriore che abbia tanta affinità con l' Inno quanto il Salmo ebraico. Così, alla fine dell' Ottocento, la scoperta archeologica di Akhenaton illuminò l' antico dibattito su Mosè e l' Egitto.
Akhenaton è stato un faraone dell’antico Egitto, passato alla storia per le idee innovative in ambito religioso e per il proprio aspetto estetico. Egli era devoto principalmente ad un'unica entità, il Disco Solare, contrariamente a ciò che dichiarava la religione politeista seguita dal popolo egizio. Inoltre, non riteneva che il faraone corrispondesse ad una divinità, e quest’idea era completamente rivoluzionaria.
Proprio per le sue innovazioni, attirò verso sé critiche ed opposizioni, e dopo la morte fu condannato alla damnatio memoriae, il tentativo di eliminare il suo ricordo. La damnatio memoriae, purtroppo, impedisce agli egittologi di studiare dettagliatamente la storia di questo faraone, perché i ritrovamenti ed i dati rinvenuti sono pochi e confusi. I dubbi su quest’uomo sono davvero tanti.
Innanzitutto, nelle raffigurazioni appare completamente diverso dagli altri sovrani. I faraoni sono sempre raffigurati come uomini in ottima forma fisica, mentre Akhenaton risulta fuori forma, con braccia e gambe sottili ed un ampio bacino. Questo aspetto, quasi femminile, lascia persino sospettare che possa trattarsi di una donna. Ma c’è un dettaglio, ancora più interessante, che riguarda la conformazione della sua testa: il cranio è visibilmente allungato. Può trattarsi di una malformazione congenita, ma si sospetta anche qualcosa di più, ovvero un’origine extraterrestre del faraone. Un ibrido alieno, un individuo in parte uomo e in parte alieno.
Avendo scarse informazioni sulla storia di Akhenaton, è difficile anche ricostruire la sua successione. Si ipotizza un periodo di condivisione del potere con Smenkhara, un altro uomo su cui abbiamo poche informazioni: un parente, un amico o forse un amante, che può essere diventato il suo immediato successore.
A questo punto è fondamentale parlare di Tutankhamon, uno dei più famosi faraoni della storia, noto per aver preso potere da bambino ed aver ereditato un regno immenso. In seguito alle ultime analisi, emerge che Tutankhamon potrebbe essere figlio di Akhenaton. E’ interessante notare, infatti, che il ragazzo presentava la stessa malformazione fisica del precedente faraone, ovvero il cranio allungato che lascia pensare ad un’origine extraterrestre di questa famiglia.
Il nome di Akhenaton compare sulla targa posta in vetta al Musinè, montagna mistica ed esoterica del Piemonte, quotidianamente meta di esoteristi in cerca di energie, e di ufologi in attesa di oggetti volanti extraterrestri. Su questa targa, il nome di Akhenaton è stato inciso vicino quello di Hatshepsut, la donna faraone condannata anch'essa alla damnatio memoriae, nota per aver guidato l’Egitto in un periodo di prosperità e per la relazione col sacerdote Senenmut, che potrebbe averle rivelato informazioni segrete sulla vita nell'universo.
La storia dell’antico Egitto è ancora piena di enigmi da svelare: misteri di un popolo in possesso di conoscenze perdute nel corso dei secoli, misteri che spingono a sospettare contatti con popoli extraterrestri.
La biblica «distinzione» operata da Mosè - il rifiuto cioè di politeismo, idolatria e superstizione in nome del monoteismo - era stata preceduta da un' analoga «distinzione» da parte del faraone: e vi fu chi, come Freud nella sua ultima opera, L' uomo Mosè, concluse che il profeta biblico consegnò, da egizio, agli ebrei dell' Esodo proprio il monoteismo di Akhenaton. Secondo Jan Assmann, egittologo dell' Università di Heidelberg e autore del nuovo saggio Mosè, l' egizio, motivi religiosi come l' Inno ad Aton potrebbero essere giunti alla Bibbia senza bisogno di Mosè perché, ai tempi di Akhenaton, la terra di Canaan era stata governata dall' Egitto e qualche retaggio poteva esservi rimasto.
Tuttavia, nei secoli, vi furono storici, filosofi, religiosi che videro in Mosè un egizio (o un erede della mistica faraonica) senza sapere del monoteismo di Akhenaton. Essi partivano da poche fonti canoniche (una frase di Stefano negli Atti degli apostoli: «Mosè fu quindi istruito in tutta la sapienza dagli Egizi»; un versetto del Pentateuco: «l' uomo Mosè era in gran considerazione presso gli Egizi») e da una miriade di ricostruzioni extrabibliche, da Manicone ad Ecateo, da Giuseppe Flavio a Strabone: così, lavorando sulla memoria degli antichi, Spencer, Cudworth, Warburton, Reinhold, Schiller riportarono alla luce il sottotesto egizio della Bibbia.
John Spencer (1630-1693), ebraista e rettore di Cambridge, fu il primo a guardare la questione con occhio illuminista, a differenza dei rinascimentali Ficino, Bruno, Fludd, Kirchner, la cui egittofilia si basava sul Corpus Hermeticum, attribuito al mitico Ermete Trismegisto, compendio di una «teologia arcana» egizia fondata sulla divinità della natura.
Nel 1614, Isaac Casaubon smascherò il Corpus come un falso di epoca tardo-antica, ma altre fonti convinsero Spencer che gli ebrei erano «culturalmente egizi» (nel deserto adorarono il vitello d' oro, simulacro del toro Api) e che Mosè, pur ripudiando la «peste egizia, idolatra e superstiziosa», trasferì nel popolo dell' Esodo vari elementi di quella cultura; la stessa «controreligione» del Sinai proveniva da verità segrete «promulgate nella forma - ma anche sotto il velo - della legislazione». Accennando ai «segreti»,
Spencer aprì una via. Ralph Cudworth, platonista di Cambridge, riabilitò il Corpus Hermeticum: senza confutare Casaubon, sostenne che la datazione tardo-antica provava che l' «arcana teologia» naturale rimase viva nei secoli e che «gli egizi, accanto ai loro molti dei, conoscevano un' Unica Divinità, suprema e onnicomprensiva»; e William Warburton, vescovo anglicano di Gloucester, precisò che quello di Mosè era il Dio dei misteri, divulgati sul Sinai in forma d' iniziazione di massa. Anche il filosofo kantiano Karl R. Reinhold (1785-1825), gesuita e massone, poi protestante, identificò Yaveh nel «dio cosmico» dei misteri, accessibile solo per via iniziatica e antitetico al politeismo ad uso delle masse.
Reinhold equiparò il biblico tetragramma YHVH («Io sono colui che sono», Esodo,3,14) alle iscrizioni della piramide di Sais («Io sono tutto ciò che è») e di una statua di Iside («Io sono ciò che è»), convinto di provare così l' esistenza in Egitto di una religione dell' Ente supremo, che per Schiller veniva celata nei geroglifici, «veste misteriosa» del segreto che Mosè «accomodò» per il popolo dell' Esodo.
Che cosa avrebbero desunto quei dotti se avessero saputo di Akhenaton? «Le ricerche sui testi possono dimostrare che la relazione tra il faraone e Mosè ha un certo fondamento storico», sostiene Assmann; ed è certo che la prima «distinzione» dal politeismo risale ad Akhenaton, il cui monoteismo era fondato sulla riconciliazione con Dio e sul perdono delle colpe davanti al tribunale dei morti, in modo che Bà, l' anima, entrasse nell' aldilà in stato di purezza.
Il Mosè biblico, invece, non parlava al suo popolo di aldilà e introdusse l' idea di peccato identificato nell' Egitto idolatra che rifiutava; ma quei saggi che cercarono Dio sul Nilo volevano superare la grande frattura culturale nata da quel rifiuto, in nome di una religione universale. E si rivolsero al Mosè egizio.
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