sabato 31 ottobre 2015

Scienza e fede nel cinema di fantascienza. Star Trek e Star Wars a confronto

Questo saggio vuole mettere a confronto le due più celebri saghe fantascientifiche che la Settima Arte abbia mai partorito: Star Trek e Star Wars[1]. Ci concentreremo su di un aspetto che la saggistica italiana non ha finora approfondito, ovvero il ruolo che la fede e la scienza ricoprono nel 'concept' di queste due opere.
 
Infatti, se SW incarna l’eterno conflitto tra il Bene e il Male, donando all’aspetto trascendente un ruolo assolutamente di primo piano, ST si attesta invece come una opera di stampo positivista, lasciando pochissimo spazio alla questione religiosa, la quale viene esclusivamente giudicata da un punto di vista meramente antropologico, dunque ridotta a semplice rito e mai riconosciuta come elemento base di una civiltà.
 
Sono state volutamente escluse dalla analisi le numerose fanzine e prozine dedicate alle due saghe, per favorire una riflessione meno legata a un mero nozionismo, tipico di queste pubblicazioni.
 
Sappiamo che il tema in questione è vasto almeno quanto le opere che andremo ad analizzare, tuttavia ci auguriamo di poter individuare quelle che possiamo a buona ragione considerare le due anime portanti della fantascienza[2], e in fondo del fantastico più in generale: da una parte la lotta dell’uomo contro le sue debolezze, incarnate da un demone o, come nel nostro caso, da un Lato Oscuro, dall’altra la sempiterna sfida di alcuni moderni Ulisse, i quali si spingono verso luoghi ignoti alla ricerca della conoscenza.
 
Ricordiamo inoltre che da sempre la fantascienza ha come caratteristica quella di essere un genere contenitore, ovvero di proporre, oltre al tema pseudoscientifico, questioni che vanno dalla politica alla sessualità; persino rivisitare generi come la commedia o il dramma epico. Il passo è breve per capire quanto le tematiche politico-religiose abbiano rivestito un ruolo cruciale in questo tipo di storie, come afferma Jean Gattégno nel suo importante saggio dedicato proprio alla fantascienza: “Come qualsiasi tipo di letteratura, anche la SF trasmette una certa ideologia. Le correnti scientifiche del secolo vi si sono riflesse fedelmente. Come le correnti politiche, beninteso”[3].
 
SW è una saga cinematografica partorita dalla fervida fantasia di George Lucas. Essa, creta negli anni '70, è una delle poche serie cinematografiche della space opera che abbia oltrepassato indenne i decenni, giungendo fino al Terzo Millennio. Inizialmente composta da una trilogia, si è poi ampliata tra il 1999 e il 2005, diventando un'esalogia. Il primo film della serie, intitolato semplicemente Guerre Stellari, uscì il 25 maggio 1977  negli Stati Uniti d'America. La storia di Guerre Stellari si compone dunque di due trilogie: la prima detta Trilogia Originale e realizzata a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80, mentre la seconda va dal 1999 al 2005.  
                                                                         
Un episodio epitome della caduta dell’uomo
 
Per quanto concerne il nostro studio, ricopre una importanza primaria il film Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith (2005), diretto da Lucas. Si tratta del sesto e ultimo film, in ordine di produzione, della serie, nonché il fondamentale anello di congiunzione tra la 'Nuova trilogia' (episodi I, II, III) e quella che viene solitamente definita "Trilogia originale" (episodi IV, V, VI). Differentemente dalle prime due pellicole, indirizzate a un pubblico più giovane (segnatamente l’Episodio I: La minaccia fantasma, 1999), La vendetta dei Sith si contraddistingue per avere le atmosfere più cupe e drammatiche della intera saga.
 
Attraverso la riflessione sul dramma del giovane Anakin Skywalker, si possono comprendere quasi tutti gli aspetti fondamentali legati al contesto religioso in SW. La storia si apre con lo scontro tra ribelli e separatisti in pieno svolgimento, con la battaglia che infuria sui cieli del pianeta-capitale Coruscant. Il generale androide Grievous ha colpito al cuore della Repubblica rapendo il Cancelliere Palpatine. Obi-Wan Kenobi, insieme al suo indisciplinato quanto dotato discepolo Anakin, penetra nella nave ammiraglia dei separatisti, per liberare Palpatine, cosa che riuscirà a fare, senza però evitare lo scontro con il conte Dooku.
 
Proprio durante questo duello, che porterà Anakin a giustiziare senza pietà l’ennesimo jedi sedotto dal Lato Oscuro, si palesa la dichiarazione di intenti della pellicola e di tutta la saga di Guerra Stellari: la rabbia e il rancore, in questo caso di Anakin nei confronti di Dooku, che durante il loro primo “incontro” gli amputò la mano, sono la porta per il male. Ricordiamoci questo episodio, poiché esso è un po’ l’essenza di SW: l’incontinenza dell’animo umano quando abbandona fede e fratellanza, quando cioè pensa solo a se stesso e ai suoi drammi o ,come nel caso di ST, ai traguardi da raggiungere e alle nuove scoperte da fare.
 
Tornando alla trama della pellicola, dopo la sua liberazione, la condotta di Palpatine desta viva preoccupazione nel Consiglio degli Jedi, dove viene deciso di inviare proprio Skywalker in qualità di 'spia' presso il cancelliere. Decisione quanto mai sventurata, poiché segnerà l’ennesima vittoria di un fenomeno antico quanto l’essere umano stesso: la seduzione del male. Le parole di Palpatine lusingano e ingannano nel contempo il giovane jedi, facendo leva sulla natura stessa del male, ovvero la paura, il terrore di perdere quello che si ama.
 
Anakin accetta di farsi corrompere, credendo ingenuamente di impedire in tal modo ciò che per lui sarebbe inaccettabile, ovvero la morte dell’amata Padmè e del figlio (o meglio figli) che porta in grembo. La frustrazione di Skywalker viene anche alimentata dallo scetticismo del Consiglio dei Jedi, che lo giudica troppo immaturo per farne parte. Mentre Obi-Wan si dirige verso Utapau, dove i cloni hanno localizzato il rifugio personale di Grievous, la corruzione di Anakin è ormai quasi completa. Palpatine percepisce sempre più chiaramente il conflitto che dilania l'anima del giovane Skywalker tra la fedeltà al codice dei jedi e il terrore di perdere Padmè, come avvenne anni prima con l'amata madre. Tuttavia, la “nascita” del nuovo Signore dei Sith avverrà solo con il primo di una lunga serie di tradimenti, la morte del maestro Windu, che porterà alla quasi totale estinzione dell’Ordine dei Cavalieri Jedi. Anakin ha ormai fatto la sua scelta: giura fedeltà al Cancelliere, rivelatosi come il Signore Oscuro, prendendo un nome Sith: Darth Fener.
 
D’ora in poi la spada laser di Skywalker sarà al servizio del male. Il tradimento di Skywalker nei confronti dei jedi si attesta infine come un lontano, sebbene palese, riferimento alla presunzione di Lucifero, magnifico angelo, che si crede superiore a Dio. Nel duello  finale tra Anakin e Obi-Wan, memorabile pietra miliare di tutta la saga, si intravede la dicotomia che lacera la Forza, da un lato la religiosità dei jedi, dall’altro l’ateismo dei Sith, sostenitori di una civiltà fatta di androidi e tecnologia. Quando Obi-wan ammonisce Anakin di non tentare una mossa troppa ardita, la superbia e l’ira del Sith, simbolo della presunzione dell’uomo che si allontana dalla comunione con la propria gente, ne decreteranno la sconfitta. Anakin si avventa contro il vecchio maestro, perdendo due gambe e quel briciolo di umanità che gli era rimasta.
 
Poco dopo si risveglierà accanto all’imperatore, intrappolato in un corpo artificiale, per scoprire che Padmè è morta, mentre solo anni dopo incontrerà i due figli (Luke e Leila) che la moglie ha partorito in gran segreto prima di spirare. Questo film è forse il vero capolavoro di Lucas; si è fatto attendere, ma di certo è la degna conclusione di tutta la saga. Infatti, questa opera non solo si riallaccia perfettamente al successivo episodio il IV, ma ci insegna, in un secolo quasi privo di coscienza come quello in cui viviamo, che sebbene un film sia pieno di spettacolari effetti, è sempre la sua storia a dare quelle sensazioni che rimangono nella memoria del pubblico.
 
Inoltre, La vendetta dei Sith ha un altro grande merito, ovvero quello di evidenziare l’aspetto probabilmente più importante del capolavoro ideato dal cineasta americano, sarebbe a dire la dicotomia dell’animo umano, lo stravolgimento dello spirito quando si perde la fede, ovvero la speranza. Qui subentra il Male, il quale ci fa illudere di essere forti, autosufficienti, migliori degli altri, di poterci persino sostituire a Dio/La Forza. Ci inganniamo che le nostre abilità siano imbattibili (sebbene quelle dei Sith spesso ci vadano vicino) se paragonate alla 'passiva' lotta dell’uomo qualsiasi per inserirsi in una  comunità e difenderne le regole.
 
Il dramma del giovane Anakin Skywalker, futuristico lucifero, lucente angelo corrotto dal dolore per la perdita della madre, è l’epitome delle 'ragioni del male': dolore, frustrazione, paura. Solo con la saggezza di un vero jedi è possibile alienare queste emozioni negative dall’animo umano, poiché il primo convincimento di ogni cavaliere è che la paura sia la via più rapida verso l’oblio. Giunti a questo punto, solo la redenzione può salvarci, proprio come avviene per Fener, redento giusto all’ultimo dall’amore e dalla pietà figliale di Luke.
 
Da segnalare infine come il funerale di Padmè rispecchi, con la fotografia, i costumi e l'ambientazione, la celebre tela Ofelia (1852) del preraffaelita J. E. Millais. Dunque, l’amore che redime non solo come motore della trama di buona parte della serie, ma anche cardine fondamentale della cultura cristiana. In SW però più che all’amore vero è proprio, si fa più spesso riferimento alla saggezza come qualità che allontana l’uomo dal male. Ciò collega anche l’opera di Lucas alla cultura orientale, della quale tutta la saga è debitrice. Su questo argomento sono stati scritti ottimi saggi, con un taglio critico abbastanza approfondito[4].
 
Da notare inoltre come la letteratura accademica abbia di gran lunga prodotto una mole maggiore di scritti su ST, forse in virtù della visione critica che questa serie ha della religione, e di cui parleremo a breve, la quale trova sempre un certo consenso nelle aule universitarie.
 
Star Trek: l’uomo che non ha più bisogno di Dio
 
“In un episodio della serie televisiva di Star Trek non ci sarà mai niente di simile al grande bombardamento finale sulla Morte Nera in Guerre stellari”[5]. Basterebbero queste poche parole per comprendere bene quanto siano differenti le due serie che stiamo analizzando, e come rappresentino due modi diversi non solo di vedere la fantascienza, ma anche il mondo del futuro.
 
Da una parte un universo dove regna una forza che regola ogni cosa; dall’altra galassie e quadranti, astronavi e computer, tanta scienza o pseudo-scienza, ma della religione quasi neanche una traccia. ST è una saga fantascientifica che prende vita nel 1966 con una serie televisiva ideata da Gene Roddenberry, attestandosi tra le più famose, sicuramente la più complessa e longeva, della storia. A questa prima serie ne sono seguite altre cinque, tra cui una a cartoni animati, e dieci pellicole cinematografiche (l'undicesima è prevista nel 2009).
 
La saga narra le vicende degli umani in un lontano futuro, appartenenti a una Federazione Unita dei Pianeti che riunisce sotto un unico governo molti popoli di sistemi stellari diversi, e delle loro avventure nell'esplorazione dell'universo. Sebbene il fattore multirazziale e la esobiologia[6], di cui parleremo più in avanti, siano da sempre uno dei punti di forza della serie, tuttavia è sempre e comunque la razza[7] umana[8] il perno della storia. Dunque la questione razziale, come del resto quella religiosa, assume un connotato semplicemente antropologico, ma i problemi legati alla integrazione e ai rapporti interraziali non sono presi in considerazione.
 
Il messaggio che viene portato avanti è fin troppo chiaro, l’Umanità per essere pacifica si deve liberare dal retaggio del passato. Il senso del futuro in ST è una visione laica e transnazionale, peccato che l’unica cosa che si conservi del vecchio mondo sia la cultura americana, dunque il presupposto di coerenza della serie, che prevede una netta cesura con il passato, viene così a mancare fin dall’inizio; ecco perché al mitico capitano Kirk, ne seguono uno francese e uno di colore, tentando in tal modo di ridurre l’importanza della matrice statunitense  nell’opera.
 
La saga ha come base quello spirito di indagine laica ed empirica che nella tradizione occidentale si può far risalire alla Odissea. Difatti, proprio come nel poema omerico, è il viaggio e la scoperta di “nuove civiltà” l’essenza di ST, l’esempio principe è rappresentato dalla missione quinquennale della serie originale. Altri debiti nei confronti della Odissea sono rintracciabili nell’importanza della nave, le varie Enterprise che si susseguono con i loro carismatici comandanti, e l’elemento in cui si naviga: l’acqua del Mediterraneo per Ulisse e il suo equipaggio, gli spazi siderali per gli eroi di ST. 
 
L'universo fantascientifico
 
Quello di ST, arricchitosi nel corso del tempo, è diventato uno dei più dettagliati e complessi universi immaginari di tutta la fantascienza, anzi forse il più imponente, col suo numero sterminato di razze, pianeti e linguaggi. È un futuro ottimistico in cui l'umanità ha raggiunto le stelle e ha risolto tutti i maggiori problemi che assillano, attualmente, il nostro pianeta (fame, sovrappopolazione, discriminazioni etniche, divisioni politiche e guerre, fonti energetiche ed equilibrio ambientale). Questo è potuto avvenire grazie anche agli stimoli sociali e culturali derivanti dal contatto con civiltà extraterrestri, più progredite non solo dal punto tecnologico ma anche etico e sociale. Fortuna vuole che il 'primo contatto'[9] avvenga con la pacifica e progredita razza vulcaniana e non con una belligerante società aliena.
 
Ma quest’ultima situazione, quanto mai stereotipata nella cinematografia di FS, non poteva valere per ST. Difatti, quello che prima abbiamo definito un 'futuro ottimistico', andrebbe meglio inquadrato nella visione positivista e, in parte scientista, che sta alla base della serie. La scienza qui non diventa uno strumento per il progresso, bensì il progresso stesso, relegando le tematiche religiose in secondo piano. Già, poiché le galassie attraversate dai vari comandanti dell’Enterprise mostrano una umanità unica, come detto transnazionale, e se si fa riferimento a questioni religiose, ciò riguarda solo gli alieni: la spiritualità umana è quasi rimossa.
 
Il positivismo che sottende al capolavoro ideato da Roddenberry è abbastanza classico per un certo filone di fantascienza letteraria e cinematografica antecedente alla serie da noi qui presa in esame[10] e che vede proprio la affermazione di una scienza, spesso di una vera oligarchia di scienziati, che assurge al potere come un fattore di catarsi dai mali della Umanità. La nostra società quindi, secondo i canoni trekkiani[11], è barbara e violenta: rammentiamoci la visione ironica del nostro mondo mostrata in Star Trek IV[12].
 
Seppure vincolati dalle regole imposte a un programma televisivo di intrattenimento di massa, gli autori della serie hanno in molti episodi affrontato temi importanti di tipo sociale, politico e filosofico, come proposta di cambiamento della nostra società[13].  Ciononostante, in ST non viene lasciato molto spazio al dibattito o alla valutazione di varie possibili alternative della società del futuro. Il modello scelto da Roddenberry è uno e insindacabile: la base della società del futuro viene da quella americana della prima metà del XX secolo, quella che ha vinto due conflitti mondiali, e che assimila etnie e culture con estrema facilità.
 
A questa società viene semplicemente tolta la natura fortemente capitalistica, anche se questo è un vero controsenso, poiché cosa sarebbero mai gli Stati Uniti senza il culto del denaro. In fondo, basta veramente poco per vedere che lo schema politico di ST propone una specie di ONU galattica, con al posto delle nazioni i pianeti, ma con sempre una sola cultura a guidarla. Dunque, la supremazia della razza umana e segnatamente della cultura anglosassone sono aspetti difficilmente negabili persino dal più ingenuo degli spettatori. Pensiamo ad esempio alla astronave Enterprise, uno dei topoi che ha contribuito al successo di ST: come potremmo in questo caso negare il fatto che quest’ultima porta il nome di una delle più celebri portaerei della marina americana.
 
Ma ci sono anche altre questioni politico-sociali che vengono prese in considerazione, ad esempio il primo bacio fra un bianco e una nera (Kirk che bacia il tenente Uhura); cosa rivoluzionaria per l'America del ‘67. Si pensi anche alla Guerra Fredda e si consideri il fatto che il tenente Checov, di chiare origini russe, era sul ponte di comando dell’Enterprise. Dunque, in questa saga esiste una natura politica, la quale, sebbene abbia un palese intento pacifista e antirazzista, per converso propone la visione di una galassia guidata da una federazione che talvolta ricorda troppo da vicino lo spirito della federazione degli stati americani.
 
Rammentiamoci inoltre che l’opera creata da Roddenberry cresce e matura in un epoca in cui l’America è tutta presa dalla esaltazione per le conquiste spaziali. Questa sicurezza del primato scientifico, specialmente di quello americano, si riflette nel messaggio proposto dalla serie e che vede la pace come ultima conquista di una società in cui la scienza è alla base tutto. Però questa resta pur sempre una pace di stampo borghese[14], che incoraggia le buone relazione tra popoli e civiltà più per ragioni mercantilistiche che per amore del progresso.
 
Con ciò non vogliamo certo affermare che questa bellissima saga fantascientifica nasconda pericolosi messaggi politici. Tuttavia, non approfondendo oltre questa complessa tematica, vogliamo chiarire un punto. Quando si elimina la fantasia e il trascendente, come avviene in ST, sostituendoli con la ragione e la tecnica, diventa molto difficile sfuggire a meccanismi di propaganda culturale insiti nella visione stessa che l’uomo ha del mondo. Ovvero, fuori da un contesto religioso o fantastico, il pensiero umano diventa per causa di forza maggiore un pensiero politico.
 
Scienza, pseudo scienza e religione
 
La "Prima direttiva" è la fondamentale norma etica che impedisce alla Federazione dei Pianeti Uniti di interferire con le civiltà meno progredite, limitando di fatto i contatti con quei popoli che non hanno ancora scoperto la propulsione a curvatura.
 
La prima direttiva (ideata da Theodore Sturgeon) costituisce il sottotema di molti degli episodi della serie originale di ST e delle serie successive, con le sue interpretazioni più o meno elastiche e i conseguenti dubbi e conflitti morali. Quella che qui ci preme evidenziare altro non è che la natura prettamente scientifica di questo aspetto di ST e la sua visione di stampo antropologico, cosa che fa sì che la religiosità non faccia mai davvero parte dell’anima della narrazione, come avviene invece in SW, ma sia invece un aspetto sociale da osservare, quasi sempre nelle popolazioni aliene.
 
Non è forse questo un messaggio di voluta laicità? Sembra che l’idea sostenuta sia che oltre a essersi emancipato dalle frontiere nazionali e dalle differenze linguistiche, l’uomo si sia emancipato anche da Dio.
 
Fra gli esseri umani è rimasto ben poco senso religioso: in quattro serie e otto film, neppure un singolo membro umano dell’equipaggio di alcuna astronave della Federazione professa alcuna forma di fede religiosa. Una fede religiosa formale è una cosa riservata a popoli alieni e di solito è un segno di debolezza culturale.”[15]
 
Come del resto, in questa futuristica concretizzazione di una società utopica non si sente mai parlare di soldi; dunque un futuro in cui il denaro non c'è. Di fatto, se da un lato sparisce il dio religioso, dall’altro fortunatamente scompare anche il dio denaro. L’importanza che riveste la matrice sociologica della storia si evince anche dalla grande attenzione data alle culture aliene, ponendo ST come una vera pietra angolare nella questione dell’alterità nella SF cinematografica. Non molti anni dopo andrà in onda Spazio 1999 (serie inglese del '79).
 
Qui gli alieni sono ripugnanti, con delle bolle verdi. In ST Spock invece è un protagonista, esempio del rispetto per la diversità culturale. Questo atteggiamento di rottura da una cinematografia che fino ad allora aveva per lo più mostrato le razze extraterrestri come minacciose e fisicamente deformi è dovuto proprio a quella base scientifica che se da un lato mina il discorso religioso, dall’altro pone in essere la idea secondo cui se una cultura possiede una tecnologia avanzata, allora essa è sempre da rispettare: scienza uguale coscienza.
 
In SW non diciamo che avvenga proprio il contrario, ma la matrice fortemente religiosa fa sì che l’essere umano sia al centro della narrazione, poiché egli è in continua lotta tra il bene e il male (qui rappresentati dai due lati della Forza); dunque le altre razze non sono protagoniste, bensì parte di quel Creato che Dio ha predisposto per l’Umanità. Difatti, molto spesso gli alieni vengono descritti col classico cliché mostruoso, come accennato poco fa, tipico di molta fantascienza d’antan, oppure in modo buffo, come se si trattasse quasi di un animale domestico[16]. La scienza stessa, sebbene possa sembrare assurdo per un genere dove la tecnologia è cruciale, riveste un ruolo secondario, venendo spesso “banalizzata”, il desidero di verosimiglianza qui non interessa.
 
I jedi stessi non utilizzano forse spade laser, e non i micidiali phaser che tanto caratterizzano ST? Tutto ciò non deve sorprendere, poiché Lucas ha utilizzato il contenitore della fantascienza, per narrare una storia sul dualismo tra la luce e la tenebra, e dove lo scontro vede alle prese personaggi a metà tra cavalieri templari e micidiali samurai. Proprio l’interesse di questa saga per il misticismo orientale (tema che potrebbe essere lo spunto per un'altra ricerca e che qui vogliamo solo accennare) conferma precisamente la vocazione di SW verso questioni spirituali.
 
Infine, il computer che anche dopo l’avvento di ST, prendiamo sempre come pietra di paragone la fortunata serie di Spazio 1999, facevano 'gli scontrini', ma ben dieci anni prima Kirk e compagni utilizzavano congegni simili ai floppy disc e ai telefoni cellulari. Dunque se giudicato da un punto di vista meramente scientifico, bisogna riconoscere che la saga idea da Roddenberry non ha eguali per l’interesse e lo studio di tematiche legate alla scienza e alla tecnologia e sviluppate nell’arco di più decadi; non per nulla ciò ha anche incoraggiato la pubblicazione di alcuni testi su questo argomento[17].
 
Forse è questo uno dei motivi per cui la saga in questione riscuote da sempre maggior favore tra persone con una solida formazione scientifica rispetto a SW; serie che viene invece apprezzata di più da spettatori con una educazione di stampo umanistico. Possiamo affermare che il grande merito di ST è quello di aver aperto nuovi orizzonti nel mondo della fantascienza, cosa che Lucas ha evitato di fare riallacciandosi alla vecchia space opera, in cui l’elemento scientifico, vuoi elettronico, vuoi biologico è fondamentale ma quasi mai plausibile, e, come afferma anche Antonio Scacco, questo non è sicuramente un fattore trascurabile: «Naturalmente, non si deve cadere nell’eccesso […] di considerare la presenza della scienza in una opera di fantascienza come un elemento di secondaria o di nessuna importanza» (Scacco, 2002, p.164).
 
Antiche divisioni
 
In ultima battuta, vogliamo spendere qualche parola per ampliare il nostro studio. Per primo, è lecito reiterare la innegabilità dei meriti “scientifici” di ST. Dal canto suo però SW ha un pregio di natura diametralmente opposta: l’affrancamento dal mito della  scienza e dunque dell’uomo che si eleva a creatore, incentrando tutto se stesso sulla ricerca del sapere.
 
In aggiunta, jedi a parte, l’idea che Lucas ha avuto di riproporre le tematiche quasi adamitiche della rinuncia dell’uomo all’onniscienza, alla onnipotenza, per coltivare la compassione e la calma (in poche parole il confronto tra il Bene e il Male) rende SW una opera dal valore altamente pedagogico, come riveste per il fantasy la trilogia de Il signore degli anelli, dove ciò che conta davvero non è la magia, bensì sentimenti come l’amore, l’amicizia e l’odio.
 
Ciò ha permesso alla saga di SW di essere amata da tutti, piccoli e grandi, uomini e donne, oltrepassando la barriera del semplice interesse scientifico che rende ST purtroppo meno appetibile per il grande pubblico. Infine pensiamo all’enorme successo ottenuto da ST e confrontiamolo con quello della opera di Lucas. Cosa viene fuori? Forse che le cronache della galassia dei jedi in sole sei pellicole hanno lasciato un segno eguale a quello lasciato da ST, benché questa ultima saga si sia tradotta in numerosi film per il cinema e, specialmente, in varie serie televisive. Ragion per cui, se è doveroso ammettere che per la critica accademica ST ha un appeal di natura scientifica superiore, dobbiamo anche constatare che SW ha avuto una incredibile presa sul vasto pubblico proprio perché parla di uomini e di cose di uomini, e sicuramente la religione e la spiritualità, con tutte le complesse questioni a esse collegate, fanno parte integrante dell’essere umano e della sua storia[18].
 

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Tra le enciclopedie online più complete si segnalano inoltre:
Hypertrek (in italiano) : http://www.hypertrek.org/index.php
Wookieepedia (in inglese): http://starwars.wikia.com/wiki/Main_Page 
 
 
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[1] Da qui in poi Star Wars: SW, Star Trek: ST.
[2] Su questo argomento segnaliamo il testo di Antonio Scacco (in bibliografia). Costui studia da anni i rapporti tra cultura umanistica e fantascienza. Egli conclude che non esiste un dualismo tra questi due mondi,  ma che anzi sono complementari. La nostra analisi è vicina a questa idea.
[3] Jean Gattégno, Saggio sulla fantascienza, pp.100-01.
[4] Dick Staub affronta direttamente il collegamento tra SW e il Cristianesimo, mentre J.M. Porter e Matthew Bordolin esaminano per l’appunto la “natura” orientale della serie. Nel saggio di Jon Snodgrass, invece, si fa una importante analisi del retaggio mitologico cavalleresco dei jedi.  Difatti, Lucas fu profondamente influenzato dal lavoro dello studioso di mitologia Joseph Campbell. Tutti i testi citati sono in bibliografia.
[5] Thomas Richards, Il mondo di Star Trek, p.13. In esso, l’autore mette a confronto ST come opera nella quale l’azione non è alla base della storia, dunque ove prevale la riflessione e il raziocinio, mentre in SW l’azione è segno di una passionalità forte e emozionale. Richards pone in essere un confronto che vede le due opere come rappresentanti una del cervello, l’altra dell’anima. 
[6]  L'esobiologia (o xenobiologia, astrobiologia) è il termine per indicare un campo speculativo della biologia che considera la possibilità della vita extraterrestre e la sua possibile natura. Necessariamente include anche il concetto di vita artificiale, poiché qualunque forma di vita che potrebbe evolvere naturalmente in modo concepibile, potrebbe essere creata altrove in laboratorio usando una tecnologia del futuro. Il termine fu coniato negli anni cinquanta dello scorso secolo dal biologo statunitense Joshua Lederberg in preparazione allo sbarco dell'uomo sulla Luna. Su questo vedi: S. e R. Jenkins, 1999 - Segni di vita - La biologia di Star Trek, Longanesi.
[7]  Utilizziamo queste termine, al giorno d’oggi inappropriato, poiché nel modo di ST il genere umano si confronta spesso con altre razze e nelle storie vengono sovente evidenziate le differenze biologiche proprio tra le varie razze che popolano l’universo. 
[8]  Non di rado fanzine e prozine di FS hanno mosso accuse di razzismo verso ST. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che in questa serie si è sempre giocato, talvolta in modo ardito, col tema razziale, mettendolo sì al centro della propria storia, senza però mai convincere davvero il pubblico che quello non fosse altro che un semplice espediente di correttezza politica. 
[9] Primo contatto (titolo originale: Star Trek: First Contact) è un film del 1996 diretto da Jonathan Frakes. È l'ottavo della saga.
[10]               Ci riferiamo in particolare alla pietra miliare della SF  La vita futura - nel duemila guerra o pace (1936, titolo originale: Things to Come) del regista Cameron Menzies. La trama parla della costruzione di una nuova società sulle ceneri di quella vecchia che si è autodistrutta. Questa verrà governata proprio da una oligarchia di scienziati, assurta al vertice della politica del pianeta.
[11]               Una piccola curiosità: negli Anni 70 venne coniato il termine 'trekkie' a indicare tutti gli amanti della serie. Negli ultimi anni, questo termine è stato aggiornato dal più serioso 'trekker'.
[12]               Star Trek IV: Rotta verso la Terra (Star Trek IV: The Voyage Home, 1986), regia di Leonard Nimoy.Tornati indietro al tempo dell’America degli Anni 80, Kirk e compagni ironizzano più volte sulla società che si trovano davanti e sui costumi degli umani dell’epoca. Ancora una volta si mette a nudo la filosofia di base delle serie, la quale prevede un futuro fatto di progresso che porta con sé la pace e una società più evoluta. Manca, a nostro avviso, sempre un elemento nella visione che si ha in ST della storia, un passaggio che non viene mai affrontato in modo adeguato, ovvero quello della autodistruttività insita nel genere umano. È vero che si fa riferimento a guerre e conflitti che hanno lacerato il pianeta nei secoli. Purtuttavia, l’idea che l’uomo sia carnefice di se stesso viene spesso ignorata. In questo frangente, ST sfocia in un altro genere, quello della utopia. Per converso, SW mette questi aspetti proprio al centro della sua filosofia: il progresso è fatto per distruggere, un esempio tra tutti è la Morte Nera.  
[13]               L’opera può anche essere letta come uno specchio della società americana e di come essa sia cambiata negli anni. Su questo argomento, vedere: Angelica Tintori, Star Trek: uno specchio dell'America.
[14]               Per chi desidera approfondire questo argomento, segnaliamo il lavoro del filosofo tedesco Jürgen Habermas e in particolare il testo Strukturwandel der Öffentlichkeit. Untersuchungen zu einer Kategorie der bürgerlichen Gesellschaft (1962), dove troviamo il concetto di “sfera pubblica” che vede la borghesia alla guida della società, escludendo le minoranze da un ruolo decisionale. Purtroppo non possiamo approfondire oltre il discorso, onde rischiare di allontanarci troppo dalla nostra analisi. Comunque, una società laica, scientifica e con alla base una borghesia illuminata sono anche elementi presenti in ST.
[15]               Thomas Richards, op. cit., p.159. Sullo stesso argomento Barbara A. Silliman affronta in modo diretto e deciso una interpretazione di ST come di un’opera in cui la religione è a dir poco sminuita o persino vista come elemento “primitivo” in una società. Cfr. Batter Up! The Mythology and Psychology of Sports and Games in Star Trek: Deep Space Nine, pp. 100 e 109.
[16]               Esempi eclatanti sono gli ewok de Il ritorno dello jedi (1983) e Jar Jar Binks de La minaccia fantasma (1999). Persino alcuni androidi, segnatamente R2-D2, vengono trattati con l’affetto e la tenerezza che solitamente si ha con gli animali domestici, una dimostrazione in più di come la scienza in SW sia spesso “esorcizzata” e sdrammatizzata.
[17]               Tra tutti ne segnaliamo uno in lingua italiana, poiché quelli in inglese sono in numero troppo consistente e, in parte, molto simili come analisi. Difatti, il dibattito nella letteratura di settore propone molto spesso l’argomento della più o meno verosimiglianza della scienza mostrata nella saga. Sovente la critica giunge al giudizio che la tecnologia in ST sia plausibile, ma mai realistica. Cfr. Danila Zappalà. Star Trek: scienza o fantascienza?.
[18]            «La nostra tesi è dunque che Guerre Stellari sia venuto a colmare una sete di mito e di leggenda che l’immaginario collettivo dell’uomo multimediale ha manifestato in modo sempre più evidente» (Bergamino e Fenzi, p. 7). Nello scarno panorama delle monografie specialistiche in lingua italiana dedicate a SW, il sintetico contributo di Bergamino e Fenzi ha il merito di offrire qualche interessante spunto di riflessione sulla natura mitologica della saga.  

1 commento:

  1. Articolo molto interessante, ma mi sarebbe piaciuta una disamina dei riferimenti agli Illuminati in SW.

    Michele

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