domenica 28 ottobre 2012

Vi presento i "Rettiliani"

David Icke parla di 13 famiglie le quali detengono il potere assoluto sul pianeta e sulla razza umana e dietro le quali ci sarebbe la sovranità rettiliana... probabile, molto probabile. 

Teoria, quella di Icke, a cui il Progetto Atlanticus ha inoltre dedicato alcuni capitoli del proprio libro "Genesi di un Enigma", partendo dai presupposti indicati da Icke e approfondendo la faccenda in ambito socio-politico-economico, forte degli studi economici dell'autore e dell'ideatore del Progetto Atlanticus.

Teoria quella del Progetto Atlanticus che, secondo le logiche stesse del progetto, collega i Rettiliani di Icke con gli Anunnaki di Sitchin, con i mondi perduti di Atlantide e il cospirazionismo internazionale che oggi solleva il velo di Maya mostrandosi per ciò che è.

David Icke

E pertanto io oggi qui non vi parlerò di rettiloidi, mutaforma assetati di sangue.

Per un approfondimento potete consultare la scheda 

http://www.progettoatlanticus.net/p/rettiliani-e-nwo.html 

o la discussione 

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12270

Io qui oggi vi voglio parlare di una manciata di multinazionali che detengono il controllo effettivo della ricchezza mondiale. Fatto dimostrato da una ricerca avanzata dalla Università di Zurigo.

Se poi, dietro a queste multinazionali ci siano le 13 famiglie citate da Icke... beh, questo rimane nel campo delle ipotesi, ma non lo escluderei a priori.


La teoria del complotto universale mi richiama alla mente una frase di Karl Popper: “Ammettere la possibilità del complotto significa riconoscere la plasmabilità della Storia da parte della Ragione”.

Ad ogni modo è davvero pertinente uno studio condotto recentemente dall’Eth, il Politecnico federale di Zurigo, ossia una delle migliori università del mondo, cui sono legati una ventina di premi Nobel. Lo studio ha per argomento proprio la rete delle multinazionali (i soggetti più importanti dell’economia odierna) che hanno influenza sulla competizione nel mercato globale e sulla stabilità finanziaria. Ed è il primo studio che ha esaminato sia l’architettura delle proprietà internazionali di tale rete, sia il controllo potenziale di ciascuna multinazionale: ossia l’effettiva influenza degli azionisti nella strategia economica. Giacché finora erano state esaminate solo alcune reti di proprietà, ma trascurando la struttura di controllo a livello globale, o alcuni gruppi economici nazionali. Ed erano state neglette le relazioni di controllo reciproco, dirette e indirette, che sussistono fra le maggiori multinazionali.

Dunque esaminando 37 milioni di entità economiche in 194 paesi, fra persone e aziende, si è arrivati a considerare per importanza 43.060 multinazionali o Tnc (Transnational Corporations), analizzandone le partecipazioni dirette e indirette, ossia tutto il network.

Si è dunque visto che esiste un nucleo di solo 1300 imprese che controlla circa la metà di tutte le multinazionali, e la cui proprietà resta perlopiù nel nucleo stesso, attraverso complicati meccanismi di partecipazione reciproca. Cioè esiste un piccolo gruppo di multinazionali, strettamente connesse, che detengono la maggioranza delle azioni l’una dell’altra: 737 dei maggiori azionisti detengono l’80% del controllo di tutte le più importanti multinazionali. In altri termini, circa 4/10 del controllo di tutte le multinazionali del mondo è in mano (attraverso una rete intricatissima di relazioni e proprietà) a sole 147 multinazionali che hanno il pieno controllo di loro stesse: la maggior parte sono intermediari finanziari. Inoltre le imprese con maggior numero di partecipazioni sono connesse fra di loro, il cosiddetto rich-club phenomenon: i ricchi diventano sempre più ricchi.

Ciò ha diverse e inquietanti implicazioni: da un lato la competizione nel mercato globale è significativamente ridotta dal complesso sistema di partecipazioni reciproche di non molte imprese. Se queste sono legate in maniera diretta o indiretta da partecipazioni azionarie è difficile che si facciano guerra fra loro. Questo non riesce a essere impedito dagli organismi antitrust, in quanto non dispongono degli strumenti analitici e quantitativi per individuare i network globali. Dall’altro lato, al contrario di quanto è stato affermato per anni da non pochi economisti, l’alta concentrazione di interconnessioni fra le istituzioni finanziarie comporta un alto rischio di sistema: il fallimento di un’impresa si può propagare, con effetto domino, in tutto il sistema. Esattamente come è accaduto nell’ultimo crollo finanziario. Sicché ogni crollo finanziario può diventare un’epidemia.

Nei fatti, ci stiamo abituando ad una autentica battaglia navale in cui singole corazzate con bandiere nazionali ed equipaggi indifferenziati – dagli operai, ai pensionati, agli industriali, ai banchieri – muovono a contendere lo spazio a quelle “nemiche” che incrociano sui propri mari, apparentemente senza regia e con navigazione a vista. Con la politica che ha perso la bussola, che esibisce capitani senza spessore e sempre più lontani dagli equipaggi. Che va cedendo i ponti di comando a tecnici di lungo corso, esperti – sembrerebbe – dei mari, le cui tempeste non hanno saputo domare quando dovevano far funzionare i fari e mandare a tempo avvisi ai naviganti. E’ il caso della Grecia e dell’Italia ed è quanto sta alle spalle della coppia Merkel-Sarkozy, a cui basta una nota di S&P per perdere completamente l’orientamento.

Di là da questi richiami suggestivi, siamo di fronte al crollo più rovinoso delle democrazie storiche e al crescente dominio della finanza e del capitale industriale, oggi impegnato nella speculazione, a dispetto della sovranità popolare costituzionalmente ribadita ma materialmente bloccata. In verità è in atto il più profondo mutamento nel sistema di potere a livello globale. In uno studio del settembre scorso, un gruppo di matematici del Politecnico federale di Zurigo rivela empiricamente la rete capitalista che domina il mondo. Partendo da una base di dati di 37 milioni di imprese e investitori, vengono identificate 43.060 grandi imprese transnazionali che praticamente controllano l’universo sottostante dei 37 milioni. Raffinando ancora di più i dati, il modello finale ha rivelato un nucleo centrale di 1.318 grandi imprese con 20 connessioni con altre imprese e con un potere economico che, sebbene concentri solo il 20% dei redditi globali di vendita, detiene la maggioranza delle azioni delle principali imprese del mondo, le cosiddette blue chips, detentrici del 40% della ricchezza mondiale.

L’analisi si è spinta oltre, focalizzandosi per la prima volta non sui singoli fatturati, ma sul valore aggregato delle partecipazioni azionarie intrecciate di singoli capifila. Si è così penetrati anche nelle zone dei cosiddetti “trust”, ammessi dal diritto anglosassone, che consentono di nascondere capitali anonimi. Ci si riduce così alla fine a 147 imprese intimamente interconnesse, di cui la maggioranza sono banche (enumeriamo qualche caso a tutti noto tra le prime 50 banche oltreoceano: JP Morgan Chase & Co, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Bank of America; e le banche europee: Ubs , Deutsche Bank, Credit Suisse, Unicredito Italiano, Bnp Paribas), assicurazioni (Allianz Lloyds), multinazionali dell’acqua e del petrolio (Société Générale des Eaux, China Petrochemical Group), fino a poche finanziarie industriali dei trasporti, del nucleare e dell’elettronica (Mitsubishi Ufk Financial Group Inc, Dodge & Cox).

Dice niente questa mappa di “piovre” che detengono un potere sproporzionalmente elevato sull’economia globale? Che indirizzano lo spostamento di enormi riserve pubbliche statali alle banche e agli armamenti? Che sostengono la decadenza dello stato sociale pubblico a favore dei sistemi assicurativi, la privatizzazione dell’acqua e il rilancio del binomio auto-petrolio contro le rinnovabili e la mobilità sostenibile? Come il mondo ha visto durante la crisi del 2008, queste reti sono molto instabili: basta che un nodo abbia un problema serio che questo si propaga automaticamente a tutta la rete, trascinando con sé l’economia mondiale. Si tratta comunque di reti ad alta conservazione e con relazioni e punti di comando affidati a tecnici e manager che costituiscono un olimpo internazionale e che agiscono fuori dall’interesse generale e non sono sottoposti ad alcun controllo democratico.


Questa la top 50 dei soggetti economici più influenti al mondo e le sigle delle nazioni d’appartenenza. “Sebbene Stati Uniti e Gran Bretagna dichiarino la necessità di libero mercato” commenta la dr.ssa Stefania Vitali, uno degli autori dello studio “si finisce per avere un network con imprese, perlopiù inglesi e americane, strettamente connesse fra di loro”.

1 Barclays Plc – Gb
2 Capital Group Companies Inc – Us
3 Fmr Corp – Us
4 Axa – Fr
5 State Street Corporation – Us
6 JPMorgan Chase & Co. – Us
7 Legal & General Group Plc – Gb
8 Vanguard Group, Inc., The – Us
9 Ubs Ag – Ch
10 Merrill Lynch & Co., Inc. – Us
11 Wellington Management Co. L.L.P. – Us
12 Deutsche Bank Ag – De
13 Franklin Resources, Inc. – Us
14 Credit Suisse Group – Ch
15 Walton Enterprises Llc – Us
16 Bank of New York Mellon Corp. – Us
17 Natixis – Fr
18 Goldman Sachs Group, Inc., The – Us
19 T. Rowe Price Group, Inc. – Us
20 Legg Mason, Inc. – Us
21 Morgan Stanley – Us
22 Mitsubishi Ufj Financial Group, Inc. – Jp
23 Northern Trust Corporation – Us
24 Société Générale – Fr
25 Bank of America Corporation – Us
26 Lloyds Tsb Group Plc – Gb
27 Invesco Plc – Gb
28 Allianz Se – De
29 Tiaa – Us
30 Old Mutual Public Limited Company – Gb
31 Aviva Plc – Gb
32 Schroders Plc – Gb
33 Dodge & Cox – Us
34 Lehman Brothers Holdings, Inc. – Us
35 Sun Life Financial, Inc. – Ca
36 Standard Life Plc – Gb
37 Cnce – Fr
38 Nomura Holdings, Inc. – Jp
39 The Depository Trust Company – Us
40 Massachusetts Mutual Life Insur. – Us
41 Ing Groep N.V. – Nl
42 Brandes Investment Partners, L.P. – Us
43 Unicredito Italiano Spa – It
44 Deposit Insurance Corporation of Japan – Jp
45 Vereniging Aegon – Nl
46 Bnp Paribas – Fr
47 Affiliated Managers Group, Inc. – Us
48 Resona Holdings, Inc. – Jp
49 Capital Group Internationa, Inc. – Us
50 China Petrochemical Group Co. – C

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/16/i-padroni-del-mondo-7-miliardi-vs-147-imprese/184144/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/04/le-multinazionali-che-dominano-il-mondo/168245/

Nessun commento:

Posta un commento

Ti potrebbero interessare anche...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...